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Duchamp. In particolare riguardo a Duchamp, fu importante la

decontestualizzazione dell’oggetto dalla sua funzione comune. Ma Rauschenberg inizia anche ad accostare

materiali che non hanno caratteristiche comuni tra loro.

Rauschenberg conosce Duchamp, esponente del dadaismo storico, attraverso John Cage. Ci fu un

allestimento nella Galleria di Sidney Janis che riprese il tema del dadaismo storico, con assemblaggi di

materiali diversi. Di Duchamp, Rauschenberg vide in particolare la ruota di bici.

Alcune retrospettive riaccendono l’interesse degli artisti verso movimenti del passato.

Nel 1958 Rauschenberg si reca al Philadelphia Museum, dove c’è un’ ampia collezione di opere di

Duchamp, il quale costituisce un precedente importantissimo per gli artisti del New dada.

Jasper Johns, “Tiro a segno”, 1958 . Johns costruisce gli oggetti che usa nelle sue opere a mano, a

differenza di Rauschenberg, il quale prende oggetti preesistenti. Johns dipinge su una base di giornali con

oggetti rimodellati a mano, fusi in bronzo e dipinti in un secondo momento.

Il recupero dell’oggetto fu caratteristica anche della Pop Art.

Rauschenberg fa ritorno a New York dopo il 1953 e conosce Johns nel 1954. Prende uno studio in Pearl

Street, per stare vicino al nuovo amico. Per mantersi fanno i vetrinisti.

Nel 1953, inizia i red paintings.

Rauschenberg, “Red Import”, 1954

Uso di giornali, stoffe, oggetti che assumono maggior rilievo. Uso

massiccio di collage con giornali e tessuti. Si evolveranno poi verso i

combine painting.

Lo stimola cimentarsi con i colori che ritiene più difficili.

Rauschenberg collabora con il danzatore Merce Cunningham,

realizzando per lui scenografie caratterizzate dall’essere montaggi di

immagini diverse. Questa sua esperienza di scenografo gli serve per il

progredimento verso i combine painting.

Rauschenberg, “Man with white shoes”, 1954

E’ presente un tacchino impagliato, molte fotografie, soprattutto di famiglia.

Anche i ritagli di giornali presenti nell’opera parlano tutti della sua famiglia.

Ci sono anche disegni fatti da alcuni amici. L’opera è colma di materiali

autobiografici. I primi combine painting di Raushenberg sono composti da

materiali autobiografici.

La critica Rosalinda Krauss pubblica nel 1997 un saggio sulla rivista

October, “Perpetual Inventory”, dedicato al lavoro di Rauschenberg. Il

saggio inizia con la disamina degli archivi d’immagine.

L’artista aveva un archivio nel suo studio, che lei chiama inventario

perpetuo. Nell’archivio i materiali erano catalogati in base ai colori, la

materia e i soggetti. Quest’ansia di catalogazione non si vede nelle sue

opere, nelle quali gli oggetti venivano rimescolati.

Gli archivi oggi diventano un atto pubblico di memoria collettiva.

Documentazione di archivi immagine. Rauschenberg,

“Rebus”, 1955

Appartiene alla serie “Pedestrian” (quelli che vanno a

piedi).

I materiali non sono più autobiografici, ma di diversa

natura.

Voleva mostrare il colore del passante, quello che le

persone intravendono quando vanno di fretta.

Usa la pittura come una sorta di legante.

Lo sgocciolamento della vernice riprende

l’espressionismo astratto, con un po’ di ironia.

Rauschenberg, “Bed”, 1955, Moma di New York

L’opera consiste in una tavola di legno su cui l’artista costruisce un letto ad

una piazza con lenzuolo, cuscino e coperta veri. Ha issato il tutto su una

parete, come se si trattasse di una qualunque tela dipinta.

Si dice che la coperta gli era stata regalata da Dorothea Rockburne, sua

compagna di corso al Black Mountain College.

Ha dipinto il letto nella sua parte superiore, come se si trattasse di un quadro.

Il letto si presenta sfatto, la sensazione è di un’azione appena trascorsa, come

se qualcuno ci avesse dormito. Quindi rappresenta una dimensione intima e

privata, dai risvolti drammatici. Infatti la critica lo interpreta come un sudario.

Idea di dimensione privata che viene violata dallo sguardo dello spettatore.

La parte superiore del letto presenta ampie pennellate dai colori accesi, che

sembrano richiamare il dripping dell’espressionismo astratto. E’ stato usato

anche del dentifricio. Sul cuscino ci sono dei segni a matita, probabilmente

per omaggiare l’amico Wambly, il quale faceva opere con segni simili.

L’opera sorprende perchè contrappone sullo stesso piano 2 registri diversi.

C’è una divisione tra il sopra (caos, gestuale) e il sotto (ordine delle trame

della coperta, geometrico).

L’opera destò molto scalpore quando entrò a far parte della collezione del

Moma, nel 1989.

Nel 1992 James Leggio scrive il saggio “Il letto di Rauschenberg, il

simbolismo del corpo”, nel quale propone diverse interpretazioni dell’opera.

Storia espositiva:

­1958: viene esposta per la prima volta, nella galleria di Leo Castelli. Rauschenberg espone 20

combine­peinting, “Bed” desta scalpore. Solo Robert Rosemblum ha interesse critico a riguardo, perchè

individua una preziosa continuità tra il dadaismo storico e le opere di Rauschenberg. L’opera è concettuale.

