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INFIAMMAZIONE CRONICA
Succede che l'insulto a livello tessutale, il processo di riparo e il tentativo di rimuovere l'agente lesivo coesistono. Quindi si ha la persistenza del fenomeno patologico.
Si ingenera un infiammazione cronica a causa di un agente lesivo che insulta continuamente il tessuto.
Oppure la mancata eradicazione dell'agente lesivo come nella tubercolosi.
Oppure la presenza di un batterio che persiste nella zona.
L'infiammazione che può durare anche mesi o anni.
Si ha una persistenza di processi reattivi atti a rimuovere l'agente lesivo ma che rappresentano una concausa del danno e dei processi di riparo. Quindi c'è un continuo tentativo di eliminare l'agente di danno che vanno persi. Questo può verificarsi perché si può avere dei deficit costituzionali: della fagocitosi ad es nella malattia granulomatosi cronica.
Degli agenti che per la loro connotazione
La chimica è difficilmente eliminabile come la silicosi o l'asbestosi. Non si può rimuovere quindi intorno a quell'agente si fa un'infiammazione cronica. Nella gotta, gli antichi la chiamavano istoflobosi per differenziarla dalla acuta dal punto di vista istologico (angioflorosi). Per evidenziare il ruolo dei vasi nella acuta, mentre nell'infiammazione cronica predominano le cellule come macrofagi, linfociti, fibroblasti. Nella cronica c'è cioè deposizione del tessuto connettivo, angiogenesi e fibrosi. Certe forme di infiammazione cronica insorgono come tali, cioè con reazione acuta inapparente. Ci sono molte patologie che hanno questo andamento. Ad esempio, l'aterosclerosi (cronica) si ha un quadro di infiammazione acuta che si forma ma non si vede, che a lungo andare porta a un processo di infiammazione cronica. Può insorgere nelle patologie autoimmuni in cui sono coinvolte reazioni di ipersensibilità di 2° grado.
3°, da pag 228) caratterizzate da un quadro di infiammazione cronica. 4° tipo (Robbins-Come nella sclerotermia con ipersensibilità di II tipo (che sono quelle in cui gli anticorpi self sono diretti contro gli antigeni dei tessuti dell’organismo). -Nel III tipo si ha formazione di antigeni e anticorpi si depositano nelle pareti dei vasi (vasculite sistemica) come nel lupus. -Il 4° tipo è di tipo cellulo-mediato non è autoimmune ma è dovuta ad agenti infettivi con bassa tossicità e resistenti alla eradicazione (micobatteri, funghi).(Pontieri) INFIAMMAZIONE GRANULOMATOSA Quando l’agente lesivo non crea un danno vistoso nel tessuto si può avere la comparsa di strutture nodulari chiamate granulomi. Possiamo avere quelli immunologici e non immunologici. -Il granuloma immunologico vuol dire che l'antigene che caratterizza il batterio ha connotazione antigenica con presenza di infiltrazione linfocitaria. Ci possono essere granulomiimmunologici con interesse batterico: treponema pallido, mycobactertubercolare, laepre.-Mentre quello non immunologico non ha queste infiltrazione linfocitaria. Nei granulomi nonimmunologici il macrofago non può rimuovere il materiale che costituisce l'insulto.Gli agenti in grado di causare granulomi non immunologici come l'asbesto la silice il talco.
GRANULOMI NON IMMUNOLOGICI
Nel granuloma non immunologico il macrofago non può rimuovere il materiale che da insulto nella sede di danno quindi o il macrofago non è in grado di agire a causa delle dimensioni del materiale oppure il materiale stesso ha un' attività sui macrofagi non facendoli agire.
Il granuloma non immunologico caratterizzato da macrofagi che hanno una spiccata proprietà fagocitica e con attività secretoria ridottissima. È caratteristica di diagnostica differenziale rispetto all'immunologica. (Infatti nell'immunologico è elevata la)
(secrezione.) Intorno alla sede di danno si ha la deposizione nella sede di danno di cellule multinucleate. Si forma un sincizio che si dispone intorno all'agente di danno. Mentre alla periferia abbiamo una reazione fibrosa.
GRANULOMI IMMUNOLOGICI
Per quanto riguarda gli agenti che provocano i granulomi immunologici si tratta agenti infettivi che vengono fagocitati dal macrofago ma sopravvivono a livello intracellulare del macrofago. C'è un massiccio coinvolgimento della risposta immunitaria. Infatti nel granuloma immunologico si ha infiltrazione di linfociti T. I macrofagi che caratterizzano il granuloma immunologico hanno una ridotta attività fagocitica e elevata attività secretoria. Dal punto di vista istologico: formazione di cellule epitelioidi. Questi macrofagi formano le cellule di Langhans. I linfociti che vengono richiamati nel granuloma immunologico sono: T helper sono i linfociti che hanno la capacità di mediare e regolare il processo infiammatorio e sono
distinti dai T citotossici.Nel momento in cui abbiamo questo agente di danno che persiste, il macrofago è in grado di liberare delle sostanze che richiamano nel granuloma linfociti T. Sulla base dell'agente di danno ci sarà una polarizzazione della risposta immune di tipo 1 o 2.
