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INTERVENTO NEL PROCEDIMENTO PENALE
Il sostegno psicologico che segue la fase di valutazione si declina in:
1. Aiuto alla comprensione e all’assunzione di un ruolo attivo durante tutte le fasi della vicenda processuale
2. Sostegno all’eventuale progetto di messa alla prova
3. Proposta di un percorso psicoterapeutico
L’intervento psicologico è solo uno dei dispositivi possibili di trattamento, se lo psicologo partecipa al lavoro dell’équipe
insieme all’assistente sociale e agli altri operatori può condividere l’orientamento di un progetto trattamentale, che
previo accordo del giudice, può sfociare in un periodo di messa alla prova. Lo psicologo può inoltre aiutare gli altri
impasse.
operatori a comprendere i momenti di
Una parte essenziale del lavoro con il contesto riguarda gli incontri con i genitori, per condividere il progetto e, se
necessario, aiutare anche loro.
relazioni cliniche
La stesura delle implica l’intervento di un perito solo nei casi in cui vi sia il sospetto di una
psicopatologia. Molto più spesso la relazione dello psicologo insieme a quella dell’assistente sociale e degli altri
professionisti coinvolti non risponde a veri e propri quesiti. Italian Network for
Un’indagine degli autori, realizzata nell’ambito di un progetto finanziato dalla Comunità Europea,
Young Offenders Assessment and Treatment ha approfondito i temi citati dagli psicologi operanti nei servizi della
giustizia minorile in Italia nelle loro relazioni ai tribunali.
RISULTATI: si evidenzia una certa cautela nel fornire informazioni utili a delineare le caratteristiche personali del
minore, e assenza di valutazioni o giudizi personali, per non intaccare il diritto di difesa del minore e l’alleanza
terapeutica. Il rischio di sconfinamento in una valutazione giuridica si evita distinguendo l’accertamento die fatti dalla
loro simbolizzazione soggettiva: non si tratta di verificare la sincerità dell’adolescente ma di riconoscere il senso della
relazione con l’interlocutore. La relazione oltre agli elementi patologici dovrebbe evidenziare la motivazione del
fattore scatenante; vissuto o
comportamento dell’adolescente nelle diverse componenti psicologiche, chiedendosi: 1) 2)
ragioni interne consapevolezza.
(come abbia reagito); 3) Non tocca allo psicologo estorcere confessione, il G.i.p al
termine della permanenza in CPA del minore o il G.u.p. o il giudice di dibattimento prendono decisioni basate
sull’accertamento dei fatti del reato e sull’interazione dinamica degli elementi nel contesto forniti dalla valutazione
psicologica. L’accertamento della personalità + valutazione del contesto + l’analisi della motivazione di base in una
prospettiva evolutiva + reazione dell’adolescente alla giustizia= sono gli elementi per delineare il trattamento.
Senza paura, senza pietà, pag. 37
LA COMPLESSITÀ DELL’INTERVENTO ISTITUZIONALE
Munir, ragazzo tunisino di 15 anni, scappa di casa perché non riesce a sopportare le regole del padre, che ha già
denunciato per maltrattamenti. Lui stesso si rivolge ai servizi sociali per chiedere aiuto, ma prima che l’aiuto parta
Munir viene denunciato per furto. Inserito nella comunità mostra una grande fatica ad adeguarsi alle regole. Qualche
mese prima di chiedere aiuto Munir aveva denunciato un’amica della zia per molestie sessuali. Munir si trova quindi in
uno stato di grande confusione che va dall’essere colpevole all’essere vittima. Ammette di aver voluto provare la
sensazione di commettere un reato. Un primo obiettivo condiviso è quindi cercare di fare chiarezza tra impulso a
trasgredire e desiderio di espiazione, voglia di denunciare o attrazione verso il depredare (amica della zia), capire se è
vittima o colpevole, sedotto o seduttore. Contemporaneamente iniziano i colloqui con i genitori, 2 tunisini abbastanza
integrati in Itali, il padre lavora, la madre bada ai figli ma non hanno una rete sociale. Nei colloqui emerge la
contraddizione del mandato familiare, tra la valorizzazione del progetto d’immigrazione e il timore di una nascita sociale
inquinata dai rischi del contesto culturale italiano. La stessa contraddizione emerge nei comportamenti di Munir,
bisogni di indipendenza che si scontrano con il senso di appartenenza (dipendenza) alla famiglia, che lo fanno sentire
perseguitato e in colpa. I genitori non accettano la proposta di mandato continuativo, giustificandosi con la necessità di
badare agli altri figli, tuttavia fanno spesso visita a Munir. Il lavoro dello psicologo in parallelo a quello dell’équipe è
volto a ricercare il significato del comportamento di Munir: secondo gli operatori il fatto che il reato per il quale è stato
denunciato abbia come vittima una donna e non il gruppo dei pari non è un caso, l’interrogativo di fondo di Munir non è
infatti la ricerca di valorizzazione sociale ma il bisogno di riconoscimento dagli adulti. I colloqui svelano la logica
perversa in cui è intrappolato Munir, spesso porta ritagli di giornale per mostrare l’ipocrisia del mondo degli adulti, le
persone secondo lui si comportano in modo opposto a come dicono di essere. La stessa dinamica si verifica con gli
operatori. Es. abbraccia e viene abbracciato da un operatore poi denuncia il troppo contatto. L’obiettivo diventa aiutarlo
a dipanare questa confusione nella definizione di sé o dell’altro come colpevole. Alla fine della messa alla prova Munir
scappa per tornare a casa. Il giudice accoglie questa dinamica non come rischio di recidiva ma come bisogno di
sincerarsi l’affetto dei genitori che aveva denunciato. Il giudice concede a Munir una prosecuzione del periodo si messa
alla prova da casa, nel quale Munir si impegnerà a cercare un lavoro. Alla fine del percorso il giudice valuta l’esito
positivo.
