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APPUNTI INDUSTRIE AGRARIE
CONCETTO DI INDUSTRIE ALIMENTARI
La trasformazione ha come oggetto la materia prima, che deriva dall’agricoltura e dall’allevamento. Questa può essere consumata immediatamente oppure conservata, in quest’ultimo caso si devono mantenere i caratteri nutrizionali ed organolettici del materiale di partenza praticando un processo di trasformazione (attività, considerata un tempo, agricola perché svolta nell’ambito aziendale). Oggi, tali attività, prevedono l’impiego di materie prime sempre maggiori e inoltre è aumentato considerevolmente l’esigenza di avere un prodotto sicuro sotto l’aspetto sanitario. Quindi si tende a ragionare con criteri industriali, razionalizzando ogni fase dei processi.
Nel nostro paese, la struttura politica del settore delle trasformazioni alimentari, è molto frammentata, ci sono molte imprese con pochi dipendenti ognuna, in altri settori, invece, si registra un numero di dipendenti per ognuna medio-alto (>50 dipendenti), mentre per regola è bene pensare ad un massimo di 20-25 dipendenti per azienda. In Italia, per motivi strettamente economici, prevalgono le società di capitale e le cooperative, che sono organizzazioni di produttori, le cui forme giuridiche hanno portato nel tempo dei vantaggi quali il posizionamento nel mercato e l’aggiunta di valore ai prodotti.
In base al grado di trasformazione da conseguire le industrie alimentari si distinguono in:
- -Industria di prima trasformazione—> si occupa di trasformare le materie prime in un unico passaggio di trasformazione industriale (es: estrazione degli oli, molitoria, saccarifica e latterio casearia…)
- -Industria di seconda trasformazione—> si occupa di elaborare gli ingredienti ottenuti, a loro volta, da altri processi di prima trasformazione (es: gelati, siero in polvere, proteine da siero, lattosio…)
Quindi i processi alimentari possono prevedere che:
- -Una materia prima passi direttamente alla conservazione del prodotto, oppure;
- -Prevedere una produzione secondaria che ad anch’essa segue la conservazione.
Il fine principale è quello della distribuzione e della vendita.
LA QUALITÀ' ALIMENTARE
La qualità alimentare è un concetto che si è evoluto insieme al cambiamento delle esigenze dei consumatori, i quali richiedono prodotti sempre più sani, nutrienti e che siano ottenuti rispettando parametri come il rispetto per l’ambiente e per il benessere animale. Oltre alla qualità soggettiva, percepita e determinata dal consumatore, esiste la qualità oggettiva, definita dalla GDO (Grande Distribuzione Organizzata) riguardante la tecnologia e la sicurezza ambientale. Quindi, dalle esigenze dei consumatori e dalla sicurezza alimentare, si genera il concetto di QUALITÀ’ TOTALE, comprendente molti fattori che dipendono da tante singole qualità, come quella chimica, nutrizionale, microbiologica, legale, tecnologica ed organolettica. In conclusione, si può dire che la qualità oggettiva è dettata da parametri standard legati alla sicurezza alimentare, mentre la qualità soggettiva è in continua mutazione poiché influenzata da
TECNICHE DI TRASFORMAZIONE DELLE SOSTANZE GRASSE DI ORIGINE VEGETALE
Tradizionalmente il primo prodotto a cui si pensa quando si parla di produzione di una sostanza grassa di origine vegetale è l'olio di oliva, ma in realtà si parla di estrazione. Il termine trasformazione riporta alla trasformazione di altre sostanze grasse di origine vegetale, come per esempio la produzione di margarina o dell'olio di semi.
La composizione chimica dell’alimento in questione è un fattore importante perché a seconda di essa si utilizzeranno delle tecniche diverse. Dal punto di vista della composizione chimica le SOSTANZE GRASSE sono miscele di trigliceridi (che è l’elemento fondamentale), cioè composti formati da GLICEROLO + ACIDI GRASSI e quest’ultimi possono essere saturi o monoinsaturi e polinsaturi.
- SFA (Saturated Fatty Acids): Acidi grassi saturi e che quindi non presentano nessun doppio legame nella catena idrocarburica;
- MUFA (MonoUnsaturated Fatty Acids): Acidi grassi monoinsaturi e che quindi presentano un solo doppio legame nella catena idrocarburica;
- PUFA (PoliUnsaturated Fatty Acids): Acidi grassi polinsaturi che presentano più di un doppio legame nella catena idrocarburica e tra questi vi sono anche gli EFA (Essential Fatty Acids) tra cui ricordiamo gli omega 3 e gli omega6.
