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incarnare. LEGGE, DESIDERIO E TESTIMONIANZA PATERNA
“Desiderio” “Legge”
e sono due parole-chiave nella psicoanalisi, proprio perché
unire il desiderio alla Legge corrisponde alla funzione simbolica della paternità.
Infatti, come afferma lo stesso Lacan, “un Padre è colui che sa unire e non opporre il
alla Legge”. Di norma, questa Legge serve ad impedire al desiderio di
desiderio
scivolare verso il godimento, e quindi a porre un limite alla spinta del desiderio.
Affinchè vi sia desiderio è necessario che vi sia Legge: ovviamente, ci riferiamo alla
Legge della castrazione simbolica, cioè al fatto che il bambino non può godere della
Cosa materna.
Pertanto, è necessaria una perdita originaria, una differenziazione, un limite, una
lontananza dalla Cosa materna perché vi sia desiderio: la condizione strutturale per
accedere al desiderio implica un divieto di accedere al godimento assoluto della
Cosa. Questo viene sancito, prima ancora che dal padre, dal funzionamento stesso del
e dalle sue leggi: infatti, l’essere immersi nel linguaggio ci separa
linguaggio
irreversibilmente dalla Natura e dal sogno impossibile di un godimento che escluda il
filtro della parola.
Dunque, la Legge svolge una funzione di taglio simbolico, proprio perché
l’interdizione promossa dalla castrazione simbolica annulla la possibilità del
soddisfacimento immediato, staccando il soggetto dalla Cosa.
Ora, affermare che il nostro tempo è il tempo del collasso del simbolico e
dell’evaporazione del Padre significa affermare che c’è una difficoltà sempre
maggiore a fare esistere l’interdizione simbolica, significa che, invece, viene
enfatizzato il godimento immediato dell’oggetto che si ha a portata di mano, di
bocca, di corpo.
Anche nel caso di Adamo ed Eva è stato necessario il taglio simbolico della
castrazione, la separazione dal godimento incestuoso. In questo caso, la Legge
(incarnata da Dio) proibisce loro di consumare i frutti dell’albero della conoscenza:
ciò per impedire che si illudessero di possedere una conoscenza senza limiti!
“trauma”,
Ovviamente, la parola del Padre è seppure benefico, proprio perché
sconvolge la tendenza incestuosa dell’essere umano. Questo divieto, dunque,
risuona come impossibilità di scavalcare l’esperienza del limite, proprio perché
non si può godere di tutto, non si può avere tutto, non si può sapere tutto.
In tal senso, va citata la vicenda della Torre di Babele: in questa vicenda, gli esseri
umani vorrebbero oltrepassare ogni senso del limite, andando a occupare, con la cima
vertiginosa della torre, il luogo della trascendenza, ovvero il luogo stesso di Dio. Essi
vorrebbero quindi “farsi un nome”, nel senso di “farsi da sé stessi”, farsi da soli,
senza il supporto dell’Altro. Essi esigono così di assimilarsi alla potenza divina
dell’Altro, a Dio stesso! Ciò implicherebbe il rifiuto delle leggi del linguaggio, che
invece impongono che il nome proprio venga dato dal grande Altro. Solo l’intervento
del Signore, ovvero della Legge, risveglia i babelici dal sogno totalitario dell’Uno (un
solo popolo e una sola lingua), riportando l’essere umano al molteplice.
Allo stesso modo, Adamo ed Eva non accettano il limite, vogliono ergersi come
padroni del Nome, liberi dai vincoli imposti dalle leggi del linguaggio, liberi dalla
Legge dell’Altro!
Tutto questo è impossibile, perché tra il linguaggio e le cose sta ciò che Lacan
definisce “Reale”.
Nel Seminario V, Lacan individua 3 tempi fondamentali dell’Edipo:
tempo dell’illusione fallica,
1) Il primo tempo è il il tempo della seduzione
reciproca, in cui cioè il bambino si pone come colui che colmerà la mancanza
della madre, una sorta di bambino-fallo, mentre la madre lo vorrà divorare,
incorporandone l’esistenza, rendendola identica a sé stessa, e facendo di lui
l’oggetto in grado di colmare la sua propria mancanza. Questa illusione, che
“perversione primaria”,
Lacan definisce è profondamente incestuosa, perché
annulla la differenza tra i due e perché implica lo scavalcamento di un limite: il
limite della castrazione.
tempo dell’apparizione traumatica della parola del
2) Il secondo tempo è il
Padre. Essa è traumatica in senso benefico, perché risveglia la coppia madre-
bambino dal sonno incestuoso, introducendo una discontinuità che lascia
spazio al desiderio singolare di ciascuno, e perché spezza l’illusione della
continuità tra l’Uno e l’Altro. In tal senso, possiamo assimilare la parola del
Padre alla funzione della Legge simbolica, che proibisce l’incesto
rendendo possibile il patto sociale. Tuttavia, è la parola finale della madre
ad attribuire o meno la giusta autorità simbolica alla parola del Padre:
sarà, infatti, il modo con cui la madre parlerà del padre ai suoi figli a
rendere autorevole la sua parola (e da qui si spiega anche il fatto che, anche
se il padre è venuto a mancare, può ugualmente essere reso “presente”,
“vivificato” dalla madre, per cui la sua funzione rimane attiva).
