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Questo meccanismo ci permette di risparmiare molte risorse cognitive e orienta la nostra
conoscenza: quando vediamo qualcosa di nuovo lo riconduciamo alle categorie che abbiamo già in
mente.
Questo processo è diverso nelle diverse culture: gli americani tendono a raggruppare gli elementi
in categorie sulla base di proprietà comuni e principi astratti (ad esempio libro e quaderno), i cinesi
in base alle connessioni funzionali (quaderno e penna).
Il prototipo è il miglior esemplare di una certa categoria, quello che la rappresenta meglio.
L’appartenenza di un elemento ad una categoria dipende da quanto è simile al prototipo.
Attività educativa sulle categorie della propria cultura
Tecnica della costruzione del mondo: i ragazzi divisi in gruppi monoculturali devono ritagliare da
alcune riviste ed incollare su un cartellone elementi che rappresentano la loro cultura. Poi devono
attribuire delle etichette alle categorie che emergono, e devono disporle in ordine di rilevanza. Il
loro cartellone e la loro classifica delle categorie viene giudicato da un altro gruppo della stessa
cultura. Infine la classe viene riunita, ognuno presenta il suo cartellone e gli altri sono invitati a dire
come avrebbero rappresentato quelle stesse categorie nella loro cultura e a mettere in luce
differenze nella rilevanza attribuita a ciascuna. 9
Cap 6 Credenze e cultura
Una credenza è l'atteggiamento di chi riconosce per vera una proposizione in base ad un principio
di autorità ed una condizione di fiducia. Si discosta dalla conoscenza, che deriva dall’acquisizione
diretta di informazioni dalla realtà circostante.
Ogni cultura presenta un certo sistema di credenze all’interno del quale possiamo distinguere
credenze centrali, che definiscono l’identità degli individui, sono condivise da tutti (e per questo
sono chiamate anche “credenze collettive”), difese in caso di attacco, e credenze periferiche che
sono considerate soggettive e di minore importanza per la collettività. Le credenze centrali spesso
sono rappresentate attraverso dei simboli che vengono considerati sacri. Condividere gli stessi
simboli significa avere in comune gli stessi modelli culturali, la stessa visione del mondo, gli stessi
valori. Possiamo distinguere anche credenze assolute, come “credo in dio”, e contingenti “credo
che domani pioverà”. Le credenze positive sono quelle che il soggetto adotta perché le ritiene
vere, le credenze negative quelle che non adotta perché non le ritiene vere, anche se sono valide
per altre persone.
È molto difficile cambiare le credenze di una persona per la tendenza alla conferma: si tende a
considerare soltanto ciò che conferma le proprie credenze e a considerare le prove contrarie come
eccezioni di poco conto.
Le credenze hanno anche una funzione di tipo sociale. L’attribuzione causale è una forma di
credenza che ci permette di attribuire un senso al comportamento altrui. Ci permette di
comprendere il comportamento degli altri e di prevederlo.
Errore fondamentale di attribuzione tendenza a sottostimare i fattori situazionali e a sovrastimare
quelli disposizionali. Non è presente nelle culture collettivistiche orientali, né presso gli indiani.
Disposizionalismo enfasi sulla stabilità delle caratteristiche disposizionali della persona
Situazionalismo enfasi sulla rilevanza della situazione
Interazionismo interazione complessa tra caratteristiche individuali e disposizionali
Attività educativa su come spieghiamo il comportamento degli altri
All’inizio i ragazzi devono fare dei brevi temi in cui raccontano due comportamenti sleali a cui
hanno assistito. L’insegnante chiede di indicare quali sono state secondo loro le cause di tali
comportamenti. Poi i ragazzi vengono divisi in coppie biculturali e ognuno deve leggere il tema del
compagno e indicare quali sono secondo lui le cause dei comportamenti descritti. Alla fine
l’insegnante riunisce la classe e mette in luce le differenze nelle attribuzioni, più disposizionali nel
caso delle culture occidentali, e più situazionali nel caso delle culture orientali. 10
Parte terza - La sfida della mente pragmatica multiculturale
Cap 7 Pratiche comunicative Linguaggio e significati
Le pratiche culturali sono degli script, dei copioni, ovvero sequenze di azioni ricorrenti e prevedibili
che regolano il comportamento delle persone. Possono anche assumere la forma di riti (es.
funerali) o di tabù, che di solito sono connessi a norme religiose. Ci permettono di capire come
dobbiamo comportarci in specifiche circostanze. Ogni cultura prevede pratiche culturali differenti,
talvolta in netto contrasto. Ad esempio negli USA lasciare una mancia ai camerieri è obbligatorio, in
Islanda è considerato offensivo.
Un novizio può imparare le pratiche culturali di una cultura differente attraverso l’imitazione degli
esperti. Deve fare attenzione soprattutto alle regole, a come si fanno le cose, piuttosto che ai
contenuti.
Sia le pratiche culturali sia le routines che servono per l’apprendimento dei bambini si basano su
script.
Ogni individuo fa propria la sua cultura riproducendola, organizzando le pratiche culturali a modo
suo, in modo da adattarle al raggiungimento dei suoi scopi, e lo fa in modo inconsapevole
(concetto di habitus, del sociologo Bourdieu). Un bambino viene abituato alle pratiche culturali per
permettergli di diventare competente di quella cultura.
