Oncologia - Cause e fattori
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DANNO DA RADICALI LIBERI DELL’OSSIGENO
DANNO DA AGENTI CHIMICI
DIRETTO: legandosi ad una componente cellulare critica o ad
un organello cellulare
Es.: il cloruro di mercurio si lega ai guppi sulfidrilici di diverse
proteine di membrana, causando inibizione del trasporto ATP-
dipendente ed aumento della permeabilità di membrana
INDIRETTO: molti agenti chimici devono essere prima convertiti
in metaboliti reattivi
La modificazione è di solito effettuata dal sistema P-450 a livello
del reticolo endoplasmico liscio del fegato
Il meccanismo principale è la formazione di ROS
Es.: tetracloruro di carbonio (CCl )
4
DANNO DA TETRACLORURO DI CARBONIO
QUADRI MORFOLOGICI DEL DANNO E
DELLA MORTE CELLULARE
Danno reversibile: al microscopio ottico è possibile osservare
il rigonfiamento cellulare e la degenerazione grassa
Rigonfiamento cellulare: appare quando la cellula è incapace di
mantenere l’omeostasi dei liquidi e dei sali
Degenerazione grassa: si manifesta con la comparsa di piccoli o
grandi vacuoli di lipidi nel citoplasma in seguito a ipossia e danno
tossico RIGONFIAMENTO CELLULARE
E’ la prima manifestazione in quasi tutte le forme di danno
cellulare.
Piccoli vacuoli chiari all’interno del citoplasma che rappresentano
segmenti del reticolo endoplasmico distesi ed estroflessi =
rigonfiamento vacuolare o degenerazione idropica
Al microscopio elettronico:
1) alterazioni della membrana plasmatica: estroflessione, distensione
e distorsione dei microvilli, formazione di figure mieliniche e
distacco delle giunzioni cellulari;
2) modificazioni mitocondriali: rigonfiamento e comparsa di corpi
densi, amorfi ricchi di fosfolipidi;
3) reticolo endoplasmico: dilatazione e distacco dei polisomi;
4) alterazioni nucleari: disaggregazione degli elementi fibrillari e
granulari NECROSI
La necrosi rappresenta il corrispettivo morfologico della morte cellulare
irreversibile
La sua manifestazione più comune è la necrosi coagulativa con
denaturazione delle proteine, rottura degli organelli e rigonfiamento
cellulare
L’aspetto morfologico della necrosi è il risultato di due processi:
1) digestione enzimatica della cellula,
- autolisi: enzimi dei lisosomi della cellula
- eterolisi: enzimi dei leucociti richiamati
2) denaturazione delle proteine
MORFOLOGIA DELLA NECROSI
Aumento della eosinofilia per
perdita della normale basofilia legata all’RNA citoplasmatico
ed aumento del legame dell’eosina alle proteine denaturate.
Nel caso di digestione enzimatica il citoplasma diviene vacuolato.
Al microsocopio elettronico: evidenti discontinuità della membrana
plasmatica e degli organelli, marcata dilatazione dei mitocondri
con grandi corpi densi amordi, figure mieliniche, resti osmiofili e
aggregati di materiale soffice che rappresentano proteine denaturate.
Modificazioni nucleari:per rottura non specifica del DNA
1) cariolisi: perdita della basofilia della cromatina;
2) picnosi: riduzione delle dimensioni del nucleo e aumento della
basofilia
3) carioressi: il nucleo picnotico va incontro a frammentazione
TIPI DI NECROSI
Necrosi coagulativa
Implica la preservazione della struttura di base delle cellule
coagulate per qualche giorno.
Il tessuto è asciutto e compatto e opaco. La necrosi è bene circoscritta.
E’ determinata da ipossia brusca che non consente il processo di
adattamento che porta alla glicolisi anaerobia.
TIPI DI NECROSI
Necrosi coagulativa (II)
La diminuzione del pH denatura non solo le proteine strutturali ma
anche quelle enzimatiche, bloccando la proteolisi della cellula.
La denaturazione comporta la perdita della struttura terziaria della
molecola e la conseguente esposizione delle catene laterali.
