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SEPARAZIONE
La maturazione sessuale, la sua rappresentazione mentale sottoforma di curiosità e ingovernabile
desiderio, determinano una forte spinta ad uscire dall’ambiente familiare per soddisfare i desideri
di relazione, terrorizzato dall’eventualità di poter trasformare in realtà il complesso edipico. Quasi
sempre, da parte degli adolescenti, c’è una sospetta eccedenza di proibizioni e rifiuti a spartire con
ambedue i genitori, ma soprattutto con quello di sesso opposto, le consuete vicinanze e
dimestichezze fisiche: il corpo e la sua superficie viene spesso sottratto con maniere cattive a
qualsiasi forma di contatto o carezza da parte dei genitori. L’adolescente contempla desolato il
proprio corpo che chiede insistentemente di essere portato fuori dalla casa familiare e messo il più
possibile vicino al corpo dei coetanei, alla ricerca della soddisfazione agognata. È proprio questa
forte marcatura esogamica del desiderio che induce alcuni adolescenti a criminalizzarlo, a ritenerlo
il principale responsabile della rottura delle illusioni e delle appartenenze infantili. È proprio la
marcatura esogamica che differenzia il desiderio sessuale adolescenziale da quello infantile e
proprio perché non è rivolto ai genitori che questo desiderio viene colpevolizzato. Il lutto per la
rinuncia al rapporto di appartenenza ai genitori non è di marca edipica, l’adolescente è
malinconico perché il nuovo desiderio lo costringono a partire da casa e ricercare altrove la
soddisfazione, è perché muore la sessualità infantile che l’adolescente è in lutto. La forza
muscolare è il significante corporeo dell’incremento della capacità aggressiva; l’adolescente
guarda al nuovo corpo muscolare con legittimo orgoglio e in genere si da un gran da fare per
addestrarlo. L’aggressività in adolescenza porta fuori casa, per confrontarsi, fare gare, sfide con i
coetanei, mentre l’aggressività infantile è rivolta verso i genitori. La spinta verso l’organizzazione di
nuove forme di vita sociale è primaria e decolla in preadolescenza, sottoforma di codice affettivo
orientato a sostenere il soggetto nella ricerca di forme di convivenza e cooperazione con i pari età
che supportino nella tutela della propria sopravvivenza e nella realizzazione del compito di
allargare la conoscenza e costruire i grossi simboli. Generalmente l’adolescente sa che il proprio
bisogno di allargare di molto le proprie restrizioni sociali ha caratteristiche pulsionali, si esprime
come bisogno, come vera e propria fame di nuovi oggetti. Ciononostante succede con notevole
frequenza che nella sua mente si instauri il conflitto fase-specifico fra le esigenze di devozione e
sudditanza alla venerazione di vecchi oggetti e la soddisfazione della fame urgente di conoscere
nuovi ragazzi/e per fare il proprio lavoro sociale; nella maggior parte dei casi la spinta sociale ha il
sopravvento e contribuisce in modo efficace ad accelerare il processo di separazione dalle
immagini genitoriali. In adolescenza la questione della verità, di chi la dice e di chi invece menta, è
centrale. Essa riguarda il rapporto fase-specifico esistente fra l’adolescente e la conoscenza. Il
bisogno di conoscenza è un problema centrale in adolescenza. Prima non voleva sapere più di ciò
che era in grado di tollerare e la conoscenza aveva dei minacciosi aspetti persecutori perché
toglieva sicurezza, ora invece deve sapere tutto. L’impulso a simbolizzare, è fortissimo in
adolescenza e la tendenza a trasformare la propria conoscenza in attività espressiva è
assolutamente fase-specifica e accomuna i ragazzi della stessa età in vari comportamenti. Il più
delle volte gli adolescenti dimostrano di non fidarsi dei genitori come depositari della conoscenza, il
problema è strutturale e coinvolge la crisi del ruolo genitoriale innescata dalla scarsa attendibilità
del genitore a fungere da mentore, è come se esso, agli occhi dell’adolescente, avesse i ruolo
opposto, ossia di nascondere la verità. Ciò che succede nella maggior parte dei casi durante
l’adolescenza fra genitori e figli non merita la definizione di “separazione”. Nessuna separazione si
avvera, né alcuna perdita e conseguentemente nessun lutto da elaborare, bensì la lunga e
tormentata fatica di una ricontrattazione difficile che si prolunga nel tempo ed ha, agli occhi
dell’adolescente che la promuove, un esito del tutto aleatorio. Ciò che realmente succede è il
contrario di una perdita: quello che lo impegna di più è l’eccedenza dei genitori che lo intralciano
nella marcia verso l’autonomia. Il vero processo di separazione che l’adolescente attuale è tenuto
a realizzare ha le caratteristiche della rinuncia narcisistica, mentre i genitori cadono vittime di un
generale processo di disinvestimento narcisistico, e ciò provoca delusione o disillusione nei figli
adolescenti. Il preadolescente avverte una forte spinta motivazionale a dotarsi di nuovi strumenti di
lavoro mentale che gli consentano di realizzare i nuovi compiti evolutivi. Vi è nel contesto del
rapporto gentiori-figli la ricerca di una soluzione mediativa tra le funzioni educative e il bisogno
