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I FASTI:
Ovidio si cimentò anche nell’elegia eziologica che aveva in Calliamco e Properzio i principali
modelli; proprio all’esempio properziano si richiamano i Fasti, opera con cui il poeta tentò la strada
della poesia celebrativa.
<<Fasti>> indica l’elenco dei giorni, cioè il calendario: seguendo l’ordine del calendario giuliano, il
poeta si sofferma sulle ricorrenze e festività. L’opera era stata concepita in 12 libri, uno per ogni
mese dell’anno; ma nell’8 d.C., quando Ovidio fu esiliato, ne aveva composti solo 6.
Si tratta di un’opera dal carattere erudito, che fonde tratti elegiaci con elementi propri della
tradizione didascalica il poeta impartisce nozioni di astronomia, spiega usanze,
tradizioni, narra aneddoti e favole, il tutto attingendo a fonti antiquarie e storiografiche.
Le Metamorfosi: il capolavoro di Ovidio. Poema in esametri che narra le più famose
leggende mitologiche greche e romane concluse con straordinarie trasformazioni di
esseri umani, animali e cose. Opera ricca di immagini varie e suggestive.
Si tratta di un poema epico-mitologico molto ampio. L’intento di lasciare l’elegia ed entrare
nel campo dell’epica è espressa nel breve proemio in quei versi il poeta indica l’ambito
tematico al cui interno intendo muoversi e definisce la sua opera con l’espressione
PERPETUUM CARMEN, che designa l’epos dotato di un impianto complesso.
Il tema della metamorfosi, dell’incessante fluire e mutare della realtà, presenta una vasta
rassegna di vicende e di personaggi, i quali si trasformano in animali, piante, rocce, fiumi e
altro ancora. Componente essenziale è dunque la metamorfosi; anche se non avviene in tutti
gli episodi, tale tema costituisce in generale il criterio determinante per l’inclusione del
materiale mitico e diventa il fondamentale principio unificatore del poema.
Le Metamorfosi si presentano come una sfida in campo epico, al quale Ovidio voleva dare
nuove vie quando l’epica romana sembrava aver trovato un traguardo insuperabile con
l’Eneide di Virgilio. Ovidio va oltre: unisce raffinatezza dello stile ad una favolosa
potenza narrativa, introducendo una serie quasi infinita di immagini e motivi, un paese
delle meraviglie nel quale il lettore è guidato ad immergersi completamente, e dove tutto è
possibile; un mondo illusionistico in cui la metamorfosi è la chiave dell’esistenza, dove
nessuna forma è certa e stabile, dove tutto, in un istante, può tramutarsi in altro. La vita
stessa, alla fine, tende a smarrire il confine tra realtà e finzione.
Qui Ovidio dà voce ai miti e alle storie più disparate, dalle remote origini del mondo fino
alla Roma di Augusto. Vicende amorose si alternano a scene cosmiche, catastrofi,
passioni, esempi di amore coniugale e storie di amori infelici.
Un effetto di vertigine trasporta il lettore in un mondo in cui Ovidio, comunque, non fa
perdere di vista le piccole cose quotidiane, che raffigura con grande realismo e con
simpatia, senza mai dimenticare che il protagonista assoluto è l’uomo, con le sue
passioni, nobiltà e grandezze.
L’impostazione cronologica affiora chiaramente nella prima parte del poema e nell’ultima;
le singole scene e i singoli episodi sono le unità elementari della narrazione ovidiana, che il
poeta connette e unisce nei modi più vari: egli dimostra nell’arte dei raccordi un’abilità
stupefacente, ricorrendo a ogni sorta di espediente.
Tra gli strumenti adottati dal poeta per costruire il suo complesso organismo narrativo, assume
rilievo la tecnica del “racconto nel racconto”. Grazie a questa inserisce una nuova narrazione in
quella principale e trasforma i personaggi “narrati” in “narranti”.
Le metamorfosi si sostengono su un meccanismo letterario che coinvolge il maggior
numero di miti possibile in una sorta di movimento concentrico.
Messaggio delle Metamorfosi: tutto muta (mondo, uomini, ogni cosa), perennemente, e si
trasforma in altro. Ed ecco che subentrano le apparenze, le quali ci circondano e che sono
simbolo di un destino incerto. È il relativismo ovidiano. La metamorfosi sfuma i confini tra
realtà e apparenza, tra concretezza delle cose e mutevolezza di ombre e fantasmi. Prende
così vita un mondo incerto, sfuggente, espressione di una profonda crisi spirituale.
Le elegie dall'esilio: I Tristia: opera scritta durante il triste esilio a Tomi, sul mar Nero.
Raccolta di cinque libri di elegie dedicate all’amara esperienza dell’esilio. Composte in
tono spesso lamentoso e afflitto, nella speranza di ottenere il ritorno a Roma. Il libro II è
un’unica, lunghissima elegia indirizzata ad Augusto per chiedergli perdono.
Nel complesso queste ultime opere ingenerano un senso di monotonia per la ripetitività
ossessiva dei temi, tutti scaturenti dalla situazione immobile dell’esilio. Inoltre l’enfasi
appesantisce la lettura dei testi quasi sempre già gravati da un apparato retorico e storico-
mitologico. Incapace di rassegnarsi, Ovidio trova nella poesia la sua unica ragione di vita: a
essa affida la sua speranza ed i suoi sfoghi.
La novità di Ovidio:
egli è il primo poeta davvero “moderno” della letteratura latina. Affermava di essere
soddisfatto di vivere nel presente, e non nel passato celebrato dai poeti precedenti. La sua
era una letteratura piacevole, adatta a lettori meno selezionati rispetto al pubblico della
poesia tradizionale, e quindi Ovidio si rivolgeva ad un pubblico più largo, desideroso
soprattutto di intrattenimento.