VIII IMMATURITÀ E RISCHIO DI RECIDIVA
QUESITI FORENSI
Nella valutazione degli adolescenti sottoposti a procedimenti penali ci possono essere alcuni obiettivi che rispondono a
specifiche richieste della magistratura:
valutazione dell’immaturità
La e della capacità di intendere e di volere risponde alla necessità di accertare
l’imputabilità del minore ed insieme al rischio di recidiva o pericolosità sociale rappresenta la premessa per
differenziare tra i tipi di risposte penali. La valutazione dell’immaturità è importante anche per comprendere la capacità
di affrontare il processo, presupposto al quale in Italia si presta < attenzione. Es. Nicholas, 17 anni accusato di rapina
aggravata, appare particolarmente immaturo. Al WAIS riporta un QI di 67, indice di un ritardo mentale lieve confermato
nei colloqui così come nelle interazioni all’interno della comunità, nella quali mostra segni di un’immaturità affettiva
oltre che cognitiva. Finché è rimasto all’interno del contesto scolastico dipendeva dagli insegnati, una volta fuori ha
spostato la dipendenza verso il gruppo dei pari a causa di uno scarso supporto familiare. Questa sua immaturità
affettiva lo rende disponibile al trattamento psicosociale, il suo comportamento antisociale è causato dalla sua maturità,
per questo motivo non è imputabile ma necessita di un supporto educativo.
comportamenti autolesivi e suicidaliserve
Un altro obiettivo specifico di valutazione è il rischio di per decidere la
collocazione
In Europa sono diffusi alcuni strumenti standardizzati per la valutazione forense che valutano diversi aspetti con il
presupposto che alla base dei comportamenti antisociali vi sia una complessità di fattori individuali, storici, clinici e
contestuali. Senza paura, senza pietà, pag. 38
IMMATURITÀ E NON IMPUTABILITÀ
< 14 anni 14 -17 anni >18 anni
art. 97 c.p. “Non è imputabile La capacità di intendere e di volere va accertata di Se chi ha commesso il fatto ha 18 anni e
chi, nel momento in cui ha volta in volta: “è imputabile chi, nel momento in cui al contempo un vizio di mente totale o
commesso il fatto, non aveva ha commesso il fatto ha compiuto 14 anni ma non parziale, che influisce sulla capacità di
ancora compiuto 14 anni”, ancora 18, se aveva la capacità di intendere e di intendere e di volere=> non è
* *
volere ma la pena è diminuita”. imputabile.
* Dai 14-17 anni Il magistrato può verificarne l’effettiva acquisizione sulla base dell’art. 9 comma 1 del d.p.r 448/88,
relativo agli accertamenti sulla personalità del minorenne.
* L’unica condizione che interferisce è l’infermità mentale al momento della commissione del fatto con un legame di
causalità diretta, la sola diagnosi di una qualche psicopatologia non è sufficiente.
Per i maggiorenni l’incapacità di intendere e di volere è subordinato all’esistenza di uno stato psicopatologico, Asse I o II
(il II solo da una sentenza della cassazione del 2005) mentre per i minorenni può essere dovuta all’immaturità, con
questa si intende una ridotta capacità di prendere decisioni consapevoli. Le più recenti ricerche di psicologia e
neuropsicologia, che documentano la normale immaturità evolutiva dell’adolescente, stanno influenzando gli
orientamenti della giustizia minorile.
NORMALITÀ IMMATURITÀ E INCAPACITÀ DI INTENDERE E DI VOLERE
Giuridicamente parlando l’immaturità o la psicopatologi riducono o annullano la capacità di intendere e di volere, dove
intendere
con ci si riferisce alla capacità di comprendere il significato delle proprie azioni in relazione ai possibili effetti
volere
sugli altri; con alla capacità di autodeterminarsi nelle proprie azioni, in relazione a scopi consapevoli. Queste
definizioni si basano su concetti psicologici generali che, tuttavia, non sono operazionalizzabili. Nel caso di intendere,
per esempio, bisognerebbe specificare i tipi di effetti, distinguere le variabili culturali. Anche nel caso del volere
bisognerebbe valutare il grado di libertà. Il problema dell’intere non può essere ridotto a una competenza cognitiva
come capacità di previsione delle conseguenze altrui. La capacità di decentrarsi e assumere un altro punto di vista
potrebbe essere una migliore definizione; inoltre, il significato non può essere ridotto neanche ad una distinzione etica
del bene o del male, capacità innata già nell’infanzia, ma andrebbe rivolto all’utilizzo di meccanismi di disimpegno
morale (Bandura, 1991). La dinamica dei significati del comportamento rimane centrale: intendere significa essere in
grado di vedere il significato del proprio comportamento (dal proprio e altrui punto di vista) come significato sociale.
L’adolescente è particolarmente dipendente dal contesto in cui