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Avventura diversa
Accadde al valoroso Rinaldo che si incamminò su sentieri diversi da quelli percorsi da costui.[32] Non molto va Rinaldo, che si vede saltare inanzi il suo destrier feroce:
- Ferma, Baiardo mio, deh, ferma il piede! che l'esser senza te troppo mi nuoce. -
Per questo il destrier sordo a lui non riede, anzi più se ne va sempre veloce. Segue Rinaldo, e d'ira si distrugge: ma seguitiamo Angelica che fugge.[33]
Fugge tra selve spaventose e scure, per lochi inabitati, ermi e selvaggi. Il mover de le frondi e di verzure, che di cerri sentia, d'olmi e di faggi, fatto le avea con subite paure trovar di qua di là strani viaggi; ch'ad ogni ombra veduta o in monte o in valle, temea Rinaldo aver sempre alle spalle.[33]
Fugge tra selve spaventose e buie, tra luoghi disabitati, solitari e selvaggi. Lo stormire delle fronde e dei rami, che lei sentiva di cerri, di olmi e di faggi, l'aveva indotta con improvvisi timori a percorrere sentieri fuori mano;
infatti ogni volta che vedeva un'ombra in un monte o in una valle, temeva sempre di avere alle sue spalle Rinaldo. Qual pargoletta o damma o capriuola, che tra le fronde del natio boschetto alla madre veduta abbia la gola stringer dal pardo, o aprirle 'l fianco o 'l petto, di selva in selva dal crudel s'invola, e di paura triema e di sospetto: ad ogni sterpo che passando tocca, esser si crede all'empia fera in bocca. (Angelica) è come una giovane daina o una capriola, che ha visto tra le fonde del boschetto natio la madre stretta alla gola dal leopardo, o col fianco o il petto squarciato: scappa di bosco in bosco da quella belva crudele, tremando di sospetto e paura; ad ogni sterpo che tocca correndo, crede di essere tra le fauci della terribile fiera. Quel dì e la notte e mezzo l'altro giorno s'andò aggirando, e non sapeva dove. Trovossi al fine in un boschetto adorno, che lievemente la fresca aura muove. Duo chiari rivi, mormorandopo'. Si ferma tra i fiori e lascia il suo cavallo pascolare senza briglia. Il cavallo gira intorno alle limpide onde del ruscello, che sono piene di erba fresca.po' di tempo: smonta tra i fuori e lascia che il cavallo vada al pascolo,senza briglia; e quello vaga intorno alle acque limpide, poiché le rive dei ruscelli erano piene di fresca erba
Ecco non lungi un bel cespuglio vededi prun fioriti e di vermiglie rose,che de le liquide onde al specchio siede,chiuso dal sol fra l'alte quercie ombrose;così vòto nel mezzo, che concede fresca stanza fra l'ombre più nascose:e la foglia coi rami in modo è mista,che 'l sol non v'entra, non che minor vista.
Ecco che vede non lontano un bel cespuglio di pruni fioriti e di rose rosse, che sembra specchiarsi nelle onde dei ruscelli, protetto dal sole dalle alte querce che fanno ombra; così ampio nel mezzo che concede un fresco riposo tra le ombre più nascoste: e le foglie sono mescolate ai rami in modo tale che né il sole né lo sguardo vi penetra attraverso.
