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FERMENTAZIONE INDUSTRIALE

Fermentazione —> per aumentare biomassa- Concentrazione della biomassa batterica- Lavaggio delle cellule con soluzioni isotoniche- Crioprotezione della biomassa- Liofilizzazione della biomassa crioprotetta- Macinazione e granulazione della coltura liofilizzata- Miscelazione e standardizzazione della carica- Eventuale microincapsulazione in matrici di diversa natura- Confezionamento del prodotto finito (biobulk)= coltura probiotica pronta a essere aggiunta all’alimento

ASSICURAZIONE QUALITA’

Controllo di ogni intermedio e del prodotto finito (biobulk)- Verifica della Conformità e Rilascio del LottoOttenimento della biobulk —> produzione di una coltura Ottimizzazione del processo produttivo —> strategie liofilizzata concentrata: devono essere attuate nelle molteplici fasi del- ad elevata carica processo:- batteriologicamente pura - in fase di fermentazione- con popolazione batterica in buono stato fisiologico - in

- resistente a condizioni chimico-fisiche stressanti - in - adeguata (2 anni), anche a temperatura ambiente (25 - in fase di standardizzazione del titolo della± 1°C) coltura liofilizzata in -> ottenere il maggior rendimento in cellule vive, biologicamente attive ed in uno stato fisiologico tale da tollerare al meglio sia gli stress indotti dalle successive fasi del processo produttivo che quelli subiti durante il transito gastro-duodenale. Quindi, affinché le cellule mantengano queste caratteristiche di ottimo stato fisiologico è importante ottimizzare le condizioni della fermentazione in modo da prolungare il più possibile la fase esponenziale di crescita. Inoltre, aumentare l'elasticità della membrana batterica stimolando l'accumulo di acidi grassi prodotti a partire da particolari sostanze lipidiche presenti nella formulazione del substrato. Siutilizzano per esempio dei "crioprotettori" come il glicerolo. Quando la cellula si trova nell'ambiente congelato/liofilizzato sopravvive a questa condizione perché il terreno supplementato con il crioprotettore le permette di mantenere un metabolismo basale + il crioprotettore permette alla cellula di accumulare acidi grassi nella membrana in modo da mantenerla fluida. Per ottenere tutto ciò si lavora sul substrato -> formulazione substrato: ricerca delle fonti ottimali di carbonio ed azoto e definizione del loro corretto rapporto, studio delle esigenze nutrizionali specifiche (vitamine, sali minerali, fattori di crescita), valutazione di sistemi tamponi in grado di minimizzare i danni da abbassamento del pH. Ogni specie batterica (in realtà ogni biotipo) ha specifiche esigenze colturali che sono studiate preliminarmente in laboratorio. Ottimizzazione delle condizioni colturali: - uso di tecniche di bonifica del substrato che non ne - temperatura di incubazione (può influire su alcune capacità metaboliche e sulla criotolleranza)
% di inoculo
(solitamente alta per evitare una permanenza eccessiva in condizioni stressanti)
range del pH di fermentazione
(importante per la criotolleranza) e potenziale redox (flusso N2)
scelta del neutralizzante
(solitamente NH4OH, NaOH, a volte anche altri)
durata della fermentazione
(miglior compromesso tra entità popolazione e stato fisiologico)
modalità di separazione BIOMASSA (BX) dal substrato
(centrifugazione [tipi diversi], filtrazione [tipi diversi])
modalità di lavaggio della BX
(soluzione lavante, sua pressione osmotica, ecc.) per allontanare i residui di terreno Le colture probiotiche generalmente sono liofilizzate perché è più semplice movimentare una coltura liofilizzata rispetto a coltura congelate. La logistica delle colture congelate è più complessa e

più dispendiosa.

CRIOPROTEZIONE: durante la fase di surgelazione, che precede quella di sublimazione nel processo di liofilizzazione, intervengono fenomeni chimico-fisici molto complessi che interessano sia il liquido in cui le cellule sono sospese, sia il citoplasma batterico: vi è un aumento della pressione osmotica del mezzo in cui si trova la cellula (perchè si toglie acqua) + formazione di cristalli di ghiaccio che provocano una perforazione della parete cellulare. Di conseguenza, è necessario formulare una corretta ricettazione del criprotettore —> la BX lavata viene addizionata di crioprotettore (glicerolo o zuccheri o sali) —> l’addizione comporta un abbassamento della temperatura di congelamento. L’addizione permette di evitare che in fase di essiccazione secondaria venga estratta troppa acqua interstiziale ed intracellulare con conseguente denaturazione degli acidi nucleici ed enzimi. Inoltre, si vuole rendere più.

viscoso il prodotto per rallentare la fuga degli ioni e delle altre sostanze al momento del congelamento. A questo punto avviene la liofilizzazione vera e propria. La liofilizzazione è il processo di disidratazione più delicato per componenti sensibili della cellula, condotto attraverso una fase di congelamento del prodotto e successiva sublimazione in vuoto del solvente. Consente di mantenere pressoché inalterate le proprietà di principi attivi sensibili e termolabili. Il prodotto che si ottiene (cake) è poroso, friabile, igroscopico e facilmente reidratabile.

