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Cavalcanti e Dante lo oppongono a Guittone; 7) analogia.
9^ LEZIONE “Al cor gentil rempaira sempre amore” – 6 APRILE
I primi due versi sono particolarmente intricati per la ricostruzione del testo. “In selva”
potrebbe essere letto come un verbo (“inselvare”). C’è sempre un doppio piano: quello della natura
e quello della riflessione teorica accostamento dell’elemento naturale a cui si affianca una
riflessione sull’interiorità. Il sistema delle immagini è tutto molto coeso. La seconda stanza
introduce un altro tipo di similitudine (“fiamma d’amore”). Per Dante la nobiltà è il massimo della
perfezione che è possibile per una determinata sostanza. “Vile” è costantemente opposto a
“gentile”. L’amore, inoltre, non ha efficacia su tutti, ma solo su coloro che sono per loro natura
disposti. La vera nobiltà non dipende dalla ricchezza, ma la nobiltà è d’animo. La stanza più
importante è quella che inizia al v. 31, in cui Guinizzelli tira le fila di quanto detto finora,
amplificando le tematiche affrontate. L’uomo superbo che presume di definirsi nobile per una
presunta discendenza a una schiatta, è paragonabile al fango. L’animo nobile si lascia attraversare
perché predisposto. Il contenuto delle due stanze successive è potenzialmente ai limiti
dell’eterodossia perché Guinizzelli sembra denunciare una corrispondenza divina tra il piano divino
e il piano terreno. Esiste una tradizione medievale di dibattiti con dio, inserita in una tradizione più
ampia di tenzoni e dibattiti di tipo allegorico, soprattutto nel Medioevo latino, e all’interno di queste
tenzoni fittizie c’è anche il sottogenere della tenzone tra uomo e donna (anch’essi fittizi). La
tradizione dei dibattiti con dio è molto limitata: l’idea stessa di dare parola a dio non era segno di
oltranza e superbia ( stessa cosa fa Dante in “Donne che avete intelletto d’amore”. BOITANI:
“l’accusa di Dio non è semplicemente rivolta contro l’idolatria, ma contro il suo stesso fondamento,
cioè quella analogia che ha fino ad ora dominato la poesia e che, spinta all’estremo, porta il poeta
a prendere Dio stesso come un semplice termine di paragone del “vasto amore”; il poeta cioè
mette in scena la condanna cristiana dell’amore e della letteratura cortese”.
TRADIZIONE MANOSCRITTA 1) Palatino (P); 2) Laurenziano Redi (L); 3) Vaticano Latino
3793 (V) (le canzoni in L e V sono nello stesso ordine disposizione non casuale).
TRADIZIONE DI GUINIZZELLI: 1) Presenza nei canzonieri antichi; 2) Centralità di L sul piano
2
della lezione; 3) Fonte di Ch e V , che risultano congiunti = collaterale di P ; 4) “ Al cor gentil
” è la
sola canzone per la quale esiste un ramo indipendente della tradizione nord; 5) Per Guinizzelli i
manoscritti di Ar e il capostipite N&c sono a tutti gli effetti dei descritti su Ch e L
, e quindi sono
ininfluenti per la ricostruzione del testo.
Per “Al cor gentil” il compilatore ha tentato una contaminazione delle due fonti: usa il Chigiano
riprendendo delle varianti del Laurenziano. Il ramo settentrionale risale da una fonte toscana. Per
la testimonianza dei Memoriali non è dimostrabile una fonte toscana. I sonetti hanno canali di
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trasmissione diversi (Avalle), soprattutto per la fonte di Ch e V , non sottoposta a VP ma
collaterale di L; ma non è giustificabile un nuovo stemma (Contini). Questi testi sono quindi arrivati
in Toscana e poi si sono diffusi al nord. Per i Memoriali quindi questo passaggio in Toscana non è
dimostrabile e quindi si fanno risalire ad una fonte autoctona.
TESTO AVALLE/CONTINI: Avalle mostra la superiorità di L, a cui si aggiunge il comportamento
incostante del Chigiano, di difficile collocazione dentro lo stemma perché ha esercitato un’opera di
congettura e di emendatio radicale, e si è cimentato in un’opera di contaminazione usando varie
fonti. La contaminazione è un problema spinoso che riguarda tutte le tradizioni manoscritte, verso
la quale molti critici hanno adottato un atteggiamento nichilista ( la contaminazione sembra infatti
irrimediabile). La contaminazione è qualcosa che si ipotizza per giustificare il fatto che i propri dati
non collimano. Ci sono tradizioni fortemente contaminate (come quella della Commedia) e la
contaminazione dipende molto anche dalla fortuna di un’opera. È molto probabile che il Chigiano
abbia contaminato i rami della tradizione a noi noti. Avalle si chiede come si siano diffusi i testi di
Guinizzelli all’interno della tradizione manoscritta: a monte dei manoscritti che possediamo sono
esistite delle raccolte dove questi testi erano già disposti in un certo modo. Secondo Avalle da una
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prima raccolta dipendono due gruppi: 1) Ch, Ba , Mg , Ve+Ca (sonetti),
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2) V , Ba , Bo , Ve. Lui parte dall’analisi del contenuto: canzoni II, III, IV, V; sonetti VII, VIII, IX, X,
XVII, XIX. Canzone I e sonetti VI e XVIII sono stati aggiunti più tardi da due fonti diverse e
parallele. Avalle arriva a definire il contenuto di una delle più antiche sillogi che doveva contenere
le canzoni (nell’ordine del Vaticano e del Laurenziano). La canzone V è scivolata adespota al
posto 129 nel Vaticano:
L II=49 ; III=50 ; IV=51 ; V=52
V II=104 ; III=105 ; IV=106 ; V=129 (adespota).
