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FREUD:
Pulsioni di autoconservazione (dipendono da un oggetto esterno (es. fame-cibo) e
devono sottostare perciò alle richieste della realtà; pulsioni sessuali (possono essere
soddisfatte in modo fantastico o autoerotico; pulsioni sessuali sublimate cioè deviate
verso una meta non sessuale ma socialmente utile).
Prima topica: nell’inconscio gli investimenti sono mobili per cui una rappresentazione
può cedere ad un’altra il proprio investimento (spostamento) o impossessarsi
dell’investimento di più rappresentazioni (condensazione); l’inconscio è ricostruibile
attraverso i suoi derivati (sogni e sintomi). L’inconscio è formato da precoci
esperienze infantili. I registri dell’inconscio e della coscienza sono diversi:
nell’inconscio le tracce mnestiche sono formate da percezioni visive, mentre nella
coscienza sono percezioni di parole, derivanti da tracce uditive. L’inconscio non ha
accesso al mondo esterno (viene impedito dalla censura) e i suoi contenuti, per
diventare consci devono farsi linguaggio. Il preconscio è formato da rappresentazioni
di parole e contiene pensieri latenti, ricordi che potrebbero ritornare coscienti. La
coscienza riceve le informazioni sia provenienti dal mondo interno (sensazioni di
piacere/dispiacere, ricordi) che da quello esterno, sottostà al principio di realtà; l’Io
però non è totalmente conscio.
Seconda topica: l’Es è formato da tutto ciò che è stato ereditato, presente fin dalla
nascita, è composto da pulsioni che esigono una scarica (corrisponde all’istanza
dell’inconscio con una differenza: l’es è formato da ciò che l’individuo ha ereditato,
l’inconscio è formato dal rimosso, l’es si oppone all’io, l’inconscio si oppone al
conscio). L’io è paragonato per Freud a un cavaliere che deve domare un cavallo, solo
che il cavaliere lo fa coi propri mezzi, mentre l’io lo fa con i mezzi presi in prestito
dall’es. L’io ha il compito di difendere, di controllare le rappresentazioni dell’inconscio
e di allontanarle se sono incompatibili con quelle già presenti, deve distinguere tra
ciò che è obiettivo e ciò che è deformato dai desideri (esame di realtà; deve avere un
atteggiamento critico, decidendo quali pulsioni realizzare subito, rinviare o
rimuoverle perché pericolose; il segnale che fa scattare le difese è l’angoscia); l’io
funge da mediatore tra mondo esterno-interno, pulsioni dell’es e richieste del super
io. L’io è dominato da attività come il principio di realtà, la percezione, il pensiero, la
memoria e l’attenzione. Secondo Freud il bambino alla nascita possiede delle energie
libidiche indifferenziate (narcisismo primario) che possono essere successivamente
inviate sugli oggetti; durante il complesso edipico gli investimenti oggettuali sono
inibiti dal divieto di incesto, cosi il bambino riassume se stesso come oggetto
d’amore (narcisismo secondario). Io ideale: rappresentazione di sé idealizzata ed
eroica (compare quando il bambino pensa di essere onnipotente come lo erano prima
per lui i genitori); ideale dell’Io: è più simbolico e rappresenta un modello al quale l’io
cerca di assomigliare (erede dei valori attribuiti ai genitori e a se stesso). Super Io:
giudica, critica l’Io; è un’istanza censoria che comprende la coscienza morale, gli
ideali ed è l’erede del conflitto edipico: quando il bambino, di fronte alla minaccia di
castrazione, rinuncia all’incesto, si identifica con i genitori e li assimila assieme al loro
sistema di valori, norme, divieti, castighi, facendoli propri. In questo modo l’istanza
diventa arcaica (trasmissione generazionale di valori). Più il super io è vicino ai vissuti
infantili, più è tirannico, in quanto è più collegato alle “temibili e onnipotenti” figure
parentali; più il bambino cresce più la funzione dei genitori viene sostituita da quella
di altri adulti (insegnanti, medici) e l’istanza si svuota dei suoi contenuti persecutori
per diventare una semplice norma, un insieme di regole.
Per la Klein già nella fase orale esiste un super io formatosi dall’introiezione degli
oggetti buoni e cattivi (il carattere sadico della fase orale dona al super io crudeltà e
distruttività).
Freud introduce poi una pulsione di morte che si contrappone a quelle di
autoconservazione e sessuali (racchiuse nella pulsione di vita): thanatos che
rappresenta l’aggressività, la distruttività, la disgregazione verso l’inorganico.
