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un'istanza INTERIORE, INTERPERSONALE o SOCIALE CHE IMPEDISCE LA SODDISFAZIONE DEL
BISOGNO o dell'obiettivo connessi a tale desiderio. Possiamo pertanto parlare di vari tipi di conflitto:
conflitto di potere, conflitto ideologico, economico, di interessi. Nella nostra cultura la parola
conflitto è spesso associata allo scontro, a emozioni negative quali la rabbia o, peggio, l'odio verso
gli altri. Molto raramente si pensa che esso, al contrario, possa divenire motivo di confronto e di
crescita tra gli individui, occasione per creare conoscenza dell'altro diverso da me, un momento
costruttivo di scambio reciproco. In realtà il conflitto è un'esperienza comune a tutti gli uomini, che
può nascere in tutti i gruppi di appartenenza. In qualsiasi relazione di due o più persone molteplici
cause legate a diverse aspettative dei singoli coinvolti possono generare occasioni di
incomprensione, disaccordo e lite.
Il conflitto, in psicologia, può essere definito come la presenza, nel comportamento di un individuo,
di assetti motivazionali contrastanti rispetto alla meta. In altri termini il conflitto indica uno scontro
tra ciò che una persona, o il proprio gruppo di appartenenza, desidera e un'istanza interiore1 ,
interpersonale o sociale che impedisce la soddisfazione del bisogno, dell'esigenza o dell'obiettivo
connessi a tale desiderio. Va inoltre distinto un conflitto interiore (nella mente della singola persona)
da un conflitto sociale (tra due o più persone o gruppi) tenendo anche conto delle varie sfumature
del concetto di conflitto date dalle varie correnti della psicologia.
In termini classificatori il conflitto, nell'ambito della psicologia generale, è suddiviso in 3 tipi:
emotivo, cognitivo e motori.
Conflitto intrapsichico→ Viene anche chiamato conflitto intrapersonale; riguarda i desideri o mete
contrastanti di cui il soggetto è normalmente consapevole, mentre, soprattutto in psicanalisi, si usa
il termine di conflitto psichico o conflitto dinamico per indicare il conflitto tra istanze mentali di una
persona ad un livello non cosciente che solo successivamente può emergere ad un livello conscio.
Conflitto interpersonale→ Questo tipo di conflitto si sviluppa tra due o più persone quando la
soddisfazione di un desiderio o il conseguimento di un obiettivo da parte del singolo entra in
contrasto con i desideri o gli obiettivi di altre persone. Può definirsi anche conflitto sociale se
interessa due o più gruppi sociali.
Uno dei primi a parlare di conflitto è Sigmund Freud ne L'interpretazione dei sogni in cui distingue
un: • Conflitto manifesto quando esistono due sentimenti contrapposti dei quali la persona è
sufficientemente conscia.
• Conflitto latente se gli elementi manifesti, ammesso che ve ne siano, svolgono funzione di
copertura, spesso deformata, nascondendo il reale conflitto tra Es e super-io.
Si possono identificare tre diverse modalità di conflitto nell'opera Freudiana che ripercorrono
l'evoluzione del suo pensiero:
- Conflitto tra principio di piacere e principio di realtà;
- Conflitto tra pulsioni sessuali e pulsioni di autoconservazione (dette anche pulsioni dell'io)
- Conflitto tra pulsioni di vita (Eros) e pulsioni di morte (Thanatos)
Freud(parlato di psicoanmalisi), quindi, descrive il conflitto in termini di dualismo tra il principio di
piacere e il principio di realtà regolato dalla rimozione, in termini di contrapposizione tra pulsioni
sessuali e pulsioni di autoconservazione e, infine, in termini di dualismo tra pulsioni di vita e pulsioni
di morte. Freud, dunque, descrive il conflitto soprattutto in termini di contrapposizione tra entità
psichiche o pulsioni. La prospettiva dinamica considera i processi psichici come prodotti del conflitto
fra pulsioni inconsce. Secondo Freud, la sofferenza dell'individuo è sempre la risultante del conflitto
intrapsichico, di cui il sintomo è espressione. II conflitto genera angoscia e, nelle degenerazioni
patologiche, l'insorgere di sintomi nevrotici. Il conflitto stesso, infine, ha prevalentemente origine da
desideri di carattere sessuale o più in generale erotico. Suscitando forti critiche e opposizioni, Freud
sostenne per primo l'esistenza di bisogni sessuali (sebbene non ancora localizzati nella sfera genitale)
nell'infanzia. Il bambino é attratto dal genitore di sesso opposto e sviluppa sentimenti ambivalenti
di amore e odio, nonché sentimenti di colpa, nei confronti del genitore del suo stesso sesso (conflitto
edipico). La teoria psicanalitica ha identificato alcuni modi di affrontare i conflitti interiori che
prendono il nome di meccanismi di difesa la scelta di uno dei quali dipende dal conflitto in causa.
Essi sono la rimozione, lo spostamento, la proiezione, la sublimazione, l’identificazione, la
regressione e la formazione reattiva.
Il conflitto in psicologia sociale può essere definito come una situazione in cui forze di valore
approssimativamente uguale ma dirette in senso opposto agiscono simultaneamente sull’individuo.
Importanti momenti di transizione possono essere il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, dalla
coppia alla genitorialità, dalla genitorialità alla coppia anziana, dalla vita lavorativa alla pensione.
