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RENOVATIO REGNI

padre e vi fu un significativo cambiamento del sigillo imperiale: “

FRANCORUM ”. Scomparì quindi la dicitura di “Impero dei Romani”.

Di Sacro Romano Impero si tornerà a parlare quando la corona imperiale passerà alla

Ottone I di

famiglia degli Ottoni: crollo del regno carolingio. Nel 962 verrà incoronato

Sassonia “Sacro Romano imperatore Germanico”.

, assumendo il titolo di Nel 983 d.C.

Imperator romanorum

Ottone III, si riappropria del termine “ ” e ritroviamo nuovamente

Renovatio imperii romanorum

espressa la dicitura “ ”

Legislazione della personalità del diritto:

Si ritornò, in parte, al sistema tutti i popoli che vivevano

all’interno del regno franco, e poi del Sacro Romano Impero, mantennero le proprie

tradizioni e leggi. In larghissima parte vigeva ancora il sistema della personalità del diritto

e ciò lo vediamo con evidenza dalle numerosissime professio iuris pervenuteci in questo

periodo. Ma qualcosa in realtà era cambiato: il monarca, che finora non avevano mai

assunto il compito di farsi legislatori (non sentivano come compito quello di fare leggi, si

limitavano a raccogliere le consuetudini dei propri popoli, pubblicandole e rendendole

conoscibili), sollecitò i propri sudditi all’osservanza e al rispetto dei propri diritti

tradizionali: chiedevano a ciascuna etnia di conservare i propri diritti, per un esigenza di

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certezza del diritto e di chiarezza nei rapporti, le contaminazioni infatti erano diventate

enormi. I sovrani chiedevano che ogni etnia conservasse il proprio patrimonio di tradizioni.

In più iniziarono ad intervenire anche con leggi proprie: si fecero legislatori. Il sovrano

cominciò a sentire come proprio compito essenziale alla sovranità stessa, quello di

produrre norme con valenza territoriale: valide quindi per tutti coloro che abitavano

all’interno dell’Impero.

Non più sovrano custode delle consuetudini del suo popolo bensì un sovrano legislatore:

sovrano che creava norme nuove.

Quando una legge veniva emanata dall’imperatore, essa aveva valore territoriale (valore

per tutte le terre dell’Impero) e in assenza di una legge imperiale lo avevano le singole

leggi personali. Questa nuova funzione del sovrano si esplicò attraverso quelli che vennero

Capitolari

definiti “ ”.

Capitolari.

Capitolari

La parola “ ” rappresentava una novità terminologica rispetto ai termini

precedenti, fino a quel momento non era stato utilizzato se non dalla Chiesa. Non si

sappiamo con certezza se il termine utilizzato dai carolingi derivi effettivamente da un

influenza della Chiesa, e che quindi abbiano adottato la terminologia di ambiente canonico

(i capitolari erano le disposizioni che venivano deliberate dai concili) o se, al contrario,

molto più semplicemente derivi dal fatto che queste norme erano divise in capitoli.

Erano norme divise in capitoli, interventi diretti e personali del sovrano. Quindi il sovrano

procedeva alla loro promulgazione ed erano interventi occasionali. Erano interventi

frammentari che non facevano parte di un disegno legislativo complessivo, il sovrano

interveniva a disciplinare casi specifici, di determinati settori. In alcune fonti si afferma che

consensus

fondamentale era il del popolo: ma con popolo non si intendevano tutti i

sudditi ma soltanto quelli di alto rango, che facevano parte della corte imperiale). Con

consensus

molta probabilità non era un prestato volontariamente: un sovrano esponeva la

propria legge e i notabili, o maggiorenti, erano forse obbligati in qualche modo ad

acconsentire.

Altra caratteristica fondamentale dei Capitolari erano le norme orali, espresse oralmente.

ad substantiam

Questo comportava innanzitutto che la scrittura non servisse “ ”, cioè a

ad

rendere efficace l’atto normativo, ma soltanto a renderlo conoscibile, cioè “

probationem ”. Nel nostro mondo attuale perché una legge diventi efficace occorre una

pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, e risulta essere assolutamente indispensabile per

l’applicazione della norma stessa. In questo caso la scrittura serviva solo per rendere l’atto

conoscibile e per documentarlo. Questo comportò l’esistenza di testi instabili: la norma

veniva pronunciata oralmente dal sovrano, e veniva poi scritta da varie persone in modo

diverso, volontariamente o meno. Il contenuto più o meno restava sempre simile ma il

testo poteva presentare delle variazioni.

Scrittura carolina.

Alla scrittura Carlo Magno, e i carolingi in generale, attribuirono grande importanza: solo

ricorrendo alla scrittura e alla lingua latina era possibile far conoscere le proprie

disposizioni. Diede, Carlo Magno, grandi impulsi a diverse discipline: attuò delle riforme nel

campo delle arti, della letteratura, della poesia e della scrittura. Nacque in questo periodo

scrittura carolina

la , che venne usata in tutti i documenti: fino a quel momento si era

carolina

utilizzata una scrittura di tipo maiuscolo. La scrittura era molto più chiara con

delle regole: abbreviature codificate e precise, che venivano adottate sempre, seppure con

alcune variazioni. La lettura dei testi della pubblica amministrazione diventerà molto più

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difficile tra il 400 e il 500, perché ogni scrivano possedeva la propria scrittura, il quale

seguiva sempre le regole, ma cambiando, ovviamente, la grafia. A destra un esempio di

Page de la Vita Sancti Martini de Sulpice Sévère.

scrittura carolina:

La legislazione. I capitolari.

