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I I
MV + M V = PT
I I
In cui M e V indicano la quantità e la velocità di circolazione dei depositi bancari. In
questa versione veniva posta in rilievo la circolazione dei mezzi di pagamento. Per far
risaltare la circolazione di moneta usata nelle transazioni, Fisher definisce T in modo da
includere non solo il reddito, ma anche le transazioni per beni intermedi e attività
finanziarie.
Nell’equazione dello scambio Fisher separa accuratamente gli effetti permanenti o finali
di una variazione della quantità di moneta dagli effetti temporanei durante i periodi di
transizione. Gli effetti permanenti sono ricavati solo sulla base della teoria quantitativa: le
variazioni della quantità di moneta provocano alla fine variazioni proporzionali del
mentre il tasso d’interesse, la velocità e il volume delle transizioni si
livello dei prezzi,
attestano su valori normali. Durante il periodo di transizione tuttavia le variazioni
dell’equazione
monetarie comportano variazioni di tutte le variabili dello scambio.
Secondo Fisher, il motivo principale degli effetti temporanei sta nel fatto che il tasso
d’interesse non è in grado di rispondere abbastanza rapidamente alle variazioni dei prezzi.
Fisher formulò una teoria monetaria del ciclo, sostenendo che i fattori monetari,
unitamente ai ritardi nell’aggiustamento del tasso d’interesse, rappresentavano la causa
principale delle crisi. Inoltre Fisher affermava che l’eccesso e l’eccesso
di consumo di
investimento (con cui gli altri economisti avevano spiegato le crisi) si manifestavano per
cause monetarie. Rispetto a Wicksell, Fisher assegnava un ruolo maggiore alle variazioni
della quantità di moneta che a quelle del tasso naturale d’interesse. La sua analisi dei
periodi di transizione presentava parecchi tratti in comune con il processo cumulativo
wickselliano. Tuttavia Fisher preferiva un quadro analitico di lungo periodo.
La scuola di Cambridge
A Cambridge i successori di Marshall svilupparono la sua impostazione della teoria
quantitativa fondata sui saldi di cassa. Essa afferma che la gente desidera tenere in
forma di moneta, M, una certa frazione, k, delle proprie risorse, R. P indica il valore della
(cioè l’inverso del livello dei prezzi com’inteso di solito). Questa versione equivale
moneta
alla formula di Fisher, solo che al posto delle transizioni figurano le risorse, cioè il reddito.
Questa versione rivestiva una certa importanza, dal momento che sottolineava
maggiormente i fattori psicologici e la decisione individuale. Tutti i principali sostenitori
dell’equazione di Cambridge erano quindi portati a considerare le variazioni delle
aspettative e della fiducia una causa importante di variazione del valore della moneta.
L’importanza riconosciuta alle preferenze individuali si può rilevare con maggior chiarezza
in Pigou, che mise in evidenza il fatto che la gente, oltre a consumare le risorse, poteva
per l’utilità e la sicurezza che essa dà,
impiegarle in due modi: conservare la moneta,
oppure adoperarle per la produzione di beni, a scopo di profitto. Le risorse verranno
distribuite tra questi due usi in modo da rendere uguali l’utilità marginale
(che dipende dalla redditività attesa dell’attività industriale) e
dell’investimento quella
derivante dal conservare la moneta (che dipende dalla percezione del reddito e dalle
aspettative relative alle variazioni dei prezzi). Queste aspettative potevano modificarsi e
questo era il fattore principale che spiegava le variazioni del valore della moneta.
Come accadde per la teoria quantitativa di Fisher, anche la versione di Cambridge venne
espressa in modo da tenere conto dei depositi bancari. In particolare questo venne
con l’equazione:
compiuto da Pigou –
P = (kR / M) [c + h(l c)]
Dove M sta ad indicare la quantità di valuta legale, c è la frazione di saldi monetari tenuti
in forma di valuta legale e h è la quota di depositi tenuta dalle banche come riserve di
valuta legale.
I danni provocati dalle fluttuazioni dei prezzi furono messi in risalto sia da Marshall che dai
suoi discepoli. Vennero proposti numerosi piani per affrontare il problema. Marshall
sottolineò l’incertezza derivante dalle fluttuazioni dei prezzi e l’elemento di speculazione
che si introduceva così nella vita economica. Infatti come conseguenza di questa
incertezza, quando si prevede un aumento dei prezzi, la gente prende denaro a prestito
beni e ciò favorisce l’aumento
e acquista dei prezzi. Gli affari saranno sospinti
dall’inflazione e coloro che operano con denaro prestato dovranno restituire un valore
reale minore di quello che hanno ricevuto. Dal momento che i salari nominali sono fissi,
l’imprenditore paga salari reali minori del solito ed i suoi profitti sono eccezionalmente
elevati. In questo modo è portato a sovrastimare la sua forza e a intraprendere affari che
non sarà in grado di condurre a buon fine una volta passata la marea favorevole.
Quando il credito si restringe e i prezzi calano si ha il processo inverso. I lavoratori
non sono disposti a far diminuire i salari nominali, così il ribasso dei prezzi fa aumentare i
salari reali, i lavoratori restano disoccupati e si verificano fallimenti. Le imprese riducono la
produzione per migliorare il mercato della proprie merci ma, così facendo, riducono la
domanda in altri mercati.
