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IL TRATTAMENTO DEL TRAUMA CORRELATO ALLA VIOLENZA

Assistere alla violenza domestica e a maltrattamenti continui danneggia l’aspettativa del

bambino che i genitori sono fonte di disponibilità e protezione, poiché in questi casi

dimostrano di essere fonte di pericolo quindi il bambino comprende che le persone a lui

più care sono anche quelle capaci di provocargli maggior dolore. I bambini piccoli che

assistono a violenza presentano problematiche comportamentali come

- Mancanza di regolazione affettiva

- Difficoltà a instaurare relazioni

- Mettono in atto le esperienze traumatiche nel gioco

- Hanno disturbi del sonno

- Hanno attacchi di paura intensa e di pianto incontrollato

- Hanno regressione dello sviluppo, aggressività e mancanza di compiance

Un prerequisito del processo è quello di consistere nel riconoscimento dell’impatto

traumatico della violenza, la psicoterapia consente sia al genitore che al bambino di

parlare della violenza e non di ometterla, infatti il terapeuta agirà da mediatore.

MODALITà DI INTERVENTO

La psicoterapia genitore-bambino utilizza 6 modalità nelle quali si cercherà di legittimare

l’esperienza affettiva e promuovere la competenza sia nel genitore che nel bambino:

- Promuovere lo sviluppo attraverso il gioco, il contatto fisico, il linguaggio. Si

incoraggia il gioco spontaneo che viene visto come l’espressione delle esperienze

più intime del bambino, il gioco diventa così strumento clinicamente rilevante che

permette di esprimere aspetti e ruoli della realtà del bambino in uno spazio sicuro. I

giocattoli vengono selezionati in modo che evochino temi centrali da un punto di

vista emotivo. Il terapeuta aiuta il bambino e il genitore a costruire un significato

congiunto, può uscire dal gioco e riflettere su queso. Il terapeuta ha anche ruolo di

mediatore tra gioco del bambino e la comprensione che ha il genitore di esso.

- Offrire una guida riflessiva e non strutturata per lo sviluppo. Offrire al genitore

questa guida che contiene informazioni su comportamenti, bisogni e sentimenti del

bambino adeguati all’età. La guida è di tipo non strutturato perché non segue un

protocollo predefinito ed è riflessiva. Questa guida fornisce un aiuto concreto al

genitore per permettergli di avvicinarsi a comprendere il mondo del bambino.

- Creare comportamenti protettivi appropriati. In questo caso vi è un intervento che è

volto a bloccare nel bambino un comportamento potenzialmente pericoloso. Il

modellamento del comportamento verrà sempre accompagnato da una spiegazione

per comprendere le motivazioni che portano il bambino ad attuare determinati

comportamenti. Il genitore viene invitato a riflettere su quanto è avvenuto e a capire

il pericolo.

- Interpretare sintomi e azioni

È una modalità di intervento che costituisce il raccordo principale clinicamente

affascinante e l’elemento comune ai vari orientamenti della psicoterapia genitore-

bambino.

- Fornire sostegno emotivo e comunicazione empatica. Questo tipo di intervento

significa sviluppare un alleanza terapeutica e di un transfert positivo. Sono

interventi sostenitivi ed empatici e servono a veicolare una speranza realistica

sull’esito positivo degli obiettivi terapeutici.

- Offrire un intervento volto alla gestione del caso e all’assistenza concreta ai

problemi del quotidiano. Viene utilizzata all’inizio dell’intervento e consiste

nell’aiutare in maniera concreta il genitore e quindi strutturare una relazione

terapeutica efficace essendo il terapista attivamente coinvolto. Si crea un ambiente

di accudimento sicuro e protettivo incoraggiando ad amare. Aiuta a sintonizzare

meglio genitore e bambino e a renderli responsivi gli uni nei confronti degli altri,

promuovere il funzionamento psicologico del genitore e la sua competenza

genitoriale.

CAPITOLO 6

L’OSSERVAZIONE MICROANALITICA E IL PAZIENTE PROTOTIPICO

La coreografia madre-bambino

La coreografia tra madre e bambino è quel “passo a due” che viene messo in atto durante

il gioco, la preparazione al sonno, l’allattamento e quindi è quel modo reciproco di

intendersi tra madre e figlio. Stern pubblica “le prime relazioni sociali: il bambino e la

madre” dove illustra i comportamenti più minuti e le “note musicali” che interessano la

sinfonia madre-bambino. Stern illustra la possibilità di coniugare il piano mentale con

quello comportamentale infatti tra madre e bambino si sviluppa una sintonizzazione

affettiva che gli permette di comprendersi a vicenda, anche nella relazione clinica tra

paziente e terapeuta si può instaurare uno scambio empatico che ha valore trasformativo

decisivo. Stern inoltre propone una teoria che fa riferimento alla teoria delle relazioni

oggettuali, immette infatti il soggetto della ricerca in una realtà biologica senza però

renderlo prigioniero del sistema (ormai obsoleto) organico e meccanicistico tipico della

tradizione Freudiana. Scopre dunque un bambino attivo, compartecipe nella relazione

diadica, avvalendosi di 3 assetti teorici principali:

1. Teoria dell’attaccamento di Bowlby

2. Teoria della separazione-individuazione della Mahler

3. Teoria dell’altro come regolatore del Sé di Sander

Stern si interessa anche al tema delle rappresentazioni mentali. L’osservazione viene

affiancata dalla narrazione come altra strada per poter penetrare nel mondo delle

rappresentazioni mentali. Si concentra sul versante rappresentazionale della madre e

scopre quella che egli stesso definisce la costellazione materna. Con il libro “la

costellazione materna. il trattamento clinico della relazione genitore-bambino” ha lo scopo

di scorgere un profilo generale di un futuro sistema unificato. Stern pubblica infine assieme

alla moglie (1997) il libro “la nascita di una madre”. Questo libro rappresenta per lui la fine

del viaggio che era cominciato con lo studio delle itnerazioni genitore-bambino, era

proseguito con un’indagine sulla vita del bambino e si era concluso esaminando il mondo

interno della madre.

