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LA LIBERTÀ COME “OGGETTO” DELLA PEDAGOGIA

♦ Un “oggetto” che è un “soggetto”

♦ Libertà come facoltà di agire

♦ Libertà come manifestazione della soggettività

♦ Libertà come responsabilità

Ogni scienza ha un suo oggetto. Qual’è quindi l’oggetto della pedagogia? L’educazione. La pedagogia

infatti è la scienza dell’educazione. L’educazione l’abbiamo identificata come il costituirsi della libertà.

Problema: la libertà non è un oggetto: la libertà esprime una condizione attiva, personale. Nessuno potrà

essere libero al mio posto.

Es: un mio abito lo può indossare anche chi ha la mia stessa taglia, ma se qualcuno dovesse scegliere per

me, in quel momento la mia libertà non verrebbe espressa.

Come si fa ad avere una scienza con un oggetto che non è un oggetto? Una cosa apparentemente

insignificante può avere un significato al punto tale che ci sfugge.

La scienza è una scienza che ha a che fare con la libertà (libertà è quindi il tema della pedagogia, rispetto a

cui il sapere pedagogico elabora, costruisce ecc..). il tema infatti è lo svolgimento, è qualcosa che si

sviluppa, è una condizione in costante divenire. La libertà è legata essenzialmente alla facoltà di agire.

L’educatore deve continuamente incoraggiare l’allievo ad un impegno crescente. L’educazione non deve

mai rassegnarsi a nulla. La rassegnazione è proprio il contrario della libertà. Se riusciamo ad attivare

l’agonismo che implica questo, riusciremo a crescere. Laddove noi ci affidiamo all’apprendimento cognitivo

tutto ciò è più difficile che accada. È molto più facile che noi ci adattiamo ad una divaricazione tra quello

che siamo e quello che vorremmo essere.

L’essere umano esprime la sua originalità attraverso la libertà. Tradizionalmente si dice che l’uomo è

intelligente e si associa all’intelligenza la sua caratteristica peculiare. Non si può, però, affermare che gli

animali manchino di intelligenza. Se, infatti, noi ci riferiamo alla pura e semplice intelligenza difficilmente

possiamo distinguere fra uomo e animale. Dobbiamo quindi riferirci alla libertà in quanto il comportamento

animale è sempre reattivo, sottoposto al bisogno. L’essere umano, oltre che reagire, sa anche agire ed

esprimere la sua condizione a prescindere dal condizionamento del bisogno, o comunque senza farsi

determinare. Noi sappiamo, infatti, contenere e controllare il bisogno (il cibo, per esempio: sentiamo la

pulsione alimentare, come l’animale, ma noi possiamo rinviare la soddisfazione se c’è una motivazione

valide per farlo). La libertà si esprime proprio attraverso la capacità di contenere e guidare il bisogno e, in

questo senso, esprime la nostra soggettività; cioè il fatto che siamo soggetti e non oggetti. La libertà esprime

qualcosa di più complesso della pura e semplice possibilità di scegliere. Noi possiamo trovarci in una

condizione nella quale noi scegliamo, ma qualcuno ci sta usando. La nostra scelta, in questo senso, esprime

un’apparenza di libertà. Quest’ultima richiede che noi siamo attenti a non farci confondere rispetto a forme

caricaturali di libertà. La parola soggetto può esprimere sia la condizione attiva dell’essere umano (io

agisco) che una forte passività (soggetto come sinonimo di dipendente). L’essere umano è portatore di una

strutturale ambiguità. La nostra condizione dipende da noi. Essere umano come entità che sta in mezzo fra il

mondo superiore e interiore, divino e subumano. Pico della Mirandola, esponente del Rinascimento italiano,

dice che l’essere umano può o elevarsi verso il divino o abbassarsi verso ciò che è animalesco e ciò dipende

dalla nostra libertà, dalla nostra intenzione. La soggettività è quindi sempre molto ambigua; può piegare in

direzione positiva o negativa. Quello che esprime si decide da come noi ci muoviamo. La responsabilità è

molto importante. Noi non siamo responsabili per il fatto che siamo consapevoli di quello che facciamo;

questa è una dimensione puramente psicologica che non risponde alla libertà di cui l’essere umano è

portatore. La dimensione etica è superiore a quella psicologica, la comprende. L’assassino, per esempio, è

cosciente di quello che deve fare, ma non per questo è responsabile. La responsabilità non corrisponde

nemmeno alla disposizione di pagare per quello che si fa. Il kamikaze, per esempio, paga il suo gesto

perdendo la vita, ma il suo atto non esprime responsabilità. Quest’ultima sta nel fatto che noi sappiamo

rispondere di quello che facciamo e la risposta è quella che dobbiamo dare alla nostra coscienza morale.

Noi siamo responsabili se accettiamo la sfida di rispondere alla nostra coscienza che ci interpella sul fatto

se quello che noi stiamo per fare è buono o cattivo. Noi ci troviamo sempre esposti all’eventualità di

assecondarci, senza domandaci mai se ciò che stiamo sentendo e a cui stiamo aspirando è buono o cattivo.

