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Altre disfunzioni osservate sono quelle mitocondriali e lo stress

ossidativo. Il danno cellulare causato dalle proteine alterate induce:

apoptosi attraverso la via intrinseca, aumentata produzione di ROS,

alterazione dell’omeostasi del Ca++ e della fusione mitocondriale.

Ciò è evidente in particolare nel Parkinson perché alcune mutazioni ad

esso legate sono a carico di geni mitocondriali. Alcuni dati inoltre

mostrano come il Parkinson fosse particolarmente diffuso in persone

esposte a pesticidi che alterano la catena respiratoria

--> altro legame con la funzione mitocondriale.

Altri meccanismi comuni sono le alterazioni del trasporto assonale e

quindi danno assonico e poi degenerazione dell’assone stesso che porta

infine alla morte del neurone (degenerazione walleriana).

Un’altra caratteristica comune nelle malattie neurodegenerative è la

morte cellulare. Si è visto che in tutte le malattie neurodegenerative

sono coinvolte apoptosi e necrosi.

Si è poi osservata una alterazione del pathway autofagico che porta ad

accumuli intracellulari ed è strettamente connessa con l’induzione

dell’apoptosi.

Un altro punto comune a tutte le malattie neurodegenerative è

l’attivazione gliale che si manifesta come gliosi e attivazione microgliale.

(Aumento numero cellule gliali e cambiamenti fenotipici). L’attivazione

microgliale, come visto, ha due step: nelle fasi precoci ha fenotipo M2

neuroprotettivo, nelle fasi avanzate assume fenotipo M1 citotossico e

produce citochine ed altri fattori dannosi che contribuiscono al danno. Il

coinvolgimento di queste cellule è così massiccio che si è formulata una

ipotesi di morte cellulare non-cell autonomus, ossia la morte dei neuroni

dipenderebbe dalle alterazioni delle cellule gliali e non da alterazioni del

neurone in sé.

Un altro aspetto, che si è iniziato a vedere nella SLA, è che molto spesso

tra le proteine mutate e che formano aggregati, ci sono proteine che

legano acidi nucleici. Quindi si è pensato che ci potrebbe essere anche

una alterazione del metabolismo degli acidi nucleici oltre che di quello

proteico. Si pensa che si possa quindi parlare di RNA-patie, oltre che

proteinopatie.

Si sono inoltre osservati granuli da stress, ossia strutture che si formano

in condizioni di stress cellulare e contengono mRNA e proteine e

permettono la traduzione di proteine di risposta allo stress (es. HSP),

mentre altri mRNA sono “sequestrati” e protetti. In alcune malattie questi

granuli sono presenti in numero eccessivo e sequestrano dei trascritti

che non sono più disponibili alterando l’equilibrio metabolico cellulare. In

molte patologie sono stati trovati granuli che sequestrano alcuni

trascritti.

Una caratteristica ulteriore delle patologie neurodegenerative è una

alterazione del microbiota intestinale. Si parla da qualche anno di un

asse tra microbiota intestinale e SNC. Questo asse sembra essere

fondamentale per il corretto funzionamento di entrambi i sistemi. Nei

pazienti con malattie neurodegenerative si è osservato che spesso prima

della comparsa dei sintomi neurologici vi sono problemi di tipo gastro-

intestinale. Il microbiota produce numerosissime sostanze che possono

agire a livello endocrino o regolare il sistema immunitario. In pazienti con

patologie come Parkinson, SLA ecc. si è vista una disbiosi del microbiota

che altera anche la permeabilità intestinale la quale è correlata con una

alterazione della barriera ematoencefalica, che favorisce la

neuroinfiammazione. C’è quindi una correlazione tra l’infiammazione a

livello intestinale con quella a livello cerebrale.

MORBO DI ALZHEIMER

Fu identificata all’inizio del ‘900 da Alzheimer che era uno psichiatra

tedesco, osservando il caso di una paziente che manifestava

disorientamento, perdita della memoria e allucinazioni. Quando la donna

morì analizzò il SNC e osservò perdita di neuroni, forte gliosi e presenza

di aggregati proteici intra ed extra cellulari. Capì quindi per primo che i

sintomi psichiatrici erano correlati, e dipendevano, da una alterazione

fisica a livello cerebrale. Mostrò questi dati ma furono accolti con

scetticismo. Continuò a studiare casi simili ed osservava le stesse cose e

le stesse correlazioni. Riuscì quindi a dimostrare che era una patologia

data da alterazioni fisiche a livello del SNC.

L’Alzheimer rientra nel vasto gruppo di patologie dette demenze. Sono

caratterizzate da perdita di memoria, allucinazioni, perdita di funzioni

ecc. e sono molto diffuse. Secondo i dati epidemiologici la prevalenza

oltre gli 85 anni è del 24-33% ma spesso questi dati sono poco attendibili

perché si tende a considerare patologie Alzheimer-simili anche patologie

di cui in realtà non si sa niente. Il numero di pazienti è in aumento anche

a causa dell’invecchiamento generale della popolazione e rappresenta

quindi un problema sociale e anche economico per il SSN.

La patologia è legata fortemente all’invecchiamento. Altri fattori di

rischio sono la scarsa attività fisica e mentale, rischi cardiovascolari e

familiarità.

I primi sintomi sono un disorientamento spaziale e temporale e la perdita

di memoria a breve termine. Si pensa che la neurodegenerazione abbia

inizio anche 20-30 anni prima dell’insorgenza della patologia. In questa

fase preclinica detta decadimento cognitivo lieve possono esserci i primi

sintomi.

