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L'ULTIMA VOLONTA' DELL'AUTORE
Il problema dell'individuazione dell'ultima volontà dell'autore si pone sia
per tradizioni pluritestimoniali, quando emergono diverse redazioni di un
testo, sia per tradizioni unitestimoniali, quando una stratificazione di
interventi manoscritti attesti più fasi compositive o quando i diversi
stati di una stampa siano il riflesso di tardive correzioni d'autore.
Soltanto per quest'ultimo caso occorrono le specifiche metodologie
della textual bibliography, mentre le altre circostanze sono oggetto di
attenzione del settore della filologia d'autore. Il concetto di ultima
volontà non va inteso unicamente e semplicemente in un senso
cronologico: l'ultima volontà non si identifica necessariamente e
soltanto con il testo dell'ultima edizione, ma va commisurato alla storia
particolare di un'opera e alla sua tradizione, all'atteggiamento
dell'autore, alle premesse delle varie stesure, ai limiti e ai
condizionamenti ( sollecitazioni culturali, pressioni ideologiche,
censure e autocensure ecc.) che un autore può avere subito
nell'approntare una nuova edizione.
L'Orlando furioso del 1532
Un' opera, 3 edizioni. La prima edizione dell'Orlando furioso di
Ludovico Ariosto, in quaranta canti, fu stampata a Ferrara nel 1516. Di lì
a qualche anno, nel 1521, il poeta ritornò sul poema revisionandolo
linguisticamente, ma senza modificarne l'assetto. Intanto cominciarono a
pubblicarsi “edizioni pirata”; fra l'altro allora non esisteva una
legislazione sul diritto d'autore → tutto ciò ,e in più l'insoddisfazione
permanente per la propria arte, incoraggiò Ariosto a tornare ancora sul
Furioso. Lo fece ottenendo dal doge di Venezia ( centro delle attività di
stampa in Italia ) il privilegio esclusivo di stampa e nel 1532 uscì
l'edizione definitiva. La tiratura dovette superare le 1.000 copie. Il
volume, di formato in-quarto, è costituito da 31 fascicoli, ognuno dei
quali risulta dall'unione di 2 fogli di stampa. I fogli complessivi
L'Orlando Furioso è un'opera che per la sua tradizione ( numerose
edizioni, di cui 3 originali ) è stata studiata con i metodi della filologia
d'autore,ma nel contempo ha offerto un terreno di indagine
particolarmente favorevole all'applicazione dei metodi della filologia dei
testi a stampa. Già Debenedetti aveva notato che gli esemplari
dell'edizione del 1532 si differenziavano tra loro per una notevole
quantità di varianti. Egli ebbe tra le mani vari esemplari del Furioso,
assumendone come testo-base uno in carta grande. Questa fortunata
circostanza fece sì che il testo critico della sua edizione laterziana
coincidesse negli aspetti sostanziali con il testo definitivo nonostante le
metodologie tradizionali utilizzate. Due edizioni del 1533 risultano infine
testimoni di esemplari perduti della stampa del 1532. Affrontando il
problema del 1532 con i metodi propri della textual bibliography ( con
una più sistematica collazione degli esemplari e un rigoroso esame delle
250 varianti interne ) Conor Fahy fornisce un oggettivo sostegno alle
scelte ecdotiche che i precedenti editori avevano fondato solo sul loro
acume critico.
L'EDIZIONE CRITICA
Gli obiettivi dell'edizione critica variano a seconda che i
testimoni a stampa siano originali o meno.
Nel primo caso l'obiettivo coincide con quello perseguito dalla
filologia d'autore, ovvero ricostruire e rappresentare criticamente
le tappe della storia redazionale di un testo. Tuttavia tale
obiettivo non è conseguibile con lo stesso grado di sicurezza che
accompagna l'edizione basata su autografi o idiografi perchè le
interferenze del personale dell'officina tipografica sono tali da far
presupporre una certa distanza tra il testo stampato e l'antigrafo
originale perduto. Il filologo deve individuare o ipotizzare tutti gli
elementi estranei alla volontà dell'autore e sfuggiti al suo controllo.
Nel secondo caso, l'obiettivo dell'edizione critica è quello della
ricostruzione dell'ipotetico originale d'autore.
Nell'una e nell'altra circostanza le rispettive metodologie della
filologia d'autore e della filologia di tradizione potranno trovare il
supporto delle tecniche della textual bibliography. Le varie
possibilità:
- edizione critica in presenza di un 'unica edizione originale
- edizione critica in presenza di più edizioni originali
- edizione critica in presenza di un sola edizione non originale
- edizione critica in presenza di più edizioni non originali
- edizione critica nel caso di tradizioni miste, comprendenti materiali d'autore
- edizione critica nel caso di tradizioni miste, comprendenti materiali non d'autore
L'edizione d'autore della Locandiera
Dalla “Paperini” alla “Pasquali”. Nel quadro molto articolato delle
edizioni settecentesche delle commedie di Goldoni si colloca la
fiorentina Paperini e la veneziana Pasquali. Una delle commedie più
fortunate, La Locandiera, rappresentata la prima volta nel carnevale del
1753, trovò collocazione nel secondo tomo della Paperini. Della
Locandiera seguirono varie ristampe in edizioni non riconosciute
dall'autore, fino alla successiva Pasquali. Il testo della commedia in
quest'edizione risulta modificato in più punti in maniera sostanziale
rispetto alla Paperini → facendo riferimento all'ultima volontà dell'autore
la stampa da seguire per l'edizione del testo è la Pasquali.
