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C'è una forte valenza sociale nell'apprendimento dei nomi, in quanto avviene in contesti interattivi
in cui l'adulto fornisce diversi segnali che aiutano il bambino nell'individuazione del referente
critico.
Verso i 18 mesi (variabile da individuo a individuo) il bagaglio lessicale subisce un incremento così
rapido che questo fenomeno è stato chiamato esplosione del vocabolario. I primi verbi si
riferiscono ad azioni chiaramente percepibili, gli aggettivi inizialmente sono utilizzati in relazione a
poche proprietà, come il colore e la consistenza.
Dalle prime parole alle prime frasi → Nel corso del secondo anno di vita il bambino non
comprende più solo il tono generale o il significato di singole parole, ma è in grado di comprendere
anche il significato di semplici frasi composte da più parole. Dai 18 mesi inizia a comprendere
anche frasi che si riferiscono a realtà assenti (grazie al pensiero simbolico). Per quanto riguarda la
comprensione delle istruzioni impartite dall'adulto ha difficoltà a eseguirle se sono in contrasto con
la propria attività motoria. In questa fase la funzione di regolazione del comportamento svolta dal
linguaggio è ancora limitata, in quanto il suo potere inibitorio dell'azione è ancora scarso.
Gli adulti parlano con i bambini in un linguaggio particolare (chiamato “baby talk” o “motherese”,
linguaggio delle madri) fatto di frasi più brevi, più semplici grammaticalmente, usando un
vocabolario più ristretto, intonazioni accentuate, ripetizioni sia di parole che di frasi, numerose
parafrasi etc. Tutto ciò ha il fine sia di far comprendere meglio al bambino, sia di favorire la sua
acquisizione linguistica (i figli maschi sono stimolati diversamente, sul piano linguistico, dalle
femmine).
Nel passaggio dallo stadio prelinguistico all'acquisizione delle prime parole il bambino perde quasi
interamente la sua capacità di produrre alcuni suoni. Lo sviluppo fonologico procede con una
selezione attraverso differenziazione. Il bambino, cioè, tende a costruirsi un sistema fonologico
producendo all'inizio solo i fonemi che si differenziano massimamente tra di loro, per attuare, poi,
differenziazioni sempre più sottili. Non impara i fonemi uno alla volta, ma distinguendoli da altri
fonemi (aventi tratti distintivi diversi). La prima acquisizione consiste nella distinzione tra
consonanti e vocali. Poi attua differenziazioni anche all'interno delle consonanti, la prima
opposizione consonantica è tra orali e nasali. Poi tra labiali e dentali. All'interno delle vocali
avviene la distinzione in larghe e strette, successivamente avvengono tutte le altre opposizioni,
facendo comparire altre consonanti e altre vocali.
Il bambino quando produce le prime parole non prescinde dall'aspetto semantico delle parole, dai
rapporti affettivi ed emotivi che ha con gli oggetti e le persone del suo ambiente, dalla frequenza
con cui ode certe parole, dalle possibilità delle strutture cognitive, dalle qualità fisiognomiche da lui
attribuite alle parole etc.
Considerando non solo gli aspetti strettamente fonologici, ma anche l'interazione di questi aspetti
con fattori più generali, risulta che nei primi mesi del secondo anno i bambini possono produrre con
pochi fonemi, molte parole. Le prime parole tendono ad essere formate da una sola sillaba (CV,
consonante-vocale) e in seguito CVCV, CVCV1 etc. Solo successivamente la struttura si evolve
includendo in sé un nuovo fonema. Infine si passa alle parole semplici di tre sillabe, e così via,
superando gradualmente le varie difficoltà. Un fonema non è facile o difficile da articolare in
assoluto, ma a seconda del contesto in cui è inserito. Il bambino tende inizialmente a non riprodurre
parole troppo lunghe o a ridurle a parole di due sole sillabe.
Il bambino assimila secondo un suo originale e caratteristico sistema che tiene conto di molti fattori,
tra cui le tendenze fondamentali dello sviluppo fonologico, le capacità di analisi e di sintesi di un
pensiero ancora primitivo, il contenuto semantico-affettivo-emotivo delle parole prodotte, la
motivazione alla comunicazione, gli stimoli offerti etc.
il bambino non usa le parole con un significato stabile ma attribuisce loro più significati, arrivando
a usarle anche in situazioni in cui sono inadeguate. Lo sviluppo semantico implica anche la
capacità, richiesta culturalmente, di attribuire a una parola sempre lo stesso significato.
Per quanto riguarda il significato delle parole, il bambino procede da un uso ristretto ad un uso
generalizzato raggiungendo anche eccessiva generalizzazione prima di pervenire ad attribuire alle
parole lo stesso significato attribuitovi dalla comunità adulta. Inizialmente una parola può essere
utilizzata per indicare un solo oggetto preciso: sottoestensione semantica. Col passare del tempo
mediante un processo di adattamento, il bambino comincia a usare la stessa parole in varie
situazioni, diverse da quella iniziale. Prima di pervenire a un uso corretto, è possibile in alcuni casi
un adattamento per eccesso, cioè il bambino usa delle parole riferendole a situazioni per cui esse,
secondo l'adulto, sono inappropriate: sovraestensione semantica.
