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I con-fini dell’adolescenza: ogni contesto gruppale influenza lo sviluppo del soggetto.
L’adolescente entra in contatto con altri codici culturali e sociali. Nella prospettiva delle
gruppoanalisi soggettuale l’individuo è visto come un campo interattivo. Il pensiero familiare è il
primo nucleo che fa sviluppare l’identità. È necessario affinchè avvenga una soggettivazione che il
pensiero familiare non sia rigido e chiuso ma che sia possibile creare nuove rielaborazioni.
L’adolescente spesso può trovarsi di fronte a 2 scelte tanto radicali quanto impraticabili: il rifiuto e
l’abbandono dello spazio simbolico genitoriale o la chiusura al suo interno. L’apertura verso nuovi
contesti sociali e l’esperienza di essere all’interno di relazioni nuove facilitano il transito verso un
percorso in cui si sperimenta di poter crescere senza recidere i legami con un familiare a cui si sente
il dovere di rinunciare. Il processo dell’adolescente può essere segnato da turbolenze emotive che
coinvolgono l’intero campo familiare e l’intero gruppo famiglia è chiamato a cambiare radicalmente
affinchè l’adolescente possa attraversare il confine tra l’interno e l’esterno. I confini negli
adolescenti hanno un’importanza particolare in relazione all’attribuzione di senso ai propri vissuti
soggettivi e si chiede ai genitori di avere una funzione di contenimento, di creare un luogo protetto
in cui attuare quel processo simbolo poietico necessario allo sviluppo identitario del soggetto.
L’adolescente deve percepire l’ambiente familiare come un luogo di dialogo e negoziazione.
L’attraversamento del confine tra famiglia e sociale può essere difficile per gli adolescenti che non
possono accedere all’elaborazione di valori e codici differenti da quegli appresi all’interno del
contesto familiare. Invece appare meno faticoso nel caso in cui l’adolescente sia supportato non
solo da un ambiente familiare aperto al confronto ma anche da un contesto gruppale di coetanei che
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accompagna il processo di separazione dalla famiglia. È importante la capacità del soggetto di
muoversi tra ruoli e appartenenze multiple. Il confine non ha rilievo solo in quanto linea che
delimita, ma assegna anche un valore agli ambiti che circoscrive nella misura in cui esso può essere
superato e risignificato dal soggetto.
Il legame familiare-transgenerazionale: per legame si intende un vincolo sentimentale o morale, una
relazione. Durante l’infanzia il pensiero del bambino è aderente con quello familiare; l’adolescenza
introduce uno sconvolgimento operando una rilettura dei vincoli e dei contenuti familiari. La stretta
relazione tra l’identità soggettiva e il riconoscimento da parte degli altri della propria identità
sociale consente all’adolescente di vivere un’esperienza di continuità di sé che non esige il
rinnegamento dei vissuti e delle esperienze precedenti e pre-esistenti, ma una loro
riconcettualizzazione. l’esigenza di creare un legame
Legame culturale, globalizzazione e nuove forme d’individuazione:
identitario con la propria cultura si confronta con uno scenario caratterizzato da cambiamenti
antropologici epocali che oggi riguardano il diverso modo di concepire il mondo. La formazione
dell’identità si modella su richieste e valori dell’ambiente. L’attuale società globalizzata e
tecnologica rendono possibile agli adolescenti di riconoscersi all’interno di una rete generazionale
globalizzata. Esistono anche dei rischi per la costruzione dell’identità, si rischia infatti di ritrovarsi
in una società omologante, che propone rimedi per lenire ogni sorta di dolore etc.
Parte seconda: Clinica e intervento
5.Pensare la psicopatologia: reti psichiche e cura relazionale.
Affinchè un intervento clinico possa risultare efficace il terapeuta deve avere la consapevolezza del
condizionamento derivante dalle lenti attraverso cui legge il disturbo. C’è la tendenza a leggere un
fenomeno complesso come la psicopatologia in modo riduttivi stico, cioè nei termini di “non è
nient’altro che un problema di volta in volta genetico, psicologico, sociale familiare ecc. Oggi la
psicoterapia è una pratica che con mezzi psichici, in primo luogo relazionali, si propone la cura del
bios, del vivente, nella sua interezza.
Normalità e patologia: il concetto di normalità ha oltre settanta definizioni. Pur nelle loro varianti
culturali i disturbi psichici esistono. L’attenzione diagnostica nel lavoro psicologico-clinico non si
riduce agli obiettivi meramente classificatori, ma richiede un lavoro di elaborazione continuo su e
con il paziente, sulla storia psichica dei suoi sintomi, sulla significazione dei problemi e uno sforzo
continuo di comprensione del dolore, un’attenzione costante alla relazione terapeutica e al processo
di cura.
Le radici della psicopatologia: i disturbi psicopatologici hanno un legame con le difficoltà
dell’individuarsi, svincolarsi, autonomizzarsi, con la sensazione di tradire i legami familiari.
Nei disturbi dell’affettività, dell’umore, nelle nevrosi sembra che la sintomatologia sia collegata a
una mente individuale situata altrove, nel proprio passato, nei legami familiari.