Le origini del modello teorico e clinico di Daniel Stern

Lo studioso negli anni 60-70 si interessò agli studi empirici sul bambino nelle fasi precoci

dello sviluppo. Durante la prima metà del primo anno di vita il bambino comunica

attraverso i comportamenti come movimento, tono della testa e del corpo, espressioni del

viso, sguardo, vocalizzi. Mediante i vocalizzi (dove è importante l’intensità della voce,

ritmo) la madre mantiene viva l’attenzione del neonato infatti fin da subito la madre si

rivolge al bambino con brevi discorsetti parlandogli come un dialogo e facendo pause per

fargli elaborare il messaggio e la risposta. Si chiama modalità alternante e rappresenta la

fase precedente alla dialogica vera. La vocalizzazione può anche essere ad azione

simultanea cioè si verifica quando l’interazione è intensa ed è simile alla condivisione dello

sguardo della posizione e del ritmo.

Stern è stato tra i primi studiosi psicoanalisti a incorporare la ricerca infantile all’interno

della teoria evolutiva che ha costruito la relazione con il genitore.

Egli sostiene che fin dalla nascita i bambini possono relazionarsi con l'altro e sviluppare un

senso del sé. Ognuno caratterizza un momento evolutivo. Il senso del vero sé è raggiunto

ai 18 mesi quando il bambino comincia ad essere consapevole di sé. La capacità materna

di accudire il bambino fisicamente ed emotivamente è essenziale poiché le risposte della

madre creano una sorta di mappatura che coordina l’affetto del sé con le emozioni degli

altri. La sensibilità materna aiuta il bambino ad organizzare la propria esperienza del sé.

Secondo stern quindi l’interazione genitore-bambino è importante per capire l’interazione

verbale e non verbale.

Stern individua 4 sensi del sé:

1. Il senso del sé emergente e la relazione emergente

Fin dalla nascita il bambino ha stati di inattività vigile e mette in atto comportamenti

sociali innati. Quando la madre attiva comportamenti sociali il neonato ricerca la

stimolazione sensoriale e manifesta preferenze e inclinazioni. Nel bambino quindi in

questo periodo accadono più cose di quelle che egli dimostra con il

comportamento. Il corpo è un organizzazione: la sua unità, le sue sensazioni, i suoi

stati interni rappresentano il senso del sé emergente. Quando il sé emergente si

forma vi sono 3 processi mentali innati che si attivano:

- La percezione amodale (è una percezione astratta e innata. La percezione ha in

comune con tutti i modi di percepire sia intensità, durata, numero, movimento ecc,

ma ogni modalità sensoriale può isolare queste specifiche qualità e le traduce in

modalità percettive differenti. Questo avviene quando la qualità percettiva è

presente in un particolare momento della psiche. La forma amodale di queste

qualità è quindi una rappresentazione astratta di queste modalità.)

- La percezione fisiognomica (è una percezione trans modale tra vista e affetto)

- Gli affetti vitali (fanno parte della dimensione indefinita e omnicomprensiva del

livello di attivazione e eccitazione e per mantenere il livello ottimale di stimolazione-

attenzione-eccitazione(arousal) è necessaria la cooperazione tra i partner.

Il senso del sé quindi interessa sia il processo di formazione dell’organizzazione e

sia il suo prodotto e inoltre coinvolge le esperienze sensoriali del bambino.

2. Il senso del sé nucleare e la relazione nucleare

Nel senso nucleare devono essere presenti 4 elementi

- Un sé agente (avviene quando il bambino è consapevole di essere l’autore delle

sue azioni)

- Un sé coeso (il bambino ha capacità innata di cogliere la coerenza del movimento,

dal tempo, all’intensità, alla forma, lo organizza tramite la memoria percettiva)

- Un sé storico ( si fonda sulla memoria, i bambini piccolissimi hanno memoria

eccellente specialmente nel riconoscere gli stimoli o i volti)

- Un sé affettivo ( gli affetti sembrano non cambiare , le espressioni di un bambino di

quando sorride, piange o è arrabbiato sono identiche dalla 2 settimana fino alla

tarda età, esso memorizza le sensazioni interne e particolari mimiche. Le interazioni

passate servono da guida per quelle future, ci sono delle unità che iniziano con un

momento interattivo vissuto detto memento V, successivamente verrà codificato in

memoria per formare un ricordo di un momento specifico (detto momento M), i

ricordi dei momenti specifici formano dei prototipi ovvero una rappresentazione di

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
66 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FC_08 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia clinica dell'età evolutiva e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof Lecciso Flavia.