Il criterio che più frequentemente porta il bambino alla sovrageneralizzazione sembra consistere nek
riferire una parola, legata a un elemento, anche a tutto l'insieme di cui l'elemento è parte e quindi
anche tutte le parti incluse in un detto insieme. Altre volte attribuisce una stessa parola anche a
elementi che sembrano non appartenere allo stesso insieme, usando altri criteri. Spesso
l'accostamento è dovuto qualità vistose, ma, secondo l'adulto, non significative. La
sovrageneralizzazione può avvenire sulla base di qualità di vario tipo.
Verso il linguaggio dell'adulto → A 18 mesi circa (intelligenza rappresentativa, gioco simbolico,
imitazione differita) il bambino di norma produce le sue prime frasi di più parole (2) e questo
avviene per il confluire di più fattori. Ha a disposizione molte parole non più usate un modo vago e
indifferenziato, ma stabilmente collegate con certi oggetti o aspetti di una situazione.
Utilizza la funzione simbolica, superando i limiti costituiti dall'agire sulla sola realtà direttamente
percepibile.
Inizia più o meno a questa età la richiesta di sapere il nome di oggetti nuovi e questo perchè
comprendono che ogni oggetto ha un nome e che la conoscenza dei nomi delle cose fli permette di
agire meglio su di esse.
Per quanto riguarda la comprensione del linguaggio è ovvio che il bambino progredisca sempre di
più, arrivando alla fine del terzi anno di vita a comprendere anche frasi abbastanza complesse.
Restano però alcuni limiti nella comprensione dei discorsi degli adulti e se questi discorsi
contrastano troppo con ciò che in quel momento occupa il bambino. Solo fra i tre anni e mezzo
raggiunge uno stadio di sviluppo tale per cui può determinare effettivamente l'ulteriore attività del
bambino, indipendentemente dalle condizioni contingenti nelle quali è comunicato.
Verso i 4-5 anni la maggioranza dei bambini italiani è in grado di articolare quasi tutti i suoni tipici
della propria lingua (sviluppo fonologico).
Dopo i due anni il bambino si trova di fronte al gravoso compito di imparare a utilizzare tutta una
serie di regole morfologiche. Le prime combinazioni di parole sono chiamate linguaggio
telegrafico che consiste nel fatto che le combinazioni veicolano con più chiarezza le relazioni
semantiche e segnalano una prima tendenza a utilizzare la proprietà della produttività del
linguaggio. Le più frequenti sono le combinazioni: agente+azione, azione+oggetto, agente+oggetto,
azione+luogo, entità+attributo, possessore+cosa posseduta, entità+luogo. Altre regole sono inoltre
necessarie a livello sintattico per la costruzione di frasi.
I progressi essenziali nello sviluppo morfologico e sintattico avvengono nel secondo anno di vita
quando i bambini producono parole distinguendo maschile e femminile, singolare e plurale. E lo
sviluppo sintattico con la produzione delle prime frasi di due parole. I progressi sono incessanti e
continui. Le regole da acquisire sono tante e spesso complesse, e questo è uno dei motivi che rende
molto forte l'ipotesi che questo sia reso possibile da condizioni maturazionali specifiche. Le frasi
del bambino diventano sempre più lunghe e articolate. A 4-5 anni il bambino produce discorsi
formati da più frasi.
Il bambino apprende attraverso procedimenti propri e seguendo regole tipiche del linguaggio
infantile. Un esempio sono gli ipercorrettismi: il bambino applica una regola da lui scoperta anche
a casi che non la seguono. Rivelano un modo peculiare di procedere del bambino; analizzare il
materiale linguistico offertogli, sulla base di ipotesi, per ricavarne delle regole. E le regole che
ricava non sono sempre le stesse del linguaggio della comunità a cui appartiene.
Dai tre anni il lessico infantile si arricchisce notevolmente. Il bambino di 6 anni conosce il
significato di più di 1000 parole e ogni giorno può apprenderne di nuove, con una capacità di
apprendimento impressionante.
Nel periodo della scuola dell'infanzia si verifica un fenomeno che potremmo etichettare “dal che
cos'è al cosa vuol dire”. La domanda implica un notevole progresso; il bambino non cerca più solo
la corrispondenza fra le parole e gli oggetti, ma fra parole e altre parole, sta imparando a migliorare
il linguaggio attraverso il linguaggio.
Lo sviluppo del metalinguaggio → Il termine metalinguaggio può essere ristretto a due differenti
abilità: la capacità di assumere un atteggiamento riflessivo nei confronti del linguaggio e dei suoi
usi e l'attività intenzionale di pianificazione, controllo e monitoraggio dei propri processi linguistici,
di comprensione e di produzione.
La consapevolezza metalinguistica può essere definita come l'abilità di riflettere su e di manipolare
le caratteristiche strutturali del linguaggio parlato, trattando il linguaggio come oggetto di pensiero,
in contrasto con il semplice uso del sistema linguistico per comprendere e produrre frasi; la capacità
di accorgersi che il flusso del discorso può essere considerato con occhio razionale e preso come
oggetto a sé stante.
Il bambino sviluppa teoria circa il funzionamento del mondo fisico e biologico e delle teoria
metalinguistiche circa il funzionamento del linguaggio. Sono state individuate quattro diverse
sottocomponenti.
La prima è la consapevolezza fonologica o metafonologia. Con questa espressione ci si riferisce
alla capacità di manipolare le più piccole unità del ling