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L’USO FINO A NERONE

Incoronazione di Carlo magno, astutamente scegliendo il titolo di

1. “Sacro Romano Imperatore” (cioè fonde insieme l’antica tradizione

romana con la nuova forza che sta emergendo, quella della Chiesa),

con lo stemma a 2 bande con il giglio (simbolo ancora oggi della

Francia) e l’aquila.

L’aquila imperiale di Napoleone.

2. I monarchi austriaci, gli Asburgo, che hanno il titolo di Sacri Imperatori

3. e l’aggettivo che loro usano è “augusta maestà”.

Caesar Guglielmo II, con l’aquila sull’elmo.

4. L’aquila al centro della bandiera tedesca.

5. Zar Alessandro (forse il più grande zar). “Zar” significa “Cesare”. Gli

6. zar erano convinti di essere i discendenti dell’impero romano. La

bandiera dell’Unione Sovietica ha l’aquila imperiale ancora oggi.

Anche gli Stati Uniti hanno l’aquila che stringe i fulmini tra gli artigli.

7.

USO CHE NE HA FATTO MUSSOLINI

Si organizza una propaganda che dimostri come Mussolini derivi da

Augusto, come lui sia il nuovo duce. Nel 1927 cade il bimillenario della

presa di potere di Augusto e cominciano a fiorire libri come quello di

Emilio Balbo “Augusto è Mussolini”.

Augusto a un certo punto decide di fare alcune leggi perché ha un grosso

problema di calo demografico. Mussolini fa la stessa identica cosa con la

campagna demografica:

Campagna a sostegno della crescita demografica.

- Scapoli: tassa speciale.

- Premio in denaro dato dallo Stato agli sposi in occasione del

- matrimonio.

Prestiti e agevolazioni economiche (anche nel campo

- dell’educazione scolastica dei figli).

Esenzioni dalle tasse per le famiglie numerose.

-

È un disastro: troppe nascite, che l’Italia non può mantenere.

Lo fa perché gli interessa avere un popolo di soldati. È convinto che come

ha funzionato con Augusto, funzioni anche con lui, ma il contesto non è lo

stesso e lui non ne tiene conto.

La storia non è maestra di vita. C’è sempre questa tendenza a pensare

che noi non commettiamo gli errori degli altri.

Nel ’27 la propaganda è fortissima. L’ideale era quello di Augusto: “ho

dato un impero senza fine”.

Tutto è enfatizzato con ogni mezzo (perfino nei francobolli e i

calendarietti da barbiere). Fa costruire un intero quartiere nuovo, l’Eur.

Viene inaugurata la grande mostra augustea a Roma: fa costruire un

grandissimo museo per questa grande mostra della romanità.

Augusto, quando prende il potere, fa erigere in numerosi punti (Piazza

Navona, Piazza San Pietro, Piazza del Popolo, …) degli obelischi che ha

portato via dall’Egitto. Mussolini non può fare lo stesso, perché in Egitto

ci sono gli inglesi, ma sono gli anni della conquista dell’Etiopia e lui fa

togliere da lì una stele e la fa mettere all’Eur.

Fa fare uno sbancamento per creare la via dei Fori Imperiali, facendo

abbattere il quartiere medievale che c’era, demolendo interi monumenti

per poi cementare i fori: la via taglia li taglia a metà. Così come l’Altare

della Patria ha distrutto il Foro di Augusto.

Il richiamo con Augusto, infatti, non è ideale, ma strumentale. Nel ’37

sale al Quirinale portando le fronde d’alloro proprio come fece Augusto

prima di lui. MITO DI ROMA

Sono 3 le grandi civiltà che hanno dato una forte impronta: l’Egitto, la

Grecia e Roma. Miti.

Il mito di Roma nasce nel Medioevo, intorno all’anno 1000, con Carlo

Magno, per una serie di fattori:

L’Europa esce da una situazione molto difficile. Si perdono le

• conoscenze scientifiche, tecniche, e in certi campi si torna indietro,

anche di molto.

Ci si trova a vivere in mezzo a testimonianze grandiose di cui non si

conoscono le spiegazioni.

Tale è lo scollamento che talvolta queste opere vengono chiamate

“del demonio”, perché non si hanno più le capacità di produrle.

C’è un patrimonio incredibile di conoscenze perdute, perciò si

comincia a vedere Roma come una civiltà passata, che però

dovrebbe rivivere: sembra quasi che dall’anno 1000 tutto ruoti

intorno a questo. Diventa un mondo ideale che si vuole e si cerca di

riproporre.

Rapporto sempre più stretto tra potere materiale e Chiesa, perché

• Roma è capitale di entrambi: la Chiesa è il regno di Dio e Roma il

regno degli uomini.

La Chiesa riesce a diventare garante del potere: Romano

Imperatore sì, ma sacro. L’investitura, infatti, deve darla il Papa.

Riscoperta dei classici. Quel che ci resta è il frutto di una selezione

• operata dai copisti, pochissimo. Vengono scelti quegli autori che più

sembrano rispondere alle necessità (ad esempio, Tito Livio che

canta la grandezza di Roma e di cui abbiamo quasi tutto). Questo

modo di concepire il mito è anche un modo di giustificarne il

potere.

Roma è la città del pellegrinaggio. I viaggi dei pellegrini aumentano

• sempre di più e non guardano solo le cose religiose, ma anche la

città (in parte in rovina).

→ I mirabilia erano delle specie di guide e da queste sappiamo

che alcune costruzione erano ancora in piedi.

