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Nel 1913 viene esposto all’Armory Show

di New York, mostra di un mese che si

tenne nella sala d’armi del

sesantanovesimo reggimento. E’ la prima

occasione in cui molti artisti europei,

come P. Cézanne, P. Gauguin, V. Van

Gogh, O. Redon, H. Matisse, M.

Duchamp, C. Brancusi,​

hanno l’occasione di esporre le loro opere in America. Il

manifesto della mostra riprese la bandiera con l’albero della rivoluzione. Il

quadro più criticato alla mostra fu il “Nudo che scende le scale” di Marcel

Duchamp (1912), che, secondo la critica, viene esposto nella “camera degli

orrori”. La rivista American Art News offre 10$ a chiunque avesse individuato,

nel quadro, la donna nuda. Duchamp nel dipinto riprende le tematiche cubiste,

con l’aggiunta della messa in moto del soggetto. Ancora non conosceva la

ricerca sul movimento cui stavano lavorando i futuristi. Probabilmente anche la

novità della fotografia, che riusciva a immortalare le sequenze di un movimento,

influì sulle scelte rappresentative di Duchamp in questo quadro, il quale divenne

famoso perchè se ne parlava molto, anche attraverso vignette satiriche come

quella di Griswold, “Il villano che scende le scale”

All’Armory Show furono esposte 13 opere di Matisse. Il quadro “Lo studio in

rosso” viene criticato perchè brutto e troppo semplificato. In realtà l’artista stava

portando avanti una ricerca riguardante il distacco dalla realtà, come in “Lusso,

calma e voluttà” del 1904, in cui la pittura è antimimetica, il colore è fondamentale e viene steso come fosse

tessere di un mosaico. Le bagnanti rappresentano un recupero all’età dell’oro. La bagnante che si strizza i

capelli è un riferimento ad una Venere. La barca riprende il titolo della poesia “Invito al viaggio”, e anche il

viaggio degli argonauti.

“La gioia di vivere” 1905, Barnes Foundation Il girotondo al centro verrà sviluppato meglio nel

successivo quadro “La danza”, di cui l’artista ha

eseguito 2 versioni, 1909 (Moma) e 1931 (Ermitage).

Nel “La gioia di vivere”, quadro che rappresenta i

fauve (bestie), nome dato dalla critica inizialmente

come spregiativo (come gli impressionisti), il colore è

stridente ed antimimetico, dà uno shock visivo. Non

c’è prospettiva, la figurazione si basa su linee e

colori. Nella rivista “Illustration” del 1905 vengono

criticati i fauve, come Matisse, Cèzanne, Rossau.

“​

Donna con cappello”, 1905, San Francisco Museum of Modern Art

Il soggetto è la moglie di Matisse, che faceva la modista, cioè

realizzava cappelli e viene omaggiata in questo quadro.

Tornando allo Studio rosso, si può dire che è la riduzione della

pittura a sè stessa, in quanto lo spazio è più suggerito che

detrminato dai quadri presenti nel dipinto. L’artista si

autorappresenta e autocita, includendo quadri già eseguiti da lui

in passato. C’è un concatenamento di richiami, un quadro nel

quadro, l’immagine nell’immagine. I rispecchiamenti e continui

rimandi sono una caratteristica di Matisse.

All’artista interessano i valori formali, a dispetto del contenuto.

Per lui è importante la stesura e la costruzione del quadro,

anche se è famoso per il quadro “la gioia di vivere”. Si ritrae

nelle mura del suo studio come fosse dentro ad un acquario.

Guardacaso, uno dei suoi soggetti preferiti era la vasca coi

pesci rossi.

Il primo atelier che viene rappresentato da Matisse, nel

1894­95, è lo studio del suo maestro, Gustave Moreau, con il

quale iniziò l’apprendistato. La rappresentazione di quell’atelier

è più tradizionale.

Il quadro “Grande interno rosso” del 1948 è uno degli ultimi realizzati a cavalletto da Matisse. L’artista fece

una grande ricerca sul tema dell’atelier.

Ecco una panoramica di dipinti di atelier di diversi artisti ottocenteschi:

“Friederich nel suo atelier” Friederich Kerstig, 1811

Rappresenta l’artista romantico nel suo atelier, in modo tradizionale. In qualche

modo riesce a raccontare il carattere dell’artista, solitario e ascettico.

A.Couder “L’atelier del Bourgnignon”, 1851

Lo studio sembra un palcoscenico, c’è anche una tenda che

richiama l’ambito teatrale.

In primo piano ci sono i modelli della pittura dell’artista, che si

occupava prevalentemente di battaglie.

La composizione è satura di particolari e riferimenti.

A.Cogniet “Interno dell’atelier di Lèon Cogniet” 1831

L’artista dipinge l’atelier del fratello. E’ una classica

rappresentazione in cui all’interno del dipinto c’è la figura del

pittore intento a dipingere. Lo studio è colmo di bozzetti appesi al

muro, quadri, statue. E’ presente anche una stufetta, molto

ricorrente nei dipinti che rappresentano atelier.

Courbet “L’atelier del pittore” 1854­55

E’ un quadro allegorico. Il pittore si autorappresenta al centro

della composizione. Alle sue spalle c’è una modella, che è in

relatà la musa della pittura. Il quadro racconta l’intenzione

dell’artista di iniziare ad occuparsi di paesaggi e darci un taglio

con il realismo. Si compone come un trittico, a destra ci sono

molte persone che hanno sostenuto l’artista, a sinistra gli

oppositori, come i rappresentanti della pittura accademica. Il

dipinto è una rappresentazione allegorica di 7 anni di vita

dell’artista.

