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4. LA RISPOSTA DI LACAN: IL PARADIGMA STRUTTURALE DELL'ANORESSIA MENTALE.
La struttura in Lacan.
La struttura si presenta nella genesi di un soggetto come una scansione nel corso dello sviluppo che
progredisce dalle sue forme più elementari e primitive (le psicosi) a quelle più strutturate (le nevrosi),
avendo sempre come meta ideale la "normalità" psichica. La posizione di Lacan, invece, è rovesciata rispetto
a questa tesi. Egli invita a pensare allo sviluppo di un soggetto a partire dalle opportunità effettive interne
alla struttura che gli è propria. Nell'ottica strutturale di Lacan, infatti, è impossibile cambiare la struttura,
cioè la natura più intima del soggetto. Ciò che è possibile, piuttosto, è portare il soggetto, mediante il
trattamento analitico, ad accettare la propria struttura e ad "abitarla" nel modo per lui più soddisfacente.
I tre paradigmi di Lacan sull'anoressia.
Lacan ha fornito diverse concettualizzazioni dell'anoressia mentale, riconducibili a tre paradigmi principali:
Il paradigma psicogenetico-regressivo: i primi riferimenti di Lacan sull'anoressia sono reperibili nel
• testo del '38 I complessi familiari nella formazione dell'individuo. Il tema dell'anoressia si delinea qui
attorno a quattro questioni fondamentali:
1. L'anoressia sarebbe riconducibile ad un fallimento del complesso edipico e alla conseguente
fissazione del soggetto sull'oggetto orale primario, rappresentato in questo contesto dalla
forma primordiale di imago materna;
2. Ne consegue che l'imago materna si trasforma da fattore salutare a fattore di morte che
impedisce l'adeguato sviluppo psicogenetico del soggetto. L'anoressia è qui connotata come
appetito di morte;
3. L'anoressia si presenta, inoltre, come una patologia dell'oralità segnata dalla spinta al
recupero del godimento pieno dell'origine: il soggetto cerca, mediante il suo abbandono
alla morte, di ritrovare l'imago della madre;
4. L'anoressia è, in questa prospettiva, caratterizzata anche da un declino della funzione
paterna: ne consegue che l'anoressica sviluppa con la madre una relazione non mediata
efficacemente dalla funzione terza dell'Edipo e caratterizzata dal dominio del complesso di
svezzamento che la costringerà a ripetere all'infinito lo sforzo del distacco dalla madre.
Il paradigma dialettico-isterico: la seconda scansione dei contributi di Lacan sull'anoressia mentale
• sono rintracciabili nel testo del '58 La direzione della cura e i principi del suo potere. Le questioni
fondamentali reperibili nel testo sono:
1. L'espediente del rifiuto del cibo viene letta da Lacan come un'operazione attiva del soggetto
per mantenersi vivo presso l'Altro, una manovra che punta al desiderio dell'Altro;
2. Il disturbo anoressico si connota qui non come malattia dell'appetito, quanto malattia
dell'amore. La domanda dell'anoressica è domanda di un dono che sia segno dell'amore
dell'Altro per il soggetto;
3. Viene fatta valere qui l'equazione corpo magro = fallo e la magrezza viene fallicizzata come
oggetto del desiderio dell'Altro;
4. In questa prospettiva, la tesi di Lacan è che l'anoressica non è colei che rifiuta il mangiare,
quanto colei che mangia il niente;
5. Lacan formula, inoltre, una definizione possibile di bulimia come compensazione ottenuta
attraverso il cibo di una frustrazione della domanda d'amore del bambino.
Il paradigma causativo-strutturale: la terza scansione delle tesi di Lacan sull'anoressia risale al
• seminario del '64 I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi. Qui Lacan è ormai lontano dalle
sue tesi degli anni '50: riformula, ad esempio, la sua stessa nozione di struttura collegandovi la
nozione di godimento come reale non riducibile al significante.
Tale godimento gravita attorno alle zone erogene del corpo e agli oggetti parziali che vi
corrispondono e che funzionano per il soggetto come oggetti causa del suo desiderio. Questo loro
agire come oggetti causa del desiderio, che Lacan formalizza nel concetto di oggetto a, significa che
la soddisfazione pulsionale prodotta da questi oggetti non è riconducibile all'oggetto in quanto tale,
bensì al desiderio di riappropriarsi del primordiale oggetto di soddisfacimento. Proprio il vuoto
lasciato da questo oggetto si fa motore del funzionamento pulsionale del soggetto.
La costituzione del soggetto presuppone la separazione dall'oggetto a, il quale diviene il simbolo del
fallo in quanto mancante, ossia della castrazione del soggetto stesso. Di fronte alla perdita
dell'oggetto orale e all'apertura alla castrazione, però, l'operazione anoressica consiste in una
manovra antiseparativa in cui, attraverso il rifiuto di mangiare il cibo, l'oggetto niente (a) viene
trattenuto nella bocca vuota. In questo senso, il soggetto anoressico non si separa mai del tutto
dall'oggetto a e non è disposto a cederlo all'Altro, a perdere il pieno godimento dell'oggetto
primario di soddisfacimento.
5. SVILUPPI DELL'ORIENTAMENTO LACANIANO SULL'ANORESSIA.
Differentemente da quanto accade nel dibattito sull'anoressia mentale all'inizio degli anni '60, Lacan non
affronta la questione a partire dalla tematica del narcisismo, ma sceglie di collocare il cuore del sintomo
anoressico nel rapporto del soggetto con l'Altro e con il godimento.