Una certa pratica viene tramandata e mantenuta rispetto al passato, ma c’è sempre la possibilità di
introdurre una variazione attraverso habitus diversi. Quindi le pratiche culturali non sono
immodificabili.
Le pratiche comunicative rientrano nella pragmatica della comunicazione che si riferisce all’uso dei
significati. Consistono negli scambi verbali e non verbali tra due o più partecipanti ed utilizza segni
di tipo simbolico che possono essere di tipo linguistico o extralinguistico.
Le pratiche comunicative sono convenzionali, si basano su convenzioni, premesse concettuali,
emotive e sociali condivise tra due parlanti che permettono loro di capirsi. Questo offre una
stabilità e regolarità ma rende anche ogni comunicazione legata ad uno specifico contesto
culturale. Una stessa parola può riferirsi ad entità diverse in due lingue diverse, uno stesso segno
con la mano può assumere significati diversi.
Il contesto è strettamente legato al testo di un messaggio ed è importante per comprenderne il
significato.
Il fenomeno della deissi riguarda l’uso di espressioni che fanno riferimento ad uno specifico
contesto o ad una certa persona. “Tu”, “qui”, “lì” sono indizi di contestualizzazione o elementi
indessicali.
Inoltre non conta soltanto ascoltare le parole dell’interlocutore, ma anche il modo in cui parla, le
espressioni facciali che accompagnano il discorso, il tono di voce, i gesti, poiché questi elementi
metapragmatici (che costituiscono il contesto in cui avviene la comunicazione) forniscono una
cornice di interpretazione perciò che viene detto, fanno capire come intenderlo.
Funzioni delle pratiche comunicative:
1) funzione proposizionale partecipare, condividere la propria esperienza aumentando il
patrimonio di conoscenza della propria comunità. Permette di espandere la cultura.
2) funzione relazionale instaurare, mantenere, cambiare, restaurare ed estinguere una relazione
3) funzione espressiva manifestare i propri pensieri, le proprie emozioni, etc; è alla base della
creatività.
La sincronia comunicativa
Le persone devono adattare il loro stili d'interazione le une con le altre per potersi comprendere.
La sincronia comunicativa permette l'adattamento degli stili di interazione. 11
Secondo la teoria dell’accomodazione comunicativa [Giles e Smith, 1979] vi sono segnali linguistici
e non che consentono di adattare i nostri atti comunicativi a quelli del partner. Nella convergenza o
coordinazione in-fase le modalità comunicative degli interlocutori diventano più simili, omogenee e
questo facilita la comprensione reciproca. Nella divergenza o coordinazione anti-fase le differenze
diventano sempre più grandi. Es. velocità dell’eloquio.
Principi di cooperazione di Grice: nella comunicazione le persone partecipano in modo attivo e
devono dare il loro contributo al momento opportuno com’è richiesto dagli scopi e
dall’orientamento della conversazione. Questo principio è declinato in quattro massime:
1) massima di quantità sii esauriente ma non prolisso, non essere logorroico, dì solo quello che
serve
2) massima di qualità dì solo cose vere o di cui hai una prova
3) massima di relazione sii pertinente, non andare fuori tema
4) massima di modo sii ordinato nell’esposizione e non usare ambiguità, termini difficili da
comprendere.
Le pratiche comunicative linguistiche sono quelle più frequenti per la nostra specie e questo è reso
possibile dal nostro apparato vocale e dal nostro cervello che ci ha dotato della capacità simbolica:
la capacità di inventare e manipolare simboli è una premessa fondamentale per la nascita della
cultura.
L’acquisizione del linguaggio è una tappa molto importante dello sviluppo infantile perché permette
al bambino di comunicare in modo più efficace ed elaborato con gli altri.
Lingua e cultura sono strettamente legate, ad ogni cultura corrisponde una lingua specifica e
viceversa e si influenza reciprocamente nel tempo. De Saussure è stato il primo a sostenere che
una lingua sia un sistema di segni convenzionali. Un segno linguistico combina il significante che è
un insieme di suoni (es. kane) e il significato, che è un’immagine mentale (un cane). Sono arbitrari,
perché non c’è nessuna relazione tra significante e significato, si tratta di un accordo comunicativo
all’interno di una certa comunità, che permette alle persone di capirsi. Comunità diverse possono
associare gli stessi suoni ad immagini differenti.
È interessante notare che i primi segni linguistici, come i geroglifici, erano disegni, più vicini alle
immagini che a dei simboli.
I segni linguistici hanno una specifica organizzazione, a livello sonoro sotto forma di fonemi, a
livello semantico di morfemi. Il neonato sa discriminare i fonemi di lingue diverse da quella nativa,
poi nel tempo perde progressivamente questa capacità poiché il suo cervello si specializza nella
comprensione della lingua a cui viene esposto maggiormente. L’insieme delle parole di una lingua
forma il suo lessico, le regole che regolano i rapporti tra le parole costituiscono la sintassi. La
sintassi per Chomsky è universale, indipende