La liofilizzazione è condotta in 3 fasi:

  • surgelazione del prodotto
  • essiccamento primario o sublimazione
  • essiccamento secondario o desorbimento

Formulazione del PF -> bisogna definire la quantità di ceppo liofilizzato (in funzione di titolo del ceppo liofilizzato in biobulk, carica usata nei trials di efficacia, durata della shelf-life, decadimento evidenziato

negli studi preliminari di stabilità con prove accelerate e long-term) + valutare l'aggiunta di eventuali altri componenti attivi, scegliere gli ingredienti. Per attivi, ingredienti ed eccipienti va verificata la biocompatibilità con il ceppo: - tossicità immediata (alcuni acidi grassi, molti polifenoli, terpeni, Cu ...) - tossicità a lento impatto (alcuni metalli, alcuni composti aromatici, ...) Il PACKAGING (molto importante): deve essere funzionale a creare una barriera all'umidità e all'ossigeno. Si utilizzano generalmente materiali come politene/alluminio/alluminio/poliestere, o accoppiati. In fase di riempimento si usano gas inerti come azoto per creare un'atmosfera anaerobica. Stabilità biologica del ceppo nel prodotto finito: i probiotici sono microrganismi vivi e come tali sono soggetti ad una inevitabile mortalità nel tempo. È però possibile, grazie ad interventi tecnologici da attuare.durante la produzione del ceppo ed in fase diformulazione e fabbricazione del P.F., rallentare il decadimento in modo tale da garantire l'efficacia del P. F. fino a fine shelf-life. Il P. F., anche se in polvere, deve essere considerato come un unico sistema dove si succedono continue interazioni di natura chimico-fisica tra i componenti. I parametri che maggiormente inducono stress e decadimento del titolo sono: umidità, temperatura, urti meccanici, ossigeno, fattori tossici (allo stato polvere) + pressione osmotica e pH (allo stato liquido). Il decadimento della carica è un fenomeno tipico di ogni formulazione. Le prove di stabilità devono essere condotte per ogni specifico prodotto finito nelle stesse condizioni di conservazione previste per la commercializzazione. Lo studio del comportamento del prodotto finito mediante tecniche analitiche innovative, nonché la correlazione con valutazioni di stabilità accelerata, forniscono in tempi brevi precisemondo. Durante i test di stabilità, i campioni di microrganismi probiotici vengono conservati a diverse temperature e umidità per un determinato periodo di tempo. Successivamente, vengono prelevati campioni a intervalli regolari e analizzati utilizzando le tecniche di conte microbiche e citofluorometria di flusso per valutare la vitalità dei microrganismi. Queste analisi ci permettono di determinare se i microrganismi probiotici mantengono la loro vitalità nel tempo e se sono in grado di sopravvivere alle condizioni ambientali. Inoltre, i test di stabilità ci forniscono informazioni sulla durata di conservazione dei microrganismi probiotici e sulla loro capacità di mantenere le caratteristiche desiderate durante il periodo di conservazione.

mondo.Intervenendo a più livelli della filiera produttiva (fermentazione, crioprotezione, liofilizzazione, granulazione, formulazione .....) è possibile migliorare il SISTEMA Prodotto Finito in modo tale da garantirne una adeguata stabilità anche a temperatura ambiente(25°C). Tecnologie innovative consentono di portare l'emivita (a 25°C e 60% RU) di un P.F. a base di probiotici a 300-400 gg e quindi un modesto sovradosaggio di 4-5 volte il titolo dichiarato in etichetta può assicurare una shelf life di 2 anni.

BATTERI PROBIOTICI NEGLI ALIMENTINEGLI ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE

Ad oggi, né l'EFSA per l'Europa, né l'FDA per gli USA, hanno riconosciuto alcun alimento come probiotico. Tuttavia, si ritiene ragionevole indicare che, affinché un alimento possa essere considerato "potenzialmente probiotico" esso debba contenere microrganismi vivi che, ingeriti in un certo numero, possano esercitare degli effetti benefici.

sue caratteristiche organolettiche tipiche. Ad esempio, nel caso dello yogurt, i batteri starter vengono aggiunti al latte per avviare il processo di fermentazione e conferire al prodotto le caratteristiche desiderate. È importante sottolineare che non tutti i batteri presenti negli alimenti sono probiotici. I batteri probiotici devono soddisfare determinati requisiti, come la capacità di sopravvivere al passaggio attraverso l'apparato digerente e di colonizzare l'intestino, dove svolgono i loro effetti benefici. Alcuni esempi di alimenti che contengono batteri probiotici sono lo yogurt, il kefir, il miso, il tempeh e il kimchi. Questi alimenti sono ottenuti attraverso processi di fermentazione controllata, che favoriscono la crescita dei batteri probiotici. In conclusione, se si desidera consumare alimenti probiotici, è importante fare attenzione alla provenienza e alla quantità di batteri presenti negli alimenti. Inoltre, è consigliabile consultare un professionista della salute per determinare la quantità di alimento necessaria per ottenere gli effetti desiderati.biotici devono essere ancora vivi e in grado di sopravvivere all'ambiente acido dello stomaco e di colonizzare l'intestino. Inoltre, devono essere sicuri per il consumo umano e non causare malattie o infezioni. Per identificare se un microrganismo è probiotico, è necessario condurre studi scientifici specifici che valutino la sua capacità di sopravvivenza, adesione all'intestino, produzione di sostanze benefiche e assenza di effetti negativi sulla salute. Quindi, per determinare se i microrganismi presenti in un alimento fermentato sono probiotici, è necessario condurre ricerche specifiche per valutare le loro caratteristiche e proprietà probiotiche.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
27 pagine
SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/16 Microbiologia agraria

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Cath_premed di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Microrganismi probiotici e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Bottari Benedetta.