F.Bazille “L'atelier de la rue Condamine”, 1870

In questo caso l’atelier è visto come un momento di convivialità e

discussione.

C’è Renoir, che condivideva lo studio con Bazille, ed un collezionista

di arte.

Alle pareti ci sono molti quadri, quelli con la cornice sono già

terminati. Sullo sfondo si vede anche una stufetta.

Henri Matisse “Studio sotto i tetti”, 1903

Il dipinto raffigura l’interno dell’appartamento parigino in cui l’artista viveva

e lavorava in quel periodo. Il suo insegnante Gustave Moreau lo andò a

trovare, e in seguito dichiarò che “un pittore non esiste se non attraverso i

suoi quadri”. Matisse aveva organizzato la sua vita in funzione della

pittura.

La cosa che più colpisce in questo quadro è in fatto che il paesaggio che

s’intravede dalla finestra sembra un quadro nel quadro.

Il dipinto è caratterizzato anche da un tipo di pennellata più decisa, può

considerarsi l’inizio della pennellata fauve.

Quando riuscì, con la vendita dei suoi quadri, a raggiungere il benessere

economico, separò casa da atelier.

Nel dipinto “La tovaglia: armonia in rosso”, 1908­9, Hermitage, San

Pietroburgo , dalla finestra si vede il suo studio.

Nel quadro, la tridimensionalità non è dissolta del tutto. La

pittura è intesa dall’artista come espressione di emozioni

rese attraverso il colore. La realtà si smaterializza per via

del registro decorativo, scaturito dal ripetersi dei motivi

ornamentali blu. Per Matisse, lo sfondo e il soggetto hanno

lo stesso valore.

Alla fine degli anni ‘30, si trasferisce in Costa Azzurra, e

vive tra Nizza e Vence. Frequenta l’hotel Regina, un

ambiente esotico. Vive nel suo studio e si dedica a vari

lavori, come la decorazione dell’interno della cappella del

rosario a Vence (1948­1952)

, nella quale si esprime

ragionando

sulla possibilità di un tipo di arte sacra e moderna allo stesso

tempo. Crede in una nuova modalità di espressione della

religione. Ci sono anche stilizzazioni dell’albero della vita. Le

vetrate riprendono dei suoi vecchi lavori, riguardanti la

sperimentazione della trasposizione di carte colorate.

Anche Picasso in quel periodo si trovava in Costa Azzurra, e

anche lui lavorò alla decorazione di una cappella, della pace e

della guerra, che fu però un intervento più politico che

decorativo.

Libro su Matisse→ Note di un pittore

Data di morte di Matisse→ 3 novembre 1954

Nel Lo studio rosso del 1911 Matisse rinuncia alla prospettiva

e ai passaggi tonali. Non c’è nessun tipo di riferimento allo spazio reale. Il rosso predomina, il colore è usato

come rappresentazione di uno stato d’animo. Negli stessi anni, anche Boccioni e Kandinskj sentono la

stessa esigenza.

Secondo gli insegnamenti di Gustave Moreau, il colore è pensato, sognato ed immaginato.

In molti quadri di Matisse il rosso è dominante. Per lui, il soggetto è solo un protesto per poter dipingere, il

suo vero interesse infatti si condensa nel colore. L’espressione che intende è diversa da quella intesa dagli

espressionisti.

Uno dei maggiori acquirenti di Matisse fu il collezionista russo Schukin.

Il critico Alfred Barr, primo direttore del Moma di New York, iniziò la storicizzazione del contemporaneo,

parla di “Interni sinfonici”, riferendosi ai 4 quadri di Matisse

dipinti nel 1911, intendendo una sintetizzazione di rapporto

tra colori ed elementi plastici.

I quadri in questione erano: La famiglia del pittore, Lo studio

rosa, Interno con melanzana, Lo studio rosso.

“La famiglia del pittore”, 1911, Museo dell’Ermitage, San

Pietroburgo

Inizia il dipinto nel mese di gennaio, e lo termina in estate. Si

sentiva dubbioso e insicuro sulla composizione del dipinto.

Lo dice chiaramente in una cartolina inviata a Michel Stein,

facente parte di una famiglia di collezionisti americani che poi

si trasferirono a Parigi. E’ interessante ricordare che

all’interno del loro appartamento parigino, ci fu il primo

confronto Picasso­Matisse, che è stato recentemente

oggetto di molte mostre.

Nel dipinto, Matisse rappresenta la sua famiglia. La moglie, seduta sul divano, è intenta a ricamare. I figli

maschi giocano a scacchi e la figlia Margarite è in piedi. Non c’è nessuna volontà di ritratto, i volti sono

sommari. Nella stanza c’è un sovrapporsi di registri ornamentali. Il vestito nero della figlia funge da pausa

rispetto agli elementi decorativi. Il libro giallo che tiene in mano porta della luce, in contrasto al colore

dell’abito. Lo sfondo è bidimensionale. Ci sono dei riferimenti alla cultura islamica, come il tappeto. In quegli

anni era uscita la versione francese delle Mille e una notte, Matisse inoltre era andato a Monaco e aveva

visitato una mostra d&r

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A.A. 2014-2015
7 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nana707 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Zanchetti Giorgio.