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POCO NITIDA, CREATA CON UNA LITOGRAFIA A COLORI.
Capitolo 4
Un universo di simboli che si rispecchiano
Il linguaggio simbolico dell'arte L'arte si sviluppa attraverso binomi come tempo e spazio, realtà e immaginazione, natura e
artificio, che si intrecciano in una simbologia complessa. Elementi ricorrenti possono essere codificati e riconosciuti,
costituendo una lettura iconografica delle immagini. Questi elementi funzionano come una grammatica di base, un dizionario
visivo che attribuisce significati universalmente accettati. Tuttavia, come accade nella letteratura, l'uso di un linguaggio
comune non implica necessariamente formule espressive identiche. Ogni artista, se non si limita a riprodurre immagini
"parlanti", offre una visione unica, mediando significati attraverso uno stile originale. Questo porta alla lettura iconologica
dell’immagine, che considera il contesto, l'intento dell’artista e le interpretazioni culturali.
Iconografia concentra sull'identificazione e la catalogazione dei soggetti e dei simboli presenti in un'opera, analizzando il
significato di elementi specifici.
Iconologia, invece, va oltre, esplorando le connessioni tra l'opera e il contesto storico, culturale e sociale in cui stata creata,
è
nonché i significati più profondi e le emozioni che essa evoca. Questi due livelli di analisi, iconografico e iconologia,
rappresentano un metodo completo per comprendere l’immagine artistica.
Essi permettono di attingere consapevolmente al repertorio simbolico e ai valori formali dell'espressione visiva, arricchendo
l’interpretazione e la comunicazione.
La malinconia per Dürer perciò un sentimento che
è
nasce in relazione alla percezione spazio-temporale dalla
dimensione umana
L’incisione doveva probabilmente essere la prima di tre per questo il titolo è
Melencolia I essa rappresentava il primo stadio della malinconia quello legato
alla dimensione terrena a seguire si sarebbero dovuti mettere in scena il secondo
e il terzo atto. Ma durerà si ferma il primo poiché concerne l’ambito della
creazione artistica.
L'iconografia barocca della Vanitas ha profonde radici nella rappresentazione della malinconia, che nel XIV e XV
secolo era associata al _typus acediae_, ovvero l'accidioso. Questo tipo di malinconico viveva in uno stato di
apatia fisica e mentale, causato, secondo la fisiologia medievale, da un eccesso di bile nera. L'accidia, quindi, era
vista come una forma di paralisi dell'animo e del corpo.
Nel 1499, Albrecht Dürer affrontò questo tema nell'incisione *Il sogno del dottore*, dove il protagonista, immerso
in un abbandono onirico, si trova circondato da simboli di paure e tentazioni. In quest'opera si possono già
intravedere elementi che caratterizzeranno le sue rappresentazioni future della malinconia: una sfera, simbolo di
perfezione; una struttura caotica simile alla Torre di Babele; e forti contrasti chiaroscurali.
Tuttavia, Dürer compie un ulteriore passo avanti con la sua celebre incisione *Melencolia I* del 1514, dove unifica
il _typus acediae_ con il _typus geometriae_, rappresentazione della razionalità e del dominio tecnico. Questa
fusione di due impulsi opposti – la malinconia e la geometria – diventa per lui la definizione dell'artista, capace di
fondere tecnica e creatività, ordine e caos. Panofsky osserva che Dürer, combinando la rappresentazione della
malinconia con quella dell’arte geometrica, ha dato "un'anima alla geometria e una mente alla malinconia."
Prima di Dürer, la malinconia era spesso vista in modo negativo e associata all'avarizia. L'accidia, infatti, spingeva
le persone a compensare la propria impotenza con un attaccamento ossessivo ai beni materiali, in un tentativo di
controllare l'inevitabile scorrere del tempo. Nell'arte fiamminga e tedesca, questa visione si traduceva in immagini
di bottegai intenti a contare denaro, sottolineando l'inutilità di aggrapparsi ai beni terreni in un mondo segnato
dalla caducità e dal declino.
Dürer, reinterpretando la malinconia, trasforma questo stato d’animo da una condizione puramente negativa in
una forza creativa, rappresentando l'artista come colui che, pur tormentato dalla malinconia, può comunque
dominare il caos della realtà attraverso la tecnica e la conoscenza.
Nell'opera *Il cambiavalute con la moglie* di Quentin Metsys,
si rappresenta un contrasto simbolico tra due stati d'animo:
l'uomo incarna l'avarizia, mentre la donna rappresenta la
malinconia. Un elemento significativo in questa scena lo
è
specchio, che diventerà fondamentale nell'iconografia della
malinconia tra il XVI e il XVII secolo. Lo specchio, che nel
capitolo precedente stato analizzato per la sua importanza
è
percettiva, qui assume una valenza simbolica cruciale:
introduce un elemento destabilizzante, mostrando ciò che è
invisibile e incontrollabile, sfidando il dominio razionale
dell'ambiente circostante.
Un esempio precedente di questa iconografia si trova
nell'opera di Petrus Christus *Un orafo nella sua bottega*
(1449), dove una bilancia simboleggia l'equilibrio, mentre
uno specchio convesso riflette due figure di passaggio. Il
falco, portato da una donna, simbolo di avidità,
è
suggerendo un contrasto tra la coppia equilibrata nella
bottega e la scena di avidità riflessa nello specchio.
