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CORTONA.
Il primo intervento decorativo interessò solo le tele degli altari che, per volere di Filippo Neri, dovevano
rappresentare i misteri della Madonna , e sempre per volere di quest’ultimo, la volta della navata doveva
restare bianca e spoglia. I Filippini non crearono figure di carattere divulgativo (si privilegiava la
comunicazione orale), al contrario dei Gesuiti che le usavano come strumento di insegnamento religioso,
ma erano comunque interessati ad accogliere la ricchezza espressiva dei pittori chiamati a decorare le
cappelle della Chiesa Nuova.
Una lettura dell’affresco di Pietro da Cortona nella volta della Chiesa contribuisce a individuare lo sviluppo
dell’attività e della cultura dei Filippini. Il dipinto rappresenta il miracolo avvenuto durante la costruzione
della Chiesa, quando Filippo Neri, in sogno, vide la Vergine che sosteneva una trave pericolante del vecchio
tetto. In esso fa da sfondo la bianca struttura dell’edificio in costruzione, mentre un alto coro angelico fa
corona alla Vergine. Nella zona inferiore gli astanti sono sgomenti, mentre San Filippo apre le braccia in
atteggiamento orante. Non è improbabile che nella scelta di questo tema i preti dell’Oratorio volessero
alludere al loro programma di riforma della Chiesa cattolica: l’edificio della vecchia chiesa, ormai
pericolante, viene demolito per lasciare spazio alla nuova costruzione, sorta grazie all’adoperarsi dei
Filippini. I mastri si affannano per la costruzione, mentre San Filippo invoca la Vergine affinché sorregga
l’edificio. Edificazione e orazione sono dunque congiunte in un nuovo programma religioso e culturale.
Confrontando questo affresco con le note decorazioni realizzate dai Gesuiti nelle più importanti chiese
romane della Compagnia risulta evidente la differenza di orientamento della due congregazioni: se i
religiosi della Compagnia dei Gesuiti fondavano la comunicazione del loro programma attraverso visioni
immaginifiche (cfr. monogramma di Cristo che trionfa nel cielo e sconfigge gli angeli ribelli nella Chiesa del
Gesù), i Filippini, non volendo esorcizzare le contraddizioni e le ambiguità della vita quotidiana, non
tendevano all’immaginazione/trascendenza ma si immergevano nella realtà/immanenza per promuovere
una condizione più accettabile all’uomo.
Tra i pittori intervenuti, quello che sembra riprendere di più la cultura dell’Oratorio, è DURANTE ALBERTI
che dipinse, per la Cappella della Natività, l’Adorazione dei pastori (1580), Chiesa Nuova, Roma:[fig.5] al
centro la Vergine viene messa in risalto dalla luce, che colpisce l’incarnato e la veste e ne evidenzia il
significato simbolico della Madre-Chiesa. Essa sostiene il Figlio mostrandolo agli astanti come un simbolo di
salvezza. Il significato è reso più esplicito dall’agnello posto ai piedi della culla che, con le zampe legate,
ricorda il sacrificio di Cristo. Attorno si dispongono i pastori in adorazione. Come nelle altre cappelle, gli
stucchi della volta riprendono i simboli relativi al soggetto della pala d’altare. Infatti, nella rappresentazione
della Trinità, il Cristo è indicato da un agnello che reca lo stendardo della Resurrezione, quasi a confermare
il significato di quello donato dai pastori, segno del sacrificio pasquale.
Nella conca absidale i 3 riquadri sono affrescati da CRISTOFORO RONCALLI (meglio conosciuto come IL
POMARANCIO) con le figure di 3 martiri: Santa Agnese con l’agnello, Santa Caterina d’Alessandria che
volge lo sguardo al cielo, e Santa Cecilia riconoscibile dalle canne d’organo. La Cappella fu decorata a spese
del CARDINALE SILVIO ANTONIANO, autorevole personaggio della Riforma Cattolica che la fece terminare
nel 1601.