Alcuni autori hanno approfondito il concetto di matrici familiari patogene, caratterizzate dal non
riuscire a ideologicamente e/o emotivamente a concepire i propri membri come portatori di identità
e bisogni soggettivi.
La questione della cura: la psicoterapia dispone di differenti modelli (analitico, cognitivo, sistemico
ecc.) e di differenti formati (individuale, di coppia e familiare, di gruppo, comunitario-istituzionale)
e anche di trattamenti integrati, il che non vuol dire solo combinare farmaci e psicoterapia, ma 7
anche trattamenti individuali e familiari (o di gruppo) sia contemporaneamente sia per fasi
successive, dipende dai casi. Questo consente di curare le persone nel modo più appropriato per
loro. La distinzione tra nevrosi e psicosi: per la prima sono più adeguati trattamenti con strumenti
delle psicoterapie analitiche, cognitive, supportive, individuali e di gruppo. Per le patologie più
gravi come le psicosi è importante lavorare anche con la famiglia e c’è la possibilità di trattamenti
gruppali. È importante superare la convinzione che questi pazienti non potranno mai vivere come
gli altri.
È utile una lettura multi personale della sintomatologia che ci aiuta a scegliere gli interventi più
opportuni. La gruppoanalisi soggettuale propone una lettura relazionale della sofferenza cme evento
che acquista senso solo all’interno delle relazioni familiari, istituzionali, culturali… L’approccio più
esemplificativo sarebbe il gruppo terapeutico perché è volto alla cura del singolo attraverso le
relazioni che questi esperisce all’interno del setting.
Parte terza: Gruppo analisi e campi antropologici
10. Mafia e Psiche
Parliamo di psichismo mafioso come di una modalità distorta di vivere la propria identità e i
rapporti con il sociale tipici dell’organizzazione criminale mafiosa. Cosa Nostra non è soltanto una
organizzazione criminale, in quanto una sua caratteristica specifica è il tipo di identità che
garantisce ai propri affiliati: nessun mafioso si definirà mai come un criminale, ma sempre come un
uomo d’onore. Buscetta, uno dei primi uomini d’onore a collaborare con la giustizia nei primi anni
80, rivelò quale fosse il significato della mafia in Sicilia e cosa lo avesse spinto ad appartenere a
Cosa Nostra: ovvero la possibilità di essere rispettato, di acquistare dignità e orgoglio. Cosa Nostra
non è una semplice associazione a delinquere, costituita per condurre affari e arricchimenti illeciti,
ma anche una struttura in capace di garantire una forte identità agli individui che vi appartengono.
La mafia è una organizzazione in grado di fornire al soggetto questo senso psicologico di potenza e
di rispetto. Oggi sappiamo che alcune caratteristiche specifiche di Cosa Nostra sono:
1. Accrescere il proprio potere e la propria ricchezza;
2. Essere un’organizzazione gerarchica, centralizzata e burocratica;
3. Vivere in omeostasi con l’ambiente sociale e culturale entro cui si è sviluppata;
4. Sfruttare i legami con il mondo politico ed economico, che le hanno consentito di
accrescersi a dismisura;
5. Fornire una identità immaginaria ma totalizzanti agli individui affiliati e delle regole di
comportamento e di pensiero “pre-scritte”.
Nel proprio mondo interno, l’uomo d’onore sperimenta un’onnipotenza senso del proprio sé,
vivendo in una realtà che conferma questa immagine in modo narcisistico. L’uomo d’onore si
rappresenta come un essere speciale, addirittura avvolte come Dio, in quanto può esercitare il potere
di vita o di morte sulle persone normali. Niente è più temibile del non essere considerato,
dell’essere “nuddu ammiscato ccu’ nente”. Per un uomo d’onore la famiglia mafiosa di cui entra a
fare parte e a cui “appartiene” diviene prioritaria rispetto alla famiglia naturale. È in riferimento a
questo livello del familiare che il comportamento dell’uomo d’onore acquista senso: “saper 8
mantenere l’ordine” nella propria famiglia naturale è condizione necessaria per acquisire e
mantenere le propria credibilità nei confronti della organizzazione mafiosa. Per un giovane mafioso
l’affiliazione ufficiale alla famiglia rappresenta un nuovo inizio, ma anche il punto di arrivo, il
compimento del senso dell’immagine di sé, in quanto il senso di appartenenza a Cosa Nostra era già
presente nel mondo di idee, affetti e valori condivisi con la cultura mafiosa: la scaltrezza, il
coraggio, l’irrequietezza, la mascolinità sessuale, l’uso della violenza e l’orgoglio, che un giovane
mafioso ardentemente ricerca e ostenta, fanno parte di un codice culturale ma soprattutto simbolico-
affettivo, che il suo ambiente richiede affinché possa costituirsi un senso forte e riconosciuto di
identità. I figli maschi vengono cresciuti in continuità con i modelli di pensiero mafioso, vengono
allevati per essere dei veri uomini d’onore, attraverso un lungo iter che comincia sin da bambini. La
funzione di modello spetta alle figure maschili rappresentative della famiglia, che divengono
personaggi idealizzati cui conformarsi per essere accettati dalla famiglia e per aver riconosciuta
un’identità in quanto persona. Senza questo riconoscimento familiare il figlio è fuori,
marginalizzato rispetto al potere e agli affetti familiari. Le