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L'aspetto più caratteristico della partecipazione
L'aspetto più caratteristico di tale partecipazione è quello della mutua riconoscibilità, per mezzo della quale le nostre relazioni di partecipazione favoriscono la possibilità di sviluppare un'identità. La costruzione di un'identità è il prodotto del processo di negoziazione delle nostre esperienze di partecipazione all'interno di diverse comunità. Per questo non ha senso opporre l'individuo alla comunità: l'analisi deve concentrarsi sul processo della loro reciproca costruzione, cioè sul loro reciproco mutuo riconoscimento e sul processo di negoziazione di significati che lo rende possibile.
Se quindi l'identità si costruisce e definisce attraverso la partecipazione alle comunità, data la molteplicità di tali appartenenze nella vita concreta di tutti noi, l'identità non va considerata come un nucleo stabile, ma piuttosto come la somma di.
molteplici partecipazioni. Ognuno di noi sviluppa quindi nel corso della vita, e attraverso la partecipazione a comunità diverse, un intero repertorio di identità e l'avere molteplici appartenenze non è quindi un'eccezione ma un aspetto definente e caratteristico della nostra vita. Tutti gli approcci socio-costruzionistici hanno rilevato tale molteplice natura dell'identità e il ruolo cruciale giocato nella sua costruzione dai processi di interazione sociale: dalle idee di Bachtin sul "multiple voicing", dalla nozione di Goffman di partecipation framework al concetto proposto da Harré e Van Langenhove di positioning. I più recenti sviluppi di questo filone di ricerca d'interazione suggeriscono che le identità riflettono nella nostra società le complesse esperienze di partecipazione e le molteplici sfere sociali che occupano la nostra vita quotidiana. È d'altronde vero che la nostra.identità è anche definita attraverso la nonpartecipazione a determinate comunità (e alle loro pratiche sociali): la non partecipazione, allo stesso modo della partecipazione, è anch'essa una fonte importante di definizione dell'identità. È inoltre necessario distinguere tra diverse miscele di partecipazione e nonpartecipazione, anche in relazione all'orizzonte temporale in cui queste si collocano. Ci sono forme periferiche di non partecipazione, che preludono e sono necessarie per la costruzione di future pratiche di partecipazione piena, quali ad esempio quelle tipiche del bambino che si affaccia sul palcoscenico della vita sociale oppure l'adulto novizio nelle prime fasi della socializzazione, sia che entri in un contesto organizzativo. In questi casi la non partecipazione o meglio una partecipazione limitata e guidata è un'occasione d'apprendimento, una fase necessaria in una traiettoria cheConduce a un attivo e pieno coinvolgimento nelle pratiche significative di una comunità. Ci sono altre forme di non partecipazione, definite da Wenger come marginali; che al contrario impediscono forme future di partecipazione piena. È questo il caso ad esempio di persone o gruppi tenuti ai margini di comunità, istituzioni o della società. Per costoro (ad esempio i drop-out) la non partecipazione è tale da impedire di realizzare una diversa traiettoria di ruoli dentro le pratiche di una comunità.
Ci definiamo in termini identitari sia per quello che siamo che per quello che non siamo, sia in base alle comunità di cui siamo membri che di quelle di cui non siamo membri. Inoltre ogni discorso sull'identità deve considerare la variabile temporale: le identità si realizzano nel tempo, sono progetti identitari, sono percorsi lungo i quali ci muoviamo e che modifichiamo, e che hanno una storia (comunità di cui siamo stati membri).
partecipanti) e un futuro (comunità di cui vorremmo essere partecipanti), che dipendono dalle ambizioni e aspirazioni di ognuno. Quindi la nostra identità è sempre composta simultaneamente di multiple appartenenze (e non appartenenze) e queste variano nel corso della nostra vita. Inoltre siamo costantemente impegnati ad attraversare i confini di tali multiple un’identità appartenenze (e non appartenenze), a combinare, confrontare e riconciliare le nostre diverse identità e questo richiede una struttura sociale ben strutturata e robusta, che, secondo Wenger è caratterizzata dalla presenza di un insieme di caratteristiche.
Coerenza locale: ma ununa forte identità richiede l’aver vissuto e il vivere profonde esperienze di relazione con altri, attraverso le quali si siano potute condividere storie, azioni,
esperienze, affetti e impegni reciproci.- Estensione globale: una robusta identità richiede ricche esperienze di partecipazione a comunità diverse e anche di attraversamento dei confini tra comunità.
- Efficacia sociale: una robusta identità permette la partecipazione al mondo sociale, piuttosto che una marginalizzazione, e un potenziamento e arricchimento della propria vita relazionale.
