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Riprende il passato (ma è sbagliato dire di modelli classici, perché Vela va a cercare nella tradizione
classica gli episodi più anticlassici, ovvero contro i canoni di calma, grandezza e bellezza).
Per lo sbilanciamento e la torsione della figura vediamo la ripresa accennata del Laocoonte
, soprattutto
nelle gambe, che non sono mai collocate sullo stesso piano.
Vedi diaframma del fanciullo di destra che potrebbe essere un
modello per lo Spartaco.
Il piede sinistro del Laocoonte è molto simile come taglio e modo di
appoggiarsi al suolo a quello dello Spartaco.
Il piede destro è totalmente diverso, perché il Laocoonte rimane
disteso, mentre l’altro è decisamente realistico, in quanto si
aggrappa al gradino.
Probabilmente aveva un modello per il piede.
Fonte importantissima per lui è il Bernini
con il David
, soprattutto per quanto
riguarda l’espressione bestiale del volto.
Un altro di sicuro è il Canova,
(
Damosseno
) che ha un grande rispetto per questo artista. Riprende l’antieroe
della coppia di pugilatori. Vedi l’espressione e il corpo.
Il principale esempio michelangiolesco per lo Spartaco è lo schiavo ribelle
,
Louvre. Come modello ha il gruppo dei dannati nella cappella sistina, sono il
modello visivo principale per lo Spartaco di Vela. Vedi capelli crespi quasi africani
perché li riprende da un dannato nero. Vedi anche il Galata morente
come fonte e il Gladiatore
borghese. Erano tutti noti a lui a
Milano come copie.
23 marzo 2015
Lezione della prof. Bignami
* Umberto Boccioni, Stati d’animo I, Gli addii, Quelli che vanno, Quelli che restano, 1911, Museo del
Novecento, Milano
* Umberto Boccioni, Stati d’animo II, Gli addii, Quelli che vanno, Quelli che restano, 1912, Moma di New
York
Articolato in tre scene distinte.
Monet —> luce = diverse ore della giornata; stagioni = passare dei mesi
Trittico come possibilità dell’articolazione plurima della scena: gli addii e contemporaneamente quelli che
vanno e quelli che restano —> esigenza temporale.
Nelle mostre (non per scelta diretta dell’autore) gli addii sono sempre stati presentati come primi, seguito da
quelli che vanno e poi quelli che restano.
Nella seconda versione cambia il modo di dipingere → scomposizione cubista
Viaggio nell’autunno 1911 a Parigi, su consiglio di Gino Severini *, dove conosce il cubismo: scomposizione
ancora ANALITICA (e non sintetica).
Nomi di riferimento: Picasso e Braque.
Visita il Salone d’Autunno. Tornato in Italia dipinge la seconda versione, esposta a Parigi nel febbraio 1912
nella galleria BernheimJeune.
*Gino Severini: pittore futurista recatosi nel 1906 a Parigi. Scomposizione futurista interpreta l’idea del
movimento attraverso quello del ballo.
Boccioni per pittura degli stati d’animo
intende:
29 maggio 1911→ conferenza al circolo degli artisti di Roma _ orientamento della sua pittura verso la
trascrizione di contenuti emozionali, mediante linee e colori. Questo suo modo di far pittura va dalla fine
degli anni ’10 fino al febbraio 1912, quando la seconda versione del trittico viene esposta.
Una fase cruciale nella storia del futurismo in generale avviene 11/02/1910 con la pubbicazione del
manifesto dei pittori futuristi (Boccioni, Carrà, Russolo, Bonzagni, Romani, cui in seguito si aggiungono Balla
e Severini e scompaiono quelle di Bonzagni e Romani).
Verrà letto una prima volta l’8 marzo 1910 a Torino.
L’ 11/04/1910 esce il manifesto tecnico della pittura futurista, la cui idea era quella di raccontare il
dinamismo della vita moderna tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido.
Uno dei punti di vista più importanti del manifesto è quello che rimarca il bisogno di una nuova pittura
dinamica, capace di rendere l’idea del movimento, della velocità, ponendo lo spettatore al centro, di fronte a
quella tradizionalmente statica.
Nel caso dei futuristi, il pensiero di Boccioni è anticipatorio, ruolo guida, decisivo, di spicco. In realtà, le idee
saranno precedenti al modo di far pittura che ne corrisponde, poiché la tecnica stilistica verrà messa a punto
successivamente.
Boccioni nasce nel 1882 in Calabria da genitori romagnoli, si trasferisce, dopo Padova e Venezia, a Milano.
Nel 1899 è a Roma: si iscrive alla scuola libera del nudo di Via Ripetta dove conosce Severini e Sironi.
Gli artisti sentono l’esigenza di adeguare la pittura a questa nuova vita viva e movimentata (periodo di
grandi movimenti sociali, scioperi, rivendicazioni).
Nel 1901 conosce Giacomo Balla, il più anziano, anello di congiunzione fra divisionismo e i nuovi movimenti,
che lo introduce alle tecniche del divisionismo italiano e postimpressionismo francese pointillisme (Seurat
e Signac).
Compie qualche viaggio in Russia (Mosca, San Pietroburgo), vi è un suo autoritratto del 1908 con un
colbacco.
Torna a Padova dalla madre e dalla sorella e prima di trasferirsi a Milano scrive su un suo taccuino (taccuini
interessanti per capire l’artista) che “sta cercando ma non trova; vuole dipingere il nuovo, il frutto del suo
nuovo tempo industriale. Tutto il passato lo opprime.”
