Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO
Ogni contratto deve essere interpretato, ossia sottoposta ad un procedimento di
interpretazione regolato dagli articoli 1362-1371 che consente di comprendere la
volontà delle parti, il loro regolamento di interessi, nel rispetto della buona fede oggettiva.
Interpretazione soggettiva del contratto: interpretazione secondo la comune
intenzione delle parti
L’articolo 1362 prevede che nell’interpretazione del contratto si deve indagare quale sia
stata la comune intenzione delle parti: a tal fine non ci si può limitare al senso letterale
delle parole, ma bisogna determinare la comune intenzione delle parti valutando il loro
comportamento complessivo, anche successivo alla conclusione del contratto.
Ex articolo 1363 le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre,
attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto: Ciò vuol dire che
dapprima bisogna capire il significato della singola clausola e poi bisogna inserirla
nell’insieme contrattuale.
Ex articolo 1364 le espressioni generali vanno riferite solo agli oggetti sui quali le parti si
sono proposte di contrarre.
Ex articolo 1365 le indicazioni esemplificative non escludono di casi non espressi, ai
quali, secondo ragione, può estendersi lo stesso patto.
Interpretazione oggettiva del contratto: interpretazione del regolamento di interessi
attraverso criteri oggettivi
Ex articolo 1367 nel dubbio, il contratto le singole clausole devono interpretarsi nel senso
in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello in cui non ne avrebbero alcuno: si
tratta del principio di conservazione dell’atto.
Ex articolo 1368, se nonostante l’applicazione del principio di conservazione, le clausole
dovessero continuare ad essere ambigue, le clausole ambigue si interpretano secondo ciò
che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso. Nei
contratti in cui una delle parti è un imprenditore, Le clausole ambigue si interpretano
secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui ha sede l’impresa.
Ex articolo 1369 in caso di espressioni polivalenti, queste devono essere interpretate nel
senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto.
Ex articolo 1370 ed ex articolo 35, comma due del codice del consumo, le condizioni
generali di contratto e contratti tra professionista consumatore devono essere
interpretati in maniera più favorevole rispettivamente all’aderente ed al consumatore.
Ex articolo 1371 in presenza di dubbi residui non sciolti dai criteri suddetti, il contratto
deve essere interpretato nel senso meno gravoso per l’obbligato se è a titolo gratuito;
nel senso che realizzi il contemperamento delle parti se è a titolo oneroso.
Interpretazione del contratto secondo buona fede
L’articolo 1366 è la regola che conclude sempre l’interpretazione di un contratto, a
prescindere dalla sussistenza di qualche dubbio. Si noti dunque che una regola
diversa da quella finale di interpretazione prevista all’articolo 1371, che si segue solo
quando, pur avendo utilizzato tutti i criteri interpretativi, il contratto resti oscuro.
L’interpretazione del contratto secondo buona fede serve a bilanciare gli interessi di
ciascuna parte che avrebbe dovuto perseguire sin dall’origine nel rispetto del canone di
correttezza e del legittimo affidamento della controparte.
LA PRESUPPOSIZIONE
La presupposizione non è specificamente regolata nel nostro ordinamento. Il problema
sorge quando le parti non richiamano esplicitamente nell’accordo una circostanza
dalla quale, alla luce dell’interpretazione dell’atto, specie utilizzando il canone della buona
fede oggettiva, dipende il senso pratico dell’affare, ma dopo si scopre che questa
circostanza non è mai esistita oppure viene a mancare successivamente.
Ora, quando si parla di presupposizione, si fa riferimento a qualcosa di non espresso nel
contratto: bisogna allora valutare se l’accordo ha bisogno quell’elemento presupposto
per poter avere un significato accettabile e coerente con una corretta distribuzione
del rischio contrattuale, escludendo ingiustificate posizioni di squilibrio tra le parti.
Bisogna cioè valutare se elementi oggettivi ed il contenuto stesso dell’affare permettono di
dire, alla luce della buona fede oggettiva, che l’affare può avere un senso
obiettivamente accettabile ed è coerente con una distribuzione del rischio contrattuale solo
se sussiste quella circostanza presupposta. Se così è, nonostante che tale circostanza
non sia stata esplicitata nel contratto, ne diventa parte fondante.
Può succedere tuttavia, che la circostanza presupposta non sia mai esistita (difetto
originario) oppure che sia venuta meno successivamente (difetto sopravvenuto). Nel
primo caso la presupposizione serve a verificare che il contratto possa a priori funzionare
in modo corretto rispetto ad una distribuzione adeguata del rischio dell’affare: se così non
dovesse essere. il contratto sarà nullo.
Nel secondo caso invece il contratto si potrà sciogliere attraverso la sua risoluzione.
I CONTRATTI DEI CONSUMATORI (PAG. 383-395)
IL CODICE DEL CONSUMO
In linea con la politica dell’Unione Europea(avviata nel 1992 con un’intero titolo del trattato
di Maastricht), Anche il legislatore italiano ha introdotto nel nostro ordinamento diversi
istituti e regole a tutela del consumatore.
