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HERPESVIRIDAE

8 virus di questa famiglia interessano l’uomo e sono divisi in sottofamiglie:

1) Alfa-herpesviridae : comprende il virus dell’Herpes Simplex 1 e 2 e il virus della varicella-

zoster

2) Beta-herpesviridae: comprende il citomegalovirus

3) Gamma-herpesviridae: comprende il virus di Epstein-Barr

Gli Herpesviridae hanno forma icosaedrica; sono virus a DNA ds e presentano un envelope quindi

sono molto fragili come virus. Vengono trasmessi generalmente in giovane età attraverso

secrezioni infette, per via transplacentare o in seguito a trapianti: una volta che causano l’infezione

primaria, vanno in latenza dove rimangono inattivi , fino a quando sono riattivati nel corso della vita

e causano ulteriori infezioni.

V.Herpes Simplex di tipo 1

E’ un virus che provoca generalmente lesioni cutanee o mucose caratterizzate da vescicole riunite

a grappolo: quindi causa l’erpete labiale, la gengivo-stomatite erpetica e la cheratocongiuntivite.

Dopo l’infezione primaria, il virus va in latenza nei gangli sensitivi cefalici (trigemino) e può essere

riattivato nel corso della vita in seguito a situazioni di stress, febbre, immunodepressione

V.Herpes Simplex di tipo 2

Viene trasmesso per via sessuale e causa l’erpete genitale: dopo l’infezione primaria , il virus va in

latenza nei gangli sacrali e puo essere riattivato nel corso della vita.

Nella donna provoca vescicole ulcerate al collo dell’utero, vagina e genitali esterni; mentre

nell’uomo provoca vescicole sul pene e sull’uretra: spesso in associazione con il cancro al collo

dell’utero o della prostata

V.varicella-zoster

E’ l’agente eziologico della varicella (che si contrae da bambini) : viene trasmesso per via aerea

mediante goccioline infette e , una volta penetrato, provoca infezione della mucosa delle prime vie

aeree e replicazione virale nei linfonodi regionali. Dopo 4-6 giorni va nel sangue e raggiunge il

fegato dove si replica ulteriormente, dopo di chè va ancora nel sangue (viremia secondaria) e

provoca sulla cute la comparsa di vescicole.

Quindi dopo circa 2 settimane di incubazione, il soggetto manifesta cefalea, faringite, febbre ed

esantema ad ondate successive di macule, papule, vescicole e croste: poi il virus migra lungo le

fibre nervose sensitive verso i gangli dorsali dove stabilisce la latenza.

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In età adulta può riattivarsi e ripercorrere la fibra sensitiva a ritroso: provoca il manifestarsi nella

zona cutanea innervata dalla fibra del Zoster con vescicole ad ondate successive sulla cute lungo

il percorso del nervo e nella zona innervata , causando dolori violenti e parestesia.

Citomegalovirus

Il nome deriva dalla dimensione delle cellule infette con tipici inclusi nucleari: l’infezione è molto

diffusa nell’uomo ed è acquisita precocemente. La trasmissione del virus avviene nei neonati per

via transplacentare o durante il parto; nel bambino con le secrezioni (latte, lacrime, saliva, urina),

nell’adulto per via sessuale, sangue, trapianti d’organo.

Il virus si riproduce nelle cellule epiteliali dei dotti ghiandolari e svolge la sua latenza nei linfociti T,

macrofagi, cellule del rene o del cuore.

Nel neonato che si infetta per via transplacentare, il virus causa un’infezione congenita in cui il

neonato mostra nel 10% dei casi segni clinici della malattia entro il 1 mese di vita con rischio di

epato-spleno megalia, microcefalia e cecità.

Nei neonati che si infettano durante il parto o in seguito a secrezioni (come il latte materno), il virus

non provoca malattia se il bambino è sano ed è nato a termine.

Nei bambini e negli adulti solitamente causa infezioni asintomatiche (faringiti, linfoadeniti)

Nell’immunocompromesso causa infezioni opportunistiche gravi come polmoniti, coliti, esofagiti,

retiniti

V. Hepstein-Barr

Il virus viene trasmesso attraverso la saliva solitamente (malattia del bacio) e si replica nelle cellule

epiteali faringee; infetta e stimola la crescita dei linfociti B , nei quali esercita la latenza.

Nell’infanzia, in genere, l’infezione è asintomatica; nei giovani provoca la mononucleosi infettiva

caratterizzata da febbre, faringite, astenia, splenomegalia, aumento del numero di monociti atipici

in circolo; nell’immunodepresso causa disordini linfoproliferativi e il linfoma di Hodgkin.

In cina si è verificato che il virus può causare il carcinoma nasofaringeo; mentre in Africa il virus

provoca il Linfoma di Burkit che è un tumore del tessuto linfoide a localizzazione mandibolare.

HIV VIRUS

Il virus HIV è un retrovirus ossia un virus a RNA, di forma sferica.

Presenta un envelope esterno con due

glicoproteine di superficie molto importanti,

ossia la gp120 e la gp41; sulla matrice è

espressa la proteina p17; sul capside invece

la proteina p24.

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Nel core sono presenti due copie di RNAss+, due copie di tRNA, la trascrittasi inversa e la

integrasi.

Il genoma dell’HIV contiene 9 geni: 3 di tipo strutturale e 6 di tipo regolatorio

Quelli strutturali comprendono:

• Gene gag

• Gene pol che codifica per la trascrittasi inversa , proteasi ed integrasi

• Gene env che codifica per le glicoproteine dell’envelope

Quelli di tipo regolatorio comprendono:

• Tat

• Rev che regola lo splicing

• Vif che promuove l’assemblaggio delle componenti virali a costituire la particella virale vera

e propria

• Vpu che facilita il rilascio del virus

• Vpr/vpx che consente il trasporto del cDNA nel nucleo

Il virus è stato scoperto in Africa , sotto il nome di SIV, ed isolato dagli scimpanzè nei quali non

causava alcun tipo di infezione: è stato poi trasmesso all’uomo soprattutto perché i cacciatori si

nutrivano di carne dello scimpanzè.

