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Approfondimento storia del codice
Il codice attuale nasce nel 1942, ma in realtà non si tratta della prima edizione.
La prima edizione del codice risale al 1865, che trasse ispirazione dal codice francese del 1804 (codice napoleonico). Il primo codice consisteva di tre libri (Delle persone, Dei beni e della proprietà, Dei modi per acquistarla e trasmetterla).
Quindi al centro della disciplina vi stava la proprietà in quanto considerata elemento centrale dell'economia italiana. Da questo si scorge la differenza rispetto al codice del 1942, quando essendo la società cambiata, la proprietà viene collocata nel terzo libro, mentre assume rilevanza centrale il contratto come fonte di obbligazioni. Il libro IV infatti appare molto più ampio e argomentato. Questo perché si considerò l'economia non più fondata sulla proprietà ma piuttosto sulle imprese e i titoli di credito.
Al quarto gradino della gerarchia delle fonti vi
Stanno le leggi regionali. La potestà legislativa regionale fu ammessa solo nel 1977. Ci sono regioni che per alcune particolari esigenze hanno avuta riconosciuta una maggiore autonomia nel legiferare rispetto agli altri (le regioni a statuto speciale). Ma le regioni non possono legiferare in materia di legislazione civile. Ciascuna non può avere un proprio diritto privato. L'art. 117, che si occupa della ripartizione delle competenze tra Stato e regioni, inserisce la creazione dell'ordinamento civile tra le materie di competenza esclusiva dello Stato.
Al quinto gradino troviamo i regolamenti governativi che promanano dal governo. Esistono diverse tipologie:
- Integrativi: con questi il governo integra alcuni elementi ad una legge precedentemente emanata dal governo.
- Esecutivi: il governo esegue dei principi già posti in precedenza dal Parlamento.
- Indipendenti: c'è alla base una legge delega del parlamento che dà al governo il consenso
Per operare in un certo ambito, ci sono diverse fonti di norme che regolano l'organizzazione e il funzionamento. Le fonti scritte del nostro ordinamento provengono da provincie e comuni che le emettono per organizzare le gerarchie interne.
Tuttavia, oltre alle fonti scritte, ci sono anche fonti non scritte. Queste sono gli usi che devono soddisfare due requisiti per essere considerati tali:
- Requisito oggettivo: il comportamento deve essere attuato da una larga parte dei consociati, quindi deve essere oggetto di impieghi ripetuti nel tempo.
- Requisito soggettivo: deve esserci la convinzione che il comportamento ripetuto da questa gran parte dei consociati costituisca una norma che vada rispettata.
L'equità è definita dagli studiosi come la giustizia nel caso concreto. Si tratta di un' integrazione soloresiduale del contratto. Il giudice può decidere secondo equità solo in determinate ipotesi:
- Per valutare un danno o altri aspetti marginali di una lite.
- Per risolvere le controversie di
Differenza tra diritto privato e diritto pubblico
Diritto pubblico: si occupa di rapporti dove non esiste un rapporto di parità tra le due parti, ma la subordinazione di una all'altra. (rapporti dei privati con la pubblica amministrazione).
Diritto privato: si occupa di rapporti in cui vi sia parità tra i soggetti, che stanno su uno stesso piano.
Interpretazione della
ma al fine che si è voluto raggiungere con la norma. Per applicare correttamente la legge, è necessario seguire questi criteri interpretativi. Il criterio letterale richiede di considerare il significato proprio delle parole utilizzate nella legge. Il criterio globale richiede di valutare le parole nel loro contesto complessivo. Infine, il criterio funzionale o teleologico richiede di comprendere l'intenzione del legislatore nel raggiungere uno specifico scopo con la norma. È importante sottolineare che l'interpretazione della legge non può essere arbitraria, ma deve essere basata su questi criteri stabiliti dalla legge stessa. In questo modo, si assicura una corretta applicazione delle norme e si evitano interpretazioni distorte o soggettive. L'applicazione della legge è quindi un processo che richiede un'attenta analisi della norma e una corretta interpretazione dei suoi contenuti. Solo seguendo questi criteri è possibile garantire una giustizia equa e imparziale.ma alla ratio o intenzione perseguita dalla norma. Ma quando un caso non abbia alcuna disciplina nella legge, si fa uso di un altro strumento che è l'analogia.L'analogia permette di applicare al caso che non abbia ricevuto una disciplina, la disciplina dettata per un caso che presenti la stessa ratio, caratteristiche simili al caso in questione. Quando ciò accade si parla di analogia legis. Quando non possano applicarsi neanche le norme di casi simili, si procede alla risoluzione della controversia mediante l'applicazione dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Qui si parla di analogia iuris. Nell'uso dell'analogia non si può attingere aArt 12 disp. Prel. comma II: Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe: se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato.
norme penali, perché inquadrano tassativamente i casi a cui si riferiscono, ma neanche alle norme eccezionali che costituiscono di per sé una deroga a norme generali.
