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Dal punto di vista della psicologia dell’educazione una scuola di qualità che
promuove il benessere è una scuola che dipende da:
fattori individuali: caratteristiche personali, competenze, difficoltà,
esperienze pregresse che incidono sulla qualità dell’esperienza scolastica
(insegnati e psicologi sono chiamati a lavorare su di essi);
qualità delle dinamiche relazionali: sia in termini di relazione con i pari,
sia in termini di relazione con le figure adulte (anche su questa è
possibile lavorare sia per gli insegnati che per gli psicologi);
caratteristiche sociali e culturali dell'ambiente di vita e di apprendimento:
da una parte c’è la famiglia che può essere più o meno supportiva nei
confronti dei bambini, dall’altra parte ci possono essere gli ambienti, in
termini di struttura più o meno accogliente, di risorse fornite;
piani politici e sociali: determinano le pratiche e i programmi scolastici,
questo incide sulla scuola e quindi sulla qualità dell’esperienza scolastica.
School Well Being Model
Si tratta di un modello che ha cercato di intercettare i fattori che incidono nel
benessere scolastico, individuando fattori organizzativi, strutturali e relazione
del contesto scolastico, della famiglia e della comunità di appartenenza. Il
fulcro centrale è il concetto di benessere, anziché quello di salute e si ispira alla
teoria sociologica del benessere di Allardt (1989) riconducendo il benessere
scolastico all’appagamento di quattro categorie di bisogni principali: having
(condizioni materiali e bisogni impersonali, loving (bisogni connessi alla
relazione con altre persone, le quali formano l’identità sociale; in merito alla
scuola: quelle studenti-insegnanti, tra pari e scuola-famiglia), being (bisogni da
soddisfare per consentire la crescita personale e l’autorealizzazione, quali la
partecipazione e l’espressione della propria creatività), health (assenza di
sintomi psicosomatici o di altre forme di malessere o di malattia). C’è il tema
dell’avere che si allaccia la tema delle condizioni (a livello organizzativo, di
ambiente, numerosità delle classi, ecc); loving si allaccia al tema delle relazioni
sociali; being riguarda aspetti più individuali che vanno a valorizzare o non
valorizzare lo studente in quanto persona; infine il tema della salute sia
semplici malanni, sia più gravi come psicosomatiche o psicopatologica. 4
La scuola come istituzione e organizzazione
Ogni scuola ha una propria cultura, a partire da essa si può capire la serie di
scelte che vengono prese all’interno della cornice culturale di riferimento;
questa cornice si può comprendere all’interno di quella che è la storia della
scuola. Gli elementi che definiscono la cultura della scuola sono:
1. autonomia alle scuole nella loro funzione intorno agli anni ’70 c’è stata
una riforma per cui le scuole sono diventate autonome rispetto ad una
sede ministeriale di Roma, da cui una volta partivano tutte le scelte.
Questo ha significato iniziare a poter fare delle scelte che sono andate a
caratterizzare le scuole, consentendo di poter rispondere alle esigenze
specifiche di ciascuna scuola;
2. finalità condivise dai diversi attori (quanto tempo la dirigenza dedica
perché i suoi insegnanti siano a conoscenza di una serie di aspetti che
poi competono alla dirigenza stessa, quanto c’è spazio in una scuola
perché gli insegnanti si trovino e condividano dubbi e opinioni, quanto
spazio viene dato affinché se c’è un problema all’interno della classe
questo viene affrontato in modo condiviso, invece che lasciare tutto ad
un insegnante); attenzione al funzionamento quotidiano (quanto viene
rimesso in discussione anno dopo anno con il cambiamento dei bisogni e
delle necessità, rimessa in discussione, ecc); rapporti scuola-famiglia;
sostegno ad alunni con difficoltà di apprendimento (che spazio viene dato
ai dsa, ai bes, ai ragazzi stranieri); 5
3. metodi di insegnamento; contenuti; valutazione; istruzione sui compiti
ogni insegnante fa per sé o c’è un lavoro sul “come si insegna”, agli
insegnanti è chiesto di riflettere; i contenuti sono gli stessi o sono
influenzati da ciò che accade nel mondo, c’è un cambiamento o no
rispetto anno dopo anno; metodi di valutazione condivisi o meno,
modalità appropriate; rispetto alle istruzioni verificare che siano stati
comprese, che si sia capito come collegati a ciò che viene fatto a scuola.
