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I. ARTE E SOGNO

Vediamo il parallelo tra arte e sogno. Se l’arte è simile al sogno questo ci spinge a

usare nei confronti di quest’ultima le stesse modalità usate da Freud nei confronti

dell’interpretazione dei sogni. Anche nel caso delle immagini distinguiamo tra un

contenuto manifesto e uno latente. Nel sogno contenuto manifesto = ciò che ci

ricordiamo e raccontiamo del sogno, mentre contenuto latente = ciò che emerge

dopo l’interpretazione. Il passaggio dall’uno all’altro è regolato dalla censura.

Anche nell’arte ci sono contenuti rimossi che emergono solo a patto di venir

modificati dalla censura, che li rende irriconoscibili tramite un lavoro di

deformazione che usa meccanismi come la condensazione e lo spostamento. La

differenza rispetto al sogno è che l’arte è un prodotto sociale destinato alla

comunicazione: come nel sogno però si devono individuare nuclei tematici che

riconducono a motivi inconsci, ad esempio fantasie o desideri risalenti all’infanzia

dell’autore.

II. IL METODO PSICOBIOGRAFICO

Il parallelo tra arte e sogno ci porta al metodo psicobiografico, cioè allo spiegare

un’opera tramite il riferimento alla vita psichica del suo autore, nella misura in cui

l’opera è espressione dei suoi conflitti interiori inconsci. Ma ci sono dei limiti in

questo metodo: si guarda solo al contenuto e non alla forma, cosa che impedisce di

capire cosa distingue un’opera d’arte dalla fantasia nevrotica. Inoltre alla luce di

questo metodo tutte le opere, nonostante la loro diversità, sembrano avere gli

stessi complessi. Inoltre c’è un aspetto che riguarda la psicoanalisi nello specifico: il

sogno si interpreta grazie al meccanismo delle libere associazioni; nel caso

dell’opera d’arte invece il lavoro di interpretazione è molto più difficile in quanto le

interpretazioni, perché l’artista non è effettivamente presente e viene costretto nel

divano dell’analista suo malgrado. Un primo esempio di piscobiografia è il ricordo

d’infanzia di Leonardo dove Freud cerca di chiarire, alla luce delle tematiche

psicoanalitiche sulla sessualità infantile il mistero del carattere di Leonardo. Il

saggio, definito prudentemente dallo stesso Freud come un romanzo psicoanalitico

presenta numerosi limiti evidenti: l’errore di traduzione che trasforma il nibbio in un

avvoltoio ad esempio, o si nota la labilità dell’impianto documentario sia a livello

storico che biografico. Ma il testo appare importante, e Freud mette in luce due

questioni: quella concernete il destino delle pulsioni e quello a proposito della

genesi psichica dell’omosessualità maschile. Il saggio mette in luce l’impossibilità

di risolvere il delicato problema a proposito del rapporto tra una costituzione

organica e il destino, che allude al concetto più generale di essenza di creatività

artistica. Ma non solo. Si riferisce l’importanza dell’atto mancato o il rilievo del

legame tra religione e complesso paterno.

III. IL PIACERE ESTETICO

Ne il poeta e la fantasia c’è un riferimento al problema della fruizione e del piacere

estetico. Il processo di fruizione passa tramite il meccanismo di identificazione con

l’artista: i desideri dell’uno sono gli stessi dell’altro. Ma affinché questo avvenga

l’artista deve attenuare il carattere troppo esplicito delle sue pulsioni, per evitare di

incappare nel meccanismo della rimozione. Questo compito è affidato all’ars

poetica, cioè dalla forma estetica che funziona come una specie di premio di

seduzione. Il piacere collegato agli aspetti formali viene definito preliminare

rispetto a quello finale relativo ai contenuti. Da questo punto di vista gli aspetto più

formali di un’opera sarebbero solo un espediente per aggirare la censura e godere

dei propri desideri inconsci. Le considerazioni freudiane sul motto di spirito ci

consentono di rivedere questa immagine in un contesto più vicino a una sensibilità

di tipo estetico. Infatti è proprio la forma che, in questo caso, garantisce la riuscita

del motto. Il motto è distinto: infatti ci può essere quello tendenzioso o quello

innocente, fondamentalmente fine a se stesso, privo di una tendenza, come

avviene per lo più nell’altro.

IV. LA FUNZIONE DELL’ARTE E IL “ROMANZO FAMILIARE”

Arte = appagamento del desiderio. L’uomo insoddisfatto cerca consolazione

nell’arte. Non è che una minima prospettiva, ma nella quale si colloca una porzione

importante della nostra attività creativa, quella che trova il suo corrispettivo nel

romanzo di avventura. O meglio, questo è particolarmente indicato per spiegare la

genesi dei romanzi d’appendice di una volta, le soap di una volta, in cui è più facile

riconoscere l’Io. In questo contesto l’analisi della sfera privata passa in secondo

piano rispetto alla funzione che la fantasia e la creazione artistica hanno per tutti

gli uomini, a prescindere dal loro particolare vissuto. In questo contesto prendiamo

in considerazione un altro saggio, che non parla direttamente dell’arte, ma è molto

importante per lo studio della sua genesi in particolare. Si tratta del romanzo

familiare dei nevrotici. A dispetto di un riferimento così esplicito nel titolo, di

stampo psicologico, il romanzo fa riferimento a una condizione comune a tutti gli

uomini, e anche alla base dell’origine del romanzo, inteso come “raccontare storie”.