Le tesi di Lacan verranno discusse e sviluppate nei decenni successivi da diversi psicoanalisti suoi sostenitori.
A. Menard . Pone al centro della sua ricerca la struttura significante dell'anoressia ed il problema del
godimento anoressico. Menard mostra come l'anoressia non sia il risultato di una tappa evolutiva non
superata, ma piuttosto il frutto di un tempo logico eliso (annullato).
In primo luogo Menard riprende la lezione di Lacan sulla triade bisogno/domanda/desiderio. Egli sostiene
che il soggetto anoressico cerchi, attraverso il rifiuto del cibo, di provocare nel desiderio dell'Altro il dono di
un segno d'amore per lui.
Secondo Menard il tempo della privazione dell'oggetto primordiale di soddisfacimento è cruciale per il
soggetto anoressico, perchè di fronte a questa privazione il soggetto reagisce mangiando l'oggetto niente
perchè non vuole accettare la perdita strutturale di godimento che la legge di castrazione comporta. Nel
soggetto anoressico, quindi, vi è l'elisione di questo passaggio al tempo logico della castrazione e un
ancorarsi al tempo della privazione.
Scopo della cura, per Menard, consiste nel consentire al soggetto di compiere questo passaggio dal tempo
della privazione al tempo della castrazione, che lui ha eliso attraverso la costruzione del sintomo.
J. A. Miller. Il discorso di Miller sull'anoressia è in alcuni punti antinomico: se da un lato, infatti, egli
sostiene la tesi del rifiuto anoressico come appello inconscio rivolto al desiderio dell'Altro, dall'altro la
nozione di rifiuto dell'Altro in quanto tale introduce una forma della negazione più radicale di quella
isterico-nevrotica, prendendo la forma psicotica del rigetto.
M. Recalcati. La ricerca di Recalcati può essere riassunta in due scansioni fondamentali: la prima è
costituita dall'elaborazione di una teoria dell'anoressia e della bulimia alla luce degli insegnamenti di Lacan;
la seconda, che ha avuto inizio nel 2000, è costituita dal suo attuale percorso di ricerca sulle nuove forme
del sintomo, di cui anche l'anoressia fa parte.
Le tesi essenziali di Recalcati sull'anoressia possono essere schematizzate in alcuni punti essenziali:
innanzitutto, riprende la teoria di Brusset dell'anoressia-bulimia come circuito unitario animato
• dalla stessa logica di funzionamento, in cui l'anoressia deve essere pensata in rapporto dialettico
con la bulimia e viceversa;
riprende la tesi di Miller di un duplice statuto del rifiuto anoressico, da un lato come appello
• inconscio rivolto all'Altro e, dall'altro, come rifiuto dell'Altro in quanto tale. E' questo secondo
aspetto del rifiuto a far parlare l'autore di una qualità psicotica dell'anoressia -bulimia riscontrabile
nella clinica;
sostiene, inoltre, che nel rapporto dell'anoressica con l'immagine del proprio corpo allo specchio fa
• ritorno la cd. smorfia dell'Altro, che non permetterebbe all' anoressica di essere soddisfatta di
come appare, poichè vi è da parte sua un giudizio di inadeguatezza del proprio corpo ricevuto in
origine da parte dell'Altro;
sostiene, infine, la tesi di un duplice statuto del niente: egli parla da un lato di niente come
• mancanza e, dall'altro, di niente come vuoto. Proprio sulla base di questa seconda definizione del
niente, Recalcati ha avviato il suo attuale percorso di ricerca, che definisce appunto clinica del
vuoto, sulle nuove forme del sintomo.
N. Soria . Mette in evidenza, nell'anoressia, il fallimento dell'equazione corpo = fallo. Tale fallimento rivela
una difficoltà del soggetto ad incorporare il padre come significante e si manifesta a partire da deficit nel
funzionamento della metafora paterna. Ne consegue che l'oggetto su cui ruota il godimento anoressico,
l'oggetto niente, non si stacca mai dal corpo e non può assumere la connotazione logica di oggetto a.
L'anoressica, quindi, è fuori dal quadro del godimento fallico.
C. Dewambrechies La Sagna . I contributi principali forniti dalla Dewambrechies allo studio dell'anoressia
sono i seguenti:
l'autrice, innanzitutto, postula l'esigenza di un superamento della dicotomia nevrosi-psicosi
• nell'ambito dell'anoressia mentale. Quella che lei definisce anoressia veria, e che corrisponderebbe
all'anoressia mentale di Lacan, non è riconducibile né all'una né all'altra struttura di riferimento e,
per questo motivo, è essenziale nella cura giungere a una diagnosi di struttura prima di qualunque
tipo di intervento, al fine di orientare il trattamento in base alle esigenze del paziente;
rispetto all'anoressia isterica, l'anoressia vera si distinguerebbe sia sul piano strutturale sia a livello
• del trattamento. La clinica dell'anoressia isterica si presenta come una clinica del fallo, in cui il
rifiuto del cibo da parte del soggetto funzionerebbe come modalità di fallicizzazione di sé, al fine di
rendere il proprio corpo più desiderabile agli occhi dell'Altro. Per questo motivo, nella maggior
parte dei casi di anoressia isterica, non è necessario un ricovero ma l'analisi da sola è efficace.
Nell'anoressia vera, invece, il trattamento analitico è del tutto inadeguato e l'unica risposta
terapeutica è rappresentata