Le proteine denaturate
diventano più reattive (eosinofilia)
tendono ad aggregarsi (flocculi)
emettono nel visibile se irradiati con luce ultravioletta
(autofluorescenza) TIPI DI NECROSI
Necrosi coagulativa (III)
Caratteristica della morte cellulare da ipossia di tutti i tessuti ad
eccezione del cervello.
Es.: infarto del miocardio in cui le cellule coagulate, eosinofile e
prive di nucleo persistono per settimane.
In seguito vengono rimosse per azione dei leucociti “spazzini”.
TIPI DI NECROSI
Necrosi caseosa
E’ una forma di necrosi coagulativa che si riscontra in foci di infezione
tubercolare. E’ bianco-giallastra (ricorda il formaggio) a causa di un
fenomeno postmortale, la lipofanerasi: dai fosfolipidi strutturali si
separa la componente proteica e la componente lipidica viene
smascherata.
Non è dovuta a ischemia in quanto il granuloma tubercolare è poco
vascolarizzato, ma è dovuta ai linfociti T che producono danni tessutali
(corrispettivo del fenomeno di Koch).
A differenza della necrosi coagulativa, l’architettuta tessutale è
irriconoscibile. TIPI DI NECROSI
Necrosi colliquativa
Comporta la completa digestione enzimatica delle cellule morte.
Il tessuto è ridotto a una raccolta di materiale fluido e viscoso che ne
ha distrutto la struttura.
E’ caratteristica delle infezioni focali batteriche e talvolta di quelle
dei funghi: sono un potente stimolo per le cellule infiammatorie.
Ischemia del sistema nervoso centrale per trombosi
Necrosi del granuloma luetico (lue terziaria) detto anche “gomma”
Le spirochete hanno alta affinità per i vasi con conseguente vasculite
ed ischemia progressiva. TIPI DI NECROSI
Necrosi colliquativa (II)
Il processo infettivo o l’ipossia devono avere una progressione lenta e
permettere la diminuzione del pH e l’attivazione delle idrolasi
lisosomiali della cellula parechimale e dei leucociti.
Se il processo infiammatorio acuto è stato precoce, il tessuto prende un
aspetto giallo cremoso per la presenza di cellule leucocitarie morte
pus
Necrosi gangrenosa: necrosi coagulativa su cui si sovrappone
una infezione batterica (ischemia degli arti inferiori).
TIPI DI NECROSI
Steatonecrosi
Nella pancreatite acuta avviene il rilascio di lipasi all’interno del
pancreas e in cavità peritoneale
digestione delle membrane degli adipociti con liberazione di
acidi grassi, i quali reagiscono con il calcio producendo aree
bianche come il gesso (saponificazione dei grassi).
All’esame microscopico, si osservano cellule adipose necrotiche
dai contorini sfumati, con depositi basofili di calcio, circondati
da una reazione infiammatoria. APOPTOSI
E’ chiamata anche morte cellulare programmata, in quanto
l’eliminazione di cellule non desiderate dell’organismo avviene
attraverso l’attivazione di una sequenza di eventi coordinati e
sequenziali messi in atto da una serie di prodotti genici
specializzati.
Alcuni meccanismi sono comuni alla necrosi e all’apoptosi.
La scelta dipende dall’intensità dello stimolo, dalla rapidità
della risposta e dall’entità di deplezione di ATP.
APOPTOSI E NECROSI
Necrosi Apoptosi
Cellula Rigonfiamento Riduzione dimensioni
Nucleo Addensamento cromatina Condensazione periferica e
frammentazione cromatinica
Membrana Danno precoce Gemmazione della membrana e
copi apoptotici
Organelli Rigonfiamento e rottura Addensamento
Citoplasma Eosinofilo Eosinofilo
Vacuolazzizazione
Fagocitosi No Sì
Infiammazione Sì No
ASPETTI MORFOLOGICI DELL’APOPTOSI
Coinvolgimento di singole cellule o gruppi di cellule.
La cellula apoptotica appare come una masserella rotondeggiante o
ovoidale, intensamente eosinofila e con frammenti di cromatina
nucleari molto densi.