Tuttavia, la funzione paterna non può esaurirsi nell’esercizio dell’interdizione.
3) Pertanto, il terzo e ultimo tempo dell’Edipo è il tempo dell’avvento della
Legge come pura interdizione. Questa è la parte più originale della riflessione
poiché egli, rispetto a Freud, accentua la necessità che l’introduzione
di Lacan,
della Legge non è sufficiente ad esaurire la funzione simbolica del padre.
Accanto alla figura normativa del padre, si deve aggiungere quella del padre
che non vieta… Si tratta del
donatore, permissivo, del padre Padre non come
rappresentante della Legge, ma come incarnazione di una possibile
se il Padre dell’interdizione è
alleanza tra il desiderio e la Legge. Dunque,
il padre che castra il godimento incestuoso imponendogli un limite
simbolico, il Padre donatore è il padre che compensa questa rinuncia al
godimento più immediato con l’offerta di un’identificazione idealizzante,
ovvero il diritto di desiderare.
Il terzo tempo dell’Edipo ha quindi un ruolo cruciale nel permettere la
trasmissione del desiderio. Affinchè vi sia trasmissione sono necessari, insieme
all’interdizione, dono, promessa, fede.
Ma, allora, cosa resta del Padre nell’epoca ipermoderna (che è l’epoca
dell’evaporazione del Padre)? Nell’epoca ipermoderna, dove il nesso tra
desiderio e Legge ha perduto ogni fondamento universale e ideologico, occorre
instaurare quello che Lacan definiva “il Padre del terzo tempo dell’Edipo”, che
non è il Padre normativo. Non è, cioè, un padre che si limita a porre la Legge
al godimento incestuoso. E’ invece un padre che sa incarnare, nella
come divieto
propria esistenza singolare, la passione del desiderio, per cui sa anche
trasmetterla.
“Incarnare la passione del desiderio” significa poterne dare testimonianza,
testimonianza che è necessariamente singolare (non esiste una testimonianza
universale!).
Quindi, quel che resta del Padre è la dimensione incarnata della
testimonianza. L’enfasi sulla testimonianza è data dal fatto che, nell’epoca
dell’evaporazione del Padre, siamo di fronte ad una crisi dell’Ideale edipico
come versione trascendentale della Legge. Se l’autorità simbolica di questa
Legge è irreversibilmente in crisi, il potere dell’interdizione non potrà essere
più affidato a istituzioni forti (la famiglia, i partiti, lo Stato, la Chiesa). Per
cui, occorrerà recuperare la funzione simbolica dell’interdizione sulla scala
rovesciata della donazione.
Nell’epoca dell’evaporazione del Padre evapora anche il riferimento al padre
“qualunque cosa può
come fattore di genere: in tal senso, Lacan afferma che
svolgere la funzione paterna, purchè sappia rispondere al problema insoluto
del desiderio”.
Tornando al discorso sulla testimonianza, abbiamo detto che la testimonianza è
un’incarnazione singolarissima del desiderio, e il padre la può offrire solo a
partire da una posizione di “non sapere”.
Infatti, un padre non può essere qualcuno che “ha una risposta su tutto”: è
piuttosto qualcuno che ha piena consapevolezza del fatto che non esiste un “sapere
pieno” che risolva e che racchiuda il mistero dell’esistenza. Quindi, la funzione
del Padre è una funzione che custodisce il vuoto, il “non sapere”… Guai se il
padre sostenesse l’illusione dell’esistenza di un sapere universale (sarebbe il
padre della psicosi!)
Solo se il sapere è bucato, solo se non è un sapere pieno, solo se è abitato da
una mancanza che non può assorbire, allora un padre può rispondervi
mettendovi dentro la testimonianza del proprio singolare desiderio.
E’questo che ci si può attendere dal Padre nell’epoca della sua evaporazione:
un atto, una testimonianza singolare sul proprio desiderio, incarnato
all’enigma insoluto della vita e della morte.
IL LEGAME FAMILIARE NELL’EPOCA DELL’EVAPORAZIONE DEL
PADRE
La famiglia contemporanea appare senza centro di gravità, stratificata, disordinata
e incline ad assumere le organizzazioni più svariate: famiglie monogenitoriali,
separazioni, inseminazioni artificiali, adozioni nelle coppie omosessuali.
Ciononostante, la sua funzione educativa non viene meno, perché alla famiglia è
l’accoglienza della vita e la sua umanizzazione.
destinata
Il puro istinto di maternità o di paternità non esiste. E’ piuttosto l’atto simbolico
dell’interdizione dell’incesto a fondare la famiglia come legame umano.
un’ereditarietà
Pertanto, perché vi sia legame familiare non è sufficiente
genetica, poiché non è certo lo spermatozoo a definire cosa sia un padre…
Non basta, quindi, che ci sia un in seminatore per dire che quello è un Padre:
c’è bisogno che ci sia un atto di assunzione simbolica.
La dimensione del riconoscimento della vita come vita umana appare, dunque,
fondamentale nella fondazione del legame familiare. Per questo motivo, Lacan
aveva definito l’amore umano come “amore del nome”, nel senso che l’amore
dell’Altro come
non può