Infiltrazione macrofagica
chemochine
Aumento del numero
Aumento dell'emivita
Nel caso dell'infiammazione cronica la fase principale è svolta dai macrofagi che derivano dai monociti circolanti. I macrofagi persistono per mesi o per anni ed hanno un basso profilo di proliferazione cellulare. Un'eccezione è rappresentata da aterosclerosi in cui c'è massiccia proliferazione di macrofagi.
I monociti si formano a livello del midollo osseo.
I macrofagi, in base al comparto tissutale, hanno acquisito caratteristiche specifiche che permettono di distinguere diversi tipi.
I monociti circolanti, grazie al fattore C5a oppure in seguito a prodotti di degradazione
collagene e prodotti delle chemochine hanno una migrazione dal sangue ai tessuti quindi diventano macrofagi. Un aumento dell'emivita macrofagica può essere espletato dalle citochine (TNF, IL-1) ma non solo, nella sede di danno si può avere persistenza dei macrofagi perché si possono avere fattori che inibiscono i macrofagi oppure sostanze chimiche che bloccano i macrofagi che non migrano. Le LDL ossidate inibiscono la mobilizzazione macrofagica che persistono nella placca ateromasica. Quando il macrofago viene a contatto con mediatori chimici infiammatori, oppure interagisce attraverso PRR con strutture batteriche ecc, si ha l'attivazione del macrofago stesso cioè lo scatenamento di una risposta intracellulare che porta alla formazione di mediatori solubili. I prodotti di secrezione dei macrofagi vedere slides: - Enzimi attivi sulla matrice extracellulare - Elastasi - Metalloproteinasi (collagenasi) - Molecole ad attività- antibatterica
- Idrolasi acide
- Fosfatasi
- Lipasi
- Lisozima by Salvo 74
- Defensine
- ROS
- NOFattori della coagulazionetessutale
- Fattore
- Fattori V e VIII
- Fattori del complemento
- Properdina
- C1-C5
- Citochine e chemochine
- IL-1, TNF
- IL-8, PAF
- Fattori di crescita delle colonie midollari
- M-CSF
- GM-CSF
- Fattori di crescita angiogenetici
- PDGF
- EGF
- FGF
I macrofagi possono secernere mediatori tossici non solo per l'agente patogeno ma anche per i tessuti infiammati. Infatti il danno (distruzione) tissutale può essere caratteristica dell'infiammazione cronica. Ad es. il danno del granuloma tubercolare dove c'è la presenza di necrosi caseosa (distruzione tissutale) dovuta alla massiccia liberazione di questi mediatori da parte dei macrofagi che danneggiano massicciamente il tessuto. Questo tessuto necrotico dell'infiammazione cronica è in grado di attivare le risposte che
scatenano infiammazione acuta (coagulazione, complemento ecc.) ad esempio nella fibrosi cistica c'è una fase statica con infiammazione cronica e una fase di esacerbazione dove si ha anche infiammazione acuta. Nell'infiammazione non immunologica si arresta a questo livello. Nei processi infiammatori cronici immunologici si ha il coinvolgimento dei linfociti con attivazione macrofagica esaltata. Il tipo di infiltrato linfocitario determina il contesto citochinico del microambiente che influenza il profilo di attivazione macrofagica. Cioè a seconda dell'agente dannoso che caratterizza l'infiammazione cronica, si può avere liberazione di mediatori da parte dei T helper in grado di dare diverse risposte da parte del macrofago (azione del macrofago diversificata). Si può quindi avere risposte polarizzate infiammatorie di tipo 1 o 2, a seconda del tipo di citochine che il linfocita T che è arrivato in quella zona richiamato dal macrofago può liberare.
può aver attivazione classica del macrofago che caratterizza la Adpolarizzazione di tipo 1. Esempio nei micobatteri TBC captati dal macrofago che persistono nel macrofago stesso. Il macrofago attivo è in grado di liberare l'IL-12 la quale è in grado di favorire la formazione di sottoclassi di T helper di tipo 1 (ecco perché polarizzata di tipo 1). Questi linfociti th1 sono in grado di liberare interferone γ. L'asse linfocita TH1-INFγ-macrofago, scatena questa risposta di tipo 1. Si pensava che potesse servire solo nelle attività virali, mentre è molto importante l'interferone γ nell'inf cronica perché l'interferone è in grado di interagire col suo MACROFAGO recettore R1 che si trova sul macrofago ed è formato da due catene α e una β. L'interferone si attacca alla struttura recettoriale presente sul macrofago, si ha una via di attivazione JACK STAT, in cuil'interazione del recettore col ligando è in grado di scatenare la fosforilazione di proteine JACK che favoriscono la fosforilazione delle proteine STAT1 che formano dei dimeri e vanno nel nucleo e si legano a sequenze specifiche del DNA (elementi di risposta all'interferone) e favoriscono la trascrizione di determinati geni che fanno parte della risposta polarizzata di tipo 1. Immagine: In marrone la risposta di tipo 1 si ha - massiccia stimolazione dei recettori Toll, frammento cristallizzato delle immunoglobuline, - si ha espressione di CD 80 e (in grado di favorire la liberazione tra linfocita T helper e macrofago, funzionano come segnali di costimolazione: il Th ha sulla superficie il TCR, questo riconosce frammenti peptidici.