La reazione apoptotica è molto rapida (2-4 ore) ed i corpi apoptotici
sono rapidamente degradati e fagocitati:
è possibile un grado elevato di apoptosi prima che questa divenga
evidente a livello istologico.
Inoltre, l’apoptosi, a differenza della necrosi, non innesca la
infiammazione. FUNZIONI DELL’APOPTOSI
FISIOLOGICHE
Embriogenesi: impianto dell’embrione
organognesi
involuzione di strutture durante lo sviluppo
Involuzione ormono-dipendente nell’adulto:
ciclo mestruale (endometrio)
menopausa (atresia follicoli ovarici)
mammella (svezzamento)
Mantenimento omeostasi cellulare all’interno di un tessuto:
cripte intestinali
sistema immunitario (deplezione di citochine,
deplezione clonale di linfociti T nel timo
durante lo sviluppo)
FUNZIONI DELL’APOPTOSI
FISIOPATOLOGICHE
Neutrofili: nella risposta infiammatoria acuta
Mediata da linfociti T citotossici: reazioni immunitarie cellulo-mediate
e nella reazione del trapianto verso l’ospite
Atrofia patologica in organi parenchimatosi dopo ostruzione dei dotti
Neoplasie, sia in fase di regressione che di attiva crescita (tumore
“dormiente” pre-angiogenetico)
In corso di infezioni batteriche: può essere dannosa per l’epitelio
(Shigella flexneri, Salmonella tiphy) o dannosa per il batterio
(Pseudomonas aeruginosa)
Cause di danno cellulare: calore, radiazioni, farmaci, ipossia,
prodotti batterici e virus (questi fattori ad ad alte dosi provocano
necrosi) APOPTOSI:
CARATTERISTICHE BIOCHIMICHE E
METODI DI STUDIO
Taglio delle proteine
Attivazione della cascata delle caspasi:
matrice nucleare
proteine del citoscheletro (nella necrosi si ha degradazione
aspecifica di tutte le proteine)
Formazione di legami crociati tra proteine
Attivazione di transglutaminasi: legami crociati tra le
proteine, evento che porta alla formazione dei corpi apoptotici
APOPTOSI:
CARATTERISTICHE BIOCHIMICHE E
METODI DI STUDIO
Rottura del DNA
Frammenti di 50-300 kb. A ciò segue il taglio del DNA a livello
internucleosomiale in frammenti di multipli di 180-200 paia di basi
++ ++
ad opera di endonucleasi Ca e Mg dipendenti
“Ladder” (scala) di DNA su gel di agarosio
“Tunel”: saggio di istochimica che identifica la rottura del DNA
Mediata dalla deossiribonucleasi caspasi-dipendente (CAD), la quale
si trpva legata nel citosol al suo inibitore. La caspasi 3 distacca
l’inibitore e rilascia CAD che trasloca nel nucleo.
Alterazione del potenziale di membrana mitocondriale
Evento precoce che riguarda la formazione della transizione di
permeabilità mitocondriale APOPTOSI:
CARATTERISTICHE BIOCHIMICHE E
METODI DI STUDIO
Ricognizione fagocitaria
Esposizione sul foglietto esterno della membrana della cellula
apoptotica di fosfatidilserina (PtdS) e suo riconoscimento da parte di
cellule parenchimali vicine e macrofagi.
A livello molecolare la PTdS viene riconosciuta dal macrofago
direttamente mediante un recettore specifico (PtdSR) o
a b
indirettamente mediante le integrine e molecole adattatrici (tra
v 3
cui la trombospondina). APOPTOSI:
CARATTERISTICHE BIOCHIMICHE E
METODI DI STUDIO
Ricognizione fagocitaria (II)
La fagocitosi delle cellule apoptotiche induce una diminuzione
dell’infiammazione mediante:
- riduzione della secrezione di TNF-a
- aumento della secrezione di TGFb1 e IL-10
PtdS viene legata in maniera specifica da annexina V (saggio
di citofluorimetria a flusso con annexina V legata a fluorocromi)
MECCANISMI DELL’APOPTOSI
L’apoptosi è l’evento finale di una cascata di eventi molecolari
e cellulari, dipendente da energia, iniziata da stimoli specifici.