Questo specchio potrebbe anche alludere alla fugacità
del tempo, un tema strettamente legato alla malinconia.
Nel corso del tardo Cinquecento, l'iconografia della malinconia si evolve ulteriormente, assumendo toni moralistici e
prendendo il nome di *Vanitas*. Questo termine, dal latino "vanitas vanitatum" ("vanità delle vanità"), riflette l'idea
della transitorietà e caducità della vita. Il tema del tempo che scorre e della fragilità umana, già centrale nella
malinconia, si trasforma attraverso simboli come la clessidra e il teschio, noto come *memento mori*, un
ammonimento alla consapevolezza della propria mortalità.
Questa evoluzione iconografica continua ad arricchire la complessità simbolica della malinconia, adattandosi e
trasformandosi a seconda dei contesti culturali e religiosi dell'epoca.
Tra le prime versioni della malinconia trasformata in Vanitas
troviamo l'opera Meditazione o Malinconia del pittore
Domenico Fetti, realizzata intorno al 1620. Fetti conosceva e
si ispirava all'incisione di Dürer, mantenendone alcuni
elementi fondamentali come i simboli geometrici della
conoscenza scientifica (il compasso e l'astrolabio), la
presenza del cane e la posa tipica della riflessione
malinconica. Tuttavia, aggiunge nuovi elementi, tra cui uno
specchio, tenuto tra le mani della figura femminile
inginocchiata, e simboli della caducità, come le rovine
architettoniche.
Il termine "vanità" assume qui una doppia valenza: da un lato rappresenta il vuoto esistenziale,
dall'altro richiama l'atteggiamento vanitoso, ossia l'importanza eccessiva data a valori effimeri come
la bellezza fisica e le ricchezze materiali. Già all'inizio del Cinquecento, la giovane donna che si
specchia era un'immagine iconografica della Vanitas, espressione al contempo della coscienza
della propria bellezza e della consapevolezza della sua inevitabile fugacità.
Nel Seicento, questo soggetto profano si sovrappone all'iconografia religiosa della Maddalena penitente. Maria
Maddalena, figura simbolo del pentimento e della conversione, unisce la dimensione terrena a quella trascendentale.
Diventa una protagonista centrale nella pittura barocca, in particolare nei dipinti caravaggeschi di Georges de La
Tour. In diverse versioni del tema, La Tour rappresenta la Maddalena seduta in penombra, accanto a un teschio, uno
specchio e una candela, simboli del tempo che scorre inesorabile e dell'oscurità che segue al tramonto della luce. Il
contrasto tra luce e ombra, già visto nell'opera di Dürer, continua a essere un elemento stilistico cruciale, ma ora si
esprime attraverso l'atmosfera calda della pittura tonale piuttosto che attraverso la precisione descrittiva
dell'incisione.
Nell'opera di Domenico Fetti, che affronta direttamente il tema della malinconia, si ritrova l'influenza dei concetti
espressi da Dürer, soprattutto l'idea della coincidenza tra creazione artistica e temperamento malinconico.
Interessante l'aggiunta degli strumenti dell'artista a terra: pennelli, tavolozza e una scultura, che sottolineano la
è
riflessione sulla mortalità e l'insistenza sulla singolarità irriducibile dell'esistenza umana. Questo pensiero porta molti
artisti dell'epoca ad autoritrarsi come malinconici, consapevoli della caducità della loro opera e della visione parziale
del mondo che essa rappresenta.
La vanitas indica la caducità, ciò che destinato a passare e a morire. Il tema del tempo e del limite umano connaturato. un
è È
elemento portante della costruzione simbolica della malinconia virata in chiave moralistica.
Avviene una trasformazione iconografica dalla clessidra al teschio il memento mori, ammonimento alla coscienza della
propria finitezza terrena. Il teschio ha una forte persistenza nell'arte contemporanea, ne un esempio la sua utilizzazione da
è
parte di Andy Wahrol che lo colloca al di sopra della sua testa in autoritratto fotografico
( fa parte Domenico Fetti Malinconia)
Vengono mantenute:
1-LA PRESENZA DEL CANE
2- LA POSA TIPICA DELLA RIFLESSIONE MALINCONICA, INSERENDO IL TESCHIO NELLA FIGURA FEMMINILE
INGINOCCHIATA E ALTRI SIMBOLI DI CADUCITà (rovine architettoniche, natura selvaggia che cresce su di
CON IL TERMINE VANITA' si indica una dimensione di vuoto ma anche un atteggiamento comportamentale, cioè l'essere
vistosi, l'importanza data ai valori effimeri e passeggeri come la bellezza del corpo, la ricchezza materiale di beni, gioielli da
esibire. La donna che si guarda allo specchio era già agli inizi del 500 una versione iconografica della Vanitas di Tiziano
Vecellio la Venere allo specchio che indicava la coscienza della bellezza ma anche la sua fugacità.
GEORGE LA TOUR→ pittore barocco di stampo caravaggesco ne realizza diverse versione dove sperimenta
varianti compositive degli stessi elementi.
1. Donna con viso in penombra
2. Teschio su cui appoggia la mano
3. Uno specchio e una candela
CONTRASTO LUCE ED OMBRE il principale elemento stilistico
è
Tra gli artisti più emblematicamente "saturnini" nella storia dell'arte occidentale troviamo Salvator Rosa. Considerato
un precursore del Romanticismo per l'intensità passionale del