d’indipendenza. Ciò che crea dei problemi nel delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza è la
qualità della relazione di cui ha fruito con i genitori nei primi 10 anni di vita. Generalmente si tratta
di una relazione dove non è tanto il bambino ad idealizzare i genitori, quanto i genitori che
idealizzano il bambino, costringendolo a vivere in un regime narcisistico gravido di promesse
difficili da mantenere al di fuori della cerchia familiare. Il vero processo di separazione riguarda
quest’area di eventi, cioè quelli connessi con la quanto mai necessaria dimissione dal ruolo di
bambino dotato di una “missione speciale” di indole prettamente narcisistica. La separazione non
comporta perdita d’oggetto, ma una drammatica riduzione del rifornimento narcisistico e
l’orientamento a ricercare nuovi oggetti al di fuori del nido familiare espone ad elevati rischi di
frustrazione. Questa è la principale ragione per cui, il processo di separazione adolescenziale
comporta un grave e spesso intollerabile lutto narcisistico; la scoperta più dolorosa e deludente
che il preadolescente fa è che non ha nessuna missione speciale da compiere. Il “bambino idolo” è
uno dei mille esiti infausti del nuovo contratto educativo ed affettivo fra genitori e figli all’interno
della famiglia affettiva. Il bambino idolo non è stato un bambino come gli altri, è stato adorato e
perciò, non essendo stato amato, non ha potuto ben capire chi era, poiché nessuno lo ha aiutato
identificandosi con lui o rispecchiandolo teneramente; ha imparato perciò ad utilizzare l’idolatria
della madre. Essere stato l’idolo della madre è un grosso problema durante la trasformazione
adolescenziale, perché costringe a fare i conti con un sentimento difficile da governare quando si è
giovanissimi: la nostaligia. Il preadolescente ex idolo, di fronte alle inevitabili difficoltà
d’inserimento affettivo e relazionale che trova al di fuori della famiglia, è portato a riattivare il
ricordo della relazione con la madre perché essere idolatrati è imbarazzante e conferisce troppe
responsabilità, ma in mancanza d’amore è un ottimo surrogato. Il lutto che deve elaborare il
bambino adorato è molto difficile da elaborare perché le basi della personalità sono molto fragili ed
è difficile, nei momenti di sconfitta e dolore, resistere dal rifugiarsi nell’idolatria. Anche in questo
caso si tratta di un lutto di indole narcisistica. Oltre all’abbandono della concezione di unicità e di
assolutismo, i figli devono abbandonare anche quelle rappresentazioni edipiche che li hanno
accompagnati durante l’infanzia. La relazione con la fantasia masturbatoria costruita nel corso di
molti anni, e perfezionata nel corso della crescita infantile, è prevalentemente una costruzione
narcisistica e non un immagine o una rappresentazione oggettuale, rappresenta più il bambino che
l’oggetto, è una difesa nei confronti della solitudine. La separazione anche in questo caso è di
indole narcisistica, ed è proprio per questo che è complicata e delicata. Il dolore che provoca la
sua eclisse è forte, profondo e capace di provocare una condizione di solitudine irreparabile nei
confronti della quale non c’è assolutamente nulla da fare se non imparare ad abitarla. Molti
bambini giungono all’ingresso in preadolescenza sovraccarichi di responsabilità assunte e messe
in pratica nei confronti dei genitori, generalmente della madre. Molti figli, trovandosi all’interno di
relazioni molto psicologizzate con i genitori, finiscono per sviluppare una particolare sensibilità nei
confronti della sofferenza psichica degli adulti di casa. Giunti all’ingresso in preadolescenza, il
bambino deve assolutamente smettere di fare il genitore dei propri genitori e deve semmai criticare
ed attaccare un po’ la loro debolezza o i loro vizi, ma non si tratta di un compito facile. Ciò che
trattiene dal dare le dimissioni dal ruolo abusivo di genitore dei propri genitori, l’immane
gratificazione narcisistica che questa scelta comporta. Il processo di disinvestimento dei Sé infantili
avviene attraverso il processo di elaborazione del lutto che ogni separazione e perdita comporta, e
attraverso un parallelo processo di ritiro narcisistico. Ambedue questi processi comportano dei
rischi che possono essere evitati se il preadolescente riesce ad investire affettivamente per tempo
e a rendere credibili nuovi e funzionali Sé. Prima del sé sessuato, si affaccia alla ribalta il sé
aggressivo, quella parte del sé dedita ad organizzare le prime sommosse domestiche e
scolastiche, i primi gesti di insubordinazione ecc. Il nuovo Sé aggressivo ha come valore di
riferimento la libertà; le problematiche di legittimazione di questo Sé sono complicate perché
interferite dai conflitti legati al tema della colpa e della riparazione. Il Sé sessuato compare sulla
scia del Sé aggressivo e le sue problematiche sono interferite dalle vicende legate alla vergogna e
ai complicati processi di sviluppo dell’identità di genere e alla mentalizzazione della corporeità
erotica e generativa. Nel frattempo avanzano anche le istanze del Sé sociale, che non è al servizio
della sessualità o dell’aggressività, ma ha delle sue istanze specifiche. Se fallisce nella
realizzazione dei propri obiettivi, avremo l