Non basta comunque l'etichetta di stampa d'autore a garantire in tutto e
per tutto la sua autorità. Una stampa può essere considerata alla
stregua di un autografo solo dopo aver accertato la completa
responsabilità dell'autore su tutti gli aspetti del testo.
SOSTANZIALI E ACCIDENTALI: IL PROBLEMA DELLE GRAFIE
Il caso della Locandiera offre l'occasione per far riferimento a un metodo
editoriale proposto dal filologo inglese Greg per i testi di
Shakespeare : poiché il lavoro di aggiornamento del testo aveva
riguardato presumibilmente solo le lezioni sostanziali , cioè le parole
del testo e non il tessuto grafico, l'uso di maiuscole e minuscole,ecc.,
ossia gli accidentali, Greg proponeva di ritenere più vicini alla
volontà dell'autore gli in-quarto per gli accidentali e l'in-folio per i
sostanziali. Infatti l'edizione “in folio” rispecchia la volontà dell'autore
per tutte le innovazioni sostanziali, mentre il tessuto delle accidentali
delle singole opere ( grafia, segni diacritici, interpuntivi, uso delle
maiuscole, ecc. ), non sottoposto al controllo dell'autore, risulta più
autorevole nelle precedenti stampe “in quarto”, perchè fortemente
alterato nell' “ in folio” dalle interferenze del sistema dei vari compositori
impegnati contemporaneamente nel lavoro tipografico.
In Italia questa diversificazione del valore ecdotico dei testimoni a
stampa in rapporto alla maggiore o minore attendibilità di sostanziali e
accidentali non ha avuto fortuna. Conor Fahy ha ritenuto il metodo
inapplicabile per i testi rinascimentali a causa della “natura
essenzialmente fonetica” dell'italiano. Per questo gli editori critici di
testi umanistico-rinascimentali in volgare italiano ricorrono
convenzionalmente alla pratica dell'ammodernamento grafico; una
pratica che prevede interventi su tutte quelle grafie a cui non
corrisponde l'effettiva pronuncia: ad esempio l'eliminazione dell'h con
mera funzione etimologica o la soppressione di nessi latineggianti allo
scopo di ripristinare quella coincidenza grafico-fonetica propria della
lingua italiana. Per questa ragione alcuni studiosi fra cui Stoppelli hanno
espresso l'auspicio che le edizioni scientifiche presentino i testi
nella loro grafia originale.
E' evidente insomma la disparità tra la metodologia ecdotica
anglosassone, orientata verso la ricostruzione della volontà d'autore
sia per le lezioni sostanziali che per quelle accidentali, e la metodologia
ecdotica italiana, che mostra scarsa attenzione per gli aspetti
accidentali o ne giudica impraticabile la totale conservazione.
La quarantana dei Promessi Sposi
Dopo le prove del Conte di Carmagnola e dell'Adelchi, la realizzazione
di una terza tragedia appariva l'impegno di riuscita più sicura.
L'incertezza durò qualche mese, poi l'autore decise di cimentarsi nella
prova più ardua. La prima stesura del romanzo era completa nel 1823;
l'autografo ancora senza titolo e distinto in 4 parti, aveva il testo che
occupava solo la colonna di destra dei fogli, in modo da lasciare spazio
sulla sinistra a correzioni e revisioni. Questa redazione iniziale e non
ufficiale la conosciamo come il Fermo e Lucia, mai pubblicato
dall'autore.
Ben presto Manzoni ne avviava la riscrittura che comporterà importanti
modifiche strutturali, come l'eliminazione di intere parti o l'aggiunta del
racconto di alcuni fatti; lo scrittore tenta anche di volgere al toscano
vivo ottocentesco la lingua composita e artificiale del Fermo e Lucia. Il
lavoro durò più di 3 anni e si concluse nel 1827 con la pubblicazione dei
Promessi sposi, edizione detta “Ventisettana”.
Manzoni intraprese una nuova risciacquatura in Arno della sua prosa,
correggendo a penna una copia della ventisettana → edizione
definitiva, la “Quarantana”. Ai primi dell'Ottocento era stato messo a
punto un nuovo torchio in ghisa, in grado di imprimere nelle versioni
più grandi un'area che consentiva un'accelerazione dei ritmi di
produzione. La quarantana fu tirata proprio con un torchio di questo tipo.
Per proteggere il libro dalle contraffazioni Manzoni aveva voluto che il
romanzo fosse corredato di illustrazioni xilografiche: dunque
un'edizione illustrata.
Fu deciso di pubblicarne 10.000 copie, un numero molto alto per i tempi.
Il risultato economicamente disastroso fu che circa 5.000 copie
restarono al momento invendute.
Il formato era in-quarto, con 8 pagine per ogni fascicolo-dispensa. In
tutto 108 fascioli.
Manzoni si era riservato la più ampia facoltà nella correzione delle
bozze. Se ne giovò fino al punto di continuare a correggere il testo
.
anche dopo che la tiratura dei fogli era stata avviata
La consapevolezza del problema filologico relativo alla redazione
definitiva dei Promessi Sposi era comunque già stata manifestata
da Michele Barbi in un saggio famoso edito in La nuova filologia.
Barbi aveva in sostanza intuito le fon