Fasi dell’apoptosi:
1) Segnali di inizio (attivano l’apoptosi)
2) Controllo ed integrazione (molecole regolatrici ad attività
positiva o negativa regolano l’esito dell’innesco)
3) Fase effettrice comune (mediata dalle caspasi)
4) Rimozione mediante fagocitosi
SEGNALI DI INIZIO DELL’APOPTOSI
1) Interazione recettore-ligando
Fas/ligando del Fas (CD95/CD95L)
TNF/TNFR superfamiglia del recettore del TNF
Possono attivare le caspasi “inizianti” o “effettrici” mediante il
legame a proteine adattatrici che contengono i cosiddetti
“domini di morte”
2) Mancanza di fattori di crescita o di ormoni, i quali normalmente
sopprimono la morte cellulare e inviano segnali di sopravvivenza
(integrazione e bilancio tra membri della famiglia Bcl-2)
SEGNALI DI INIZIO DELL’APOPTOSI
3) Vie del danno cellulare:
• radicali liberi dell’ossigeno
• ipossia
• ++
aumento del Ca citoplasmatico
• perforine/granzima B
Alterazione permemabilità di membrana mitocondriale o
attivazione di caspasi “effettrici” (granzima B)
SEGNALI DI INIZIO DELL’APOPTOSI
4) Danno della membrana plasmatica:
• radiazioni
• ROS
• tossine batteriche
Attivazione della sfingomielinasi acida e produzione di ceramide
che innesca l’apoptosi attraverso i mitocondri.
5) Danno del DNA
Accumulo di p53-p73 nel nucleo. Se la riparazione del DNA non
ha successo, p53 induce la trascrizione di fattori pro-apoptotici
CONTROLLO ED INTEGRAZIONE DELL’APOPTOSI
1) Attivazione delle caspasi “effettrici”:
- mediante proteine adattatrici nel modello Fas/FasL
- uccisione di cellule bersaglio da parte dei linfociti T
citotossici
2) Intervento dei membri della famiglia di proteine tipo Bcl-2,
modulando la funzione mitocondriale
I segnali possono determinare:
a) transizione di permeabilità mitocondriale (MPT)
b) aumento della permeabilità di membrana con rilascio di
citocromo c.
Il rilascio di citocromo c è un evento che precede le modificazioni
morfologiche dell’apoptosi.
FAMIGLIA DI PROTEINE BCL-2
Bcl-2 è una proteina integrale di membrana, espressa sulla
membrana mitocondriale esterna e la sua funzione è di
tenere chiusi i pori di membrana, prevenendo il rilascio di
citocromo c.
Altri membri della famiglia sono Bax e Bad, i quali legano Bcl-2
e ne inibiscono l’azione. L’effetto è il rilascio di citocromo c.
L’azione di Bax e Bad è a sua volta controllata da altre proteine,
denominate “BH3-only”, tra cui Bid e Bim. Bid e Bim possono
attivare Bax e Bad o direttamente o indirettamente legando Bcl-2.
BCL-2 E LA REGOLAZIONE DELL’APOPTOSI
Bcl-2 sopprime l’apoptosi mediante due meccanismi:
1) direttamente, agendo sui mitocondri prevenendo l’aumento
permeabilità e
2) indirettamente, interagendo con altre proteine.
Bcl-2 agisce proteina di attracco (docking) per altre proteine
coinvolte nell’apoptosi, tra cui Apaf-1 (fattore pro-apoptotico
di attivazione delle proteasi). In presenza di citocromo c libero
nel citosol, Apaf-1 si lega ad esso innescando la formazione
dell’apoptosoma, un complesso multiproteico che recluta
pro-caspasi 9 attivandola a caspasi 9, la quale a sua volta innesca
la cascata delle caspasi effettrici.
BCL-2 E LA REGOLAZIONE DELL’APOPTOSI
FASE EFFETTRICE DELL’APOPTOSI
Caspasi d’inizio:
9 che si lega ad Apaf-1 (apoptosoma)
8, attivata da Fas/FasL (DISC)
Caspasi effettrici:
2, 3, 6, 7, 8, 10 endonucleasi (CAD)
Caspasi 3
Caspasi 6 Caspasi 2
Caspasi 10 Caspasi 8 taglio proteine
APOPTOSI
FASE EFFETTRICE DELL’APOPTOSI:
LE CASPASI
Le caspasi sono cistein-proteasi con specificità di taglio dopo un
residuo di aspartato.
