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PETRARCHISMO

L’Italia del Cinquecento è un modello culturale per tutta l’Europa.

Con Carlo V abbiamo in Spagna l’universalismo politico,che determina il cosmopolitismo e, perciò,

i viaggi verso l’Italia e dall’Italia verso la Spagna, implicando l’adozione di modelli culturali nuovi.

Il Marqués de Santillana, in pieno periodo umanistico, tenterà di utilizzare il verso endecasillabo,

ma questo rimarrà soltanto un esperimento, in quanto in Spagna continuava a prevalere il verso

corto (l’endecasillabo era, infatti, estraneo alla lirica spagnola, perché essa si fondava soprattutto

sul verso corto, l’ottosillabo o l’eptasillabo, sulla rendondilla, o sul romance. La grande epica

medievale è tutta basata sul romancero e sull’ottosillabo). Egli è comunque ricordato come il primo

poeta che abbia scritto all’ “italico modo”.

(Marrique scriverà la copla, strofa di 4 versi: la copla de pie quebrado, il cui quarto verso è un

verso bisillabo e crea un’andatura zoppicante. Quebrado: rotto)

La lezione del petrarchismo verrà assimilata solo con i poetae novi (scuola poetica italianista?).

L’adozione di questa nuova metrica comporta qualcosa di più importante, di più radicale. Attorno ai

casi letterari sta anche un profondo mutamento del ruolo sociale che il poeta va assumendo nella

corte, e per conseguenza, nei confronti del suo pubblico. La figura del trovatore, che gira di corte in

corte recitando e componendo i suoi versi poetici, va scomparendo e fa posto a un personaggio di

letterato che è consapevole della sua funzione intellettuale e del privilegio che si conviene a un

umanista, e che, dunque, pur destinato a rimanere al servizio del monarca o del signore (come

sarà, praticamente, fino al romanticismo), comincia a crearsi la coscienza d’una propria autonomia

di produttore di cultura. Scrive con la consapevolezza di essere l’autore della sue esperienza

poetica. Alla base di questa nuova poesia sono quindi il soggettivismo e l’autonomia dell’arte.

È il momento del neoplatonismo. Opere dottrinali, che hanno poco a che vedere coi problemi

della poesia in senso specifico, riescono ad influenzare atteggiamenti e scelte dei poeti, perché

offrono sussidi teorici al loro modo di rappresentare il mondo, avalli spirituali, d’indirizzo insieme

classico e cristiano, alla finzione pagana della loro arcadia. La dottrina di Marsilio Ficino

sull’amore come strumento di perfezione e forma di conoscenza della realtà, diffusa in Spagna

soprattutto attraverso i Dialoghi d’amore di Giuda Abravanel, detto Leone Ebreo (uno spagnolo di

famiglia giudaica, espatriata in Italia dopo l’editto di proscrizione del 1492), si dimostra la più

efficace premessa ideologica alla poesia petrarchista. Tuttavia non bisogna pensare ad un

rapporto di derivazione puntuale. Ma certo, già intorno al ’30 queste idee sono nell’aria ed

esercitano una forte pressione sui nuovi poeti. Più che contenuti o metafore in senso stretto, essi vi

cercano una conferma teorica e, forse, il conforto ad un’ipotesi irrinunciabile: che vi sia un nesso

tra l’esercizio poetico e la conoscenza del mondo, fra la nozione della natura e la percezione di

Dio.

Leone Ebreo considera l’anima un vero e proprio microcosmo. Essa, nel rapporto amante-amata

compie un percorso ascensionale, dal basso verso l’alto, descensus-ascensus, fino a

ricongiungersi a Dio. Questo percorso parte dalla materia e arriva allo spirito. La materia è sempre

fea, è brutta, cioè corruttibile e corrotta, ma contiene sempre l’idea. Quindi nella materia c’è

sempre la presenza di Dio, la presenza dell’idea, dell’idealità. Da questo stadio della materia

corruttibile si può comunque iniziare un percorso descensus-ascensus attraverso la bellezza della

donna nel rapporto amante-amato. La bellezza della donna si legata ai sensi ma contiene l’idea

della bellezza, allora tutto sta nel sapersi staccare e continuare questo percorso. Dalla capacità di

staccarsi dall’amore dei sensi è possibile, quindi, percorrere questo tragitto che è un tragitto non

soltanto verso l’ideale, lo spirito e Dio (amore che unisce la filosofia e il cristianesimo), ma è un

percorso di conoscenza, un percorso gnoseologico.

Senza questo supporto teorico la poesia italianista non sarebbe stata la stessa. Il poeta istaura un

dialogo continuo tra il suo “yo” e la donna amata che media questo viaggio, questo percorso di

conoscenza verso l’idealità.

Negli stessi anni girano per L’Europa non solo trattati e teorizzazioni astratte ma dei veri e propri

manuali di comportamento. Dal 1525 si trova in Spagna un maestro dell’umanesimo italiano,

Baldesar Castiglione, ambasciatore del papa presso Carlo V: la sua influenza sulla formazione di

una cultura rinascimentale spagnola non è meno decisiva di quella dei trattati del Ficino.

Castiglione è autore del Cortegiano che, stampato a Venezia nel 1528, farà il giro della nobiltà

europea e sarà di esempio a cavalieri e poeti fino alla fine del secolo. Qualche anno dopo la sua

morte, avvenuta a Toledo nel 1529, Boscàn redige un’esemplare traduzione in castigliano di

quest’opera.

Castiglione traccia il profilo del perfetto cortigiano, esperto nelle armi e nelle arti, fedele al

monarca e amante della vita.