Come possiamo risolvere un conflitto legato al doppio ruolo? Il conflitto tra i ruoli può essere risolto
nei seguenti modi:
- La separazione consiste nel tentativo di separare, sia nel tempo che nello spazio, i due ruoli
in conflitto
- Il compromesso, attraverso il quale l’individuo può scegliere di rinviare l’azione in attesa che
uno dei due gruppi, o entrambi, in conflitto tra loro, attenuino le proprie esigenze nei
confronti di un soggetto.
- La fuga, (soluzione negativa) attraverso la quale l’individuo può districarsi dai due ruoli in
conflitto evitando qualsiasi tipo di scelta e qualsiasi tipo di mediazione o separazione tra gli
elementi in questione.
- La gerarchia dei gradi di obbligatorietà dei ruoli, senza la quale l’individuo si troverebbe in
uno stato di conflitto permanente, ovvero alcuni ruoli possono essere temporaneamente
abbandonati a vantaggio di altri.
Un altro approccio classico al problema del conflitto è quello adottato dagli psicologi cognitivisti. In
questo ambito un ruolo fondamentale è occupato dalla teoria della dissonanza cognitiva postulata
da Festinger. Per “dissonanza cognitiva”, Festinger intende lo stato di disagio che l’individuo
sperimenta allorché è consapevole della contraddittorietà, o della mancanza di armonia, fra due o
più contenuti mentali o cognizioni. Nella sua teoria, Festinger sostiene che le persone tendono ad
evitare o alleviare questi stati di disagio, comportandosi in maniera tale da ridurre la dissonanza o
da mantenere l’armonia fra i loro diversi atteggiamenti, convinzioni e conoscenze. Dissonanza è
conflitto non sono la stessa cosa: il conflitto precede la decisione mentre la dissonanza la segue. Il
conflitto diventa così un’opportunità di leggere se stessi, di osservare quelle parti di noi che non
conosciamo, che la relazione con l’altro fa emergere in modo più eclatante.
Il conflitto, per tutto quanto abbiamo detto, non ha necessariamente esiti negati (tutt’altro), anzi
facilità la costruzione dell’identità e la maturazione psicosociale degli individui. Non è l’assenza di
conflitto a determinare il benessere. Anzi l’assenza totale di conflitto di solito segnala appiattimento,
paura reciproca, rancori nascosti, immaturità.
Spaltro e Piscitelli hanno inteso il conflitto come un processo fisiologico.
La gestione costruttiva del conflitto può avvenire attraverso: la consapevolezza e l’espressione delle
proprie emozioni, l’ espressione dei bisogni che sono all’origine dei sentimenti, evitare il “muro
contro muro”, rispettare i contenuti del conflitto, evitare giudizi: sperimentiamo la critica costruttiva,
formulazione delle richieste, non delle pretese.
Le strategie per risolvere il conflitto sono: la meta comunicazione, il disarmo unilaterale, l’intervento
di una terza persona e la ristrutturazione.
Secondo Rubin la negoziazione è un processo di interazione tra due o più parti in cui si cerca di
stabilire cosa ognuna dovrebbe dare e ricevere in una transazione reciproca finalizzata al
raggiungimento di un accordo mutuamente vantaggioso. Il negoziare, sostanzialmente, è il "saper
trattare" con gli altri.
Nel “Dilemma del Prigioniero” la migliore strategia è Confessa-confessa.
L’aggressività e le relazioni sociali
È aggressivo ogni comportamento il cui scopo è arrecare sofferenza e danno a terzi. Si caratterizza
per la presenza di intenzionalità del danno arrecato. Sono altresì da considerarsi aggressivi tutti quei
comportamenti che seppure non arrecano effettivamente un danno vengono agiti con l'obiettivo di
ledere fisicamente, economicamente o psicologicamente ad altri. All'interno della generale
definizione di aggressività si possono riscontrare differenze se rapportate al regno animale ed
umano. Gli animali infatti manifestano aggressività sociale contraddistinta da una modalità
manifesta e aggressività silenziosa, che agiscono nella funzione predatoria dove tendono a celare la
loro presenza alla preda. Ad ognuna di questi due tipi di aggressività corrisponde l'attivazione di
specifici centri neuronali. Gli psicologi hanno riscontrato nell’essere umano la presenza di due diversi
tipi di aggressività che hanno chiamato ostile e strumentale. L'aggressività ostile nasce dall'odio, ha
come fine il ferire e danneggiare, viene solitamente espressa “a caldo” e si riscontra principalmente
in presenza di una forte attivazione emozionale. L'aggressività strumentale procura dolore con lo
scopo di raggiungere altri obiettivi, viene solitamente premeditata come negli atti terroristici e nelle
guerre, dove viene asservita al raggiungimento di scopi politici, economici, religiosi ecc. La maggior
parte degli omicidi rientra nella categoria dell'aggressività ostile, circa la metà scaturisce per liti, il
resto da motivi passionali, o da uso/abuso di alcool e narcotici.
S. Freud parlava dell’esistenza di un istinto vitale, chiamato Eros, e di un istinto di morte ,chiamato
Thanatos, che è alla base dell’aggressività. Secondo un modello idraulico F. sostiene che questa
energia tende ad accumularsi e deve trovare sfogo, altrimenti porta alla malattia. Attraverso la
società l’individuo può sublimare l’istinto e volgere l’energia distruttiva verso un comportamento
accettabile o utile. Secondo il modello etologico l'aggressivit&agr