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Filologia romanza. Critica del testo (Vol. 1)
2. Il manoscritto come libro
Per la maggior parte, i testi medievali sono conservati in libri scritti a mano, che definiamo semplicemente manoscritti. Nella cultura testuale del Medioevo, soprattutto in lingua volgare, l'oralità gioca un ruolo importante: molti generi letterari, dalla lirica dei trovatori ai poemi epici, comportano un'esecuzione, anche accompagnata dalla musica, e prevedono quindi un pubblico di ascoltatori più che di lettori. L'atto stesso della lettura, anche solitaria, era peraltro in genere accompagnato dalla pronuncia del testo. La filologia dunque deve occuparsi dei manoscritti e conoscerne a fondo le modalità di elaborazione, dalle quali spesso dipende l'aspetto che il testo assume, e quindi la nostra stessa possibilità di interpretarlo.
Per il lavoro filologico su un testo, è indispensabile individuare
tutti i manoscritti sopravvissuti che li conservano. Tale opera di censimento non è semplice: la maggior parte dei manoscritti sono oggi conservati in biblioteche pubblicamente accessibili, ma non tutto questo immenso patrimonio è stato catalogato, e alcuni settori anche di biblioteche molto importanti hanno cataloghi sommari, che non identificano in dettaglio il contenuto di ciascun manoscritto. Per molte biblioteche non mancano naturalmente cataloghi ben fatti, ma anche in questo caso la ricerca non è facile. Tuttavia la crescente disponibilità di cataloghi di manoscritti in rete sta comunque via via rendendo il lavoro di censimento sempre più efficace. La difficoltà di un censimento completo fa sì che non sia così raro trovare manoscritti precedentemente sconosciuti, anche nel caso di testi importanti per cui esistano ottime edizioni o censimenti sistematici. Un esempio illustre è quello della Vie de saint Alexis: Gaston Paris.nel 1872 aveva costruito l'edizione del poemetto sulla base di 5 manoscritti, ma nel 1929 ne fu individuato un sesto alla Biblioteca Vaticana (V) che si rivelò essere molto antico, della metà del XII secolo: il suo testo, esaminato da Pio Rajna, risultò incompatibile con la classificazione dei manoscritti proposta da Paris, tanto da mettere in discussione la validità del metodo.
Il censimento dei manoscritti non dovrebbe trascurare anche la ricerca di codici di cui ci si è rimasto soltanto un frammento, o anche un solo fascicolo o un foglio. Spesso questi residui di libri medievali si sono conservati perché i loro fogli di pergamena sono stati riutilizzati come copertine di fascicoli d'archivio o di libri a stampa.
Uno dei casi più eclatanti è quello del Tristan di Thomas, il più antico romanzo in versi che narra la vicenda di Tristano e Isotta (è la versione anglo-normanna del XII secolo). Nessun manoscritto contiene il
testo per intero, e solo nel 1995 nell'archivio di Carlisle si sono scoperti due fogli di un codice del XIII secolo che va ad aggiungersi agli altri cinque frammenti noti, permettendoci di leggere la scena-madre del romanzo, in cui i due protagonisti bevono il filtro magico e riconoscono per sempre il reciproco amore che li legherà fino alla morte.
Un censimento completo non dovrebbe dunque trascurare i manoscritti che sono tuttora in possesso di privati. I manoscritti che sono rimasti fuori dai depositi delle biblioteche e degli archivi possono restare nell'ombra, e rischiare di scomparire dal radar della ricerca filologica: la loro scoperta comporta il fascino particolare di un'inchiesta. Chi ha studiato la diffusione dei romanzi arturiani francesi in Italia si è a lungo chiesto se l'assenza di traduzioni del Lancelot en prose, a fronte delle numerose traduzioni del Tristan en prose, avesse un qualche significato letterario, finché nel 2013 Luca
Cadioli ha riconosciuto in una cinquantina di fogli di pergamena non rilegati un ampio frammento di un codice con la traduzione di quel romanzo, riconducibile alla Firenze della fine del XIV secolo (ms. L: Cadioli 2016).