Sono presenti nella cellula sotto forma di zimogeni, i quali
vengono attivati a cascata.
L’evento iniziale è l’attivazione autocatalitica delle caspasi d’inizio:
taglio della proteina in due subunità che si riarrangiano a formare
il sito catalitico.
E’ necessaria la presenza di Apaf-1 nell’apoptosoma per attivare
caspasi 9 o di FADD per caspasi 8
induzione per prossimità
ESEMPI SPECIFICI DI APOPTOSI
Fas/FasL (CD95 (APO-1)/CD95L)
FADD: Fas
adapter protein
with a death
domain (DD) ESEMPI SPECIFICI DI APOPTOSI
Fas/FasL (CD95/CD95L)
Fas
FADD
CAP 3/4 DISC: death inducing
(cytotoxicity-dependent signaling complex
APO-1 associated protein)
pro-caspasi 8
Legandosi a Fas sulle cellule T, FasL attiva il programma di
morte. Questo sistema elimina i linfociti attivati in corso di una
reazione immunitaria, limitando la risposta dell’ospite.
ESEMPI SPECIFICI DI APOPTOSI
TNF/TNFR
TRADD: TNFR-adapter protein with a death domain
ESEMPI SPECIFICI DI APOPTOSI
TNF/TNFR
TNF stimola sia il programma di morte che la sopravvivenza
cellulare e la proliferazione. Mentre l’attivazione dell’apoptosi
non richiede sintesi proteica, questa è necessaria per la
sopravvivenza ed è mediata dall’attivazione di NF-kB.
La bilancia si sposta a favore della sopravvivenza in base alla
presenza di NF-kB attivato o meno.
ESEMPI SPECIFICI DI APOPTOSI
Apoptosi indotta da linfociti T citotossici
I linfociti T citotossici (CTL) eliminano le cellule infette
dell’ospite in due maniere:
1) esprimono sulla loro superficie FasL, il quale riconosce
Fas espresso sulla cellula da eliminare;
2) Secernono perforina e rilasciano nei pori granuli
citosolici nella cellula bersaglio mediante esocitosi. I granuli
contengono granzima B, una serin-proteasi che può attivare
le caspasi effettrici.
ESEMPI SPECIFICI DI APOPTOSI
Apoptosi indotta da mancanza di fattori di crescita
La sopravvivenza di molte cellule dipende da fattori di crescita,
ormoni e citochine.
La loro diminuzione o assenza determina apoptosi, a causa della
traslocazione di membri della famiglia delle proteine Bcl-2 dal
citosol alla membrana mitocondriale esterna, modificando
la bilancia tra i membri Bcl-2 in senso pro-apoptotico con rilascio
di citocromo c. ESEMPI SPECIFICI DI APOPTOSI
Apoptosi indotta da danno del DNA
L’esposizione delle cellule a radiazioni ionizzanti o a agenti
chemioterapici può indurre danno del DNA (stress genotossico).
Il prodotto del gne p53 si accumula in seguito a danno del DNA
e arresta il ciclo cellulare in G1 per dare tempo alla riparazione.
Se questa fallisce, p53 induce apoptosi.
p53 è un gene oncosoppressore: difatti in vari tipi di cancro esso è
mutato o assente e ciò induce sopravvivenza cellulare.
DISREGOLAZIONE DELL’APOPTOSI
Patologie associate all’inibizione dell’apoptosi e all’incremento
della sopravvivenza cellulare
Bassi livelli di apoptosi pososno prolungare la sopravvivenza
di cellule anormali o che dovrebbero essere eliminate in
condizioni fisiologiche
• Cancro: carcinomi con mutazioni di p53 o tumori ormono-
dipendenti (mammella, prostata, ovaio)
• Malattie autoimmuni: i linfociti autoreattivi non sono eliminati
al termine di una risposta immunitaria
DISREGOLAZIONE DELL’APOPTOSI
Patologie associate ad aumento dell’apoptosi e morte cellulare
eccessiva
Notevole perdita di cellule normali o a funzione difensiva
• Malattie neurodegenerative: atrofia muscolare spinale, in cui sono
state trovate mutazioni di NIAP (proteina neuronale inibitrice
dell’apoptosi), la quale normalmente inibisce la morte cellulare
indotta da TNF, inducendo sopravvivenza.