Lo stile:
- elegante e piacevole
- ricco di immaginazione
- espressione chiara ed efficace
- notevoli abilità tecniche nel costruire i versi (Ovidio è un grande narratore in versi)
suscita interesse nel lettore, come desidera fare Ovidio
-------------- FINE PERIODO CLASSICO o AUREO (78 a.C. - 14 d.C.)----------------------
-------------------PERIODO POSTCLASSICO O IMPERIALE (14 - 550 d.C.)--------------
L’IMPERO NEL I SECOLO d.C.
(dopo Augusto: Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone…)
A Roma c'è ancora la repubblica quindi l'imperatore è il Princeps Senatus che
ha il controllo assoluto della cultura e punisce chiunque vi si oppone.
Gli intellettuali devono conformarsi, allinearsi al potere. Alcuni scrittori
arrivarono ad una aperta adulazione. Ciao ciao al Mecenatismo…e ciao ciao
alla libertà della parola…
Il potere richiedeva obbedienza. Sostiturono anche la moneta dell'Aureus con
l'Argenteus, una politica sfavorevole ai cittadini.
I romani ritenevano questi principes (Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone)
degli usurpatori, poiché solo formalmente v'era la repubbica (Augusto portò la
pace, e loro? Sono solo membri della sua dinastia).
La filosofia, che ai tempi di Cicerone era legata alla partecipazione alla vita
cittadina e ai suoi bisogni, ora diviene un modo per cercare la salvezza
personale contro le incertezze e le delusioni del vivere.
Si afferma in particolare la filosofia stoica: esigenza di libertà dalle passioni.
Diventa una guida alla virtù interiore (così la intende Seneca).
1) ETA' GIULIO-CLAUDIA (14-68) [Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone]
Morte 1° imperatore romano, Augusto – inizio Guerra Civile Romana
Nella Dinastia Giulio-Claudia, c'è:
- disinteresse del princeps
- ostilità del senato ( danneggiano i loro interessi ) o del popolo romano → considerano il
princeps un usurpatore
eccezione: il primo Nerone , guidato da Seneca (poi diventa cruento) → nel suo
“Quinquennius Aureus” 54-59 d.C. → Politica culturale + interrompe persecuzioni dei
senatori e concede il rispetto formale, il potere delle province
ma nel 59 uccide la madre intransigente e dopo svaluta il denarius aureus, nel 62 Seneca si
ritira a vita privata per motivi di salute, nel 65 congiura dei Pisoni contro Nerone e nel 68
Nerone viene deposto →
Conseguenze: la cultura (prosa e poesia) si scinde in
- di opposizione (si ispira allo stoicismo) → lo stoicismo invita a seguire le virtù
disinteressandosi dei beni materiali pertanto il princeps appare un corrotto, circondato dal
lusso e non bisogna per questo né temerlo né esserne attratti (offre falsi beni) [è la prima
volta che la filo stoica a Roma è d'opposizione: prima lo era di giustificazione, come in
Cicerone o il circolo degli Scipioni]
- neutrale (argomenti non compromettenti)
- favorevole quindi di lode all'imperatore (per “spontanee” adesioni o promossa da Nerone)
PROSA:
1) DI OPPOSIZIONE → storiografi e filosofi stoici
2) TECNICA → scientifica ( medicina e agricultura ) e retorica
3) FILO-IMPERIALE NERONIANA (ispirata alla Satira Menippea: Menippo di Gatara
scrive in greco e vive all'inizio dell'età ellenistica):
- SPERIMENTALE → Satyricon di Petronio (fonde molti generi)
- DIALOGHI di Seneca → Scritti in gran parte per guidare Nerone
- APOKOLOKYNTOSIS di Seneca → prosa mista a versi)
POESIA:
1) STOICA → Persio (di opposizione): la satira in esametri (di tipo oraziano e luciliano)
2) NERONIANA → Lucano (neroniano solo inizialmente) e tragedie di Seneca
3) NEUTRALE-TECNICA → Fedro, Manilio, Germanico
ELEMENTI COMUNI: il MACABRO (cadaveri, spettri, magia, assenti solo nei
dialoghi), l'ORRIDO (nella sola poesia), // morte = allusione a decadenza di Roma
e l'ENFASI (abbbondanza di figure retoriche e frasi esclamative)
SENECA, lo stoico
VITA (IMP) Nacque da una ricca famiglia provinciale di rango equestre a Cordoba
(Spagna) nel 4 a.C. sotto Augusto e visse fino al 65 d.C.. Si forma a Roma studiando c/o
retori e filosofi. La sua vita è divisibile in 5 periodi (3 di isolamento e 2 di impegno
pubblico):
1) entra in una Setta, quella dei Sesti; praticava una dieta vegetariana (digiuno ed esame di
coscienza quotidiano ed estraneità ai beni materiali), ma nel 25 d.C. Tiberio chiuse la setta
perchè stile di vita antitetico al fasto imperiale e temeva un'opposizione. Poiché la zia di
Seneca è la moglie del governatore d'Egitto, Seneca vi si reca.
2) 32-33 Fine del periodo d'isolamento egiziano;torna a Roma e, pur avendo scelto con
entusiasmo la vita contemplativa infatti, egli l’abbandonò quindi per non dispiacere al padre
ed intraprese il CURSUS HONORUM, rivestendo la questura. Si dedica all'oratoria,
diventando un intellettuale illustre: fase mondana e stile di vita brillante. Caligola lo
vorrebbe uccidere solo perchè convinto da una donna che Seneca fosse malato.
3) 41 d.C. - 49 d.C. Claudio lo manda 10 anni in esilio in Corsica accusato d'aver
commesso adulterio sull