Interrogandoci possiamo chiederci se quello che facciamo è razionale o no. Noi abbiamo una domanda da

farci: “Rispetto a quello che voglio fare io mi rapporto a me stesso come se fossi un fine o un mezzo? Un

soggetto o un oggetto?”. Questa domanda non è per niente astratta, ma sappiamo rispondere e giudicare

concretamente se quello che noi vogliamo fare esprime il riconoscimento della dignità della persona in noi

o nell’altro oppure no. Se lo esprime la nostra scelta è buona, se non lo esprime la nostra scelta è cattiva.

La libertà ci mette di fronte ad una condizione impegnativa, ma riconoscendo la quale noi corrispondiamo

quello che siamo.

LA PEDAGOGIA E LE ALTRE SCIENZE

♦ Le scienze “descrittive”

♦ Le scienze “prescrittive”

♦ La posizione della pedagogia

Come l’educatore si rapporta rispetto ad altre figure professionali con cui può entrare in contatto dentro la

pratica dell’educazione?

La parola modello non ha, in epistemologia, una valenza etica. Con questo termine si vuole indicare che la

spiegazione che si sta dando è una generalizzazione , un’idea generale, un paradigma, uno schema che

permette di ordinare delle conoscenze.

Le scienze vengono distinte in due grandi ambiti: le scienze descrittive e prescrittive. Le prime intendono

descrivere la realtà e dire come essa è. Sono descrittive, per esempio, quelle scienze che hanno a che fare

con il mondo naturale (chimica, fisica, biologia). La scienza descrittiva che esprime l’origine di tutte le altre

è la filosofia. Questa è la scienza che si pone la domanda sulla realtà come se fosse un tutto. Il suo metodo

di conoscenza è razionale (capacità di porre domande e trovare le risposte superando l’incoerenza). La

filosofia sta all’origine del sapere umano. La prima domanda che gli uomini si sono posti è: “che cosa

esiste?”. Da questa prima generica domanda si passa poi a domande sempre più circoscritte ad ambiti

sempre più specifici come, per esempio: “che cosa esiste in forma naturale, ciò in modo tale da

impressionare i sensi?”. La risposta è stata: esiste il mondo materiale. E’ a partire da questa domanda, che

riguardava la filosofia della natura, che si sono prodotte le domande di tipo scientifico moderno. La

domanda “che cosa esiste rispetto alla forza?” ha portato al costituirsi della fisica. Le scienze di questo tipo

sono tutte uscite dalla domanda globale su che cosa esiste dal punto di vista di ciò che impressiona la nostra

sensorialità. Le scienze prescrittive non si domandano che cosa esiste, ma che cosa deve esistere. La

conoscenza che più di ogni altra risponde a ciò è l’etica che si chiede: “che cosa deve manifestarsi nei

comportamenti umani?”, “che cosa è bene?”. Ci sono anche altre scienze prescrittive come, per esempio, la

deontologia (scienza che indica i comportamenti che vanno praticati nell’esercizio della professione).

Vanno oltre il dato presente e orientano verso un dato futuro. L’etica sta all’origine di questa tipologia di

saperi.

La pedagogia si colloca nel mezzo perché è una scienza sia descrittiva che prescrittiva. È descrittiva nel

senso che, per potersi esprimere, deve conoscere come stanno le cose e, per questo, l’educatore attinge a

molti saperi descrittivi. Educare vuol dire guardare ad un qualcuno che oggi non è ancora presente (quando

educhiamo un bambino cerchiamo di pensare all’uomo che potrà diventare). Per questo, la pedagogia è

anche un sapere prescrittivo. Attinge ai dati dell’esistente, ma li volge in chiave progettuale, andando oltre

la condizione presente. Come le cose diventano quello che devono essere a partire da quello che sono.

Questa è la domanda della pedagogia. All’origine della scienza ci sono, quindi, tre saperi: la filosofia,

l’etica e la pedagogia. Questi tre saperi hanno la caratteristica di essere razionali; sono saperi per

costituire i quali è sufficiente l’intelligenza. La pedagogia serve a dare l’opportunità di una conoscenza

ulteriore strutturata; è un sapere codificato e permette di integrare la naturale capacità di educare, che

appartiene a ciascuno in quanto uomo o donna consapevole intellettualmente di quello che vuol dire

interrogarsi su come si passa da come stanno le cose a come avvengono in verità. Queste due dimensioni

non sono da contrapporre perché, così facendo, si rischia di cadere in due grandi equivoci: quello di

ritenere che questo sapere sono tutte chiacchiere e che vanno soltanto affidate al buon senso che nasce

dall’umanità originaria di ciascuno; oppure ritenere che per esercitare l’educazione occorra avere il titolo

di educatore, ma ciò non riconosce il fatto che questa dimensione sgorga in parte dalla maturità personale.

LIBERTÀ E AUTORITÀ

♦ Non sono in antitesi

♦ Autorità da “augere”, “far crescere”

♦ Autorevolezza e autoritarismo

È un passaggio essenziale perché:

- Collega due espressioni che in molti casi sono state contrapposte: libertà e autorità. Che la libertà sia

stata generata dall’autorità è una tesi messa molto in discussione.

- Il concetto di autorità può alludere a molti comportamenti. Problematicità del nesso tr

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A.A. 2013-2014
37 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dylan.tasinato di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Mari Giuseppe.