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8. LO “STIL NOVO”: LA TRADIZIONE DEI POETI

La posizione di cerniera tra la generazione di Guittone e quella di Dante si rispecchia nella

tradizione manoscritta della lirica di Guinizzelli, l’unico dei poeti accolti nelle antologie trecentesche

a poter vantare una presenza massiccia anche nei tre canzonieri prestilnovistici. Il dossier più ricco

è quello del canzoniere guittoniano L. La rilevanza di L è confermata dalla recensio, che per le

canzoni lo trova isolato contro i congiunti V e P. Collaterale a quest’ultimo è la fonte da cui

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derivano i testimoni tre-quattrocenteschi, suddivisi nei due rami rappresentati da Ch e V .

GUIDO CAVALCANTI. Il corpus lirico di Cavalcanti non pone significativi problemi di delimitazione.

La tradizione cavalcantiana si forma a partire dai canzonieri di metà Trecento: principale risulta Ch

(41 testi) con la serie di suoi stretti affini o discendenti, ove si segnalano Bembo in Bar, la silloge

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di Manetti (Vr ) e la Raccolta Aragonese. Vr e Ar costituiscono il ramo della tradizione indicato

come X, a cui si aggrega solo parzialmente l’altro principale testimone del corpus cavalcantiano,

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V , che viene a costituire un raggruppamento collaterale a Ch e affini. V però tramanda tra i suoi

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26 testi anche tutti quelli mancanti a Ch, e per questi non attinge a X. V ha dunque presente

anche il secondo ramo della tradizione cavalcantiana (K), quello veneto appunto dei trecenteschi

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B, E, Vr e poi del quattrocentesco Am. Le presenze nei rappresentanti di K sono tra loro

complementari. Un ramo indipendente da X e K, definito Y da Favati, si individua per la grande e

controversa canzone teorica Donna me prega, la cui complessa tradizione arriva a più di 70

testimoni. A Y attingono B e il suo parallelo G, ma soprattutto un gruppo di mss. che contengono

solo canzoni e ballate, tra i quali il più importante è l’umbro Mart, cui si affiancano Fi BR 1050 e

BNC Magl. VI 143 e Conventi Soppressi 122 e Bd. La tradizione di Donna me prega è inoltre in

molti manoscritti corredata dai commenti antichi dello pseudo Edigio Colonna e Dino del Garbo.

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LAPO GIANNI. Il corpus di Lapo, trasmesso quasi esclusivamente nei due rami di Ch e di V , è

tutto di ballate e canzoni. Per gli altri testi manca il ramo veneto, e si contrappongono da una parte

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Ch con T , il testo Bembo in Bart e la Raccolta Aragonese, dall’altra V col testo Beccadelli in

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Bart e con Bo .

GIANNI ALFANI. Le 5 ballate e il sonetto di Alfani sono al completo solo in Ch e nel suo affine

“testo del Bembo” in Bart.

DINO FRESCOBALDI. Le 5 canzoni e i 16 sonetti di Dino sono per lo più tramandati dal solito Ch,

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cui si affianca T .

CINO DA PISTOIA. Dell’autore più prolifico tra quelli annessi allo “stil novo” manca un’edizione

critica moderna, e manca una specifica recensio della tradizione manoscritta. Irrisolta è anche la

delimitazione del canone, visto che il contenzioso oppone spesso Cino a Dante, in forza

dell’omogeneità di linguaggio che lega i due autori. L’edizione vulgata è quella della raccolta

Marti, che riprende il corpus fissato da Di Benedetto. Il testo è per lo più quello fissato da Di

Benedetto, senza giustificazione. Per l’apparato si deve ricorrere all’edizione di Zaccagnini.

Quando alla tradizione se ne ricava: la consueta fisionomia della famiglia X, con Ch e affini contro

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V e affini, ma con l’eccellenza su entrambi del quattrocentesco ms. BNC II IV 114; una forte

presenza nella famiglia veneta di E.

