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CANTO XXXIV: RENZO SCAMBIATO PER UN UNTORE

Renzo arriva finalmente davanti alla casa di don Ferrante. Il portone è chiuso e il giovane si fa coraggio e bussa con decisione: si apre una finestra e, dall'interno, una donna fa capolino guardando fuori con grandiffidenza, come se chiunque nascondesse una minaccia. Renzo le domanda se tra la servitù c'è una giovane campagnola di nome Lucia e l'altra risponde che non c'è più, invitandolo ad andarsene. Renzo, costernato, chiede ulteriori spiegazioni e la donna risponde in modo sbrigativo che Lucia è al lazzaretto, ammalata di peste, poi richiude la finestra senza dar retta alle domande insistenti del giovane. Questi, sconvolto dalla notizia ricevuta e irritato dai modi della sua interlocutrice, afferra ancora il battente della porta e lo tiene per un po' sospeso in aria, stringendolo e storcendolo in mano; si volta per cercare qualcun altro cui chiedere informazioni, ma l'unica

persona che vede è un'altra donna poco distante da lui, la quale con sguardo stravolto apre la bocca come per gridare, senza però emettere un suono, e agita le braccia e le mani grinzose come per attirare l'attenzione di qualche passante. Quando si accorge che Renzo la sta guardando la donna si scuote e, prima che il giovane possa dire qualunque cosa, lascia uscire il grido che aveva trattenuto a stento fino a quel momento, accusando Renzo di essere un untore. (scambia il gesto di trattenere il battente della porta come se volesse ungerlo)

Accorre alle grida di queste donna una piccola folla che vorrebbe linciare Renzo, il quale riesce prodigiosamente a salvarsi saltando su un carro dei monatti, che lo accolgono festosamente e lo difendono (i monatti non hanno paura degli untori, né li aiutano perché sono i responsabili del prolungarsi del contagio che porta loro guadagno).

Ad un certo punto Renzo si rende conto di essere giunto nei pressi del lazzaretto, scende

quindi dal carro eManzoni ci descrive le misere condizioni e l'affollamento.

CAPITOLO XXXV: RENZO NEL LAZZARETTO

Renzo entra nel lazzaretto, un recinto contenente qualcosa come sedicimila appestati con al centro un ammasso di capanne, baracche, carri, persone; i portici ai lati sono pieni di malati o di cadaveri stesi sulla paglia, mentre dappertutto è come un brulicare di gente che va e che viene, di uomini deliranti che si agitano, di medici o religiosi che corrono dagli infermi. Il giovane resta per un po' a osservare il tutto sbalordito, qui molti laici e cappuccini sono impegnati a liberare la strada dagli ingombri e tengono alla larga chi li intralcia; Renzo, temendo di venire scacciato a sua volta, preferisce andare tra le capanne alla sua destra, camminando a fatica in mezzo ad esse esbirciando alla meglio in ognuna, per vedere se all'interno ci sia la sua amata Lucia.

Dopo una lunga e infruttuosa ricerca tra le capanne, dove Renzo ha pure visto moltissimi malati e

cadaveri già irrigiditi nella morte, il giovane si accorge di non aver trovato donne e immagina che queste debbano stare in un luogo separato del lazzaretto. Incontra molti monaci cappuccini, animati da sentimenti completamente opposti, tuttavia rinuncia a chiedere indicazioni a qualcuno di loro per non trovare ostacoli alla sua ricerca. Continua quindi ad aggirarsi alla cieca, spesso ritraendo lo sguardo dalle molte piaghe che vede, senza però poterlo posare su nient'altro che piaghe. Il tempo atmosferico accresce a sua volta l'orrore di quelle visioni, poiché il cielo è scuro e gonfio di nubi (da cui traspare un sole pallido) e tutt'intorno c'è una calura pesante, opprimente. È come una di quelle giornate in cui il tempo minaccia tempesta e la natura sembra opprimere ogni essere vivente con la sua immobilità, aggiungendo pesantezza a ogni azione dell'uomo; nell'azzaretto un clima simile accresce a dismisura la sofferenza.fa peggiorare i malati già gravi, fa sembrare quel momento il peggiore forse mai vissuto in quel luogo di sofferenza. A un tratto Renzo, in mezzo al frastuono del lazzaretto, sente un suono misto di vagiti e belati, proveniente da un recinto interno protetto da uno steccato sconnesso in più punti. Il giovane si avvicina e sbircia all'interno attraverso lo spiraglio tra due assi, vedendo uno spiazzo occupato da molti bambini piccoli adagiati su materassi, guanciali, lenzuola distese; tra di essi vede aggirarsi molte balie, aiutate da delle capre che (incredibile a dirsi) non solo porgono le mammelle a questo o quel lattante, ma addirittura accorrono ai vagiti, quasi chiedendo aiuto agli esseri umani presenti. Molte balie hanno i bambini al petto e dai loro atti spira una tale affezione che chi guarda è incerto se siano state attirate lì dalla paga o, piuttosto, da una carità spontanea verso la sofferenza altrui. A un certo punto arriva un cappuccino dalla.barba bianca che porta in braccio due bambini che strillano, le cui madri sono evidentemente morte da poco, e una donna corre a prenderli, per poi cercare con lo sguardo dove trovare una balia o una capra che possa occuparsi di loro. A un tratto, mentre guarda di fronte a sé, il giovane vede in maniera fulminea un cappuccino che passa tra le baracche, il cui aspetto ricorda in ogni fattezza padre Cristoforo; lo osserva bene e conclude che si tratta senza dubbio di fra Cristoforo. Il cappuccino, dopo essere stato trasferito a Rimini, è sempre rimasto là e non ha mai pensato di andarsene, finché è scoppiata la peste e ha visto la possibilità di fare ciò che ha sempre desiderato, ovvero sacrificare la sua vita per il prossimo. Ha chiesto di essere rimandato in Lombardia per accudire gli appestati e la sua istanza è stata accolta, specie perché il conte zio nel frattempo è morto e c'è ora bisogno assai più di.