Dal vuoto sociale ai contesti socio-interattivi: Concentriamo la nostra attenzione di ricercatori sui processi di interazione sociale e discorsiva attraverso i quali si negoziano i significati condivisi all'interno di specifiche comunità di pratiche; ogni azione anche cognitiva deve essere situata sullo sfondo di un comune scenario sociale e culturale e di un repertorio che è stato condiviso attraverso specifiche situazioni di interazione sociale e discorsiva. Tale scenario è culturale in due sensi: culturale in quanto condiviso da
unacomunità di interazione e culturale in quanto condiviso da un sistema culturale di riferimento. Proprio in un'ottica culturale, Mantovani ha recentemente proposto un modello per l'analisi dell'uso delle tecnologie nei contesti quotidiani e lavorativi, che distingue appunto tre livelli del contesto sociale e culturale in cui la nostra vita si svolge e in cui è possibile analizzare le diverse situazioni socio-interattive. Il primo livello è quello del contesto macro-sociale in generale, il secondo è quello delle situazioni di vita quotidiana (o lavorativa, e cioè quello delle comunità di pratiche), il terzo è quello dell'interazione sociale e discorsiva tra membri di tali comunità. È possibile analizzare il legame tra i tre livelli del modello sia partendo dal basso che dall'alto. Partendo dal livello dell'interazione sociale e discorsiva mediata dagli artefatti, il loro uso puòessere considerato come un aspetto specifico delle situazioni di vita quotidiana, che a loro volta sono inserite nel contesto sociale più ampio. Partendo dal contesto sociale si vede appunto come questo fornisca gli elementi centrali (ad esempio quelli linguistici) per interpretare gli scopi che a loro volta orientano l'interazione locale con l'ambiente e le situazioni quotidiane. In queste ultime sono definiti tramite gli artefatti. In questa prospettiva quindi il contesto sociale è considerato sia "il sistema simbolico di una certa cultura continuamente alterato dall'intervento pratico umano" che una condizione nella quale le situazioni di vita quotidiana e le interazioni socio-discorsive diventano significative per coloro che vi partecipano e le definiscono. Il merito di tale modello è quello di superare la contrapposizione tra la visione fenomenologica di contesto, secondo la quale questo è sociale costruita attraverso
l'interazione discorsiva tra le persone, e la visione della teoria dell'attività che assegna una situazione un posto rilevante alle pratiche materiali e alle strutture sociali delle attività socio-culturalmente definite. Tale contrapposizione ha visto i costruttivisti sociali contestare l'idea che le strutture sociali esistano indipendentemente dalla loro produzione socio-interattiva e i teorici dell'attività sostenere che il significato delle attività non può essere compreso solo attraverso l'analisi della situazione "immediata" in cui avvengono. È però anche vero che le due prospettive servono entrambe per esplorare come le persone vivono nella storia e come le persone vivono nella storia. La teoria dell'attività culturale riflette la prima e con essa l'importanza di considerare le caratteristiche date di un mondo sociale strutturato. La prospettiva fenomenologica mette in rilievo.la seconda e con essa il parzialmente costruito carattere del mondo sociale dei significati. Inoltre entrambi gli approcci condividono il riferimento ai processi di mediazione culturale: i teorici dell'attività hanno cominciato a riconoscere che le situazioni immediate includono artefatti, pratiche e routine storicamente determinate e i fenomenologi hanno cominciato a riconoscere che tali pratiche e artefatti sono risorse usate interattivamente nello svolgimento delle attività immediate. È necessario considerare congiuntamente sia la storia delle comunità di pratiche che gli strumenti storicamente evolutisi (linguaggio, sistemi culturali, artefatti) con cui i membri mediano le loro attività. Tali sistemi di mediazione incorporano la storia delle interazioni che hanno già mediato nel passato (sia a livello culturale che a quello della comunità) e per tale ragione costituiscono una parte rilevante di quello che è il repertorio.
comunità. E anche attraverso l'uso di tali sistemi che la "storia" entra a far parte delle azioni e interpretazioni della comunità, mediandone le interazioni socio-discorsive quotidiane. Uno strumento, un artefatto, un sistema tecnologico quindi non è mai solo un oggetto materiale, quanto piuttosto un sistema di mediazione storicamente e culturalmente connotato, che le comunità contribuiranno a connotare ulteriormente. La cognizione distribuita: La concezione distribuita dei fenomeni psicologici sottolinea come il funzionamento psicologico dell'individuo e le sue conoscenze non siano racchiuse dentro la sua testa (o la sua mente) ma siano appunto distribuite nel contesto sociale, materiale e culturale attorno a lui. Il nostro funzionamento cognitivo, le nostre conoscenze sono in questo senso situate in specifici contesti interattivi, culturalmente definiti, e distribuiti negli altri attori sociali e negli strumenti.come risultato di un singolo sforzo individuale. Gli artefatti culturali, come ad esempio le lingue, le tradizioni, le norme sociali e le istituzioni, sono il risultato di un processo collettivo di costruzione e condivisione. Allo stesso modo, durante le nostre interazioni sociali e discorsive, creiamo e costruiamo continuamente nuovi artefatti, come ad esempio le conversazioni, le idee e le conoscenze condivise. Questi artefatti sono il risultato di un processo di negoziazione e collaborazione tra i partecipanti. In sintesi, gli artefatti che utilizziamo sono il frutto di una complessa rete di interazioni sociali e discorsive, che coinvolgono sia la dimensione culturale che quella individuale.