GUIDO ORLANDI. Il breve corpus di Guido si aggrega al canone stilnovistico per il fatto che le

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ballate e 5 sonetti sono unicamente traditi in V , e altri 5 sonetti in V più gli stretti affini. La

pertinenza culturale di Orlandi alla stagione prestilnovistica è peraltro confermata dalla presenza di

due sonetti nell’antico V.

ONESTO DA BOLOGNA. Anche la produzione di Onesto è omogenea alla tradizione stilnovistica,

non solo per la fitta corrispondenza con Cino, ma soprattutto per l’attestazione del suo corpus

pressoché completo in Ch.

DANTE DA MAIANO. Il corpus occupa il libro VII della Giuntina. Il fatto che Giunt sia qui

testimone unico ha lasciato spazio all’ipotesi di un falso cinquecentesco, confutata prima da

Debenedetti con argomenti filologici, poi dalla Bettarini con rilievo stilistici e culturali. Ma il nome

dell’autore è presente già nel quattrocentesco canzoniere provenzale BML XC inf. 26.

9. LA POESIA COMICO-REALISTICA TOSCANA

Il filone della lirica duecentesca che si definisce comico-realistico non ha dato origine a una

tradizione manoscritta autonoma, confluendo in posizione più o meno subalterna nei canzonieri

tre-quattrocenteschi di rime antiche.

RUSTICO FILIPPI. La compresenza dei due registri, e la trasmissione in contesto “cortese”, si

verificano entrambe già per il primo autore di sonetti realistici, il fiorentino Rustico Filippi, il cui

corpus si bipartisce in due serie equivalenti, ciascuna di una trentina di sonetti, conservate in

attestazione quasi sempre unica in V. La sezione “aulica” è compatta, mentre quella “comica” è

frammentata in tre spezzoni.

CECCO ANGIOLIERI. Ben più complessa la tradizione del maggiore di questi autori, il senese

Angiolieri. Nella prima edizione critica, Massera aveva aggregato al canone tutta la sezione di

sonetti realistici che compare adespota in Ch; la scoperta di E ha portato a una più razionale

redistribuzione dell’insieme. Le testimonianze si presentano disgregate e disomogenee, con

abbondanza di attestazioni adespote e spesso uniche. Oltre a Ch e ad E, terzo per importanza è

l’altro canzoniere veneto B. La preferenza è data in genere a Ch, ma spesso mancano attestazioni

toscane.

FOLGORE DA SAN GIMIGNANO. Sempre in area senese si colloca infine la produzione di

Giacomo detto Folgore da San Gimignano, concentrata in più catene di sonetti. Le due corone

più importanti sono tutte ancore nel fondamentale canzoniere B, testimone unico per la prima

serie; per la seconda serie troviamo i mss. BNC Magl. VII 1066, BR 1158 e Chig. L IV 131. Per

quanto riguarda invece la sostanza testuale, i tre fanno gruppo contro B, ma a dirimere le

opposizioni adiafore interviene un quinto testimone, anch’esso quattrocentesco (ms. Fermo BSA

s.s.).

10. LA POESIA DIDATTICO-ALLEGORICA E RELIGIOSA DI AREA SETTENTRIONALE

I testi più rappresentativi della produzione settentrionale assegnabile al Duecento ci sono

stati conservati in 4 codici fondamentali: due miscellanei, d’area veneta, il cod. Saibante; e due

dedicati a un solo autore, il Berlinese di Bonvesin da la Riva e il cod. Molfino dell’Anonimo

Genovese. A questi si affiancano sparse testimonianze parallele, per lo più frammentarie. I testi

più antichi sono trasmessi nel ms. Berlin S Hamilton 390, già della famiglia Saibante di Verona,

composto in area veneta nella seconda metà del Duecento. Tra i due volgarizzamenti in prosa che

aprono e chiudono la raccolta sono compresi tre poemetti che hanno in comune l’impianto

didattico-moraleggiante, la dipendenza da modelli francesi e la base metrica. La patina veneta del

copista è stata riconosciuta consona alla lingua dell’originale.

