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DOPOGUERRA ITALIANO
Il clima del dopoguerra era caratterizzato da:
Choc della guerra + partecipazione alla Resistenza + fiorire delle speranze +
lotta e aspirazioni dei ceti popolari e inquietudini spiritualistiche delle élites
La storia di questi anni viene seguita fedelmente nelle vicende dello
spettacolo, ma c'era una difficoltà di esprimersi in un linguaggio
drammatico nazionale e popolare, che creò una grave carenza di quel
prodotto medio necessario alla vita del teatro → di qui ricorso al repertorio
medio francese e successivamente repertorio medio statunitense.
Perchè la nostra vita teatrale non ha avuto molti di quei copioni che
rappresentavano sogni di un mondo libero attraversi termini anarchici e
pg disperati?
1) le autorità pubbliche hanno esercitato criteri spietati di repressione
2) l'assoluta indifferenza degli estetizzanti registi italiani per le novità
italiane
3) l'atteggiamento della stampa (influsso di alcuni critici sproporzionato ai
loro meriti)
Lo sconvolgimento operato dalla 2a guerra mondiale era ancora più vasto di
quello della 1a: si creò come un versante, con un prima e un dopo.
Pandolfi traccia 3 generazioni di drammaturghi:
1) La generazione dell'età di Pirandello ( conflitto gnoseologico ). Gli autori
del “grottesco” restano abbagliati dagli eventi. Il fascismo è lontano dal loro
stile umoristico e passionale con un fondo di cinismo. [ autori: Rosso di
San Secondo, Luigi Chiarelli ]
- Luigi Chiarelli tentò di rinnovarsi attraverso le strade e le forme più diverse
senza riuscirvi, ma gli ultimi avvenimenti lo colpirono profondamente ed ecco
“Teatro in fiamme” (1946) in cui postula addirittura esigenze rivoluzionarie
risultando anacronistico e inverosimile sia nei pg che nelle sue tesi.
2) La generazione che seguì venne a maturarsi in clima fascista e vi si
adattò ( conflitto morale ). [ autori: Cesare Vico Lodovici, Ugo Betti ]
- Cesare Vico Lodovici compose nella giovinezza opere che possono dirsi
quanto di più sensibile e approfondito psicologicamente sia stato portato alla
ribalta, della crisi attraversata dalla media borghesia italiana. Queste
commedie illustrano minori e oscuri conflitti di coscienza, coloriti da un
nostalgico pathos e angoscioso senso di rinuncia.
- Ugo Betti [autore impegnato di stampo cattolico] il solo rappresentante di
questa generazione d'anteguerra, riesce a gettare qualche involontario
spiraglio di luce su quest'epoca e su un mondo, il suo, così torbido e
oscuro. “Corruzione a palazzo di giustizia” [ dove fa trasparire la sua
esperienza di giudice ]e gli altri drammi morali ripetono il leit motiv dello
smascheramento di una realtà putrida. Ogni suo pg, caratterizzato da una
duplicità interiore ( tra ciò che si vuole e riesce ad apparire e ciò che si è)
vuol giungere fra i potenti anche se poi si pentirà di tutto il malfatto. Infine, il
suo linguaggio è tra i primissimi non derivato da una parlata dialettale,
molto vicino al gergo della burocrazia: preciso e schematico.
3) La generazione a 20 anni dalla vigilia della guerra, nacque con il
fascismo e non ha avuto modo di esprimersi compiutamente. Reagì con
determinatezza ma dovè affrontare immatura i nuovi eventi e coltivò vane
illusioni. [autori: Luigi Squarzina, Valentino Bompiani, Carlo Terròn, Diego
Fabbri ]
- Luigi Squarzina con “Tre quarti di luna” scrisse il solo dramma importante
sfuggito agli ostacoli di espressione, esso porta con sé tutto il peso di una
generazione oppostasi al fascismo.
- Valentino Bompiani [intellettuale illuminato,autore impegnato] con
“Albertina” [ mostra il doloroso rifrangersi della guerra sui rapporti di coppia;
la figura del reduce di guerra è al centro] traccia un'agrodolce parabola in cui
si mescolano disperazioni e speranze e nell'animo di Albertina vuole far
riflettere le bufere che assalgono l'animo femminile indifeso per la
situazione d'inferiorità.
- Carlo Terròn [ drammaturgo veneto ] è il più vario ed incerto fra questi
scrittori: la sua opera passa dal grottesco al tragico. In “Giuditta” (1949)
[ parla di guerra partigiana e Giuditta, ragazza partigiana combattiva, alla
fine si innamora del nemico contro ogni suo volere; la figura del nemico è al
centro ] considera i profondi turbamenti psicologici portati dalla guerra
civile e dalla Resistenza.
- Diego Fabbri [ autore cattolico che risente molto della tecnica pirandelliana
del “teatro nel teatro” ] con “Processo a Gesù” presenta la figura di Gesù
attraverso i suoi testimoni con un ingegno fervido e tramite un dialogo
vivissimo, tuttavia manca la forza della verità.
PUPPA - LA SCENA POETICA TRA LE 2 GUERRE: IL MITO E LA NOTTE
0. PREMESSE DANNUNZIANE
Lo spazio agito, visibile esteriormente è molto meno importante dello spazio
narrato, evocato, ricordato, atteso: il qui presente esercita meno carisma del là
assente ed è appunto la parola che si incarica di mediare la distanza tra le due
scene, fisica e mentale del Soggetto in crisi.
Nonostante i manierismi, le citazioni museografiche, i copioni dannunziani puntano
ad una serie di miti di fondazione verso un passato metastorico-leggendario o
storico-favolistico per una collettività del futuro.
Figura doppia folla/femmina → entrambe forze pulsionali scatenate a minare
l'autonomia del pg maschile ( folla bestiale, caotica, superstiziosa )
Miti fondanti // prova generale delle parate fasciste, estetizzazione della politica, il
terrore mimetizzato in egemonia...
1. LA MITOLOGIA STORICA
Il teatro italiano che non si accontenta del consumo leggero, che alza il tono e
si vuole altro, deve necessariamente uscire dalla prosa e mitizzarsi. Questo filone
rifluisce sull'asse D'Annunzio - Pirandello.
Il Mito è inteso nella sua accezione antiquaria, in quanto serbatoio culturale cui
attingere. La regressione nell'antico non tollera lo sberleffo ironico.
Il prototipo del figliol prodigo, magari sotto le spoglie del reduce, assume spesso
in questo versante la centralità di emblema allusivo:
- Mario Federici → insiste sul motivo del reducismo poetico, trattenendolo su di un
piano di simbolismo umanitario, col personaggio sospeso in uno spazio un po'
espressionista.
2. BONTEMPELLI E IL MITO NEUTRO
La professione del drammaturgo è per Massimo Bontempelli ormai un esercizio
antiquario, legato al vecchio mondo spazzato via dalla Grande Guerra. Mentre in
altri sedi si demonizza il nuovo, Bontempelli se ne fa intellettuale organico. Lo
spettacolo e la folla sono i binomi di un'intesa che va riguadagnata.
Provocatorio messaggio di Bontempelli: idea di terza età → classica, romantico-
cristiana, età nuova in cui il potere coincide con la massa. I miti per questo popolo
sono la Fame, il Sesso e la Potenza.
Con “Nostra Dea” del 1925 questa poetica dell'attore disanimato, ossia dell'oggetto,
trova la sua consacrazione. La donna-manichino che cambia personalità a