Dei Capitolari non esistono raccolte ufficiali, per il motivo prima accennato. Esistono

raccolte private oppure venivano tramandate oralmente e trascritti di volta in volta.

Trattavano tutti i rami del diritto: norme relative all’amministrazione, al diritto privato e

penale, regolamenti finanziari e diritto pubblico.

Questi capitolari si dividono, a seconda del contenuto, in tre grandi blocchi:

 Mundana , che contenevano materie laiche.

 Ecclesiastica , che riguardavano materie relative alla Chiesa.

 Mixta , riguardavano sia le materie laiche che ecclesiastiche.

Ecclesiastica.

Nel momento in cui Carlo Magno fu investito della corona imperiale da papa Leone III,

divenne difensor fidei, e in quanto tale deteneva il potere di interferire in materia

ecclesiastica (ciò comportò non pochi problemi).

Mundana.

Si distinguevano in 2 categorie:

Speciali

1. : erano validi solo per determinati territori o determinati soggetti.

Servivano a disciplinare specifiche situazioni locali o particolari. Avevano quindi

valore di diritto particolare. Individuiamo tra loro:

Capitularia legibus addenda

a. : che andavano ad integrare delle leggi

preesistenti, o a riformarle, ossia le diverse compilazioni legislative dei popoli

assoggettai all’impero, che vennero inserite nei Capitolari. Per esempio vi era

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Capitularia legibus longobardorum addenda, cioè capitolari che andavano a

integrare la legislazione longobarda. Probabilmente dovevano essere

approvati dall’assemblea degli uomini liberi che rappresentavano quella

determinata popolazione. Tra i Capitularia legibus addenda possiamo

ricordare il:

Capitolare Italicum

i. : era quell’insieme di norme che integravano la

legislazione esistente in i Italia (quindi gli editti longobardi e altre

norme ancora applicate in questo territorio).

Capitularia missorum

b. : quelle norme destinate a fornire istruzione ai missi

dominici (funzionari imperiali incaricati di muoversi per le diverse terre

dell’Impero).

Generali

2. : contenevano norme valide per tutto l’Impero. Erano questi i Capitolari

quelli ad avere una prima funzione unificante della legislazione all’interno delle

terre Imperiali. Per la prima vi fu un sovrano promulgatore di leggi valide per tutto il

territorio a lui sottoposto. Non integravano norme esistenti né, tanto meno, a dare

Capitularia per se

istruzioni ai rappresentati imperiali. Qui ritroviamo i

scribenda : erano delle leggi regie a sé stanti, con una propria autonomia e

avevano un valore proprio. Erano indirizzate a tutti e riguardavano prevalentemente

il diritto pubblico (l’organizzazione impero e della amministrazione).

Non era un disegno legislativo a tutto tondo destinato a dirigere totalmente la vita

all’interno dell’Impero, ma un serie articolata di norma che di volta in volta andavano a

disciplinare casi specifici, che talvolta avevano un valore locale, altre un valore territoriale

destinato a ripercuotessi su tutte le terre dell’Impero. Per la prima volta ci troviamo di

fronte ad un sovrano legislatore

La consuetudine.

Nonostante tutti questi interventi, l’intensificarsi della produzione normativa e la presenza

di un sovrano legislatore, per tutto l’Alto Medioevo il ruolo fondamentale nella disciplina e

consuetudine.

nella regolamentazione dei rapporti continuava ad essere riservato alla

Consuetudine continuava ad avere ruolo preminente. Qualcuno ha parlato della

legislazione di questi secoli come un arcipelago di isole in un mare di consuetudini. La

consuetudine regolava e disciplinava la maggior parte dei rapporti, e al suo interno

affioravano queste raccolte normative e interventi occasionali.

Ma i rapporti continuarono ad essere disciplinati in via consuetudinaria: è la fonte giuridica

primaria. Henry Sumner Maine

Era ancora una delle fonti di diritto. Due secoli fa il sociologo

(1822-1888) diceva, anche se riferendosi a società molto più primitive:

“In organizzazioni sociali risalenti è verificabile, come frutto di

arretratezza culturale, una indistinzione fra ciò che i membri di una

comunità avevano sempre fatto, ciò che facevano e ciò che dovevano

fare”.

Questo significa che un comportamento ripetuto nel tempo era ritenuto come obbligatorio.

Questa ripetizione le faceva assumere una forza legislativa intrinseca. La comunità lo

riteneva cogente e imperativo, anche se non era mai intervenuta una legge a renderlo

tale. Le consuetudini erano comportamenti ripetuti nel tempo che si consolidano al punto

tale che i singoli le sentono come obbligatorie. La ripetizione dei comportamenti si fece

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norme, ma al tempo stesso la consuetudine non era comunque un fenomeno statico, ma

dinamico . Era un fenomeno suscettibile, nel lungo periodo, di trasformazioni anche

profonde e talvolta improvvise. Vi erano consuetudini che rispecchiavano assetti sociali,

interessi, valori e principi costanti nel tempo in un certo luogo. Ve ne erano altre che quindi

rimasero fisse e immutabili. Ve ne erano altre che si trasformavano. Altre ancora che si

trasferirono velocemente sino a luoghi molto lontani rispetto alla sede di origine. Questi

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vect39 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto medievale e moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Fortunati Maura.