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L’osservatore
Il tirocinio e l’addestramento permanente sono elementi
irrinunciabili dell’esperienza dell’osservatore, che si rende
disponibile ad una formazione continua e mai conclusa
all’attenzione e all’ ascolto. Per rendere l’idea della fatica del
tirocinio e dell’addestramento riprendiamo le parole di Italo
Calvino nel racconto della serie “Il mondo guarda il mondo”.
Il signor Palomar è alla ricerca di ciò che significa analizzare e
ricercare scientificamente, nell’intento di ricostruire e sentirsi parte
di quella che definisce “armonia cosmica”. L’ esplorazione di
Calvino intorno al senso dell’osservazione si spiega attraverso i
tentativi del suo personaggio di capire come poter realizzare
un’osservazione efficace e il più possibile veritiera e funzionale al
suo “stare al mondo”.
La principale attività di Palomar sarà di “guardare le cose dal di
fuori”: egli sceglie di osservare oggetti e soggetti che riempiono il
suo ambiente. Calvino avverte che il suo protagonista non ha le
caratteristiche generalmente attribuite all’osservatore. Un pò miope
e distratto, Palomar rimane affascinato e coinvolto dai particolari.
L’esperienza del coinvolgimento mi sembra molto legata al concetto
di distrazione.
Così il nostro personaggio inizia a sperimentare quale possa essere
il modo migliore di osservare. Egli decide che il presupposto di base
sia quello di non lasciarsi sfuggire questi richiami che gli arrivano
dalle cose. Si illude di poter ottenere osservazioni soddisfacenti
attraverso il rispetto di queste regole.
Ma, proseguendo nel suo intento, Palomar non riesce a
comprendere se le cose debbano essere sere guardate dal di fuori o
dal di dentro. Scopre di far parte anche lui del mondo osservato.
Palomar si rende conto di come questa nuova consapevolezza possa
aiutarlo a capire meglio la realtà che lo circonda. Il personaggio di
Calvino intuisce che le uniche chiavi di lettura del mondo sono la
pazienza e l’attenzione per l’impercettibile e l’inimmaginabile.
La presenza dell’osservatore è fonte di stimolazione per l’oggetto
osservato.
Il metodo dell’osservazione diretta è il risultato dell’interazione tra il
soggetto (osservatore) e l’oggetto (osservato).
Maria Grazia Musso, introduce la figura dell’osserv-attore. Il vero
abitante della realtà sociale è l’osserv-attore, una figura complessa
e ibrida in cui la soggettività si esprime mediante la sintesi
osservativa con cui costruisce la propria realtà sociale e da cui la
stessa ruolizzazione è filtrata ed elaborata. È possibile considerare
l’osserv-attore come un soggetto autonomo che agisce ma che allo
stesso tempo ne è il prodotto in continua trasformazione. Ogni
osserv-attore producendo la realtà interviene attivamente su essa,
contaminandola.
L’osservazione diretta è uno strumento di ricerca ed analisi, ma
anche un cammino di formazione e crescita personale. E’ uno stile
di vita e di approccio all’altro che permette di calibrare interventi ed
azioni alla ricerca di equilibri o squilibri più fecondi nel rapporto fra
il sé e l’altro, fra l’esperienza e la conoscenza.
Sulla”sosta” dalla cura.
Il laboratorio didattico rivolto agli assistenti sociali
Il modulo formativo
La sperimentazione della metodologia dell’osservazione diretta
di Francesco Scotti nella formazione rivolta alle professioni di
cura è uno dei pilastri portanti della proposta formativa del Centro
studi per la ricerca psicoanalitica ed educativa “Apeiron”. Il Centro
nasce a Roma nel 1990 e svolge la propria attività di ricerca e
studio prevalentemente nel settore educativo e rieducativo pubblico
e privato. La metodologia dell’osservazione diretta è oggetto di
percorsi ad hoc.
Al Centro studi Apeiron sono stati richiesti, negli anni, contributi
specifici all’aggiornamento professionale di docenti, dirigenti
scolastici, assistenti sociali, educatori ed in generale operatori del
comparto socio-assistenziale. Le riflessioni che seguono nascono
dalle esperienze realizzate a Messina, dove sono stati proposti corsi
di aggiornamento e specializzazione per operatori dei servizi
socio-assistenziali.
Nel 2005 e nel 2006 la Scuola siciliana di servizio sociale di Messina
ha inserito nella propria offerta formativa due percorsi seminariali
sull’osservazione diretta un utile strumento per la formazione la
Pratica professionale dell’ ‘operatore socio-assistenzianle. Il primo
intitolato “Il metodo dell’osservazione e l’ascolto nelle relazioni
interculturali”, e il secondo intitolato “Osservazione e relazione”
sono stati realizzati grazie alla collaborazione tra la facoltà di
scienze politiche e l’associazione Apeiron. Durante la seconda
esperienza ha preso avvio una riflessione su una possibile
contaminazione tra questi due metodi nella ricerca sociale, è stato
questo percorso che ha iniziato a farci riflettere sulla possibilità
concreta di utilizzo del metodo in questione nello studio dei
fenomeni sociali.
