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INFARTO DEL MIOCARDIO
Prima di parlare dell'infarto del miocardio, è bene anzitutto ricordare che il cuore è irrorato dall'arteria coronaria sinistra, che si distribuisce prevalentemente alla parete anteriore dei due ventricoli ed alla parte anteriore del setto, e dalla coronaria destra, che irrora le altre parti del cuore. Sono queste arterie prive di collaterali, sono cioè circoli funzionalmente terminali.
Con il termine di infarto, si indica un processo di necrosi circoscritta del miocardio, causata dall'ischemia, conseguente all'occlusione acuta di una coronaria principale o di uno dei suoi rami da parte di un trombo prevalentemente piastrinico. Il più grave degli infarti si ha quando ad essere interessato è il tronco comune sinistro. Più piccolo è il vaso e più frequente sarà il suo interessamento. L'interessamento di piccoli vasi può essere causa di microinfarti, talora asintomatici o con
sintomatologia moderata. Le caratteristiche dell'area di necrosi dipendono da:- Localizzazione e calibro del vaso coronarico. L'infarto del miocardio colpisce in genere il ventricolo sinistro, più spesso il territorio della coronaria sinistra (la discendente anteriore per gli infarti anteriori estesi e antero-settali, la circonflessa sinistra per gli antero-laterali). Se è interessata la coronaria destra, le localizzazioni sono quelle posteriore, postero-laterale o postero-inferiore.
- Assenza di circoli collaterali. Alcuni individui hanno la collaterale di Kugel grazie alla quale si può avere dolore da sforzo ma non necrosi. La condizione ischemica cioè non è così grave da portare a necrosi.
- Importanza funzionale dell'area irrorata.
- Durata dell'ischemia. L'estensione dell'area di infarto è funzione del tempo trascorso dall'instaurarsi dell'occlusione. L'area di necrosi si evidenzia a
dalle abnormi funzioni dipendenti dal calcio e dall'ATP.
6. Rimodellamento post-infartuale. L'evoluzione anatomica dell'area di infarto, nei casi di sopravvivenza, è di regola verso la fibrosi cicatriziale. Manca dunque la restitutio ad integrum per cui i miocardiociti vanno incontro ad ipertrofia compensatoria. Tuttavia, vi sono evidenze che, a seconda degli individui e delle condizioni patologiche, una parte del miocardio danneggiato potrebbe essere riparata da cellule staminali reclutate da nicchie del miocardio o da regioni extracardiache, differenziandosi in miocardiociti nel microambiente del tessuto infartuale.
7. Associazione di fenomeni infiammatori. I miocardiociti in necrosi rilasciano le allarmine che attivano i macrofagi ed altri leucociti. L'attivazione della risposta infiammatoria, che tende alla riparazione, si manifesta con una tipica reazione di fase acuta che comprende la liberazione in circolo di citochine infiammatorie (IL-1, IL-6 e
TNF-α e l'aumento nel siero della proteina C reattiva e della proteina amiloide sierica. Patogenesi della necrosi: a livello mitocondriale viene bloccato il trasporto degli elettroni per cui è inibita la sintesi dell'ATP. Si osserva rigonfiamento mitocondriale prima, di tutti gli altri compartimenti subcellulari poi. Vengono inibite le due pompe del calcio, sia quella sarcoplasmatica che quella del RE liscio. Si ha quindi un'alterazione dell'omeostasi del calcio la cui concentrazione citosolica passa a concentrazioni dell'ordine di millimolare. Le idrolasi acide poi escono dai lisosomi e si ritrovano nell'ambiente acidificato dall'ischemia.
Diagnosi di infarto: si utilizzano marcatori sierici aspecifici di necrosi. Essi cioè non ci consentono di dire dove c'è necrosi. In ordine di tempo e in parallelo con l'estensione dell'area di infarto, aumenta per prima la troponina T, poi l'isoenzima cardiaco.
della creatin-chinasi. Questo enzima infatti esiste in due isoforme: una è muscolare, l'altra è cardiaca. Una semplice iniezione intramuscolo o una semplice botta può determinare un aumento della isoforma muscolare. Aumentano poi l'aspartato aminotrasferasi e la lattico-deidrogenasi. Il principale marcatore di necrosi aspecifico di necrosi e di danno è il malondialdeide (MDA).
TERAPIA DI INFARTO: Ha l'obiettivo di riperfondere l'area ischemica e deve essere effettuata il prima possibile. Quella acuta prevede l'utilizzo di beta bloccanti che riducano il metabolismo e di antagonisti dell'afflusso del calcio. Bisogna poi eliminare il tappo per ripristinare il flusso. Per fare ciò da una parte si utilizzano gli antiaggreganti per evitare che le piastrine si aggreghino. L'ASPIRINA è un tipico antiaggregante piastrinico. Dall'altra parte bisogna demolire la fibrina che si è formata attorno al tappo.
piastrinico(fibrinolisi).Se invece si interviene in ritardo bisogna effettuare una angioplastica che ha lo scopo di rimuoverel’ostruzione, la mortalità è minore quanto minore è il tempo entro cui si instaura l’angioplastica (siintroduce un catetere con un palloncino gonfiabile alla punta attraverso l’arteria dell’inguine o del bracciofino alla coronaria. Il palloncino si gonfia così da spingere la placca aterosclerotica stenosante contro laparete del vaso. Il palloncino si sgonfia e a questo punto è introdotto un nuovo catetere con uno stunt. Glistunt di nuova generazione rilasciano un farmaco che prevenga l’eccessiva cicatrizzazione).La terapia cronica si basa su by-pass coronarici che creano un circolo collaterale tra due collaterali di cuiuna funzionante e l’altra no e su una terapia anti-aggregante.
INSUFFICIENZA CARDIACA(O SCOMPENSO)L’insufficienza cardiaca può essere definita come
l'incapacità del cuore a fornire sangue e, conseguentemente ossigeno, in proporzione commisurata alle esigenze dei tessuti periferici, nonostante pressioni di riempimento normali o aumentate. La riduzione della portata circolatoria comporta una diminuzione della perfusione periferica. L'insufficienza cardiaca può essere acuta e cronica, reversibile e irreversibile, a disfunzione del miocardio o, più raramente, da cause extramiocardiche. Queste ultime possono essere riferite ad una patologia pericardica (pericardite costrittiva), endocardica o vascolare. Un'altra distinzione viene fatta tra insufficienza di tipo destro, di tipo sinistro e globale. Fermo rimanendo che una sezione del cuore deve pompare la stessa quantità di sangue che viene pompata dall'altra, la riduzione della portata di un ventricolo si traduce in una identica riduzione della portata dell'altro, almeno in tempi lunghi. In tempi brevi, invece, può verificarsi che.La portata del ventricolo destro supera quella del ventricolo sinistro e questo porta ad un improvviso sovraccarico del circolo polmonare, possibile causa di asma cardiaco o di edema polmonare acuto.
Clinicamente, l'insufficienza cardiaca si manifesta con facile affaticamento nelle normali attività fisiche, insorgenza di palpitazioni e dispnea con riduzione della frazione di eiezione.
Riduzione della portata circolatoria: come già detto, la riduzione della portata circolatoria comporta una diminuzione della perfusione periferica che viene corretta ad opera degli stessi meccanismi che operano nelle insufficienze circolatorie non cardiogene, come lo shock.