La natura del composto non dipende tanto dal glicerolo, ma dalla natura dell’acido grasso. A seconda di che tipo di acido grasso si ha, si avrà una sostanza liquida o solida. Se nella sostanza grassa sono più presenti gli insaturi, a punto di fusione più basso, la molecola non ha una forma compatta e molecole non si compattano bene, e il trigliceride si presenterà liquido e quindi si avranno gli oli, liquidi a temperatura ambiente; se invece sono più presenti gli acidi grassi saturi, le molecole si compattano e le molecole si impilano l’una a ridosso dell’altra, il trigliceride si presenterà solido e quindi si avranno i grassi, di consistenza pastosa a temperatura ambiente. Riflettendo sull’effetto salutistico degli AG polinsaturi, abbiamo l’omega 6 e l’omega 3 che hanno particolari effetti benefici. L’omega 6 si trova in prodotti alimentari di origine vegetale come l’olio di girasole e di soia, mentre l’omega 3 è abbondante in olio di lino, frutta secca a guscio, salmone e pesce azzurro.
Gli AG saturi, invece, sono contenuti nelle carni rosse, nei formaggi gelati e cibi industriali, in particolare, i grassi trans-industriali (grassi vegetali parzialmente idrogenati) hanno effetti dannosi sulla salute dell’uomo.
I lipidi vegetali si ricavano generalmente dai semi e dalla polpa dei frutti oleosi mediante tecniche estrattive che comprendono metodi meccanici (spremitura, pressatura a freddo) e chimici (estrazione con solventi).
Gli acidi grassi sono presenti nei lipidi vegetali nella forma libera solamente in tracce, mentre si trovano prevalentemente nella forma esterificata con il glicerolo nei trigliceridi, o con alcoli a lunga catena contenenti un solo gruppo ossidrilico (alcoli grassi) nelle cere.
Quindi le sostanze grasse presenti nella cellula vegetale sono:
- Trigliceridi: esteri della glicerina (alcohol a 3 atomi di carbonio con tre gruppi OH) con tre acidi grassi (acidi carbossilici caratterizzati da una lunga catena di carbonio);
Rettificazione dell'olio di oliva
Gli oli non commestibili (lampanti, di sansa, con difetti, ecc.) possono diventarlo dopo rettificazione.
- Fasi:
- depurazione (centrifugazione o filtrazione)
- demucillaginazione (mediante lavaggi con acqua)
- disacidificazione (mediante alcali)
- decolorazione (con carbone o argilla attivi)
- deodorazione (sottovuoto con vapore acqueo)
- demargarinazione (raffreddando e centrifugando)
La rettificazione, più volgarmente indicata con il nome di raffinazione, consiste nel sottoporre un olio (olio di oliva o olio di semi) ad un insieme di operazioni sia fisiche e/o chimiche che hanno lo scopo di:
- Rendere commestibili gli oli di oliva lampanti, gli oli di sansa e gli oli di morchia.
- Migliorare le caratteristiche organolettiche degli oli commestibili.
- Aumentare la serbevolezza del prodotto.
- Rendere gli oli immuni da difetti di odore, colore e sapore.
Con l'operazione di rettificazione però non vengono allontanate solo sostanze chimiche negative derivanti dai processi di degradazione dell'olio, ma anche sostanze chimiche naturali (es. tocoferoli o vitamina E, vitamina A e polifenoli) che sono importanti in quanto conferiscono al prodotto le caratteristiche organolettiche che lo contraddistinguono.
Per questo la rettificazione deve essere intesa come una vera e propria correzione dell’olio, che se una parte presenta dei pregi ma dall’altra presenta anche dei limiti d’impiego.
LA PRODUZIONE DELL’OLIO D’OLIVA
L'olio d'oliva si ricava da frutti di diverse varietà del genere Olea, soprattutto della specie Olea europea.
L’olivo è un albero o arbusto sempreverde, considerato tipico della flora mediterranea, ma con una grande capacità di adattarsi agli ambienti più diversi. È una pianta assai “vivace”, in grado di riformare la chioma a partire da qualsiasi parte del fusto (pollard tree); questa caratteristica conferisce una grande longevità agli individui che possono rinnovare i tronchi danneggiati, malati o tagliati, operando i mille anni di vita in piantagione, o riuscendo a garantire la sopravvivenza di gruppi di piante spontanee (relitti), ricordo dei rifugi glaciali.
La superficie olivicola mondiale è cresciuta negli ultimi trent’anni di oltre il 30%, con aumenti distribuiti nei diversi continenti e un raddoppio della produzione realizzato nello stesso arco di tempo, aumentò quindi più che proporzionale all’incremento delle superfici. Questo è dovuto alle migliorate tecniche di coltivazione nelle piantagioni tradizionali e all’entrata in produzione delle più razionali nuove piantagioni effettuate sia nel bacino del Mediterraneo sia nel resto del Mondo.
L’olivo è una specie incline all’alternanza di produzione: le annate con fruttificazione abbondante e ridotta attività vegetativa (carica) sono seguite da annate con fruttificazione scarsa ma con frutti mediamente più grandi ed eccesso di vegetazione (scarica).
IL FRUTTO
Il frutto è una drupa di grandezza e forma variabile, in dipendenza della cultivar e delle condizioni pedo-climatiche del sito di coltivazione. Dall’esterno verso l’interno distinguiamo:
- L’epicarpo o buccia;
- Il mesocarpo o polpa, che rappresenta il 70-85% del frutto;
- L’endocarpo o nocciolo che contiene il seme.