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MANZONI
VITA
Nasce a Milano nel 1785 da Giulia Beccaria e Pietro Manzoni ma in realtà era
figlio del più giovane dei fratelli Verri. Fin da piccolo lo mandano nei collegi dei
barnabiti; l’avversione verso i personaggi religiosi nasce da questo punto.
Nel 1805 va a Parigi da sua madre con Carlo Imbonati; nello stesso anno Carlo
imbonati muore e scrive l’ode.
1810 si ha la conversione (a 25 anni) che ha molto a che fare con la morte, il
post morte. Torna a Milano con la madre che comincia ad avere anche lei delle
crisi religiosi e sceglie al figlio una moglie molto timorata di Dio, Enrichetta,
calvinista che si converte. Soffriva di agorafobia, aveva paura della pioggia e di
parlare con le persone sconosciute, cosa che lo portava a balbettare.
1812-15 scrive gli inni sacri.
Negli anni 20-21 non partecipa agli avvenimenti patriottici.
Nel 1827 diventa una figura pubblica, a suo malgrado, perché scrive la seconda
stesura del fermo e Lucia.
Nel 1833 muore la moglie Enrichetta e una decina di anni dopo sposa Teresa
Stampa. Diventa senatore del regno e presidente della commissione
parlamentare sulla lingua.
Nel 1873 muore cadendo dalle scale di una chiesa, rompendosi un femore.
OPERE
Abbiamo opere prima e dopo la conversione.
PRIMA DELLA CONVERSIONE
Prima della conversione abbiamo opere classiciste dove i modelli sono quelli di
Monti, Parini, parzialmente Foscolo.
Nel 1801 scrive Il trionfo della libertà, una visione allegorica in terzine di
Monti.
Nel 1801 abbiamo anche l’Adda dedicato a Monti.
Nel 1805 scrive L’ode In morte di Carlo imbonati dove immagina che lui gli
appaia in sogno e gli dia dei consigli di vita.
Nel 1809 Urania, poemetto sul valore civilizzatore della poesia. “A
partenide” risponde a Baggesen, poeta danese, e si scusa di non poter
tradurre la sua opera “Partheneis”.
DOPO LA CONVERSIONE
Nel 1810 si converte.
La prima opera scritta dopo la conversione si ha nel 1812-15 “Inni sacri” dove
i modelli sono sempre Parini e Monti, ma rifiuta il modello mitologico e inizia la
sua adesione al vero. Il progetto era di 12 inni ma ne scrive solo 4: la
resurrezione, il natale, il nome di Maria, la passione.
In tutti gli inni segue un programma specifico: enuncia il tema, ne parla e fa un
commento morale alla fine. Nel 1822 scrive La Pentecoste, considerato uno
degli inni sacri ma scritto durante il Fermo e Lucia. Di questa ne farà molte
stesure e ha uno schema diverso rispetto agli altri Inni perché mette da parte i
motivi teologici e si preoccupa della rivoluzione che lo spirito santo ha fatto
scendendo tra il popolo e finisce con un’invocazione a tornare.
Nel 1821 abbiamo il 5 maggio, i cori tragene, marzo 1821.
In particolare Marzo 1821 viene pubblicata nel 1848, quando i moti sono finiti.
Il 5 maggio è dedicato alla morte di Napoleone ed è molto simile al “Coro di
Ermengarda” contenuto nell’Adelchi. In quest’opera siamo usciti dal periodo
classicista e Napoleone non viene paragonato a nessuna divinità.
Tragedie : Conte di Carmagnola e l’Adelchi.
Si ha la rottura delle unità aristoteliche perché sono tragedie storiche.
Il Conte di Carmagnola è una storia ambientata nel ‘400 dove il protagonista
viene accusato di tradimento per aver appoggiato i veneziani e quindi aver
tradito i milanesi.
Tempo prima aveva pubblicato “I materiali estetici” dove nella prefazione
racchiude il suo pensiero sulle tragedie. Altra novità è l’introduzione dei cori,
facendone un uso diverso da quello greco; mentre quello greco suggeriva al
pubblico come sentirsi (Catartico), Manzoni si ritaglia uno spazio per se ed
esprimere i suoi pensieri.
Dalle tragedie nasce il tema degli umili e il problema del male, quando
qualcuno viene accusato ingiustamente per qualcosa che non ha commesso, e
il vero.
Osservazioni sulla morale cattolica (1819): Sismondi aveva scritto “Storia
delle repubbliche italiane nel medioevo” dove secondo lui la morale cattolica
ha corrotto il costume italico perché con l’ingresso del cattolicesimo l’impero
romano è caduto; Manzoni dice che i romani non erano un modello di virtù ma
un popolo di violenti. Da qua nasce l’interesse verso il medioevo cristiano.
Cerca di analizzare il male andando a vedere il vero attraverso gli umili. Nel
1821-23 scrive il Fermo e Lucia, lo manda a Visconti che gli suggerisce di
tagliare la storia. Nell’edizione del ‘27 si ha anche il cambiamento della lingua.
Con il ‘40 perde tantissimi soldi perché la maggior parte delle persone avevano
letto l’edizione del 27.
La colonna infame si ha nella prima edizione, la toglie nel 27 e la rimette nel
40. Questa è il vero finale dei promessi sposi. Manzoni commenta e invita il
lettore a farlo con lui. Nella colonna infame vengono processati due popolani
perché una signora li accusa ingiustamente; sotto tortura gli viene fatto
confessare che sono untori e vengono considerati colpevoli. Don Gaetano di
Padiglia, accusato dai popolani, viene considerato innocente. Per Manzoni non
si possono accusare i popolari senza il mandante; ai popolani serviva un capro
espiatorio. Alla fine della storia viene costruita una colonna. Qui c’è la fine
perché Renzo e Lucia non possono dare una morale ai promessi sposi.