Poi 2005, Con il decreto legislativo n. 206 È stato emanato il codice del consumo, Ossia il
testo unico contenente il complesso delle disposizioni a tutela del consumatore emanate
prima del 2005.
Il codice del consumo si compone di cinque parti. Nelle disposizioni generali si enunciano:
obiettivi del codice, diritti del consumatore, alcune definizioni principali.
Nella seconda parte si parla delle pratiche commerciali, della pubblicità, Delle altre
comunicazioni commerciali. Poi con il decreto legislativo 146 del 2007(attuazione della
direttiva 29 del 2005 sulle pratiche commerciali scorrette), il titolo terzo della seconda
parte È stato sostituito con tre capi relativi alle disposizioni generali, alle pratiche
commerciali scorrette, All’applicazione.
La terza parte è il cuore del codice, perché regola il rapporto di consumo: nel primo titolo
sono presenti le norme sulle clausole vessatorie, all’interno dei contratti del consumatore
in generale; seguono poi i titoli sull’esercizio dell’attività commerciale, sulle modalità
contrattuali, Sulle disposizioni relative ai singoli contratti.
La quarta parte del codice È dedicata alla sicurezza e qualità; contiene la disciplina sulla
responsabilità del produttore, ossia la garanzia legale di conformità nelle garanzie
commerciali per i beni di consumo.
L’ultima parte del codice si riferisce alle associazioni dei consumatori E all’accesso alla
giustizia.
LA NOZIONE DI CONSUMATORE O UTENTE
L’articolo 3, lettera a, del codice del consumo definisce il consumatore o utente come la
persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale
eventualmente svolta. Ne deriva che chiunque può essere consumatore o utente se, per
uno scopo estraneo alla sua attività imprenditoriale o professionale, si procura beni o
Servizi da un imprenditore o da un fornitore oda un professionista.
Professionista è infatti la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria
attività imprenditoriale o professionale, ovvero un suo intermediario, Ai sensi dell’articolo
tre, C.
Sulle suddette nozioni la dottrina ha discusso le seguenti questioni:
-il codice del consumo, individuando come consumatore la sola persona fisica, lascia prive
di tutela le persone giuridiche, Come gli enti non profit.
-siccome nel codice del consumo si parla di scopo estraneo all’attività imprenditoriale o
professionale eventualmente svolta, per poter considerare il soggetto consumatore, È
necessario che concluda un contratto che niente ha a che fare con un atto della
professione oppure dell’impresa, Perché altrimenti vuol dire che non c’è bisogno di
proteggere il soggetto Dalle asimmetrie informative(Questa infatti è la ratio della tutela dei
consumatori). Così ad esempio se un medico acquista un computer, siccome potrà
avvalersene sia per scopi privati che per il suo studio medico, con questa soluzione della
dottrina non può residuare alcun dubbio: il medico non può essere considerato
consumatore.
LE CLAUSOLE VESSATORIE
Gli articoli 33 e seguenti del codice del consumo hanno recepito le disposizioni in
precedenza collocate negli articoli 1469 bis e seguenti del codice civile. Queste
norme introducono un controllo sostanziale sul contenuto dei contratti del
consumatore.
Oggi il nuovo articolo 1469 bis del codice civile prevede che al contratto del consumatore
si applichino norme sui contratti in generale, purché non derogate dal codice del consumo,
nonché altre disposizioni più favorevoli per il consumatore; invece l’attuale articolo 38 del
codice del consumo stabilisce che per quanto non previsto dal codice del consumo, Ai
contratti conclusi tra il consumatore e del professionista si applicano le disposizioni del
codice civile.
La disciplina delle clausole vessatorie si applica a tutti i contratti conclusi tra un
consumatore o utente da un lato ed un professionista imprenditore dall’altro.
Ma che cosa sono le clausole vessatorie? La direttiva numero 93 del 2013 parla di
clausole abusive. In base all’articolo 33, comma uno, Codice del consumo, sono
vessatorie(oppure abusive) le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico
del consumatore un significativo squilibrio dei diritti E degli obblighi derivanti dal contratto.
E’ dunque necessario che tale squilibrio contrasti con la buona fede oggettiva. In
conclusione sono clausole vessatorie quelle che, in contrasto con la buona fede oggettiva,
risultano significativamente squilibrate a carico del consumatore. Non si parla di squilibrio
economico, Ma di squilibrio normativo, Quindi per valutare se le clausole sono vessatorie,
Bisogna operare un controllo Sulla giustizia normativa del contenuto contrattuale.
Non sono vessatorie nè le clausole che siano state oggetto di trattativa individuale, perché
in questo caso vuol dire che il consumatore ha partecipato attivamente alla formazione del
contenuto contrattuale;né sono vessatoria le clausole che riproducono disposizioni di
legge oppure attuano principi di convenzioni internazionali stipulate da tutti gli Stati membri
dell’unione europea.
La presunzione di vessatorietà
Nell’articolo 33, comma secondo è previsto un e