Per risolvere il problema Marshall innanzitutto riesumò il concetto di una misura del
che consentisse di stipulare i contratti in termini di un’unità
valore composita, prefissata
di potere d’acquisto e in seguito propose che la valuta a corso legale dovesse basarsi
sia sull’oro che sull’argento.
Mentre Marshall identificava la moneta soprattutto con la moneta metallica, i suoi
successori si discostarono da questa visione.
La teoria del ciclo economico prima del 1910
Prima del 1900
Nel periodo precedente il 1900 era abbastanza rara un’analisi approfondita del ciclo
economico. Le più importanti sono quelle di Nasse, che nel 1879 aveva affermato che i
periodi di boom venivano provocati dalle invenzioni, e di Price che attribuì la crisi del 1873
e le successive depressioni all’eccesso di consumo. Opposte a queste teorie reali vi erano
quelle che sottolineavano i fattori psicologici in rapporto al credito. Bagehot, ad
esempio, sosteneva che il credito si amplia durante la fase ottimista del boom.
Oltre a queste teorie bisogna considerare gli attacchi alla legge di Say, cioè le teorie
basate sul sottoconsumo. Hawley (1882) affermava che vi sarebbe una tendenza alla
sovraccumulazione specialmente nella fase di boom, quando i profitti sono elevati.
Crocker giunse a conclusioni analoghe negli anni tra il 1880 e il 1890, attaccando la
dottrina di Mill sull’impossibilità di generale sovrapproduzione. La teoria che ebbe più
successo però fu quella di Hobson, il quale sosteneva che la produzione non potesse
essere pari al massimo in base all’offerta dei fattori della produzione, poiché verrebbe
mantenuta ad un livello inferiore dall’eccesso di risparmio.
–
Tugan Baranovsky
La letteratura moderna in campo di teoria del ciclo economico si basa soprattutto su
– –
Industrial Crises in England (1894) di Tugan Baranovsky. Secondo Tugan
Baranovsky il capitalismo poteva espandersi in modo indefinito: la domanda era
e l’accumulazione
sostenuta dalla crescente produzione di beni capitale rappresentava
di per sé. Contrariamente a Marx ma d’accordo con Lenin, Tugan –
un fine Baranovsky
concludeva che, pur soffrendo di crisi periodiche, il capitalismo non sarebbe crollato.
–
Tugan Baranovsky riteneva che i cicli costituissero parte integrante del processo di
sviluppo capitalistico e rifiutava nettamente le spiegazioni esogene del ciclo, quali quelle
di Jevons e Juglar. I cicli erano connessi con la continua tendenza dell’economia
capitalistica alla sovrapproduzione di beni d’investimento. Pur negando la legge di Say
–
e riconoscendo la possibilità della sovrapproduzione, Tugan Baranovsky affermava che
il ruolo decisivo veniva sostenuto dal comportamento degli investimenti.
Spiethoff e nell’apertura
Spiethoff identificò le cause del boom nelle innovazioni ai mercati esteri.
Inoltre individuò le ragioni della crisi nell’esistenza di limiti alle possibilità
d’investimento: durante il boom, la produzione di beni di consumo sarà in ritardo rispetto
all’investimento, così che i prezzi dei beni di consumo restano elevati, mantenendo elevati
anche i profitti. Quando il nuovo investimento provoca l’aumento di produzione di beni di
consumo, i prezzi dovranno calare, anche se i cartelli potranno cercare di mantenerli
–
immutati per un certo lasso di tempo. Come Tugan Baranovsky, Spiethoff rifiutava la
legge di Say, ritenendola inadatta ad un’economia monetaria.
1900 -1910
Principio dell’acceleratore: teoria secondo cui un aumento relativamente piccolo della
domanda di beni di consumo può produrre un aumento molto maggiore della
domanda di beni d’investimento. Il concetto fu formulato per la prima volta da Carver
(1903), ma il merito della sua integrazione nella teoria del ciclo deve essere attribuito ad
Aftalion.
Aftalion riteneva che si possa giungere ad una saturazione dei bisogni. Lo stock di beni
capitale dovrebbe aggiustarsi rispetto alla domanda di beni di consumo per tre motivi:
Secondo il principio dell’acceleratore anche le più piccole fluttuazioni
1. della
domanda di beni di consumo avrebbero potuto produrre ampie fluttuazioni della
domanda di beni capitale;
2. Il lungo periodo necessario per la costruzione dei beni capitale;
3. La loro durata.
Durante il boom prendono vita progetti di investimento senza produrre alcun bene capace
di soddisfare la domanda. Nel momento in cui cominceranno a produrre, la domanda si
saturerebbe e di conseguenza calerebbero gli investimenti. La conseguente depressione
durerebbe finché non si sia consumata una quantità di beni capitale sufficiente a provare
la loro scarsità in relazione alla domanda. Aftalion scoprì così che l’ampiezza e la durata
del ciclo erano strettamente connessi alle tecniche di produzione.
Un altro contributo importante fu quello di Schumpeter, che diede grande risalto alle
nel processo di sviluppo economico. La comparsa di un’innovazione sposta
innovazioni
l’economia da uno stato di equilibrio, creando nuove opportunità di profitto che
verranno sfruttate gradualmente. Mentre l’economia giunge ad un nuovo equilibrio,
consegue una fase di depressione. Il boom e la crisi rapprese