Diritto naturale e diritto positivo
Ad oggi dobbiamo distinguere tra due nozioni, di diritto positivo e quella di diritto naturale. Nel tempo si sono susseguite diverse fasi in cui l'uno si riteneva di prevalente importanza sull'altro.
Diritto positivo: regole imposte ai consociati in una certa epoca, sotto un determinato regime politico, in una determinata zona.
Diritto naturale: diritto connaturato all'uomo e alla sua natura razionale, comune ad ogni luogo e ad ogni epoca.
1° fase- In questa prima fase si assiste all'affermazione del principio di diritto naturale. Fu Aristotele primo ad affermare l'esistenza del diritto naturale, come diritto connaturato all'uomo. Anche i romani, in qualche modo hanno riconosciuto una sorta di diritto naturale comune a tutti i popoli, lo ius gentium.
Basato sulla naturalis ratio. Anche Tommaso d'Aquino riconobbe una nozione di diritto naturale. Lui però partì da una tripartizione, guardando da un punto di vista teleologico al diritto. Egli tripartì il diritto: legge divina, legge naturale, legge umana. È la nozione di legge naturale che corrisponde all'idea di diritto naturale come diritto impresso da Dio nella mente degli uomini. Tra il 600 e il 700 si afferma il giusnaturalismo, che considera la ragione non solo come strumento mediante il quale cogliere la legge naturale, ma essa stessa la legge naturale che deve servire come fonte di ispirazione al legislatore.
2° fase - In questa seconda fase si ritenne il diritto positivo prevalente su quello naturale. Furono gli storicisti i primi a ritenere che non potesse esistere un diritto naturale assoluto che prevalesse sul diritto positivo. Poi i positivisti anch'essi misero in primo piano la ragione, e ritennero che il diritto non debba occuparsi di morale.
Non debba chiedersi se una norma sia giusta o sbagliata. 3° fase - i neo giusnaturalisti ritornano alle idee del giusnaturalismo. Essi ritengono che agli uomini non possa andare bene qualsiasi regola, è necessario che la regola sia giusta. Ma non basta in un sistema la regola giusta per garantire una pacifica convivenza. È necessaria anche la forza, di cui non può farsi a meno per garantire il rispetto delle regole. Il rapporto giuridico Il rapporto giuridico è una qualsiasi relazione tra soggetti regolata dal diritto. Il rapporto giuridico si compone di 3 elementi: - i soggetti del rapporto (persone fisiche o giuridiche) - l'oggetto del rapporto (il bene su cui cade l'interesse dei consociati) - le posizioni giuridiche ricoperte dai soggetti (o situazioni giuridiche soggettive). Da una parte il soggetto ricoprirà una situazione giuridica attiva, o di vantaggio; dall'altra il soggetto ricoprirà una posizione giuridica passiva, o sisvantaggio. Queste posizioni stabiliscono come un soggetto debba comportarsi nei confronti dell'altro. E cioè cosa possa pretendere e cosa non debba fare. I soggetti del contratto sono definiti 'parti'. Con questo termine non si fa riferimento al singolo, bensì ad un centro di interessi che può comporsi anche di più soggetti. (EX. Nella compravendita le parti sono due, quella compratrice e quella venditrice. Ciò non significa che ciascuna parte non possa comporsi anche di più individui. Le parti rimarranno comunque due.) Quanto all'oggetto del contratto questo può essere costituito anche da beni astratti (ex. La riservatezza è un bene tutelato dall'ordinamento)
Situazioni giuridiche soggettive
Le situazioni giuridiche soggettive sono di due tipi: -attive-passive
Tra le attive troviamo: il diritto soggettivo, le facoltà, la potestà, l'aspettativa, e l'interesse legittimo.
SOGGETTIVO
Il diritto soggettivo è un potere attribuito dal legislatore al singolo per difendere le proprie libertà. I diritti soggettivi si classificano in:
- diritti assoluti (a loro volta suddivisi in diritti reali e diritti della personalità)
- diritti relativi
I diritti assoluti sono diritti che il soggetto può vantare erga omnes, cioè nei confronti di tutti i consociati. Configurano un rapporto giuridico tra il soggetto e i consociati, i quali sono tenuti ad astenersi dal turbare il godimento del diritto (condotta omissiva).
I diritti relativi sono dei diritti che possono farsi valere solo nei confronti di controparte. Il titolare ha il diritto di pretendere una prestazione, controparte ha l'obbligo di renderla.
Tra diritti assoluti e diritti relativi si colloca una sorta di categoria di mezzo: si tratta dei diritti personali di godimento. È una sorta di commistioni tra le due categorie (ex. affitto).
Ricordiamo anche i diritti potestativi che
bisogna tener distinti dalle potestà. I diritti potestativi consentono a chi ne è titolare di esercitare un potere o un controllo su determinate situazioni o persone.