Nella Cappella attigua a quella della Natività, vi è l’Adorazione dei Magi (1578)[fig.6]: dipinta da CESARE
NEBBIA, che essendo allievo di GIROLAMO MUZIANO, pose un’impronta lombarda visibile in quest’opera.
Al centro del quadro vi è il Bambino, davanti al pilastro di sostegno del tettuccio di paglia, a dx Maria con
una veste rossa e il manto azzurro; alle sue spalle San Giuseppe che resta in disparte. In primo piano, uno
dei Magi, col mantello giallo, si inginocchia per offrire il dono mentre gli altri si stringono in cerchio attorno
alla capanna. L’influenza di Muziano è nel Re inginocchiato in primo piano e si riscontra nell’ “Ascensione”
[fig.50]nell’omonima cappella. Una decorazione singolare venne realizzata nelle volte delle cappelle laterali
dove il tema dominante riguarda la teologia mariana illustrata da una complessa simbologia, desunta da
fonti bibliche e dagli scritti patristici (è noto che queste tematiche relative alla Vergine avessero anche una
funzione polemica nella controversia con i protestanti).
La CAPPELLA DELL’ANNUNCIAZIONE e DELL’ASSUNZIONE, propongono, su tre fasce decorative, il
complesso programma figurativo teso a documentare la figura di Maria come tramite della salvezza e
immagine della Chiesa. Nella Cappella dell’Annunciazione hanno particolare risalto i temi della verginità di
Maria e dell’incarnazione di Cristo, in collegamento al soggetto della pala d’altare.
La decorazione della Cappella dell’Assunzione illustra gli episodi della vita della Vergine, con riferimenti alle
Storie bibliche. Al centro della volta compare la raffigurazione stilizzata della ‘Madonna della Vallicella’, che
ritorna come motivo costante in tutti gli edifici appartenenti ai Filippini.
II. La Cappella della Pietà alla Chiesa Nuova e i committenti del Caravaggio
Il 13 giugno 1577, a due anni dalla fondazione della nuova chiesa di Santa Maria in Vallicella, PIETRO
VITTRICE, ‘guardarobiere’ di Gregorio XIII e figlio spirituale di Filippo Neri, ottenne l’altare privilegiato per la
sua Cappella dedicata alla Pietà. Nel 1580 convengono con lui per una dote di 1000 scudi; l’atto di
devozione viene stipulato presso il notaio FRANCESCO MORINO l’11 Maggio 1587, stabilendo un censo
annuo di 75 scudi. Nel corso dell’anno seguente il progetto della Chiesa subisce notevoli mutamenti: viene
deciso di sfondare e retrocedere le cappelle laterali per dar luogo a due navate minori.
Il progetto, che si accosta allo schema di San Giovanni dei Fiorentini, è deciso dallo stesso Filippo che vuole
recuperare gli antichi modelli primitivi a pianta basilicale. La nuova CAPPELLA DELLA PIETÀ, fondata nel
1596, fu inizialmente decorata dal Vittrice che però morì nel 1602 senza terminare la decorazione.
I Filippini chiesero così la trasmissione del privilegio ad un altro altare e i mandati in favore di GIOVAN
BATTISTA GUERRA portarono i lavori a protrarsi fino a febbraio. Sembra quindi che il Caravaggio non abbia
ricevuto la commissione del quadro prima del 1602 e il ‘nepote’ di Pietro Vittrice dovette attendere
almeno 5 anni per ottenere la restituzione del vecchio quadro. Il ritardo della restituzione non fu casuale e
il quadro venne trattenuto dai Filippini per accrescere la loro forza contrattuale nei confronti di Girolamo
Vittrice, che non si premura di decorare la Cappella; nel 1609 vincono una vertenza nei confronti di Guerra
che perde ogni diritto e i preti dell’Oratorio decorano la Cappella con l’aiuto di GIACOMO MARERI.
