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-DISILLUSIONE POLITICA
-LEGAME CON LA GUERRA IN CORSO
-RAPPRESENTAZIONE NEI DIVERSI MOMENTI DELLA GIORNATA (seguire da vicino la natura)
Waldemar George nel 1927 teorizza una chiave di lettura antinaturalistica delle ninfee. Evasione dalla
realtà fondata sulla registrazione di sensazioni ottiche.
Paul Chandel, 1927: “Grazie all’acqua, Monet si è fatto pittore indiretto di tutto ciò che non si vede”
Monet era appassionato al giardinaggio, era una sua attività che svolgeva in modo complementare
rispetto alla pittura. I fiori per lui erano importanti quanto il suo lavoro.
Pierre Auguste Renoir “Monet che dipinge nel suo giardino di
Argenteuil”, 1873, Wadsworth Atheneum
Renoir e Monet erano amici. Renoir realizza questo quadro di Monet
mentre dipinge nel suo giardino. Si nota la classica pennellata
impressionista e l’effetto immediato della luce che ne consegue.
Molte delle creazioni di Monet riguardano i giardini:
http://www.artdreamguide.com/_arti/monet/_opus/renoir.htm
Claude Monet “Le jardin de Monet à Argenteuil” (Il giardino di
Monet ad Argenteuil) 1873 Collezione privata
“Angolo di giardino a Montgeron” 1876 Museo dell'Ermitage,
San Pietroburgo “Donna in giardino”, 1879
Monet compra casa a Giverny e si fa
costruire il giardino, di cui andrà poi molto
orgoglioso.
“La barca di Giverny” mostra un atelier
provvisorio all’interno di una barca.
“Ninfee e ponte giapponese”
All’inizio i quadri a cui si dedica nel suo giardino hanno tutti una forma
quadrata.
E’ dal 1833 che Monet riesce ad uscire,
grazie alla sua fama, dalle difficoltà
economiche ed inizia a potersi permettere
la realizzazione del giardino.
La tenuta di Giverny è distinta da 3 diverse
aree, la casa col giardino di fiori, il giardino
delle ninfee dove fa costruire il laghetto, e
lo studio.
Durante la realizzazione del suo progetto trova difficoltà, quali la
protesta dei cittadini riguardo la costruzione del lago, che temevano
conseguenze negative. In merito a questo Monet scrive una lettera al
sindaco per giustificare i motivi della costruzione, di cui necessitava da
una parte per riposare gli occhi e d’altra parte per lavorare ai suoi
dipinti.
Inizialmente non intendeva costruire un atelier apposito e lavorava in casa, ma in seguito alla sua
decisione di creare tele più grandi, necessita di spazi più grandi, cosi fa costruire l’atelier delle ninfee.
Influsso del giapponismo. A partire dalle prime esposizioni universali gli artisti s’interessano molto alle
stampe giapponesi, per via della loro sinteticità. Monet è un collezionista di queste stampe, possedeva ad
esempio “Gri”, “Vulcano Fuji”, “Giovane donna allo specchio”. La sua passione fu rafforzata dalla
fotografa americana Lilla Cobot Perry, amica dell’artista che viaggiava spesso in giappone.
I primi dipinti del ciclo delle ninfee hanno struttura quadrata. Il soggetto corrisponde al rigoglio della
natura.
Dal 1904 inizia a tagliare l’immagine per rappresentare solo l’acqua e i fiori che si riflettono su di essa. La
luce quindi cambia anche per via del movimento delle ninfee sull’acqua. Inoltre sull’acqua sono presenti
numerosi riflessi. Lavora anche in questo caso su più tele contemporaneamente.
Il lavoro era estenuante, e lo ossessionava.
Marcel Proust, in “Alla ricerca del tempo perduto”, ri-elabora fantasticamente il giardino di Monet, ma la
sua ri-elaborazione in effetti corrisponde al vero. Lo definisce pieno di toni e colori, un giardino colorista in
cui regna la smaterializzazione.
Dalla fine degli anni ‘10 Monet desidera di dipingere tele non più quadrate, ma molto grandi. L’atelier
costruito appositamente non ha finestre, ma lucernari sul soffitto. E’ più rude del precedente, ma
funzionale al lavoro. Quello precedente era volto anche all’accoglienza dei possibili compratori o critici
d’arte.
Non vuole più dipingere en plein air, effettua uno studio preliminare all’aperto e poi realizza il quadro in
atelier. Si fissa sulla grandezza. Pensa ai dipinti come fossero
destinati ad un museo, e successivamente ad uno spazio
adatto a contenerle e realizzato appositamente. Questo
spazio dev’essere avvolgente, coinvolgente e non più
bidimensionale. Lo spettatore si deve muovere liberamente, e
la pittura si apporta armonicamente allo spazio architettonico.
Nel 1918, in occasione dell’armistizio, Monet dona 2 pannelli
allo stato francese, tramite una lettera al presidente del
consiglio (suo amico). Voleva così partecipare alla vittoria del
suo paese.
In seguito i pannelli diventeranno 22.
Sono gli anni del dibattito sulla pittura murale.
Inizialmente Monet vuole che i pannelli siano posti nel museo
di arti decorative, ma questa donazione fu una vicenda lunga
e travagliata, per via dei problemi burocratici, i problemi di
salute dell’artista e per il fatto che sembrava non voler
separarsi dalle opere donate, poichè le sue più impegnative.
Nel 1927, dopo la sua morte, la donazione fu conclusa.