Alla fine del 1907 si trasferisce a Milano (decollo industriale, centro socialista); nel marzo del 1908 va a
visitare Gaetano Previati pittura di idee: filamenti molto lunghi e luminosi che gli permettono di dissolvere la
forma e accentuare il significato spirituale.
Boccioni condivide questa opinione dell’arte come rappresentazione in cui la realtà visiva serve
all’apparenza.
Definisce Previati precursore della pittura degli stati d’animo:
nuove conoscenze tecniche
concreta formazione stilistica
potenzialità simboliche ed evocative
(nei futuristi i manifesti precedono la pittura, nel caso del divisionismo accade il contrario: 1905→ tecnica
della pittura, 1907→ principi del divisionismo attraverso il manifesto)
Boccioni dunque guarda a Previati per la grandiosità delle sue allegorie come nel “Il giorno”, che
è un trittico che mostra il passare del tempo.
Al centro: quadriga del giorno che irrompe;
a sinistra: alba fugace;
a destra: le tenebre.
Metafora del ciclico scorrere del tempo, racconta il senso di dimensione finita dell’uomo rispetto a quella
infinita della natura.
A Parigi nel 1907 al Saloon dei pittori divisionisti: 42 opere di Previati, che Boccioni avrà modo di vedere.
Prima degli stati d’animo, Boccioni ha già dipinto un trittico:
U. Boccioni, “Veneriamo la madre”, 190708 Nei suoi taccuini parla
dell’opera, due figli, uno a
sinistra che lavora e
interroga la scienza; dalla
finestra si vede la vita
moderna: ciminiere. Una a
destra che lavora
manualmente alla luce di
una lampada; fuori il cielo è
scuro. Al centro, la madre
stanca con l’adorazione
degli dei due figli: la
femmina la bacia, il maschio ha una posizione più fiera. Sullo sfondo: tramonto, chiesa, rovine. Ragiona sul
rapporto, esternointerno Nel bozzetto si vedono ancora le serrature delle finestre.
Morbelli, “Sogno e realtà”
Morbelli è legato alla tradizione verista, indaga
questioni sociali, soprattutto gli ambienti, come gli
ospizi per i vecchi. Dispone nelle ali, una figura
maschile a destra, una femminile a sinistra che si
sono addormentate (che simboleggiano la realtà).
Queste figure sono revocate nel pannello centrale
(il sogno). Il trittico di Boccioni Veneriamo la
madre rappresenta il lavoro manuale e
intellettuale, racconta anche il vissuto personale
molto probabilmente. LA MADRE: RUOLO
CENTRALE, MODELLO PRIVILEGIATO.
“Materia”, 1912
Già il titolo rimanda alla figura materna mater Figura della madre al centro del
quadro, eletta a simbolo di vita ed energia universale.
“La sorella Amelia al balcone”,
1909
Sullo sfondo la città che sale,
pennellata non ancora futurista
ma divisionista, filamentosa.
(Balla, Previati) Lettera con Nino
Barbantini (critico che organizza
la prima personale di Boccioni a
Ca’ Pesaro): desiderio di
restituire tramite linee e colori
ricorrendo il meno possibile alla forma.
Tre quadri preparatori al trittico degli stati d’animo.
1. Il lavoro (o La città sale), 191011, New York, MOMA
2. Il lutto, 1910
3. La risata, 1911, MOMA
“La città sale (Il lavoro)”
, Moma di New York
Opera radicalmente nuova, sintesi del lavoro, della
luce e del movimento.
Il virtuosismo del mestiere viene sacrificato
all’emozione (due bozzetti, uno a Brera, uno della
collezione Mattioli in deposito al Guggenheim di
Venezia)
L’opera viene realizzata da casa sua in Via Adige a
Milano, da cui si vede la centrale idroelettrica e la
città che, appunto, sale. Non è uno stato d’animo ma
coinvolge emotivamente lo spettatore. Il titolo La
città sale è stato dato nel 1912 da Marinetti.
“Elasticità”, 1912, collezione Juker, Milano
Dinamismo, sfondo della città, quadro già futurista
“Il lutto”, 1910
Stato d’animo del dolore, pietà laica, opera più
espressionista di Boccioni, forte riferimento a Munch.
Non vi è la scena descrittiva del funerale, ma vuole
descrivere il dolore, mostrare questo stato d’animo: colore
acceso, corpi scomposti, volti con espressione grottesca.
Racconta di aver partecipato al funerale di un’anziana e di
essere stato colpito dalle reazioni dei parenti.
Le persone sono la rappresentazione del dolore. (riferimento
a: Kollwitz, Bauernkrieg, 1909)
“La risata”
Cambia modo di dipingere. Calvesi scrisse che questo
quadro è il rovesciamento futurista della poetica del lutto.
Scena all’interno di un caffè, donna con un grande
cappello, risata scrosciante.
All’interno del catalogo della mostra, Boccioni conferisce
un significato psicologico agli andamenti lineari dei quadri
facenti parte del trittico degli stati d’animo, ambientati
all’interno di una stazione ferroviaria. 1) Gli addii, prima versione (Museo del Novecento
Milano), 1911
Linee confuse, sussultanti, rette e curve che si
fondono con gesti abbozzati di richiamo e di fretta.
Esprimeranno una dimensione caotica dei sentimenti.
Ricorda il sogno di Paolo e Francesca.
Tonalità rosso, rosa, toni bruni ad indicare un
sentimento drammatico
2) Quelli che vanno, prima versione, 1911, Museo del
Novecento,