10. JUNG (POST FREUDIANO): viene considerato il successore di Freud (all’inizio
condivide il pensiero di Freud, poi se ne distacca criticandolo: per Freud , l’io non è
una struttura perfetta e non c’è distinzione tra salute e patologia (ogni persona è un
po’ patologica), per Jung un Io nevrotico è un io debole, distingue tra normalità e
malattia e considera l’uomo nevrotico come malato, bisognoso di riconquistare la sua
forza). Jung non da all’inconscio una struttura a sé stessa (es. il sogno può lavorare
solo col soggetto, non in sé). Egli distingue tra inconscio collettivo e inconscio
personale/individuale; l’uomo è l’incarnazione dell’inconscio collettivo, rappresenta la
storia dell’umanità, la cultura. L’immagine junghiana dell’uomo è un individuo con un
complesso di forze contradditorie e in tensione tra loro, difficili da armonizzare ma
dotato di un’inconscia capacità di ritrovare l’equilibrio; egli possiede un’energia
generale (che comprende anche quella sessuale); Jung non accetta il concetto
freudiano di libido inteso come energia psichica di natura sessuale, divisa in pulsioni
non controllabili ma per Jung la libido è la pulsione di vita che permette la
conservazione dell’individuo e la continuità della specie. La nevrosi non è causata
dagli avvenimenti della prima infanzia ma dai conflitti attuali, cioè dall’incapacità
dell’individuo di adattarsi alle richieste del suo ambiente o di trasformarlo in base alle
sue esigenze; quando il conflitto è insuperabile, la libido regredisce a forme infantili
di funzionamento, a ricordi latenti; la ricerca delle cause della nevrosi perciò non si
rivolge al passato ma al presente e al futuro del soggetto. Il nevrotico però può
sottrarsi alla sua malattia attraverso l’aiuto del simbolo (il simbolo ha una funzione di
mediazione tra coscienza e inconscio). Gli archetipi sono delle immagini simboliche,
figure del passato che costituiscono la memoria dell’umanità e risiedono
nell’inconscio collettivo (e che è comune a tutti i popoli), sono un’immagine del
mondo che si trasmette per eredità genetica. Gli archetipi agiscono come impulsi
istintuali naturali o come idee generali che formano l’esperienza. Tra gli archetipi più
importanti ci sono: il Vecchio, la Grande Madre, il Bambino, il Mandala, la Ruota, le
Stelle, l’Animale. Gli archetipi possono comparire nei sogni (in modo frammentato,
tale da richiedere un’interpretazione); nell’interpretare i sogni, Jung non si serve
tanto della storia personale dell’analizzato ma delle discipline come la religione,
l’antropologia. Il bambino e l’uomo primitivo vivono in uno stato di anonimia, di
fusione con gli archetipi; solo con l’emergere della coscienza della collettività si crea
l’individuazione (capacità di scelta, di autodeterminarsi). Il compito dell’analisi è
recuperare la dimensione collettiva che si è perduta durante il processo storico di
individuazione.
Lo scopo della terapia è l’integrazione dei contenuti inconsci nella coscienza
(integrazione degli atteggiamenti introversi ed estroversi), la realizzazione di Sé,
archetipo dell’unità; la strada che porta alla totalità del Sé è formata da una serie di
integrazioni della personalità che originariamente era frammentata. La terapia con la
quale si riporta la normalità, intesa come una graduale conquista dell’io, della
coscienza, riemergendo dall’inconscio collettivo (iscrivere l’Io personale nell’inconscio
collettivo); il recupero delle immagini archetipe è un processo complesso che prevede
il riconoscimento di una dimensione inconoscibile e la rivisitazione delle immagini
archetipe inconsce. Il fine della terapia non è l’eliminazione dell’oscuro e
dell’irrazionale ma la sua integrazione. Secondo Jung l’uomo deve riconoscere una
realtà del mondo interiore/esteriore che gli preesiste; questo processo di
identificazione è l’unica possibilità per contrastare la tendenza alla massificazione.
L’analista non è colui che detiene il sapere ma è una guida che ha già sperimentato
su di lui l’analisi, non è un testimone distaccato ma partecipa, col suo stesso
inconscio al processo d’analisi. E’ proprio dal transfert interattivo che nascono le
produzioni immaginarie nelle quali l’inconscio collettivo si rivela. La terapia varia a
seconda della fase di vita, del tipo di personalità e dei bisogni di un individuo; il
transfert non è indispensabile, è solo la proiezione di contenuti inconsci sull’analista.
Il paziente è attivo nell’analizzarsi e nel relazionarsi con il proprio materiale inconscio
(L’INCONSCIO NON COINCIDE CON IL RIMOSSO MA CON GLI ARCHETIPI). I tratti che
caratterizzano l’individuo, non escludono i loro opposti che rimangono
psicologicamente attivi: è necessaria una pacificazione e una sintesi degli opposti: la
Persona (la maschera sociale) e l’Ombra (il suo contrario rimosso), l’Animus (potenza
sessuale maschile che domina l’inconscio della donna) e l’Anima (potenza sessuale
femminile che regna nell’inconscio maschile).
SINCRONICITà= gli eventi e i fatti dell’universo sono tra loro collegati: se osserviamo
un pezzo di realtà siamo in grado di ricostruire un intero evento o di sapere un evento
che sta succedendo altrove (è un pensiero anche magico).
Jung chiama la sua psicologia, analitica. L’esperienza personale di un individuo ha un
valore conoscitivo in quanto è una testimonianza: ciò che è stato vissuto da un solo
uomo ha validità in quanto è accaduto ad un umano (il soggetto è una parte del
mondo)
11. ALFRED ADLER (PSICOLOGIA INDIVIDUALE importanza dell’individuo)
-UNA NUOVA UTENZA: IL PROLETA