vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Ne consegue che categorie diagnostiche come nevrosi e psicosi richiedano due differenti modalità di
trattamento, come sosteneva anche Lacan. Nessuna contaminazione è prevista tra la prima e la seconda. Trattare
clinicamente uno psicotico come fosse un nevrotico comporta rischi notevoli quali, per esempio, lo
scatenamento di una crisi.
Ciò comporta per l'analista il venir meno nella cura dello psicotico di tre modalità d'intervento che, invece,
caratterizzano la cura del nevrotico:
isterizzazione (o paranoia indotta): l'analista lavora, specie nella fase iniziale della cura, per smontare le
• certezze sulle quali il nevrotico poggia e che gli impediscono la comprensione effettiva dei propri
sintomi. Com'è facilmente intuibile, un'ulteriore paranoizzazione si rivelerebbe disastrosa per il paziente
psicotico.
associazioni libere: il paziente psicotico, già immerso in una caterba di parole, si smarrirebbe
• ulteriormente senza riuscire a organizzare una presa effettiva sulle cose.
interpretazione: conseguendo essa all'investimento transferale da parte del soggetto nevrotico nei
• confronti dell'analista ritenuto supposto sapere la verità circa la sua sofferenza, e non essendo questo
investimento possibile per lo psicotico che ritiene che il sapere sia di sua pertinenza, è facilmente
intuibile che non si può ricorrere all'interpretazione nella cura del soggetto psicotico.
Per Lacan, con lo psicotico, il compito dell'analista consiste nell'ascoltare il suo messaggio, per quanto
folle sia, senza opporgli un altro sapere, più analiticamente fondato o più "normale".
Capitolo terzo, Il discorso nella cura.
La visione che ha dominato a lungo la medicina e la psicologia è centrata sul contributo del medico e
attribuisce al paziente il ruolo di portatore passivo di un problema. Essa affonda le sue radici nell'era che
precede l'avvento della medicina ippocratica, nella quale al mago-stregone, personalità dotata di poteri
speciali, veniva attribuito il ruolo chiave nella cura. Nel processo terapeutico, infatti, il malato non entrava in
gioco attivamente ed il morbo da cui era affetto gli appariva come estraneo.
Con l'avvento della medicina ippocratica, invece, il regime di vita del malato e la sua condotta acquisiscono
importanza determinante tanto nel prodursi della malattia quanto nell'efficacia della cura. Si introduce,
quindi, un principio di responsabilità rispetto al proprio malessere.
Ciò non implica che nella relazione terapeutica la personalità del medico non abbia alcuna importanza.
Tuttavia, a differenza di quanto avveniva precedentemente, l'autorevolezza del medico e la validità
dell'azione terapeutica poggiano su un sapere impersonale e universalmente condivisibile (si assiste ad
un'enfatizzazione del primato del sapere scientifico).
Freud rivoluziona la logica di funzionamento della relazione terapeutica: la parola del malato è adesso posta
al centro di tale relazione. Da un modello di cura centrato sulla personalità e sull'autorevolezza del medico,
si passa ad un modello di relazione terapeutica in cui compito dell'analista non è quello di rispondere con il
proprio sapere alla domanda che il soggetto gli pone, bensì favorire l'incontro tra il paziente e quanto di
enigmatico vi è nella sua parola. La teoria dei discorsi di Lacan.
Mediante la teoria dei quattro discorsi, Lacan vuole indagare la natura delle forme di legame transferale
che possono instaurarsi all'interno della relazione terapeutica.
Ogni discorso gravita attorno a quattro elementi costitutivi: S1, detto anche significante padrone o
significante dominante; S2, che rappresenta il sapere impersonale; a, ossia il simbolo della perdita di
godimento; $, ovvero il significante del soggetto diviso.
La struttura del discorso è costituita da quattro posizioni fisse, su cui i quattro elementi possono ruotare:
l'agente, in alto a sinistra; l'altro, in alto a destra; la produzione, in basso a destra e la verità, in basso a
sinistra. Discorso del maitre (M), traducibile come "discorso del maestro" o "discorso del padrone". Si
• caratterizza per la dominanza del significante padrone S1 nel posto dell'agente e per
l'identificazione ad esso da parte del soggetto. Ne consegue che, in questo tipo di legame
transferale, il primato appartiene all'analista, a cui l'analizzante si sottomette. Il legame che si
instaura, quindi, è basato sulla suggestione identificatoria.
Discorso dell'università (U). Si caratterizza per la dominanza del sapere impersonale S2 nella
• posizione di agente. Nella cura, il discorso universitario prevale quando non c'è implicazione
soggettiva del terapeuta nella relazione, ma il rapporto che si struttura è tra il sapere specialistico di
cui è detentore e la patologia del malato.
Discorso dell'isterica (H). Pone al centro della relazione terapeutica l'enigma della divisione
• soggettiva ($), espresso nel sintomo isterico. L'isterica chiede all'analista, che pone in posizione di
maitre, la verità circa la sua sofferenza; ma, una volta ricevuta, la risposta non potrà che lasciarla
insoddisfatta e perdere di valore. E' per questo che il terapeuta non risponde alla domanda
dell'isterica, ma spinge lei stessa a farvi fronte.