Chi tornava, raccontava un’immagine che poi non era neanche

veritiera: nasce il mito di Roma. La si considera potenza eterna e

c’è questo senso di inferiorità verso una civiltà di cui gli ammiratori

si sentono incapaci di riprodurne la grandezza (non è che non lo

sapessero fare, non si sentivano in grado).

Erano cristiani, ma ammiravano le cose pagane. Pagani e cristiani

hanno convissuto per 400 anni (i problemi iniziano con Teodosio

che mette come culto ufficiale il cristianesimo).

Si è risolta con “erano pagani, ma li ha voluti Dio”: l’impero romano

è visto come provvidenzialistico. È stato voluto per facilitare la

diffusione del cristianesimo.

A PARTIRE DAL 1300

Da quando gli intellettuali riscoprono Roma anche dal punto di vista

intellettuale, questo li porta a vederla con un’ottica distorta, come un

modello da imitare, anche a livello politico. Uno dei primi che se ne

occupa è Petrarca (convinto che Roma sia un modello da seguire per

ottenere una politica di pace): crea questo mito andando incontro a

Sant’Agostino (che adorava, perché si rivedeva nella sua vita dissoluta).

Avviene una totale deformazione della storia romana e i tribuni sono visti

come i capi del popolo (i tribuni della plebe come capi del popolo).

Questa convinzione, totalmente sbagliata, deriva da Tito Livio, che viene

riscoperto proprio in questi anni.

Con lui, si accorgono che c’è una specie di filo conduttore. Ad esempio, la

paura dei Galli che Petrarca associa alla Francia dell’epoca (si deve a lui il

termine cattività avignonese).

Petrarca appoggiò Cola di Rienzo nei suoi scritti.

In questo periodo la città di Roma è un comune guidato da dei gruppi di

baroni (uno di questi formato dai Colonna, che spesso divenivano papi).

Petrarca vorrebbe il ritorno di Roma anche a costo di una dittatura,

purché si torni a un impero di pace.

È in questi anni che scrive l’Africa (poema con cui pensava di diventare

famoso) e usa Scipione per raffigurare questa figura.

Quando vede che Cola di Rienzo fallisce per sua stessa colpa (il potere gli

da alla testa), l’esperimento fallisce, la Repubblica italiana dura

pochissimo e c’è in lui un cambiamento di prospettiva: bisogna tornare a

una visione imperiale. È da questo momento che comincia ad appoggiare

la politica di Carlo IV (occorre un imperatore).

Cola di Rienzo è un popolano, che però studia i classici, conosce bene

Tito Livio e Virgilio e forma dentro di sé l’idea di una grande Roma,

rimpiangendo i fasti antichi.

Pian piano contrappone la Roma a lui contemporanea a quella del

passato.

Sa parlare molto bene in pubblico, ha carisma e si accorge che riesce a

far leva sul popolo. Riesce ad arrivare al potere e si oppone ai baroni.

Fonda la Repubblica romana e dice di essere il nuovo tribuno

(fraintendendone il ruolo che aveva in passato).

È molto bravo ad usare quelli che erano i mass-media dell’epoca e a

sfruttare il mondo antico. Vuole riproporre la Roma repubblicana.

Il Papa sulle prime lo appoggia e lo finanzia, perché è contro ai baroni.

Quelle che traggono in inganno Cola di Rienzo sono le 4 tavole

(probabilmente) che facevano da piano d’altare di una chiesa e di cui da

un’interpretazione errata, ma lui sapeva bene il latino. È forse il primo

caso di manipolazione della storia documentato.

ERRORI:

Il Senato di Roma è l’espressione dei patrizi.

- A Roma il Tribuno della plebe non aveva potere esecutivo e

- deliberativo; inoltre, non era da solo (ad un certo punto erano 30).

Ha un unico grande potere: quello di intercessione (porre, cioè, il

suo veto alle leggi, senza spiegarne il perché).

Negli anni si rivela un dittatore violento e spietato. Viene bruciato.

Sulla spinta dell’Umanesimo, cambia completamente l’atteggiamento nei

confronti di Roma: si rivuole quella imperiale.

Da questo momento si cominciano i restauri di alcuni grandi monumenti

e arrivano grandi artisti.

Il mito di Roma non è più politico e basato sulla letteratura, ma basato

sull’arte e su una concezione della libertà. Diventa il mondo della

bellezza che non si trova e non corrisponde alla realtà. Si crea un ideale

di bellezza che si vuole riprodurre.

Da questo momento i nobili, i papi, gli imperatori si fanno costruire

palazzi simili a quelli degli antichi. Roma deve diventare bella, come

rigenerazione spirituale. Deve diventare simbolo. Città più bella del

mondo, perché città di Dio.

Nella storia di Roma ci sono continui sbalzi dalla grandezza alla caduta

verticale, ma la città rinasce sempre dalle sue ceneri.

Roma rinasce dopo il sacco, ma il mito si perde fino quasi al 1700, anche

perché – durante l’Illuminismo – il mito è spostato alla Grecia, anche lì

idealizzando realtà che sono diverse.

RIVOLUZIONE FRANCESE

Due dei simboli della Rivoluzione Francese derivano dall’iconografia

romana:

Il berretto frigio (il pilleo), molto usato dagli abitanti della regione

• Frigia (messo sulla testa degli schiavi, a Roma, una volta liberati),

diventa il simbolo della liberazione. Berretto di lana a punta, di

colore rosso, che si allacciava sotto ed era tipico del mondo

orientale (è rappresentato anche su l

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
14 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/03 Storia romana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Krikee di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Introduzione allo studio della storia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Buonopane Alfredo.