­1958: viene esposta al festival dei 2 mondi di Spoleto. Oltre a quelle di Rauschenberg, vengono esposte

opere di altri 12 artisti americani. Bed fa scalpore e il giorno dopo l’inaugurazione viene rimossa e posta in

un ufficio. In un articolo del News week, viene paragonata ad una foto segnaletica di un letto con cadavere.

“murder bed”, letto dell’omicidio.

­1968: viene esposta al Moma, ad una mostra riguardante la continuità del dadaismo storico. Viene definita

una caverna dell’omicidio sessuale. Fu l’unica opera ad essere venduta, acquistata da Leo Castelli che nel

1989 la donerà al Moma, in onore di Alfred Bar, fondatore del Moma.

Rauschenberg è contrario alle critiche negative, la sua visione era più positiva e conviviale. Si crea una

discrasia tra le intenzioni dell’artista, le opinioni della critica e le ricezioni del pubblico.

Viene anche paragonata al sangue mestruale, al dirty sex (James Leggio).

Secondo Steinberg il piano orizzontale proprio del letto come mobilio implica un “fare”, che si tramuta in

“guardare” appena il piano si tramuta in verticale.

La coperta è un omaggio dell’amica, ma potrebbe essere un riferimento al suo professore del Black

Mountain College, Josef Albers, il quale aveva creato “Omaggio al quadrato”, sulla coperta ci sono dei

motivi quadrati. Forzando quindi l’interpretazione, si può supporre che l’artista abbia voluto omaggiare

l’insegnmento del maestro nei confronti della rigorosità delle forme. Inoltre Annie Albers, moglie del prof.,

teneva un corso di tessitura al Black Mountain dove creava coperte. Quindi l’opera potrebbe essere un

omaggio alla coppia degli Albers.

Rauschenberg, “Monogram”, 1955­59

Animale impagliato con ruota di auto che gli cinge la vita, posto su una piattaforma dipinta.

C’è una similitudine con le lettere intrecciate dei monogrammi. Quadro in orrizzontale, che si contrappone al

letto in verticale.

E’ difficile stabilire se questi combine siano quadri o sculture.

Rauschenberg “Odalisk”, 1955

C’è una forte predominanza di immagini femminili.

E’ presente un riferimento a Ingres, il cuscino dell’odalisca. La gallina,

posta in alto, diventa oggetto di adorazione. Sono inseriti nell’opera

materiali di vario genere.

Nel 1958 Rauschenberg esegue delle illustrazioni per l’Inferno di

Dante, nelle quali pensa ad un montaggio di immagini, simili alle sue

precedenti scenografie.

Alla fine degli anni ‘60 si occupa di una nuova sperimentazione

tecnica, il transfer. Prende dei rotocalchi, immagini da delle riviste a

grande diffusione e le trasferisce sulla carta bagnando il tutto con del

solvente chimico. Poi le ripressa al rovescio con uno strumento

appuntito. L’effetto finale è l’impressione dello sfuocato, con delle

striature. Vuole rispecchiare il ritmo frenetico della vita moderna.

Secondo John Cage, l’impressione che danno è quella di un gruppo di tv accese e sintonizzate su canali

diversi.

Ugo Mulas fece diverse foto agli atelier degli artisti americani, come Jim Dine, Robert Indiana. Mostra al

Moma del 1961 “Art of assemblage”, vuole storicizzare le ricerche di questi artisti. Nel 1966 A.Kaprow scrive

un libro a riguardo, “Assemblage, Enviroments and Happenings”.

Nel 1962 Rauschenberg cambia studio, si trasferisce a Broadway. Il nuovo studio è molto grande e pieno di

oggetti. S’interessa al lavoro di Trishia Brown

La celebrità di Rauschenberg avviene dopo, con l’avvento della Pop Art.

Nel 1964 Rauschenberg riceve il premio speciale alla pittura alla Biennale di Venezia, anche se le riviste

divulgative fecero una vera e propria parodia della Pop Art.

Era la prima volta che la Pop Art arrivava in Italia.

La bilancia della ricerca pittorica si era spostata dall’Europa agli Stati Uniti. 13/04/2015

Esercizio di lettura 9 ​

Paul Klee, Angelus Novus , 1920, Gerusalemme, The Israel Museum

Paul Klee (1879­1940) si pronuncia così come si scrive.

Angelus anche, perchè è una parola latina, ma vista la nazionalità tedesca dell’autore dell’opera, viene spesso

pronunciato “anghelus”.

L’opera arriva al museo di Gerusalemme dopo molte vicissitudini, le quali contribuiscono a rendere l’opera

significativa.

Il foglio è grande poco più di un A4, l’opera grafica è realizzata a matita, inchiostro, acquerello, olio che funge da

legante.

Quest’opera può essere stata realizzata in pochi minuti. La produzione di arte si moltiplica sempre di più, i

tempi di realizzazione invece si accorciano notevolmente. Con l’avvento di nuove tecniche visive, come per

esempio i video negli anni ‘60, gli artisti si appropriano sempre di più di queste tecniche.

Questa non è l’opera più impegnativa o importante di Klee, ma riesce a mettere in gioco il fruitore, colui cui è

destinata, la persona che riceve l’opera.

La fama dell’opera iniziò molto presto, grazie ad una serie d’interpretazioni date dal filosofo e critico

pensatore Walter Benjamin​

, il quale è riuscito a rendere l’opera famosa in tutto il mondo.

Benjamin (Berlino, 1892 ­ Port Bov, 1940) era ebreo e muore suicida nel 1940, mentre cercava di lasciare la

Francia, occupata dai tedeschi nel giugno di quell’anno. Portava con sè il suo ultimo scritto, tradotto in

italiano “Tesi di filosofia della storia”, che fu pubblicato postumo

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Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

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