Dentro letto vi fan tenere erbette, ch'invitano a
suo cuore è pieno di timore e speranza, e aspetta di scoprire quale sarà l'esito di quell'incontro, senza nemmeno emettere un sospiro. Il cavaliere scende dalla sella e si appoggia con un braccio per riposare le guance, immerso in un profondo pensiero, tanto che sembra trasformato in una pietra insensibile.Il suo cuore è scosso da timore e speranza; e aspetta di vedere come finisca la cosa, né emette un solo sospiro nell'aria. Il cavaliere smonta in riva al fiume e mette le guance a riposare su un braccio: e si concentra in un suo pensiero a tal punto, che sembra tramutato in una roccia priva di vita. Pensoso più d'un'ora a capo basso stette, Signore, il cavaliere dolente; poi cominciò con suono afflitto e lasso a lamentarsi sì soavemente, ch'avrebbe di pietà spezzato un sasso, una tigre crudele fatta clemente. Sospirando piangea, tal ch'un ruscello parean le guancie, e 'l petto un Mongibello. Il cavaliere addolorato, o mio signore [Ippolito], restò più d'un'ora pensieroso, a capo chino; poi cominciò a lamentarsi con voce afflitta e bassa, così dolcemente che avrebbe spezzato dalla pietà un sasso, avrebbe reso clemente una tigre crudele. Piangeva tra i sospiri, così che leguance sembravano un ruscello e il petto sembrava il Mongibello [perché emetteva sospiri].«Prasildo sì soave lamentava, / ... / che avria spezzato un sasso di pietade». Boiardo, Inamoramento de Orlando, I, xii, 18, vv. 6-8«ed ardo e son un ghiaccio»; RVF, CXXXIV, 2«Di state un ghiaccio, un foco quando iverna»; RVF, CL, 6 riferimento a Petrarca, l'effetto dell'amore che contemporaneamente da due sensazioni opposte, del freddo e del potentissimo caldo e causa un dolore che logora sempre il cuore (lima è lo stesso verbo della follia amorosa che lima il senno del poeta quando si rivolge alla sua amata Alessandra Bonucci)[41]- Pensier (dicea) che 'l cor m'aggiacci et ardi, e causi il duol che sempre il rode e lima, che debbo far, poi ch'io son giunto tardi, e ch'altri a còrre il frutto è andato prima? a pena avuto io n'ho parole e sguardi, et altri n'ha tutta la spoglia opima. Se non ne tocca ame frutto né fiore, perché affligger per lei mi vuol più il core?[41] Diceva: «O pensiero che mi ghiacci e mi bruci il cuore, e causi il dolore che lo rode e lo consuma di continuo, che cosa devo fare, visto che sono giunto tardi e che un altro è arrivato prima a cogliere il frutto? Amala pena io ne ho avuto parole e sguardi, un altro ne gode tutta la ricca spoglia. Se a me non ne tocca né il frutto né il fiore, perché vuoi affliggermi ancora il cuore?[42] La verginella è simile alla rosa, ch' in bel giardin su la nativa spina mentre sola e sicura si riposa, né gregge né pastor se le avvicina; l'aura soave e l'alba rugiadosa, l'acqua, la terra al suo favor s'inchina: gioveni vaghi e donne inamorate amano averne e seni e tempie ornate.[42] La giovane vergine è simile alla rosa, che mentre riposa sola e sicura nel bel giardino, sullo stelo su cui è nata, non è avvicinata
né da gregge né da pastore; l'aria dolce e l'alba che porta rugiada, l'acqua, la terra si chinano a renderle omaggio: bei giovani e donne innamorate vogliono sempre ornare con essa i seni e le tempie. Ma non sì tosto dal materno stelo rimossa viene e dal suo ceppo verde, che quanto avea dagli uomini e dal cielo favor, grazia e bellezza, tutto perde. La vergine che 'l fior, di che più zelo che de' begli occhi e de la vita aver de', lascia altrui còrrere, il pregio ch'avea innante perde nel cor di tutti gli altri amanti. Ma non appena viene tolta dal suo stelo materno e dal suo gambo verde, ecco che perde tutto quello che aveva dagli uomini e dal cielo, favore, grazia, bellezza. La vergine che lascia ad altri cogliere il fiore [la verginità], che dovrebbe proteggere assai più dei suoi begli occhi e della vita, perde nel cuore di tutti gli altri innamorati il valore che aveva prima. «Ut flos in saeptissecretus nascitur hortis, /ignotus pecori, nullo convolsus aratro, /quem mulcent aurae, firmat sol, educatimber, / multi illum pueri, multae optaverepuellae: / idem cum tenui carptus defloruitungui, / nulli illum pueri, nullae optaverepuellae: / sic virgo, dum intatta manet, dumcara suis est; / cum castum amisit pollutocorpore fiorem, / nec pueris iucunda manet,nec cara puellis». Catullo, LXII 39-47[44]
Sia vile agli altri, e da quel solo amataa cui di sé fece sì larga copia.Ah, Fortuna crudel, Fortuna ingrata!trionfan gli altri, e ne moro io d'inopia.Dunque esser può che non mi sia più grata?dunque io posso lasciar mia vita propia?Ah, più tosto oggi manchino i dì miei,ch'io viva più, s'amar non debbo lei! -[44]Sia vile per gli altri e sia amata da quel solo al quale si è donata in così larga misura. Ah, fortuna crudele,fortuna ingrata! gli altri trionfano e io muoio di stenti. Dunque può essere
che un tempo era uno dei suoi amanti, ed è ben riconosciuto da lei.