Una sala del museo è dedicata ai pannelli che riguardano il giardino e i salici, la seconda sala alla
rappresentazione dello stagno delle ninfee.
In quegli anni la critica era interessata al nascente surrealismo, quindi il ciclo delle ninfee non attira molto
l’interesse del pubblico. Viene riscoperto solo negli anni ‘50, mentre in Europa inizia a diffondersi l’arte
informale e in America l’action painting.
La rivista “Art news” propone una diversa storia dell’arte, offrendo al lettore spiegazioni riguardo alle
tecniche di pittura.
Pollock→ action painting. Tecnica del “dripping” da
“drop”= goccia.
Diretto contatto con la tela, che è stesa per terra.
Automatismo surrealista. 16/03/2015
Antonio Canova “Monumento funebre a Maria
Cristina d’Austria”, 1798-1805, Vienna,
Augustinerkirche
L’opera è emblematica per via della data, il tema, i
caratteri stilistici, la collocazione rispetto al
Neoclassicismo.
La beneficenza fa parte della simbologia cristiana,
viene inserita da Canova all’interno di un’architettura
egizia. Lo scultore cerca un emblema moderno per
rappresentare il passaggio alla morte. Mette una
struttura pagana in una chiesa cattolica attraverso la
rappresentazione di elementi cristiani.
Jacques-Louis David “La morte di Marat”, 1793, Bruxelles, Musèe royaux des
Beaux-Arts.
L’opera è neoclassica.
L’artista guarda il momento successivo al Rinascimento. Il realismo è macabro, c’è
attualità politica, come nel dipinto di 30 anni dopo di Gèricault, la zattera della
medusa. Luigi Cagnola, “Arco della pace”, Milano 1807-1838
Antonio Canova “Napoleone come Marte pacificatore” 1806-1811, Milano,
cortile del palazzo di Brera
Questa scultura è una replica in bronzo della statua di Canova 1803-1806 che
si trova oggi all’Apsley House di Londra.
La realizzazione celebrativa è quasi ironica perchè napoleone era molto
basso di statura. L’opera non viene usata come propaganda, ma viene
collocata al Louvre, apprezzata per i suoi canoni artistici.
La città di Milano ordinò la fusione in bronzo della stautua, arrivò a Milano
anche un calco in gesso della statua originale, questo calco si trova oggi in
una delle sali centrali della Pinacoteca di Brera.
Nel periodo in cui il bronzo arriva a Milano, cade Napoleone, così la statua
viene ritirata dalla sede di Brera, fino alla metà degli anni ‘30, in cui viene
nuovamente esposta come opera di Canova.
E’ nel 1859, dopo la caduta del regime austriaco, che viene collocata dove si
trova oggi. Il destino della statua viene quindi fortemente influenzato dagli
avvenimenti politici. Caspar David Friedrich, “Due uomini in riva al mare al
tramonto” 1807, Berlino, Nationalgalerie
E’ un opera simbolo della tendenza artistica che
costituisce il rovescio della medaglia del
Neoclassicismo, il Romanticismo. L’uomo è quasi
dominato dall’immensità della natura, e si trova in una
condizione di fragilità, marginalità, debolezza. Nel
neoclassicismo invece, l’uomo viene esaltato.
E’ importante sottolineare che le cronologie sono utili
per darci i gradini di una scaletta, ma come tutti i
fenomi culturali, quelli artistici s’intrecciano come fibre
vegetali (non si affiancano come in un mosaico).
Insomma, invece di succedersi nel tempo in modo
scandito, molto spesso vivono lo stesso tempo. Le
correnti vanno di pari passo, al di sopra della
tecnologia. Antonio Canova “Le tre Grazie” 1812-16, marmo. San Pietroburgo, museo
dell’Ermitage
Le Tre Grazie è un'opera di Antonio Canova che ritrae le tre famose dee della
mitologia greca ed è stata effettuata tra il 1813 e il1816. Ne esistono due versioni: la
prima conservata al Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo, ed una sua copia successiva esposta
alternativamente al Victoria and Albert Museum o alla National Gallery of Scotland.
È probabile che Canova abbia voluto rifarsi all'immagine tradizionale delle Grazie di ascendenza greco-
romana, poi ripresa dall'arte del Rinascimento. Nella scultura le tre figure femminili sono le tre figlie di
Zeus (Aglaia, Eufrosine e Talia), che in genere accompagnano Artemide. Esse simboleggiano lo
splendore, la gioia e la prosperità. Queste sono cinte da un velo, rafforzando il senso di unione dettato
dall'abbraccio della figura centrale; da notare la presenza di una colonna, una sorta di altare, su cui è
posta una ghirlanda, posta per motivi di staticità che funge da base d'appoggio. Come nelle altre opere di
Canova, la sinuosità delle forme femminili (qui ispirata dalla figura mitologica delle Grazie), la delicatezza
e la morbidezza nonché la ricercata levigatezza del marmodeterminano un gioco di luci ed ombre che
riporta alla formazione artistica veneziana dello scultore. L'opera segue perfettamente le teorie di
Winckelmann rappresentando la grazia , intesa come armonia di forme, delicatezza e leggiadria di
posture. Théodore Géricault, “Il corazziere ferito che lascia il fuoco”, 1814. Parigi,
Musèe du Louvre
Questo dipinto segna un cambiamento copernicano di prospettiva. Non
celebra un eroe trionfale. Guardando alla tradizione aurea francese e
spagnola, l’artista celebra il fallimento della conquista
napoleonica. Il soggetto è sceso da cavallo, e
sembra quasi scivolare dal pendio. Il dipinto sembra
su