GIRARDO PATECCHIO e UGO DI PERSO: Gli altri due poemetti del Saibante, anch’essi databili

entro la prima metà del Duecento, hanno invece autori cremonesi, e lasciano trasparire tratti

lombardi.

UGUCCIONE DA LODI. Il primo e più ampio testo del Saibante è il sermone del cremonese

Uguccione da Lodi, definito nel codice Libro.

BONVESIN DA LA RIVA. Tornando ai grandi manoscritti che testimoniano la cultura poetica

settentrionale del Duecento, un posto di grande rilievo occupa la celebre raccolta Berlinese

dell’opera di Bonvesin da la Riva. L’eccellenza del testimone risiede nell’altissima qualità della

sua lezione. Per l’edizione di Bonvesin, alfa è come se fosse autografo. Di un secondo codice

altrettanto autorevole e antico sono rimasti solo tre fogli. Per questi l’unica questione posta

dall’editore è di natura formale, dato che la grafia di alfa prevede scrizioni piene anche in caso di

fonemi. La soluzione di Contini conserva sempre la grafia del codice, segnalando tipograficamente

le lettere che il ritmo denuncia come virtuali. Il celebre codice, mutilo alla fine, tramanda poco più di

metà del corpus noto di Bonvesin, e il suo sitema grafico-linguistico è stato applicato da Contini

alla ricostruzione degli altri “volgari”.

ANONIMO GENOVESE. L’ultimo dei quattro principali manoscritti che permettono di ricostruire la

geografia poetica del Duecento settentrionale è anche l’unico a documentare un’attività in area

ligure, anzi genovese. È il codice detto Molfino, del primo Trecento, che contiene una raccolta di

rime volgari e latine di varia natura, ma verosimilmente da attribuire a un solo autore, un laico

membro della congregazione di Santa Caterina d’Alessandria, che si è convenuto indicare come

l’Anonimo Genovese. Alle vicende politiche di Genova alludono molti testi, che consentono di

datare il corpus approssimativamente entro gli estremi 1283-1320, ma la gamma tematica spazia

dall’agiografia al sermone all’epigramma d’occasione. Irregolare è nell’insieme la qualità testuale

del ms., testimone unico. La scorrettezza della lezione e l’apparente disorganicità dell’ordinamento

sono comuni a entrambi i compisti che hanno vergato il codice, e dipenderanno quindi in buona

parte dal modello, dal quale è ipotizzabile che trascrivessero contemporaneamente, ciascuno la

propria metà.

11. LA POESIA DIDATTICO-ALLEGORICA DI AREA TOSCANA E MEDIANA

BRUNETTO LATINI. Al di qua dell’Appennino, il filone didattico trova in poesia spazi molto

più ridotti, stretto com’è fra la grande esperienza della prosa toscana e la tradizione della lauda

umbro-mediana. L’opera più rilevante, il Tesoretto di Brunetto Latini, risale all’epoca dell’esilio in

Francia, nella scia del Tresor in prosa, ed è del resto nelle intenzioni un prosimetro. Il testimone più

antico è ms. BR 2908 (R), tanto da far supporre, più che una lacuna nell’archetipo, l’incompiutezza

dell’originale. L’edizione si fonda per entrambi i poemetti sostanzialmente sul regolare e fiorentino

R.

In area umbro-mediana si registra la presenza di un maggior numero di testi d’impianto didattico-

allegorico, ma senza che si possa individuare una tradizione omogenea, e d’altronde sempre in

simbiosi con il preponderante contesto laudistico. Si colloca ancora fra Toscana e U

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A.A. 2015-2016
15 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/09 Filologia e linguistica romanza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giovyviv94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Elementi di filologia italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Grimaldi Marco.