Avalle si chiede se è stata messa insieme da un amanuense toscano e se sia stata trascritta da
una raccolta proveniente dal Nord; si chiede poi se la distanza dagli originali sia molta o poca ( si
presume sia poca, nonostante ciò però il processo di copia è stato molto intenso, per via della
fortuna e della circolazione dell’opera); la varia lectio testimonia “un numero indeterminato di codici
interposti, nei quali si erano gradualmente introdotti quegli errori”; liquida le tradizioni concorrenti
(esiste per lui solo la tradizione nord data la grande fortuna). Solo per la IV diremo dall’area della
sua diffusione NORD.
10^ LEZIONE “Al cor gentile rempaira sempre amore” – 11 aprile
Lo stemma di Casella è diverso da quello di Avalle, che pone il manoscritto L su un altro
piano e dimostra l’accordo del Ch con P. Lo stemma di Casella in parte funziona perché ci sono
errori significativi che lo fanno reggere in piedi. Avalle sembra tendere verso un metodo
lachmanniano che non tiene conto solo degli errori macroscopici, ma anche di quelli meno
rilevanti, per cui si può arrivare a ritenere che i rapporti debbano essere stabiliti sulla base delle
varianti minori. Il primo manoscritto su cui si concentra Avalle per la tradizione Nord è il
Barberiniano latino (B) di Niccolò de’ Rossi, dimostrando che non è un parallelo di Ch. L’idea è
che Niccolò de’ Rossi abbia allestito il suo manoscritto attraverso materiali bolognesi (B è infatti
parallelo di G). La tradizione Sud si definisce in base all’area della sua diffusione e i capostipiti
sono L, V, P, Ch. Gli errori del Sud sono essenzialmente due: 1) al v. 43 “quella lì” (ipermetro) vs
“ella intende”; e 2) al v. 45 “consegui” (“ci congeuio” L, “e comsi qui” V, “comsequi” PCh). A questi
errori forti si aggiungono varianti minori che definiscono ulteriormente la tradizione Sud: v.2 “com’a
la selva augello ‘n la verdura”; v. 43 omissione di “lo cielo”; v. 5 “che ] con”; v.25 “però ] così”; v.43
“om l(o)”. C’è bisogno anche di qualche errore separativo per separare di due rami, e sono
essenzialmente due: v. 48 “donna in cui” ; v. 50 “a chi (o quelli che) amar da lei (o damor) mai non
di(e) sprende” ( errori separativi di Nord da Sud). Anche per Nord, accanto ad errori più o meno
sicuri, ci sono molte varianti (v. 38 “s’ell’a”) e il sottogruppo di B è definito da numerosi errori (v. 32
“colore” ; v. 44 “a lui vogliando ; v. 47 “viria”). Il comportamento del Ch è eclettico: da un lato c’è
l’accordo in spropositi massicci tra Ch e P, che fanno sì che Ch confermi lo stemma; tuttavia Ch
eredita una serie di lezioni dal suo antigrafo. Avalle fa notare come questo comportamento sia
costante anche per le altre canzoni. Allo stemma di “Al cor gentil”, andrebbe aggiunto il manoscritto
della Comunale di Siena (S). Rossi si basa in partenza sul testo di Avalle e presenta un testo
deviato basandosi soprattutto sulla lezione Sud. Il testo di Rossi si fonda soprattutto sulla
promozione del ramo Sud, che è quello che trasmette la lezione più vicina all’originale. Inglese,
nel saggio “Punti sulla canzone gentile”, ritorna sui problemi della canzone facendo notare alcune
particolarità dello stemma, ponendo l’accento su come sia importante l’accordo tra Nord e beta
nell’attestare le lezioni genuine (corrette). Inglese fa notare come questo stemma (bipartito in tutte
le sue ramificazioni, tranne “f”), è un esempio di applicazione, in sé corretta, di una logica
“lachmanniana fin oltre i confini di un’intuitiva plausibilità”. Inoltre, secondo Inglese, non è facile
indicare i punti deboli. Egli fa notare un paio di aspetti che considera critici: il primo è che la
connessione tra il Veronese (conserva solo un frammento della canzone) e il ramo X avviene
soltanto indirettamente; mentre invece è valido per gli affini del Veronese, che effettivamente si
riconnettono a Nord. Procede facendo notare come gli errori congiuntivi del Vaticano e di “b” nei
fatti sia basato su due soli errori abbastanza semplici, corretti poi dal Ch sulla base di beta (
elemento di debolezza dato dal fatto che questi errori sono molto lampanti). Inglese riconosce che
è più probabile che vi sia una parentela in “a” rispetto a una tripartizione di Sud (poco plausibile). Il
primo passo che Inglese analizza è il v. 2: per la scelta tra Nord e Sud risulta decisiva la
testimonianza del ramo “Y”, riconducibile a beta l’accordo tra Nord e beta ci rende abbastanza
sicuri della genuinità della lezione, per cui Inglese ritiene di poter interpretare “inselva” come un
verbo ( da “inselvare”), che funziona meglio con il verbo “impatriare” del verso precedente ( la
scelta del verbo deriva da criteri stilistici). Un altro passo analizzato da Inglese sono i vv. 18-20: è
un caso nel quale riconosce che vi è una spinosa concorrenza di difficiliores. Un punto nel quale
sostiene l