Che cosa può legare gli eterodossi erasmiani e i poetae novi petrarchisti? Entrambi lavorano su un

progetto comune: il progetto di un impero cristiano, affratellato secondo i principi della pace e

dell’amore.

La Spagna con l’impero di Carlo V raggiunge il massimo della potenza. Al primato politico in tutta

Europa non poteva non corrispondere un primato della lingua nazionale, veicolo di una poesia

colta, una poesia che ora è portatrice di un messaggio che attraverso le teorie dell’amore sta

ipotizzando un soggetto che adesso si considera nella centralità dell’universo il depositario di un

percorso di conoscenza attraverso l’esperienza amorosa. È un messaggio che si apre a tutti

poiché il poeta non è più il menestrello che di corte in corte recitava soltanto di fronte al mecenate,

ma adesso il poeta si fa parte attiva.

Entrambi condividono l’utopia di un impero degli Asburgo come ideale platonico-cristiano di

nazione e sognano di collocarvi i propri sistemi religiosi e linguistico-letterari. Alfonso de Valdés

lavoro all’idea di una forte comunità cristiana sotto l’egida di Carlo V; e il poeta Garcilaso ne

rappresenta, mentre Alfonso scrive, il suddito ideale, il combattente perfetto; Juan de Valdés

propugna per il nuovo stato una lingua matura, senza artifici e senza volgarismi, e la poesia

italianista è l’unica che sia in grado di persuaderci per un attimo che una tale lingua esiste e non è

solo il miraggio di un umanista raffinato. L’ideale neoplatonico, il modulo petrarchista, il concetto

dell’armonia del mondo trovano un riscontro immediato nel sentimento della “nuova Spagna”

perché riflettono, attraverso la metafora e la rappresentazione di mondi illusori, ciò che in esso è

desiderio di pace durevole, ansia di stabilità.

Nello stesso tempo, la nuova metrica si impone anche come forma adatta per eccellenza, alla

rappresentazione del potere del nuovo stato e del suo centralismo culturale. È sintomatico che in

questi anni la più splendente apologia del nome di Carlo V, come portatore di una nuova era di

pace nel mondo, sia pensata in endecasillabi e nella forma del più classico componimento. Si

tratta del sonetto Al rey nuestro senor di Hernando de Acuna, che contiene un verso divenuto

famoso ed emblematico: «un monarca, un imperio y una espada». La struttura poetica ha qui il

valore di una scelta culturale: indica che questa materia non vuol essere cantata, ormai, nell’antivo

“verso castellano” ma esige di collocarsi nell’aurea compostezza delle quartine e delle terzine

petrarchesche.

La perfezione raggiunta con queste forme poetiche, soprattutto con Garcilaso, sarà brevissima.

Questa poesia è anche definita classicista. Questo tipo di poesia viene attaccata violentemente dai

tradizionalisti e, in particolare, da Castillejo: l’accusa di eresia cade sempre in Spagna su tutto ciò

che tende a rimuovere la tradizione . Tuttavia, con i poetae novi la tradizione è presente e lo sarà

anche nel Terzo Petrarchismo e in quel poeta maledetto che è Gongora, ma questa paura

dell’innovazione è sempre presente storicamente in Spagna. Delle due Spagne, la Spagna

tradizionalista, conservatrice vede nella salvaguardia del patrimonio tradizionale l’affermazione

della vera Spagna. La nuova Spagna invece si identifica con la poesia petrarchista; d’altra parte

questa poesia, al di là di queste componenti culturali fortissime e che corrispondono all’estetica

umanistico-rinascimentale, ha un’urgenza che è legata all’affermazione dl castigliano come lingua

nazionale. È il momento del dibattito in Italia sulla lingua nazionale e la poesia italianista è la

rappresentazione in forma poetica di questa lingua nazionale.

Un documento attesta i primi passi della graduale affermazione della poesia italianista in Spagna.

Un giorno un poeta spagnolo, Juan Boscàn Almogaver e un ambasciatore veneto, Andrea

Navagero, si incontrano a Granada, in occasione delle nozze tra Carlo V ed Isabella di Portogallo,

e conversano su comuni problemi di cultura. Il discorso cade sui metri italiani e ad un tratto

Navagero lancia il suo invito a Boscàn: si eserciti anch’egli nell’endecasillabo e nel sonetto, ricalchi

le orme dei migliori poeti italiani. La “sfida” è motivata da tensioni culturali che agitano tutta

l’Europa: sono gli anni in cui Wyatt e Surrey, ad esempio, in Inghilterra fanno le loro prove

sull’endecasillabo italiano, sulla terzina, sul sonetto. E Boscàn accetta. La nuova poesia nasce dal

diletto di questa chiacchierata. Boscàn ricorda l’episodio nella “Carta a la duquesa de Soma”,

destinata ad introdurre la seconda parte delle sue poesie. Il valore della carta è importante: non ha

quasi mai il valore di una lettera vera e propria, ma più assumere il valore di un messaggio

diplomatico, un dibattito culturale su un tema o, come in questo caso, di un vero e proprio

manifesto letterario perché spiega tutto il percorso che lo ha portato ad accettare la sfida d

Navagero.

JUAN BOSCAN ALMOGAVER

Poeta catalano. Nasce nel 1492, muore nel 1542. È allievo di Lucio Marineo Siculo, nostro storico

palermitano. Di famiglia agiata. Le sue opere vengono pubblic

Dettagli
Publisher
A.A. 2009-2010
7 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/05 Letteratura spagnola

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher annalikkia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura spagnola e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Cancelliere Enrica.