Dopo i promessi sposi scrive nel 1850 “del romanzo storico” dove condanna
il romanzo storico per l’inconciliabilità tra il vero storico e il verosimile. Rinnega
il romanzo storico ma non i promessi sposi.
Scrivi due inni religiosi “Ogni santi” e “Natale 33”.
Sentir Messa (1834) dove si pone il problema dell’uso della parola sentire e
udire.
Trattato dell’invenzione (1850) che viene dalle riflessioni sull’amicizia con
Rosmini, un abate.
DAL FERMO E LUCIA AI PROMESSI SPOSI
La prima produzione di Manzoni è molto vicina al gusto neoclassico: versi,
linguaggio aulico, vicino alla retorica tradizionale, poesia caratterizzata da
richiami alla mitologia.
Ben presto però Manzoni si rende conto che questo tipo di produzione si
andava esaurendo quindi ebbe l’esigenza di cercare una nuova retorica. A
favorire questo elemento fu la sua conversione religiosa. Segna la scoperta
della storia da parte dell’autore e il passaggio dal neoclassicismo al
romanticismo.
Manzoni si era avvicinato alla storia già nel periodo giovanile, aveva letto le
opere del Vico, Rousseau, Sismondi e matura una visione della storia
pessimistica, ma dall’altra parte vede un riscatto, dare agli eventi storici un
significato, la grazia e la provvidenza agiscono sulla storia. L’attenzione si
sposta verso le classi degli umili che trovano un riscatto alla loro condizione di
svantaggio. Questo mutamento deve avvenire attraverso un processo graduale
così da creare una società in cui tutti vivono in armonia.
I romani ora vengono visti come un popolo violento ed oppressore da parte di
Manzoni, che ora vede in modo positivo il medioevo cristiano per la sua
sensibilità spirituale è molto vicino al romanticismo. Questo è la fonte della
civiltà moderna. Si ha un rifiuto della concezione eroica della storia, che celebri
solo i grandi personaggi ed avvenimenti politici, e si avvicini ai vinti.
Si ha una nuova concezione della letteratura. Non può essere evasiva, rifugiarsi
in un mondo fantastico, ma deve essere capace di guardare il vero, la tragicità
e la sofferenza ed essere utile, divulgare pensieri civili.
lettera al d’Azeglio
Nella del 1823 dice che la letteratura deve avere:
L’utile per scopo, ovvero funzione educativa.
Vero per soggetto, rifiuto di forme artificiose e false.
Interessante per mezzo, argomenti aderenti alla coscienza
contemporanea e all’esperienza quotidiana.
Per Manzoni si hanno delle importanti novità: il rifiuto delle regole
aristoteliche e la scelta della tragedia storica che emergono particolarmente
lettre a M. Chauvet prefazione del conte di Carmagnola.
nella e la La scelta
classicheggiante tendeva a portare i personaggi in un mondo fantastico e ad
attenersi alle regole aristoteliche: azioni in una sola giornata, non vi erano
mutamenti di scena e non vi era un intreccio di più azioni che si svolgevano
parallelamente.
lettre a M. Chauvet
Nella scrive che lui non vuole inventare dei fatti, ma il
vero, ciò che gli uomini hanno sentito, mantenersi fedeli al racconto storico. Ciò
che distingue il poeta dallo storico è che lo storico rappresenta la storia nella
sua fredda e razionale sequenza di eventi; il compito del poeta è quello di
indagare i sentimenti e le sofferenza delle persone vissute in quella
determinata epoca. Soltanto la libertà dalle regole aristoteliche poteva
permettere di rappresentare il vero. Non si doveva alterare la realtà ma doveva
essere sempre una letteratura aderente al vero quindi un rifiuto al romanzesco.
prefazione
Nella spiega il suo programma di rinnovamento: scelta del romanzo
storico e ribadisce il rifiuto delle regole aristoteliche.
Il conte di Carmagnola: 400, protagonista Francesco bissone (?), che tradisce
Venezia per Milano. Accusato di tradimento viene attirato a Venezia con un
inganno e ucciso.
Manzoni sceglie il romanzo perché si rende conto che è quello più adatto a
realizzare i principi fondamentali della letteratura esposti da lui, inoltre la
lettura di Ivanhoe avvalora questa tesi.
Il vero storico doveva essere raggiunto attraverso un’accurata documentazione
storica.
Ci sono tre redazioni dei promessi sposi:
1821-24: fermo e lucia
1827: ventisettana
1840: quarantana
Ad ognuna di queste edizioni ci sono delle introduzioni:
La prima viene composta dopo i primi capitoli del fermo e Lucia (aprile 1821).
La seconda nel settembre 1823.
La terza nel 1840.
Qui presente la sua opera; nelle ultime due si sofferma sugli elementi
linguistici. Nell’introduzione al fermo e Lucia dice che la storia è dominata dal
male, critica gli storici del passato che si sono interessati solo dei grandi. Ci
sarà un confronto continuo tra macrostoria e microstoria. Il 600 viene visto
come epoca rappresentativa del contemporaneo.
Nell’introduzione si ha:
Espediente del manoscritto.
Umili.
Problematicità della convivenza tra storia e invenzione.
Funzione educativa.
Differenza tra le edizioni
Fermo e Lucia
1821-24.
Quattro temi e 37 capitoli.
Elementi romanzeschi e neri.