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CAPITOLO
Secondo Chiland, non è possibile intervenire psicoanaliticamente su tutti i pazienti
che chiedono di cambiare sesso. Non esistono, soprattutto, risposte
preconfezionate, si può solo pensare alla costruzione di cammini terapeutici
differenziati, così come differenti sono le storie che, di volta in volta, i soggetti
presentano.
Il percorso storico del pensiero psicoanalitico sul transessualismo non è stato
un percorso lineare, ma complesso, e risente fortemente dei cambiamenti sociali,
culturali e tecnologici.
Da un punto di vista storico, i primi e vaghi riferimenti al transessualismo si
ritrovano in Esquirol, Ellis, Krafft-Ebing ed Hirschfeld.
“sensibilità sessuale invertita”,
In particolare, Krafft-Ebing parla di definendola
“una specie di androginia interiore, un ermafroditismo dell’anima”.
“transvestitismus”,
Invece, Hirschfeld coniò il termine definendo così coloro
che tendono ad indossare vestiti del sesso opposto, e collocandoli in uno stadio
Egli, inoltre, fondò a Berlino l’Istituto di Scienza sessuale,
sessuale intermedio.
dove confluivano molti travestiti per ottenere il permesso dal Dipartimento di
Polizia ad indossare pubblicamente vestiti femminili. Tale Istituto fu poi distrutto
dai nazisti… 7 in un suo articolo sull’
Ai due autori sopracitati farà riferimento Ferenczi
“omoerotismo”: egli, infatti, sostituisce il concetto di omosessualità con quello
di omoerotismo, per mettere in primo piano la dimensione psichica rispetto a
quella biologica e comportamentale.
Egli distingue l’ “omoerotico passivo”, in cui si nota un vero e proprio
rovesciamento dei caratteri psichici e spesso anche somatici, per cui egli si sente
donna non solo nel rapporto genitale, ma in tutte le circostanze della vita; e l’
“omoerotico attivo”, in cui vi è unicamente uno scambio d’oggetto, in quanto
egli si sente uomo in tutti i sensi.
Ferenczi afferma inoltre che l’omoerotico passivo non si rivolge mai
spontaneamente allo psicoanalista: nel suo ruolo passivo ci sta benissimo! Il suo
unico desiderio è che gli altri accettino la sua natura. “I
La tematica proposta da Ferenczi verrà poi ripresa da Freud già nel primo de
tre Saggi”: secondo l’Autore, nel caso dell’omosessualità, “un’anima femminile,
destinata quindi ad amare gli uomini, è disgraziatamente finita in un corpo
maschile”. Pertanto, essa non può classificarsi come malattia e non può essere
perseguita come crimine.
Freud, nonostante il passare del tempo e l’evolversi della teorizzazione
psicoanalitica, resterà sempre fedele alla tesi secondo cui vi è uno stretto legame
tra perversione e psicosi. Tale legame verrà mantenuto poi anche da Lacan e da
Rosenfeld.
Nel 1951 fu portato a termine il primo intervento non clandestino di
rassegnazione chirurgica del sesso. Successivamente, nel 1966, Benjamin (che
aveva scritto un articolo in merito a questo fatto) affermava che i veri transessuali
non vogliono soltanto apparire tali, ma vogliono esser visti come tali, vogliono cioè
essere e operare come membri del sesso opposto. Come afferma Lebrun, il
transessuale non vuole solo il cambiamento del nome, ma anche quello dello stato
civile: il transessuale vuole essere detto donna e la transessuale vuole essere detta
uomo.
Il pensiero di Stoller “sesso”
Stoller, come abbiamo visto prima, assegna al la rappresentanza del
“genere”
biologico, mentre al la rappresentanza del culturale.
L’importante novità introdotta da Stoller riguarda il fatto che l’identità di genere
riconosce come fattore determinante le aspettative, l’immaginario dei genitori, per
cui gli aspetti culturali prevalgono su quelli biologici.
Inoltre, secondo Stoller la condizione originaria, dal punto di vista psichico, non è
la bisessualità, ma la protofemminilità.
Nella storia evolutiva del maschio transessuale, l’eccesso di vicinanza tra madre e
figlio, in concomitanza con l’assenza della figura paterna, produrrebbe una
cristallizzazione all’originaria condizione protofemminile.
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A differenza di Freud (secondo cui sia i bambini che le bambine fanno riferimento
bambino si avrà l’angoscia di
ad un unico organo sessuale: il penenel
castrazione, mentre nella bambina l’invidia del pene), Stoller ritiene che il
bambino ha un percorso più difficile per emergere dalla simbiosi con la madre e
arrivare a un’identità maschile, per cui è più facile cadere in meccanismi perversi.
Dunque, nel transessualismo vi sarebbe un’identificazione a-conflittuale con la
madre, una simbiosi eccessiva, che impedirebbe al bambino di attuare un normale
processo di separazione.
Secondo l’Autore, la madre del transessuale è una donna con specifici tratti
depressivi, ha un profondo senso di vuoto e incompletezza, un’intensa invidia del
pene, uno spirito di rivalsa nei confronti dell’altro sesso e un odio nei confronti
della mascolinità del proprio figlio. Pertanto, questa madre è incapace di
consentire al figlio di separarsi dal suo corpo.