La vicenda mette in luce il ruolo dei Filippini nella decorazione della Chiesa Nuova e conferma l’ipotesi di un
loro diretto intervento nella realizzazione della tela caravaggesca. La “Deposizione” mostra infatti quanto il
Merisi abbia attinto dai filippini.
Appendice
MICHELANGELO MERISI detto IL CARAVAGGIO (Milano 1571 – Porto Ercole 1610). Pietro Vittrice era amico
e devoto di Filippo Neri, che lo aveva guarito da una malattia. Fu assegnatario di una delle cappelle di Santa
Maria in Vallicella, la CAPPELLA DELLA PIETÀ, la seconda di dx. Ottenne, per essa, nel 1577 l’altare
privilegiato per i defunti e fece realizzare un quadro della Pietà con Papa Gregorio XIII in piedi.
Nel 1580 l’oratoriano FRANCESCO MARIA TARUGI concordò con lui una dote da riscuotere dopo la sua
morte. Il nobile, avendo un figlio illegittimo, nominò su erede il nipote GIROLAMO; Pietro morì nel marzo
del 1600. Nel frattempo, a fine 1596, erano iniziati i lavori della nuova cappella a spese della
Congregazione. Nel 1601 Guerra fu pagato per rompere il muro della Cappella della Pietà.
Ma allora, quando fu commissionato il quadro a Caravaggio? I documenti relativi alla costruzione della
nuova cappella non forniscono riferimenti cronologici precisi: sia lo sfondamento del vecchio sacello sia il
trasferimento dell’altare privilegiato non costituiscono un riferimento sicuro per la data di commissione.
Solo il decreto emesso il 1 Settembre 1604 dice che la pala è già stata eseguita, consentendo di assumere
questa data come terminus ante quem. Calvesi ha proposto che la “Deposizione” possa essere la stessa tela
che venne commissionata al pittore nel 1600 da un senese non identificato, forse un certo, FABIO DE
NUTIS, e ha notato come il quadro possa essere collocato perfettamente a fianco dei dipinti di Santa Maria
del Popolo, studiandone le dimensioni.
Talvolta è stato escluso un coinvolgimento dei Filippini nella commissione della pala, indicando in Girolamo
l’unico responsabile ma si sa che i Filippini avevano stabilito una normativa che regolava l’assegnazione
delle cappelle e la loro decorazione scegliendo direttamente gli artisti, dunque non c’è motivo di pensare
che le cose si siano svolte in modo diverso. Il fatto che sia stato Girolamo a pagare il quadro non significa
che la scelta di Caravaggio si debba a una sua autonoma decisione: i Filippini non si fecero sfuggire
l’opportunità di ottenere l’opera di un artista come Caravaggio, molto apprezzato dal pubblico. Come ha
dimostrato Mary Ann Graeve, l’immagine trae alcuni spunti da un’illustrazione a stampa del “Rosario della
Gloriosa Vergine Maria” di ALBERTO CASTELLANO [fig.43], libro caro a Filippo Neri. Oltre alla figura a
braccia aperte, si nota l’affinità nella porta del sepolcro sia nella collocazione a sinistra che nello scorcio
degli stipiti. La tomba di Cristo non corrisponde ad un sarcofago ma a una tipologia poco diffusa, che
sembra tener conto dei dati reali. I preti della Vallicella conoscevano bene la forma del Sepolcro di
Gerusalemme attraverso le note del Baronio (“Annales Ecclesiastici”) sia dal racconto di un loro confratello,
che aveva viaggiato in Terra Santa. Nella pianta la tomba appare divisa in due, come nella pala, e davanti
alla porta del sepolcro è posta la pietra ‘girata d’angolo’. Dunque il rispetto per la realtà storica ha aiutato
la scelta iconografica per l’ambientazione del dipinto. Una possibile fonte per la figura della Vergine, che
forma una croce con il gesto delle braccia, &e