Discorso dell'analista (A). Pone l'oggetto causa del desiderio (a), di cui si fa portavoce l'analista,
• nella posizione di agente. A questo livello del trattamento entra in gioco quello che Lacan definisce
desiderio dell'analista. Il desiderio dell'analista, nella relazione terapeutica, consiste nel farsi per il
soggetto oggetto causa del suo desiderio, svuotarsi in quanto persona psicologica per consentire al
soggetto di isolare in lui l'oggetto psichico della propria mancanza.
Differentemente da quanto avviene nella clinica psichiatrica, nel trattamento analitico l'analista non si pone
in una posizione di dominanza all'interno della relazione terapeutica, ma situa al cuore della cura l'enigma
che divide il soggetto. Porre al centro del discorso terapeutico l'enigma che divide il soggetto e la
conseguente rettifica dei suoi rapporti con il reale, rappresenta una premessa necessaria perchè si possa
accedere al trattamento. Tale rettificazione soggettiva si configura come l'effetto del passaggio compiuto dal
soggetto da un modello di discorso dominato dall'identificazione o dal sapere impersonale dell'Altro, ad un
regime discorsivo in cui prevale l'enigma causa della sua sofferenza. Talte passaggio è possibile solo
mediante l'investimento transferale da parte del paziente sulla figura dell'analista.
Un trattamento caratterizzato dalla dinamica dei passaggi di discorso è possibile con il nevrotico perchè egli
è già nel discorso. Essere nel discorso significa poter pagare il prezzo che lo stare nel legame sociale
comporta, ovvero una perdita di godimento, una riduzione della propria libertà come conseguenza
dell'accettazione delle regole che la società impone al soggetto. Lo psicotico, invece, si presenta per
struttura "fuori discorso" e, per questo motivo, Freud riteneva che la psicoanalisi non fosse praticabile con i
pazienti psicotici.
Diverso è il discorso per quelle forme patologiche caratterizzate da una sofferenza psichica senza domanda
di cura, e dunque da una resistenza al mutamento, quali la tossicomania, la bulimia o l'anoressia.
Capitolo quarto, Il godimento.
Il bisogno è uno stato di tensione più o meno intensa dovuto alla mancanza di qualcosa che risponde a
esigenze percepite come più o meno impellenti. Com'è evidente, quindi, il bisogno ha un oggetto specifico.
Nella pulsione, invece, che è uno stato in cui la stasi è raggiunta senza tensioni, manca un oggetto peculiare.
Il godimento, infine, è un particolare tipo di soddisfazione cui tende anche la pulsione, un godimento reale
in cui è implicato il corpo. La pulsione, in definitiva, è la spinta al godimento reale attraverso il corpo.
Il godimento pulsionale va al di là della differenza tra piacere e dispiacere, e, pertanto, può essere doloroso
ed essenzialmente dannoso ma venire comunque cercato. Il godimento prodotto dalla pulsione, inoltre, è
legato a zone erogene circoscritte.
Un problema che ne consegue è capire che cosa nel godimento sia effettivamente problematico e cosa deve
essere modificato nell'analisi. Per Freud le predisposizioni pulsionali non sono il problema; il problema è,
piuttosto, il rapporto che intercorre tra l'Io e la pulsione.
Il desiderio.
Il desiderio è una tensione prodotta dalla mancanza di qualcosa. La mancanza può essere intesa in un
duplice senso: come causata da un oggetto, ovvero come mancanza di un oggetto da cui si è attratti; oppure
come uno stato di mancanza che mira al desiderio di un Altro, che è cioè desiderio di essere desiderato.
Da questo punto di vista, l'analisi, consiste nell'evidenziare nel soggetto una mancanza e nel renderla
operante. La presa di coscienza dell'esistenza di una mancanza e la sua accettazione, infatti, è una
condizione salutare. L'Altro della domanda.
Alla sua nascita, il bambino è immerso in una mancanza reale: è impotente nei suoi movimenti e vive il suo
corpo come un corpo disordinato che non governa. Ha bisogno, quindi, di qualcuno.
La relazione tra il bambino e l'Altro ha origine nel passaggio dal grido alla domanda, cioè articolazione di un
bisogno attraverso l'Altro: poichè il bambino dipende interamente dall'Altro, è quest'ultimo a permettergli
di compiere tale passaggio. Grazie alla madre (o a chi ne fa le veci), che trasforma la pura scarica motoria in
una domanda, nel bambino si inscrive una mancanza: da una mancanza puramente reale, si passa ad una
mancanza che dipende dalla domanda o da un Altro in quanto rispondente alla domanda. Quando questo
processo viene avviato, la mancanza diviene qualcosa di simbolico: è cioè colmata da oggetti che dipendono
dall'Altro, che riflettono la volontà dell'Altro, in quanto l'Altro può darli o non darli. E' come se il bambino
dimenticasse la portata reale del suo bisogno, della sua mancanza, e desse un'importanza assoluta alla
presenza dell'Altro o ai segni tangibili della risposta dell'Altro. Va situata in questo punto la genesi del
rapporto d'amore con la madre (o con chi ne fa le veci), che consiste in una sorta di compensazione al reale
dell'impotenza.
Nel soggetto psicotico, l'assenza o la presenza dell'Altro si costituiscono in una forma particolare sin dalla
prima infanzia: egli è costretto, per mantenere il rapporto con l'A