La diagnosi non è facile perché molti sintomi possono essere dovuti

anche ad altre patologie o condizioni. Si fanno analisi chimiche perché

alcune condizioni come carenze vitaminiche possono dare sintomatologie

simili. Una volta che si sono escluse altre cause si suppone allora di

essere di fronte a demenza da Alzheimer. Anche le demenze associate

alla patologia possono però essere molto variabili e dare quindi

sintomatologie differenti. La diagnosi definitiva si può in realtà avere solo

dall’esame autoptico.

Per migliorare e facilitare la diagnosi si sta cercando di identificare

biomarcatori specifici che permettano di identificare precocemente la

patologia. Ne esistono alcuni ma è necessario il prelievo del liquido

cefalorachidiano che ha quindi varie difficoltà (rischioso, doloroso e

costoso). Si sta cercando quindi un biomarcatore che sia presente nel

sangue. (Per il Parkinson sono stati trovati alcuni markers cutanei). Avere

markers precoci permetterebbe di intervenire prima di incorrere nella

degenerazione neuronale, dato che attualmente si riesce ad arrivare alla

diagnosi solo quando c’è già stata estesa morte neuronale.

Come detto sono presenti numerosi fattori di rischio ma anche fattori

protettivi. Ad esempio si è visto che può portare una protezione avere un

alto livello di istruzione, avere alto livello di socializzazione e attività

fisica. Tra i fattori di rischio ce ne sono alcuni legati a obesità,

dislipidemie, diete non salutari, ipercolesterolemia, diabete, fumo, alcool,

depressione.

Si può quindi calcolare lo “score” di rischio di ogni individuo sulla base di

questi fattori.

La diagnosi può essere aiutata da strumenti come la PET: si identificano

le aree con minore afflusso di sangue e quindi soggette a

neurodegenerazione (indagini costose).

I biomarcatori sono stati identificati sulla base dei pathway molecolari

che si sa essere implicati nello sviluppo della patologia. Tra le proteine

coinvolte ci sono la Tau fosforilata e la beta-amiloide e la loro presenza in

alte concentrazioni nel sangue potrebbe rappresentare un segnale di

insorgenza della patologia.

Per quanto riguarda le cause della patologia possiamo avere sia

un’insorgenza legata a fattori genetici, sia forme sporadiche, che sono le

più diffuse.

Le forme genetiche sono causate fondamentalmente da mutazioni di tre

geni: uno per un precursore dell’amiloide (APP); uno per presenilina 1 e/o

2; la presenza dell’allele ε4 dell’apolipoproteina E che può predisporre

alla patologia.

Per quanto riguarda la patogenesi l’Alzheimer è caratterizzato dalla

presenza di aggregati intracellulari di Tau iperfosforilata (grovigli) e

extracellulari di beta-amiloide (placche). La beta-amiloide deriva dall’APP

durante il suo normale metabolismo. In base a come viene tagliata si

possono avere forme amiloidogeniche e forme non amiloidogeniche. Il

taglio che porta alla formazione delle forme amiloidogeniche viene

effettuato dalla beta e dalla gamma-secretasi che è in un complesso che

include anche la presenilina 1 e 2. La degradazione dell’APP è un

processo finemente regolato e nei pazienti con Alzheimer difetti in questi

processi di degradazione portano ad un aumento della produzione del

peptide beta-42, che è il principale componente delle placche amiloidi.

Nella malattia sono presenti anche aggregati di proteina Tau fosforilata,

come detto. C’è chi pensa che questa iperfosforilazione sia la causa

dell’alterazione del metabolismo dell’amiloide e chi invece pensa che sia

determinata dal metabolismo dell’amiloide. Oggi si considera come

ipotesi consolidata che l’alterazione di Tau sia una conseguenza del

metabolismo alterato della beta-amiloide.

Tau è legata comunque alla patogenesi dell’Alzheimer. Tau è una proteina

che stabilizza i microtubuli e quando è iperfosforilata porta a

disgregazione del citoscheletro e quindi dell’assone ed infine alla morte

del neurone. Non si può quindi comunque escludere che sia proprio Tau

alla base della patogenesi della patologia.

Un’altra alterazione osservata è l’iperattivazione di microglia e astrociti.

(Come visto si era provato a inattivare la microglia vedendo che si

otteneva poi un peggioramento della patologia). L’attivazione microgliale

porta all’attivazione astrocitaria, alla produzione di citochine e ROS e

partecipa quindi al danno. Nelle fasi iniziali però la microglia ha un ruolo

protettivo e prova ad eliminare le fibrille e gli aggregati.

Nella microglia M2 è espresso TREM2 che è coinvolto nell’attività

fagocitica. Quando perde questo recettore, la microglia diventa

neurotossica. Si è visto che inoltre si ha l’attivazione di NF-kB che porta

alla sintesi di miRNA che downregolano TREM2.

TREM2 è essenziale per la normale attivazione M2 e proliferazione delle

cellule microgliali.

Un altro aspetto che si sta prendendo in considerazione è quello

dell’epigenetica, dato che dallo studio sui gemelli si è visto che l’esordio

della patologia può avvenire in età molto diverse an

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
14 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/02 Psicobiologia e psicologia fisiologica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher antoniochi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Neurobiologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Monti Barbara.