• Danno ischemico: infarto del miocardio e ictus
• Deplezione di linfociti: sindrome da immunodeficeinza acquisita
(AIDS) RISPOSTE SUBCELLULARI
AL DANNO CELLULARE
Alcune alterazioni proprie degli organelli subcellulari
possono coesistere con le alterazioni da danno letale acuto
Altre rappresentano forme più subacute o croniche di danno
cellulare o sono risposte di adattamento che coinvolgono
specifici meccanismi omeostatici
CATABOLISMO LISOSOMIALE
I lisosomi primari derivano dall’apparato di Golgi e contengono
una serie di enzimi idrolitici, tra i quali idrolasi acide, glucuronidasi,
solfatasi, ribonucleasi e collagenasi.
I lisosomi primari si fondono con vacuoli che contengono
materiale che deve essere digerito, formando i lisosomi
secondari o fagolisosomi.
ETEROFAGIA E AUTOFAGIA
Eterofagia: comune nei fagociti “professionali”.
Captazione e digestione di batteri da parte dei leucociti neutrofili
Rimozione di cellule o corpi apoptotici da parte dei macrofagi.
Autofagia: coinvolto nella rimozione di organelli danneggiati
durante il danno cellulare e nel rimodellamento cellulare associato
alla differenzazione.
Fenomeno importante nelle cellule che vanno incontro ad atrofia in
seguito a deprivazione di sostanze nutritive o ormonale.
Corpi residui: lisosomi con residui non digeriti.
Granuli di lipofuscina (pigmenti giallastri o bruni) derivano dalla
perossidazione di lipidi intracellualari e si manifestano progressivamente
col tempo (invecchiamento cellulare).
PATOLOGIA DEI LISOSOMI
Malattie ereditarie da accumulo lisosomiale
Carenza o assenza di un enzima coinvolto nella degradazione di
macromolecole.
Glicogenosi
Sfingolipidosi (o lipidosi)
Solfatidosi
Mucopolisaccaridosi
Patologie acquisite o indotte da farmaci (iatrogeniche)
Da inibizione degli enzimi lisosomiali.
Clorochina: un antimalarico che entra nei lisosomi e innalza il pH
intralisosomiale, inattivando gli enzimi.
MALATTIE EREDITARIE DA
ACCUMULO LISOSOMIALE
Mutazioni che causano una minore sintesi dell’enzima.
Sintesi di proteine enzimatiche inattive che hanno reazioni
immunologiche uguali a quelle dell’enzima normale.
Alterate modificazioni post-traduzionali della proteina enzimatica.
(Mancato attacco del “marcatore” mannoso-6-fosfato).
Mancanza di una proteina che attivi l’enzima.
Mancanza di una proteina che attivi il substrato.
Mancanza di una proteina di trasporto richiesta per l’uscita di
materiale digerito dai lisosomi.
MALATTIE EREDITARIE DA
ACCUMULO LISOSOMIALE
L’accumunlo di metaboliti intermedi non degradati è dovuto a:
il sito dove si localizza maggiormente il materiale da degradare
dove normalmente avviene la maggior parte della degradazione
Nelle gangliosidosi GM e GM si ha accumulo soprattutto nello
1 2
encefalo, organo ricco di gangliosidi.
Le mucopolisaccaridosi hanno conseguenze su tutti gli organi, in
quanto i mucopolisaccaridi sono ubiquitari.
Nella malattia di Gaucher (una solfatidosi) si ha accumulo di
glucocerebrosidi la cui fonte principale sono i leucociti invecchiati,
aumento delle dimensioni di milza e fegato per l’infarcimento dei
macrofagi INDUZIONE (IPERTROFIA)
DEL RETICOLO ENDOPLASMICO LISCIO (REL)
Uso prolungato di barbiturici induce uno stato di accresciuta
tolleranza o assuefazione.