Infermieriche di politici. Si trova nel lazzaretto da circa tre mesi e Renzo, che pure è felice di averlo ritrovato, deve però constatare che è cambiato moltissimo e che il suo portamento è curvo e affaticato, il viso pallido e smunto, il fisico duramente provato e sorretto unicamente da una grandissima forza d'animo. Renzo si avvicina senza parlare e facendosi riconoscere dal frate, finché il suo sguardo si incrocia con quello del cappuccino e lo chiama per nome.

XXXV: IL RIMPROVERO DI PADRE CRISTOFORO

Renzo racconta al frate tutte le vicissitudini di Lucia dopo essere andata a Monza, il rapimento da parte dell'innominato, la sua liberazione e la sistemazione presso donna Prassede; il frate è costernato a sentire i pericoli corsi dalla ragazza nel luogo dove lui l'aveva indirizzata, benché sia sollevato al pensiero che si sia poi salvata. Renzo gli racconta poi tutto quanto è successo a lui a Milano, durante la sommossa.

la successiva fuga e la latitanza nel Bergamasco, fino a quando ha appreso che Lucia è nel lazzaretto. Il giovane immagina che le donne siano ospitate in un quartiere separato e chiede al frate di indicargli dove si trova, al che il cappuccino oppone qualche resistenza giacché, com'è ovvio, in quel luogo è vietato l'accesso agli uomini che non siano religiosi o funzionari della Sanità. Padre Cristoforo porta Renzo sull'uscio della capanna, mostrandogli la cappella che sorge al centro del recinto: gli spiega che quel giorno padre Felice, capo dei cappuccini del lazzaretto, porterà a fare la quarantena altrove i pochi guariti dalla peste, che adesso si stanno radunando presso la chiesa per uscire in processione dalla porta da dove il giovane è entrato. Perciò il giovane dovrà avvicinarsi e guardare se, per grazia di Dio, Lucia si trovi tra i guariti della processione. Se non dovesse esserci, Renzo dovrà allora.recarsi al quartiere delle donne (che il frate gli indica) che è protetto da uno steccato in parte sconnesso, dove il giovane non avrà difficoltà a introdursi. Una volta dentro, Renzo potrà cercare Lucia in quel luogo nella speranza di trovarla, benché essa sia molto debole (trovare una persona viva al lazzaretto assomiglia piuttosto a un miracolo) e dunque il giovane dovrà essere pronto anche a un sacrificio. Renzo, al pensiero di non trovar viva Lucia, cambia improvvisamente espressione e, con viso stravolto, dice di essere pronto a cercare la ragazza in ogni luogo, ma nel caso in cui non ci fosse più sarà pronto ad uccidere don Rodrigo, nel caso non ci avesse già pensato la peste. A questo punto il frate sembra riprendere l'antico vigore e rimprovera duramente Renzo, e gli ricorda, scuotendolo per il braccio, che solo Dio può giudicare e che quella di Renzo non sarebbe giustizia, ma solo un'inutile vendetta. Lucia,aggiunge, è sicuramente morta, perché Dio non l'avrebbe lasciata in vita per darla in moglie a uno sciagurato che pensa ad uccidere, che coltiva propositi sanguinosi: gli lascia il braccio e gli volta le spalle in modo quasi sprezzante, dicendo che hanno altro da fare che dar retta a lui, incamminandosi verso una capanna di malati. Renzo, costernato, supplica il padre di non lasciarlo in quella maniera.- Ho odiato anch'io: io, che t'ho ripreso per un pensiero, per una parola, l'uomo ch'io odiavo A questo punto Renzo, quasi per scusarsi delle sue cordialmente, che odiavo da gran tempo, io l'ho parole, si dice pronto a perdonare don Rodrigo, ma ucciso. padre Cristoforo fa notare al giovane che tale- Sì, ma un prepotente, uno di quelli... proposito, espresso in quel modo, appare ingenuo e- Zitto! - interruppe il frate: - credi tu che, se ci velleitario. Il frate gli ricorda poi per quale ragione egli fosse una buona ragione, io non

L'avrei trovata in indossa la tonaca e rammenta di aver odiato anche lui trent'anni? Ah! s'io potessi ora metterti in cuore e di aver ucciso l'uomo che odiava: poco conta che si il sentimento che dopo ho avuto sempre, e che trattasse di un nobile altero e prepotente, non ci sono ho ancora, per l'uomo ch'io odiavo! S'io potessi! scuse né giustificazioni per l'omicidio che ha io? ma Dio lo può: Egli lo faccia!... Senti, Renzo: commesso trent'anni prima. Il frate osserva che a lui Egli ti vuol più bene di quel che te ne vuoi tu: tu non è stato concesso ravvedersi prima di compiere hai potuto macchinar la vendetta; ma Egli ha quell'atto sanguinoso, ma Renzo può farlo e Dio gli abbastanza forza e abbastanza misericordia per concede una possibilità che forse non merita, ma che impedirtela; ti fa una grazia di cui qualchedun deve cogliere per evitare di perdersi con propositi altro era troppo indegno. Tu sai,

tu l'hai detto vendicativi, che saranno certamente colpiti presto otante volte, ch'egli può fermar la mano d'un tardi dal c
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Publisher
A.A. 2019-2020
21 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elyballerina di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Navone Matteo.