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Il Centro Demetra e la lotta contro la legge 40
Consulta. Il Centro Demetra è stato il primo in Italia che ha sostenuto una coppia di pazienti nel ricorso contro la legge, e il quesito che ha poi portato alla storica sentenza dell'aprile 2009, è partito dal Tribunale di Firenze. La Legge 40 ha subito varie modifiche nel corso degli anni.
La prima sentenza, nel 2009, ha ristabilito il principio che a decidere quanti ovuli inseminare fosse il medico, d'accordo con la coppia, tenendo conto della situazione clinica, dell'età della donna e soprattutto introducendo il concetto di tutela della salute della donna, ignorato dalla legge 40. In particolare la Corte Costituzionale ribadisce che il medico deve cercare di effettuare meno stimolazioni possibili, e in questo modo viene reintrodotta - pur con qualche limitazione - la possibilità di congelare gli embrioni.
Nel 2014, altra storica sentenza che ha abrogato il divieto di fecondazione eterologa, affermando come proprio con questo divieto...
venissero colpite paradossalmente le coppie con una causa assoluta di infertilità (come l'assenza di ovuli o spermatozoi). Nel 2015 l'altra sentenza, che ha consentito l'accesso alla PMA a coppie fertili con patologie trasmissibili. Oggi per fortuna molti divieti contenuti nella stesura originale della legge non esistono più, e questo per la caparbietà e la forza di quelle coppie che per prime si sono ribellate ad una legge ingiusta e retrograda. Un'ottima notizia per le aspiranti mamme, che non devono più rivolgersi a Paesi esteri per realizzare il loro sogno e possono oggi recarsi in un qualsiasi centro specializzato in PMA come il Centro Demetra. In particolare il testo attuale della Legge 40 rende oggi possibile anche in Italia:
- L'accesso alle tecniche di PMA e procreazione assistita anche alle coppie fertili con malattie genetiche trasmissibili al bambino;
- La diagnosi genetica pre-impianto al fine di scoprire eventuali anomalie genetiche.
ai costumi delluogo dettati dall’esperienza comune.
19. Si indichi sinteticamente cosa si intende con il termine “specialità” del diritto di famiglia.
20. Quali sono i caratteri fondamentali dell'azione di reclamo dello status di figlio?
Art. 239 (Reclamo dello stato di figlio)
Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato, il figlio può reclamare uno stato diverso. L'azione di reclamo dello stato di figlio può essere esercitata anche da chi è nato nel matrimonio ma fu iscritto come figlio di ignoti, salvo che sia intervenuta sentenza di adozione. L'azione può inoltre essere esercitata per reclamare uno stato di figlio conforme alla presunzione di paternità da chi è stato riconosciuto in contrasto con tale presunzione e da chi fu iscritto in conformità di altra presunzione di paternità. L'azione può, altresì, essere esercitata per reclamare un diverso stato.
Di figlio quando il precedente è stato comunque rimosso.
Art. 240 (Contestazione dello stato di figlio) Lo stato di figlio può essere contestato nei casi di cui al primo e secondo comma dell'articolo 239.
Art. 241 (Prova in giudizio) Quando mancano l'atto di nascita e il possesso di stato, la prova della filiazione può darsi in giudizio con ogni mezzo.
Art. 248 (Legittimazione all'azione di contestazione dello stato di figlio. Imprescrittibilità). L'azione di contestazione dello stato di figlio spetta a chi dall'atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse. L'azione è imprescrittibile. Quando l'azione è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell'articolo precedente. Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori. Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e il secondo comma dell'articolo 245.
- Art.249 (Legittimazione all'azione di reclamo dello stato di figlio. Imprescrittibilità)
L'azione per reclamare lo stato di figlio spetta al medesimo. L'azione è imprescrittibile. Quando l'azione è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell'articolo 247. Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori. Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e il secondo comma dell'articolo 245.
- Quali sono, in sintesi, i diritti previsti dall'art. 315-bis C.C.?
Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto
di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che loriguardano.Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alleproprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive conessa(1).
22. Quale è la fattispecie esaminata da Cassazione penale n. 24554/2021?
Secondo la Corte di Cassazione, per escludere la sussistenza della fattispecie de qua nonpuò dirsi sufficiente l’allegazione, da parte dell’agente/obbligato, di una “mera” difficoltàeconomica, essendo necessaria, per contro, la dimostrazione, da parte medesimo, di trovarsinell’impossibilità assoluta di adempiere o, comunque, in un contesto di vera e propriaindigenza economica.
In tal senso, la Suprema Corte ha statuito che: “Le difficoltàeconomiche non escludono la sussistenza del reato di violazione degli obblighi di assistenzafamiliare qualora non risulti provato che
Le difficoltà si siano tradotte in uno stato di vera e propria indigenza economica e nell'impossibilità di adempiere, sia pure in parte, l'obbligazione". Con il che, non è possibile "assimilare una situazione di difficoltà economica-finanziaria transitoria con la condizione di oggettiva impossibilità assoluta ad adempiere ai propri obblighi di assistenza familiare, richiesta per escludere la sussistenza del reato".23. Si indichi sinteticamente l'oggetto e l'esito della sentenza della Corte costituzionale n. 278/2013. Con la recente sentenza n. 278 del 2013 la Corte costituzionale torna sul tema del diritto del figlio adottato a conoscere le proprie origini e risolve la delicata questione del bilanciamento tra tale diritto e il diritto della madre a rimanere anonima, con una sentenza additiva di principio con la quale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 28, comma 7, della legge n. 184.del 1983 nella parte in cui tale articolo non prevede-attraverso unprocedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza-la possibilità per ilgiudice di interpellare la madre, che abbia dichiarato di non voler essere nominata- surichiesta del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione .La questione dilegittimità costituzionale era stata sollevata dal Tribunale per i minorenni di Catanzaro inriferimento agli articoli 2, 3, 32 e 117, primo comma, Cost.Secondo il giudice remittente, ladisposizione censurata, escludendo la possibilità di autorizzare la persona adottataall’accesso alle informazioni sulla propria origine, senza aver verificato la perdurantevolontà della madre biologica di non essere nominata, si poneva in contrasto con l’ art. 2Cost., in quanto, violando il diritto di ricerca alla propria origine, non garantiva il dirittoall’identità personale dell’adottato; con l’art. 3 Cost.,
per irragionevole disparità di trattamento fra l'adottato figlio di una donna che aveva espressamente dichiarato di non voler essere nominata.