Questo adattamento è dovuto all’ipertrofia del REL degli epatociti.
I barbiturici vengono metabolizzati mediante demetilazione
ossidaativa dal sistema P450 del REL.
I barbiturici stimolano la sintesi di REL e quindi il metabolismo di
prodotti endogeni come la bilirubina e acidi biliari.
I soggetti che fanno uso di alcol o fumano avranno un aumento del
catabolismo di alcuni farmaci nel REL
dosi subterapeutiche del farmaco
ALTERAZIONI MITOCONDRIALI
La disfunzione mitocondriale gioca un ruolo nel danno cellulare
acuto e nell’apoptosi.
Nell’atrofia e nell’ipertrofia cellulare c’è diminuzione e aumento
rispettivamente del numero dei mitocondri
Miopatie mitocondriali: malattie metaboliche ereditarie associate
ad aumento del numero dei mitocondri che sono spesso grandi,
hanno creste anomale e contengono cristalloidi.
Oncocitomi: tumori benigni (ghiandole salivari, tiroide, para-
tiroidi e reni) costituiti da cellule con mitocondri di grosse
dimensioni (aspetto eosinofilo).
ANOMALIE DEL CITOSCHELETRO
Il citoscheletro è costituito da:
Filamenti sottili: actina (6-8 nm) e miosina (15 nm) di diametro
Filamenti intermedi: 10 nm
Microtubuli: 20-25 nm
ANOMALIE DEL CITOSCHELETRO
Filamenti sottili
Essenziali per le varie fasi del movimento dei leucociti e per
eseguire correttamente la fagocitosi.
Citocalasina B: previene la polimerizzazione dell’actina.
Falloidina: tossina del fungo Manita falloide, si lgea ai filamenti
di actina. ANOMALIE DEL CITOSCHELETRO
Microtubuli
Coinvolti in:
motilità degli spermatozoi (sterilità maschile)
mobilità delle ciglia dell’epitelio respiratorio (sindrome di
Kartagener o delle ciglia immobili)
migrazione e fagocitosi leucocitaria
Colchicina si lega alla tubulina e previene l’assemblaggio
dei microtubuli: negli attacchi acuti di gotta previene la
migrazione e la fagocitosi in risposta alla deposizione di
cristalli di urato.
Essenziali nella divisione cellulare a livello di fuso mitotico.
Alcaloidi della vinca: si legano ai microtubuli e inibiscono la
proliferazione cellulare (farmaci antineoplastici)
ANOMALIE DEL CITOSCHELETRO
Filamenti intermedi
Formano le scheletro della cellula e le conferiscono resistenza.
Sono specifici per tipo cellulare:
Cheratine: cellule epiteliali
Desmina: cellule muscolari
Vimentina: cellule connettivali
Neurofilamenti: neuroni
Filamenti della glia: astrociti
ANOMALIE DEL CITOSCHELETRO
Filamenti intermedi
Si accumulano in:
Malattia epatica da alcol: corpi di Mallory o ialinosi alcolica
Negli epatociti si evidenzia una rete eosinofila disposta attorno ai
nuclei formata da filamenti intermedi (ammassi di filamenti intermedi
di citocheratina e di ubiquitina).
Morbo di Alzheimer: nei neuroni ammassi neurofibrillari che
contengono proteine associate ai microtubuli e ai neurofilamenti,
come riflesso della distruzione del citoscheletro.
Corpi di Lewy: aggregati di neurofilamenti nei neuroni
contenenti melanina nel morbo di Parkinson
RISPOSTA DA STRESS CELLULARE
AL DANNO
In risposta ad alcuni stimoli patologici le cellule:
• reprimono geni che codificano per proteine strutturali normali
(geni di mantenimento)
• esprimono ad alto livello geni che codificano per proteine
dotate di funzione di organizzazione cellulare e protettiva
(geni dello stress cellulare)
HEAT SHOCK PROTEINS (HSP) = PROTEINE DA STRESS CELLULARE
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher kalamaj di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Patologia Generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Foggia - Unifg o del prof Conese Massimo.
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