Il virus è stato poi isolato nell’uomo nel 1980 come responsabile di un enorme aumento di infezioni

opportunistiche in omosessuali, eroinomani e emofiliaci.

Oggi si conoscono due varianti: HIV1 che si trova ovunque e l’HIV2 che si trova quasi

esclusivamente in Africa e in Sud America.

Il virus dell’HIV viene trasmesso col sangue, con lo sperma, con le secrezioni vaginali e per via

perinatale, per cui sono soprattutto a rischio i tossicodipendenti, i soggetti sessualmente promiscui,

i neonati da madri sieropositive e i trasfusi prima del 1985 perché oggi è stato inserito lo screening

delle sacche di sangue.

Patogenesi:

L’infezione inizia con l’attacco della gp120 al recettore per le chemochine di linfociti T helper,

macrofagi, cellule dendritiche: il virus penetra per fusione envelope-membrana citoplasmatica; nel

citoplasma il core viene liberato, l’RNA viene retrotrascritto in cDNA che va nel nucleo e viene

integrato nel DNA della cellula ospite. Il virus così si replica, lisa la cellula ed inizia una nuova

infezione. 16

I linfociti T helper infetti espongono sull’MHC1 il virus , cosicchè i linfociti T citotossici uccidono per

apoptosi i linfociti T helper infetti: si assiste in questo modo ad una riduzione progressiva del

numero di linfociti T helper nel tempo

Inizialmente la sintomatologia è simil-influenzale per 2-3 settimane; per anni vi è assenza di

sintomi perché il numero di linfociti T helper che muoiono è uguale al numero di quelli che si

formano (fase di latenza). Quando il numero di linfociti è al di sotto dei 450 per microlitro aumenta

progressivamente l’incidenza di infezioni opportunistiche; quando il numero è al di sotto dei 200

per microlitro allora si parla di AIDS conclamato, caratterizzato da un gran numero di infezioni

opportunistiche, sindrome da consunzione (perdita di peso e diarrea), demenza AIDS-associata e

neoplasie ( sarcoma di Kaposi).

Diagnosi di infezione:

1) Indagini sierologiche: ossia ricerca della presenza di Ab contro il virus nel siero del paziente

con tecnica ELISA, Western Blot

2) Isolamento del virus: coltivazione di linfociti del paziente (ma è utile solo per identificare la

variante virale)

3) Ricerca del DNA provirale mediante PCR: viene estratto il DNA dai linfociti circolanti o RNA

da siero con RT-PCR

4) Quantificazione della carica virale: per monitorare l’efficacia della terapia. Si ricerca

generalmente la proteina p24. E’ rapido, economico, ma non molto sensibile come test

Terapia:

Si somministrano farmaci che inibiscono alcune tappe della replicazione del virus come:

1) Inibitori nucleosidici / nucleotidici della trascrittasi inversa

2) Inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa

3) Inibitori della proteasi

4) Inibitore della fusione

Ma la somministrazione di uno solo di questi farmaci (monoterapia) non è efficace per l’insorgenza

di varianti resistenti del virus, per questo è necessaria la terapia HAART (terapia antiretrovirale

combinata potente) che è costituita da tre o più farmaci che controllano la replicazione del virus. E’

necessario monitorare la terapia , verificando periodicamente il numero dei linfociti T helper per

verificare che non si abbassino.

La replicazione del virus non viene mai completamente eliminata , infatti il virus stabilisce la

latenza nei linfociti T della memoria e nei macrofagi), ma l’infezione da HIV, anziché progredire

verso l’AIDS letale, è trasformata in malattia cronica sotto controllo, grazie all’introduzione della

terapia HAART. 17

VIRUS DELL’EPATITE

I virus che provocano epatiti sono molti e tutti diversi per struttura, tipo di acido nucleico, tipo di

replicazione, via di trasmissione e decorso della malattia. Hanno in comune tutti l’organo bersaglio,

ovvero il fegato.

I principali virus che causano epatiti nell’uomo sono il tipo A,B,C,D,E che sono i responsabili di

circa il 95% dei casi di epatiti.

Essi causano :

• Malattia asintomatica o anitterica: nella maggiore parte dei casi

• Epatite acuta: ittero, iperbilirubinemia, urine scure, feci chiare, aumento delle transaminasi

• Epatite fulminante : rara

• Epatite cronica: solo da virus B,C,D. L’aumento delle transaminasi sieriche persiste oltre sei

mesi ( con possibili complicanze : cirrosi, epatocarcinoma)

VIRUS DELL’EPATITE A

E’ un virus di piccole dimensioni, icosaedrico, ), è costituito da RNA SS+ , non cronicizza, è nudo

cioè privo di envelope infatti è un virus molto resistente a detergenti, solventi, disinfettanti, ad un

pH molto acido (pari a 1), a 60°C per 60’. E’ tipico di quelle aree del mondo in cui le condizioni

igieniche sono scarse. 18

Patogenesi:

La via di trasmissione del virus è oro-fecale, quindi in seguito al consumo di cibi e bevande che

sono contaminate dal virus: il virus raggiunge le cellule epiteliali dell’intestino tenue e dall’intestino ,

col sang

Dettagli
A.A. 2014-2015
24 pagine
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SSD Scienze biologiche BIO/19 Microbiologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher superciccillo90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Microbiologia clinica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Raimondi Alessandro.