Negli anni accademici 2006/2008 l’Università di Messina ha previsto
due moduli formativi da otto e sei crediti, nell’ambito del corso di
laurea magistrale in Servizio sociale della Facoltà di Scienze
politiche. L’esperienza didattica all’interno di un corso di studi
universitari ha rafforzato e sostenuto la riflessione che nell’iter di
specializzazione dell’assistente sociale la pratica dell’osservazione
diretta possa contribuire a valorizzare l’esperienza individuale degli
studenti e delle studentesse ad avviare un processo di
autoconsapevolezza a diversi livelli. Ogni modulo è stato
organizzato rispettando le indicazioni ministeriali sui crediti
liberi/obbligatori e ha coinvolto in tutto circa sessanta studenti
iscritti al corso di laurea magistrale in Servizio sociale.
Le lezioni sono state condotte dalla professoressa Cammarota con il
supporto competente di alcuni degli esperti dell’associazione
Apeiron:
fin dall’inizio il percorso di formazione è stato accompagnato da
• eventi pubblici.
Gli studenti che hanno seguito il corso di lezioni appartenevano al
primo e al secondo anno del corso di laurea magistrale in Servizio
sociale. Dopo un primo momento di disorientamento ogni
partecipante ha lasciato spazio a un atteggiamento di riflessione e
curiosità. Ogni corsista ha avuto modo di scoprire un proprio modo
di osservare, un proprio stile di scrittura ma anche un proprio modo
di essere assistente sociale. Molti dei partecipanti avevano già
esperienze di lavoro in corso.
Ogni tirocinante viene invitato a ricercare, valutare e poi scegliere
con attenzione il setting di riferimento in cui ritiene di poter avviare
e portare a termine l’intero ciclo di tirocinio. In molti casi sono stati
gli stessi studenti a decidere lo spazio e il gruppo da osservare.
Sono stati osservati per lo più contesti scolastici e parrocchiali,
gruppi giovanili e servizi rivolti alla disabilità mentale e agli
immigrati.
L’importanza della relazione nel servizio sociale
L’assistente sociale riveste un ruolo fondamentale nelle strategie di
attuazione delle politiche sociali. La transizione dal modello del
“welfare mix” a quello del welfare societario; assegna
un’importanza decisiva alla relazione di reciprocità tra i soggetti e il
contesto: ogni attore sociale è stimolato alla responsabilizzazione e
all’autonomia. Di fronte all’accelerato sfaldamento del welfare state
si presta sempre più attenzione a diffondere azioni di community
care che il professionista del sociale dovrebbe essere
adeguatamente equipaggiato a sostenere il consolidamento dei
legami informali che costituiscono la rete sociale di un territorio.
Viene introdotto un concetto di benessere che lo identifica come la
relazione stessa:
«il benessere è una relazione sociale caratterizzato dalla
• presenza di più aspetti tra loro relati».
La complessità e la varietà delle relazioni che innervano il mondo
vitale dell’utente identifica nell’ assistente sociale una figura
professionale polivalente, impegnata in diverse. Una figura quindi a
cui si richiede una formazione ad ampio raggio.
Per rispondere alle cosiddette “nuove povertà” queste figure
professionali dovrebbero sempre più potere e sapere coniugare le
due categorie weberiane che tra loro sembrano allontanarsi ma che
occorre integrare sapientemente:
l’agire “razionale rispetto allo scopo” e “l’agire affettivo”,
• l’intervento sociale degli operatori del settore sarà quello di guida
relazionale, in cui l’operatore sociale dovrà cedere il proprio
potere derivante dal ruolo professionale per promuovere
l’autogestione relazionale dell’utente.
In quest’ottica la relazione sociale è «effetto emergente
dell’intreccio tra azioni che si orientano simbolicamente l’una
all’altra reciprocamente e si connettono strutturalmente. Fra gli
elementi di riflessione emersi dal confronto con i partecipanti
verranno presentati tre temi particolarmente significativi: la cura, la
comprensione, la responsabilità.
La marginalità e il limen nella cura
Alex Honneth scorge nella categoria heideggeriana della cura «un
momento di partecipazione affettiva che viene trascurato dalla tesi
secondo cui, la cura non si può ridurre ad una semplice attenzione
contemplativa rivolta all’oggetto-soggetto. Essa richiede la capacità
di sostare oltre le apparenze della realtà, riuscendo a coglierne le
sfumature senza però ridurle, nella necessità di classificare e
semplificare, a categorie fittizie.
Agire una relazione di cura significa apprendere come sopportare il
silenzio dell’altro, come gestire la lentezza del cambiamento e come
sostenere l’incertezza che deriva dalla trasformazione delle diverse
biografie in gioco:
è importante la capacità dell’operatore sociale di gestire le
• proprie emozioni in maniera costruttiva in funzione del proprio
benessere e di quello dell’interlocutore.
Dai percorsi didattici sull’osservazione diretta ci si è resi conto a
conclusione del primo anno di laboratorio che tutte le considerazioni
e le suggestioni affiorate dai diversi incontri potevano essere
ricondotte ad un elemento comune: la difficoltà a &l