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Filosofia politica e sociale

In epoca moderna la filosofia sociale si è distaccata da quella politica, diventando una cosa a sè.

Honneth individua come differenze principali tra queste, intanto la diversa domanda che sta a monte

delle due discipline, infatti mentre la filosofia politica si interroga sulle istituzioni che rendono possibile

l'ordine sociale e la sicurezza degli individui, la filosofia sociale nata dal pensiero di Rousseau, cerca

invece di capire se in questo nuovo ordine ci possono ancora essere le condizioni per una vita buona e

riuscita, ossia per l'autorealizzazione dell'essere umano. Altra differenza fondamentale è che la filosofia

politica è per sua natura normativa, mentre quella sociale nasce come diagnosi e critica contemporanea

della società, indagando quelle definite come degenerazioni o patologie sociali. Importante però è non

ridurre tutta la filosofia sociale solo alla descrizione o critica del presente, infatti questa si interroga

anche sulla possibilità di trasformarlo, proponendo serie strategie per un miglioramento del presente.

Rousseau

Rousseau individua nella diagnosi della società del suo tempo, quella definita come patologia della

disuguaglianza, dovuta al desiderio smodato di ricchezza sia di beni materiali che di onore sociale

(rispettivamente passioni acquisitive e competitive). Altra degenerazione della società ritiene essere la

scissione tra essere ed apparire, ossia l'inautenticità degli individui che tendono al mimetismo e a

nascondere la propria personalità, identificandosi con una maschera e fingendo qualità che gli possano

portare maggior riconoscimento sociale. Introduce la figura dell' homo oeconomicus, interessato, finto e

strumentale, conseguenza di una società competitiva, gerarchica e utilitaristica. Rousseau sostiene che

sia stato il processo di socializzazione che ha portato a questa situazione, afferma infatti che nella realtà

prestorica presociale, l'uomo viveva in totale autosufficienza, caratterizzato solo dall'impulso di

autoconservazione e dalla capacità di provare compassione (suo limite), in uno stato di natura inteso

come un reciproco vivere e lasciar vivere. In tale condizione l'uomo selvaggio viveva in se stesso,

isolato dagli altri individui, seguendo comportamenti indipendenti dalle attese esterne ma appena gli

uomini hanno iniziato a relazionarsi con gli altri, invece di seguire i modelli di condotta naturali, hanno

iniziato ad agire in base alle loro aspettative, vivendo solo dell'opinione altrui e scatenando quindi un

conflitto, una corsa allo scalare le gerarchie sociali che ha portato a disuguaglianza e alienazione di sè.

Tocqueville

Tocqueville nella sua analisi, critica invece la patologia dell'uguaglianza tipica dei regimi democratici

(che ritiene tuttavia siano il futuro) e introduce la figura dell'homo democraticus definito mediocre,

alienato e delegante. Ritiene che la vera uguaglianza non potrà mai essere raggiunta, sarà sempre

presente invidia, il desiderio di esser come l'altro che ha porta appunto al processo democratico di

livellamento delle classi sociali. L'uguaglianza da lui criticata si intende come una scomparsa delle

differenze, mimetismo, erosione del legame sociale e reciproca indifferenza, l'individuo democratico

infatti scompare nella massa, è apatico e spinto solo da un desiderio illimitato di beni materiali che lo

porta ad allontanarsi ed estraniarsi anche dalla sfera politica in virtù del bene privato, delegandola con

un atteggiamento di noncuranza e rinunciando alla propria libertà. Sostiene di dover educare il popolo

alla democrazia e dato che gli individui agiscono solo per il loro interesse, insegnare che il massimo

interesse è proprio quello comune del vivere bene con gli altri in società. Suggerisce anche di fingere di

essere sottoposti al giudizio di un terzo esterno per ogni nostra azione, cosi da guidare il nostro agire.

Individuo e passioni

Con il passaggio alla modernità e l'abbandono dei vincoli teologici, l'uomo si è scoperto libero e sovrano

ma al tempo stesso anche smarrito e debole di fronte al crollo delle precedenti certezze. L'individuo

moderno è definito come un homo oeconomicus dall'infinito desiderio, caratterizzato da diritti, interessi

e passioni. Per quanto riguarda i primi, in Locke i diritti principali erano proprietà e libertà, per

Rousseau libertà ed uguaglianza, per Hobbes ancora solo il diritto alla vita. Le passioni invece erano

inizialmente viste come malattie che offuscano il giudizio, addirittura con vizi e peccati nella tradizione

cristiana. Nella modernità invece queste sono state rivalutate, ritenute legittime e senza condanne morali

ma solo da moderare e gestire, anzi alcune sono anche considerate positive in quanto spingono gli

uomini ad unirsi in società, come la paura per Hobbes, o il desiderio di utile e gloria o ancora l'empatia.

Infine nella postmodernità con la nascita della psicologia hanno subito una patologizzazione medica.

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
3 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/01 Filosofia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Minoes96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia politica e sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Pulcini Elena.