Le scuole tradizionalmente possono essere riferite ad una di queste quattro
coesione controllo:
tipologie culturali che si declinano sui due assi di e cultura
tradizionale, del benessere, del far crescere, della sopravvivenza. La
tradizionale è caratterizzata da bassa coesione tra i membri (poca condivisione
tra colleghi, tra insegnante e dirigente, a livello lavorativo); per quanto
riguarda il controllo c’è un alto controllo centralizzato: i movimenti sono tutti
verso l’alto, non ci si rapporta fra colleghi, ma l’insegnante va direttamente dal
dirigente, si vanno a formare quindi tanti rapporti singoli, il dirigente è molto
presente e partecipativo rispetto alle questioni quotidiane; il clima come esito è
molto formale, l’obiettivo di queste scuole riguarda ottenere ottimi risultati
intesi come buoni voti, scuole che si possono considerare come “espulsive” e
cultura del benessere
non inclusive (se non ce la fai cambia scuola). La prevede
un alto livello di coesione, vi è alto lavoro relazionale fra i membri della scuola;
dal punto di vista amministrativo e burocratico c’è un basso controllo; il clima è
rilassato, ci si sente accolti e rispettati, con pochi vincoli; l’obiettivo è quello di
prendersi cura del benessere dei propri alunni (lo stare bene supera i risultati
cultura del “far crescere
scolastici). La ” implica alta coesione (simile a quella
del benessere); con elevato controllo, la dirigenza è interessata al fatto che
tutto funzioni bene, seppur con un clima competitivo perché sono presenti degli
obiettivi prestazionali, compito della dirigenza è che tutto venga fatto in ottica
di quegli obiettivi; sono quelle scuole dove le attività si moltiplicano, si
aderiscono a numerosi progetti ed attività extrascolastici; se gli obiettivi non si
cultura della sopravvivenza
raggiungono si entra in crisi. La mostra livelli bassi
sia di controllo che di coesione, ognuno lavora per sé ma non si dà conto a
nessuno, questo porta ad un clima di grande insicurezza, senza poter chiarire i
propri dubbi aumenta il senso di isolamento degli insegnanti; l’obiettivo è la
sopravvivenza cercando di contenere al massimo i potenziali rischi che la
situazione potrebbe portare con sé.
Contratti a scuola
Educare non si tratta solo di acquisire conoscenze, ma soprattutto di costruire
insieme un sistema di rappresentazioni che contengano le norme e i valori
della società. L’apprendimento non è mai neutro, ma rispecchia il significato
culturale che i membri della società gli assegnano. Non si obbedisce ad una
persona, ma a regole sovrapersonali che si impongono sia agli alunni sia agli
adulti, insegnanti e genitori. Ci si trova in un luogo dove vi sono delle regole,
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che devono essere concordate, rispettate e se ciò non avviene vi sono delle
conseguenze.
Nel tempo con la crescita l’obiettivo è che i ragazzi imparino a regolarsi, e
imparino a negoziare queste regole. Ciò che ci si aspetta è che i ragazzi
imparino ad autodisciplinarsi, a capire che nei diversi contesti possano esserci
delle norme e che possano essere più o meno condivise.
La scuola non è più vista come luogo delle regole, come luogo dove se si
infrange una regola si verrà puniti; la scuola è delegittimata dal punto di vista
sociale, la società non riconosce più alla scuola una dimensione di autorità che
la legittimava anche di fronte alla sua funzione normativa. Prima degli anni 70 i
genitori non avevano nessun ruolo nella scuola, con i decreti delegati
compaiono i rappresentanti di classe e tutti i ruoli derivati, i genitori entrano
così nella scuola, portando una buona alleanza tra genitori-scuola per
l’obiettivo comune della buona educazione del proprio figlio e proprio studente,
dove ognuno rimaneva al suo posto nel suo ruolo di insegnante e nel suo ruolo
di genitore. Negli anni questo patto implicito tra scuola-genitore-alunno è
andata a perdersi e i genitori molto spesso contestano la didattica, gli aspetti
valutazionali e relazionali; anche i ragazzi quindi si sentono legittimati a
mettere in discussione i docenti e a cascata anche gli insegnanti hanno iniziato
ad attribuire un ruolo alle famiglie, nell’essere causa di una serie di
problematiche; la sensazione è che non si capisce più chi educa. Sembra
essersi rotto il triangolo che da sempre aveva retto: alunni insegnanti e
genitori, un patto, un’alleanza “data”, implicita, non discussa; il contratto
sembra essersi spezzato o aver perso chiarezza nella sua direzione: chi educa
chi? Quali le norme oltre ai contenuti? Quali strumenti possono-devono essere
usati? C’è ancora spazio culturalmente per una scuola come luogo normativo:
ha senso che la scuola sia luogo normativo?
La scuola è “apparentemente” alla ricerca di una nuova o confermata identità:
oggi viene citata più come luogo delle trasgressioni che come luogo di crescita
e sviluppo e come luogo normativo.
Scuola e famiglia
C’è la tendenza delle famiglie di codici più orientati all’affettività che non alla
norma; se una volta le famiglie usavano il codice normativo in prevalenza,
affiancato da un codice affettivo, oggi le famiglie utilizzano precedentemente
quello affettivo. Si perde così la dimensione educativa del rifiuto, della
frustrazione a vantaggio di una dimensione affettiva che trova nella
gratificazione e nell’annullamento della fatica la sua espressione più
congeniale. Conseguenza ulteriore di tale atteggiamento è l’assenza o
comunque la vaghezza di regole e divieti all’interno della cultura familiare: la
paura e la difficoltà ad essere autorevoli significa spesso non porre regole.
Obiettivo primario interiorizzato dai figli è che gli adulti devono capirmi, più che
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mettere regole e questo sembrano aspettarselo (sia loro che i genitori) da
qualsiasi adulto, anche quelli del mondo della scuola.
Il rischio è che non si riesca a capire se collocare la