Il termine familiernroman designa un insieme di fantasie che ha per oggetto le

relazioni familiari e che ogni bambino elabora a partire dalle inevitabili delusioni e

frustrazioni che minano il rapporto idealizzato con i genitori. Deluso dai suoi

genitori reali il bambino li sostituisce con personaggi idealizzati e di fantasia, che

popolano i suoi pensieri avventurosi e idealizzati. Da questo saggio emerge che

l’importanza di queste fantasie sta nella loro funzione, cioè quella di rappresentare

continuamente la medesima costellazione psichica.

V. L’IDENTIFICAZIONE CON L’EROE E LA COSCIENZA DELL’ILLUSIVITA’.

Se la realtà ci sembra piatta e banale, e delude le nostre aspettative,

l’identificazione con l’eroe ci consente l’appagamento. Anche stavolta Freud più

che prendere in esame il caso patologico sembra riferirsi a una situazione di

frustrazione normale, in cui tutti gli uomini possono ritrovarsi. Questa specie di

universalizzazione sembra allontanare ogni implicita implicazione patologica

individuale e di questo ne aveva già parlato in personaggi psicopatici sulla scena

(pag. 139).

Il teatro inteso come luogo ideale di identificazione con l’eroe, consente all’uomo di

interpretare “più vite”in modo tale da evadere dalla pseudo piattezza in cui rischia

di cadere la vita.

Ma affinché l’identificazione possa effettivamente avvenire, deve accadere un’altra

condizione che ha le sue radici nel gioco. Ma torniamo al poeta e la fantasia ; se

nella successione gioco, fantasia, arte cronologicamente questa sembra essere più

vicina al sogno ad occhi aperti, dal punto di vista psichico è il gioco ad essere più

vicino al processo creativo, e ciò dipende dal diverso rapporto che si instaura con la

realtà. La fantasticheria tende a confondere i confini tra finzione e realtà, causando

spesso casi di nevrosi, mentre spesso accade che il bambino, pur immergendosi nei

mondi da lui creati, riesce sempre a distinguere bene i due piani. Questo ci

permette di individuare un elemento fondamentale, ovvero il ruolo determinante

della coscienza riguardo l’illusività della rappresentazione. Questa coscienza attua

una sorta di negazione preventiva che consente di esprimere ciò che altrimenti

sarebbe rimosso. Nella finzione si può essere ciò che si vuole, anche il bambino nei

suoi giochi o l’arte. Si è liberi di esprimere ciò che altrimenti non sarebbe

consentito. È la condizione in cui si trova lo spettatore a teatro; la qualità

dell’identificazione è proporzionata alla coscienza dell’illusività: proprio perché è

conscio del fatto che si tratti di finzione, tanto più e tanto meglio potrà identificarsi

nella vicenda rappresentata e proiettare sui personaggi parti di sé. Lo spettatore

che non distingue tra finzione e realtà non solo è uno spettatore inaffidabile, ma

anche la qualità della sua identificazione è mediocre, perché gli manca la distanza

necessaria a capire la rappresentazione. Lo stesso vale per l’attore che per

“essere”il suo personaggio non può perdere il rapporto con la realtà. Ma ritorniamo

a Freud e a ciò che dice in personaggi psicopatici dove capisce che il bisogno di

identificarsi con l’eroe dello spettatore, gli è risparmiato in qualcosa da autore ed

attore (pag. 141, 142). Sa che il godimento prescinde dall’illusione: il godimento

viene dal fatto che chi vede soffrire sul palco è un’altra persona, ma anche dal fatto

e dalla consapevolezza che si tratta solo di finzione, e non può recar danni alla sua

persona. Il problema ritorna in considerazioni sulla guerra e sulla morte in cui

Freud ribadisce il problema dell’identificazione messo in relazione con la morte e

con l’esigenza dell’uomo di sperimentare anche le condizioni più estreme (pag.

142). L’uomo che non sa rappresentare la propria morte usa il teatro e la

letteratura per farlo. Può morire solo se veste i panni di qualcun altro. È importante

questo passaggio nella teoria freudiana, perché descrive il processo di riparazione

e quello delle identificazioni multiple. Ma ciò che presiede all’una e all’altra è un

meccanismo di rinnegamento (Verleugnung) che ha le sue radici nello statuto

illusivo della rappresentazione estetica.

VI. VERNEINUNG E VERLEUGNUNG

Vediamo il rapporto di continuità tra il meccanismo di negazione (Verneinung) e il

rinnegamento (Verleugnung) . non bisogna confondere i due termini: da un lato c’è

la negazione intesa grammaticalmente , cioè l’idea di una negazione nel senso di

rinnegamento, rifiuto, sconfessione nei confronti della realtà di una percezione. Nel

primo caso si parla di negazione (Verneinung), nel secondo di rinnegamento

(Verleugnung). Il concetto di Verneinung così come lo analizza Freud presuppone la

distinzione tra l’affetto e il suo contenuto rappresentativo. La negazione consente

l’accesso alla coscienza, dunque l’accettazione intellettuale di ciò che è

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Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/04 Museologia e critica artistica e del restauro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Darcy di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dell'arte e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Ferrari Stefano.
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