Invece, per quanto riguarda i padri, Stoller li definisce “dinamicamente assenti”.
L’Autore è per lo più favorevole alla rassegnazione chirurgica del sesso, mentre si
dichiara scettico nei confronti del trattamento psichiatrico e psicoanalitico.
Le teorie di Person e Ovesey
A differenza di Stoller, Person e Ovesey affermano che l’acquisizione di
un’identità di genere è densa di conflitti psicologici, e che entrambi i sessi
debbano dis-identificarsi dalla madre.
Secondo questi autori, il transessualismo sarebbe l’esito della reazione difensiva
del bambino di fronte ad una “forma estrema” dell’angoscia di separazione, con
la quale egli è stato costretto a confrontarsi molto precocemente, prima che fosse
terminato il processo di separazione tra Sé e l’oggetto.
“transessualismo primario”
Person e Ovesey distinguono un (in cui rientrano
tutti i soggetti che sono transessuali per tutto l’arco del loro sviluppo e che
un’ambiguità dell’identità di genere nucleare); ed un
presentano
“transessualismo secondario” (che comprende invece omosessuali e travestiti,
nei quali l’angoscia di separazione viene mitigata non attraverso una simbiosi con
la madre, ma facendo ricorso ad oggetti parziali e transizionali).
Gli Autori riassumono così le caratteristiche dei transessuali primari: sono
schizoidi-ossessivi, socialmente ritirati, asessuati, non assertivi, hanno una tipica
dell’intimità.
sindrome borderline, senso di inutilità, assenza di fiducia e timore
Secondo loro, la spiegazione eziologica del transessualismo risiede nell’ambiguità
del nucleo dell’identità di genere. 9
Le riflessioni di Oppenheimer
Secondo l’Autrice, il transessualismo è un’ “autodiagnosi in cerca di
conferma”, ed è legato al contesto sociale e culturale. Inoltre, secondo lei, il
transessualismo sembra dipendere dalla patologia narcisistica, ovvero da una
bassa autostima e da una rappresentazione negativa di Sé.
l’altro (analista) in un
Oppenheimer afferma poi che il transessuale imprigiona
“doppio legame”, in cui il mancato riconoscimento e il confronto metterebbero
fine alla relazione, mentre la neutralità viene spesso interpretata come assenso.
Il caso clinico: Antonia/Michele aveva inizialmente optato per l’omosessualità,
Antonia, una paziente di 28 anni,
diventando una leader di un circolo di lesbiche che aveva fondato; nonostante ciò,
permaneva in lei una forte confusione identitaria, che si manifestava an
He nel suo modo di parlare, in cui confluivano diversi toni, stili e accenti.
La paziente veniva in seduta sempre con uno zainetto sulle spalle, come a voler
portare sulle spalle il peso insopportabile, le angosce che la tormentavano.
L’analista espone il caso di Antonia (diventato poi Michele, in seguito all’uso di
ormoni) in gruppo, riprendendo il tema fondamentale della nominazione: infatti,
nel transessuale questo tema diviene ancora più cruciale, il soggetto ha bisogno di
essere “nominato” dall’Altro per identificarsi come uomo o donna!
I genitori di Antonia/Michele erano stati totalmente assenti, avevano risposto ai
suoi bisogni col silenzio, piuttosto che con la comprensione e, proprio a causa
dell’assenza del padre, non era stata possibile alcuna configurazione edipica.
CAPITOLO 4: “La clinica del transessualismo in Marcel Czermak”
La rottura epistemologica operata da Freud non è stata quella di aver posto al centro
del suo discorso la sessualità, ma quella di aver dimostrato che l’ “oggetto, in quanto
fondamentalmente perduto, è sempre altrove”: è lo stesso oggetto che Lacan
“oggetto a piccolo”,
chiama che fa problema nella nostra esistenza. Oggetto che non
riusciamo mai ad afferrare, che non possiamo produrre, che non ha immagine, ma che
ci attraversa e ci dirige. “lo psicotico è qualcuno con l’oggetto a piccolo in tasca”,
Come affermava Lacan,
ed è proprio questo rapporto “diretto” che lo psicotico intrattiene con i suoi oggetti è
la fonte della sua infelicità e, contemporaneamente, della sua pacificazione.
Czermak attua un ripensamento della clinica psichiatrica proprio a partire dalla
questione dell’oggetto. 10
Dai suoi studi si può giungere a delle conclusioni fondamentali, applicabili anche al
transessualismo: infatti, da un punto di vista topologico, il transessuale mira a
sbarazzarsi di “tutto ciò che fa spigolo” per realizzare una sfericità la cui superficie
deve risultare piatta e la cui realizzazione deve passare attraverso una serie di
interventi chirurgici (questi aspetti sono comuni anche alla sindrome di Cotard). Da
l’articolazione investe il funzionamento dell’affermazione e
un punto di vista logico,
della negazione.
Czermak afferma che “il transessualismo vero o primario è un caso locale della
questione generale del transessualismo presente in molte psicosi, per cui possiamo
struttura psicotica in assenza di un sintomo psicotico, e viceversa”.
avere una
L’autore evidenzia tutta una serie di tratti strutturali della problematica
transessuale: l’oscillazione indiscutibile che si ha quando il
1) Il primo tratto riguarda
paziente è vestito da donna e prende, sotto lo sguardo proprio ed altrui,
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