FILOLOGIA ROMANZA. CRITICA DEL TESTO (VOL. 1) ALESSANDRO CR
Filologia romanza. Critica del testo (Vol. 1)
Un altro aspetto che non si può trascurare per un censimento completo è la ricerca di quella che si definisce tradizione indiretta, vale a dire le citazioni di un testo all'interno di un altro. Una canzone siciliana non toscanizzata, Resplendiente stella de albur di Giacomini Pugliese, può servire da esempio di un'ulteriore tipologia di fonti da tenere in considerazione, definite negli studi filologici italiani con termine tecnico di "traccia". Si tratta di testi copiati sulle pagine o porzioni di pagine rimaste bianche di manoscritti che contengono altre opere: la canzone siciliana è trascritta sulla carta di
guardia di un codice delle Institutiones grammaticae di Prisciano del XII secolo (Z) e se ne può ricostruire la datazione agli anni 1234-1235, a ridosso dunque del presunto avvio dellaproduzione poetica siciliana (Brunetti 2000). A questa variegata tipologia di attestazioni di cui tenere conto per un censimento completo vanno infine aggiunte le prime stampe. Solo una piccola parte delle opere romanze medievali ebbe un successo talmente duraturo da essere presa in considerazione nella prima stagione della stampa, tra la fine del XV e del XVI secolo. In alcuni di questi casi l'edizione a stampa deriva il suo testo da un manoscritto conservato, ma più spesso il suo modello ci è ignoto, ed essa va dunque considerata come una testimonianza al pari di quelle manoscritte. Il censimento delle stampe antiche deve seguire canali d'indagine in gran parte diversi da quello dei manoscritti, e richiede competenze e attenzioni specifiche, così come l'analisi dei.singoli volumi superstiti: il carattere artigianale della prima stagione della tipografia non esclude infatti una variabilità del testo da una copia all'altra della stessa stampa ("varianti di stato"), e gli studi sulle modalità e sulle tecniche di produzione dei libri a stampa configurano ormai da vari decenni un ambito di ricerca a sé, definito come "textual bibliography". Dal quadro fin qui delineato è facile dedurre come sia complicato analizzare un censimento dei testimoni di un'opera medievale con la certezza dell'esaustività. Questa operazione è nondimeno un preliminare indispensabile per il lavoro filologico, e spesso si rivela un'indagine di grande interesse in sé. Dopodiché, l'esame del testo verrà condotto sui manoscritti noti, e l'eventuale successiva emersione di ulteriori copie potrà portare nuovi dati all'analisi, in un processo di continuaevoluzione della ricerca che è normale in ogni ambito scientifico. È bene però precisare che, sebbene gli strumenti informatici e il continuo potenziamento del web facilitino enormemente le ricerche, la consultazione diretta di manoscritti resta una necessità imprescindibile per evitare il rischio di fraintendimenti anche gravi. Se ne hanno esempi clamorosi nella prima stagione della filologia romanza, tra Otto e Novecento: lo stesso Gaston Paris, editore della Vie de saint Alexis (1872), aveva fondato la propria argomentazione su alcune varianti del manoscritto A rivelatesi poi inesistenti nel codice, che si trovava all'epoca ancora nella collezione di Lord Ashburnham e che Paris non aveva dunque potuto consultare direttamente. Non meno rischiosa può risultare la consultazione in fotografia. Uno dei più importanti manoscritti del ciclo di Guiron le Courtois (ms. 350) è stato da tutti descritto come mancante delle prime pagine.finché Nicola Morato (2007) non lo ha consultato direttamente e ha avuto la sorpresa di trovare quelle pagine all'inizio del codice: al momento dell'ingresso del manoscritto nella biblioteca, nel XVII secolo, erano state inserite a rinforzare la rilegatura, e solo un restauro eseguito nel 1998 le aveva riportate alla luce, ma si era continuato a consultare la riproduzione in microfilm realizzata in epoca precedente al restauro, e non ci si era quindi potuti accorgere del ritrovamento. La situazione è in realtà ancora più complessa: quelle pagine infatti sono state scritte da un altro copista più o meno coevo, e sono prive delle iniziali in inchiostro rosso/blu che adornano il resto del codice. Il testo inoltre lascia bianca la parte finale della pagina, senza che ci sia una lacuna.
FILOLOGIA ROMANZA. CRITICA DEL TESTO (VOL. 1) ALESSANDRO CRFilologia romanza. Critica del testo (Vol. 1)11 I primi fogli del codice erano dunque effettivamente caduti,
e furono reintegrati a breve distanza di tempo, dopo comunque che il codice era stato completato dal rubricatore. La lettura di un testo medievale passa in luogo attraverso la consultazione di un manoscritto. Questa constatazione implica la necessità di tenere in conto una serie di aspetti legati allamaterialità dell'oggetto-libro, che condizionano la presentazione del testo e in parte la sua stessa percezione da parte del lettore. Solo alla fine del Novecento si è proposto di mettere anche la dimensione "fisica" della testualità medievale, con l'etichetta di "filologia materiale". È bene anche avvertire che non sempre le descrizioni dei manoscritti disponibili nei cataloghi delle biblioteche forniscono tutti i dati rilevanti per questo tipo di studio. Spetta dunque al filologo, quando non siano disponibili schede catalografiche esaurienti, analizzare i manoscritti anche da questo punto di vista, prima di affrontare.l'esame del testo. Più rara è la conservazione di quelli che si definivano rotuli, lunghe pergamene avvolte su sestesse: è la forma di conservazione testuale più diffusa dell'Antichità, da cui deriva il termine volumen (dal lat. volvo "avvolgo"), rimasto per inerzia a definire fino ad oggi l'oggetto destinato a raccogliere opere scritte. Per i testi romanzi ce ne resta una traccia indiretta nei rolos menzionati nelle rubriche del canzoniere galego-portoghese B, come fonti usate per la costituzione della raccolta. L'oggetto-libro nel Medioevo per lo più assume la forma di ciò che tuttora riconosciamo come tale: una serie di fogli scritti su entrambi i lati (recto e verso), ripiegati e legati insieme in più fascicoli, tenuti insieme e racchiusi da una copertina. Il termine che di solito lo definisce nelle fonti latine è codex "codice", che è entrato nell'uso moderno.Accanto al manoscritto. L'identità con il libro moderno a stampa è però solo parziale. Spesso i fascicoli devono aver circolato a lungo senza copertina, come è evidente dalle tracce di deterioramento dell'inchiostro.