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RIMANENZE

Sono aspetti dello Stato Patrimoniale e possono:

(8)Non subire alcuna lavorazione;

(9)Subire una qualche lavorazione;

(10)Subire lavori in corso.

Le rimanenze del Conto Economico non sono iscritte come rimanenze iniziali o finali; di qualsiasi tipo di bene si hanno rimanenze

iniziali o finali (costi o ricavi).

Nel Conto Economico vi è la forma scalare (cioè insieme di costi e ricavi).

Nel Conto Economico si hanno le variazioni delle rimanenze alle voci A2, A3 e B11.

La voce A indica il valore di produzione, cioè l’insieme dei ricavi, ma vi sono anche dei costi che vanno a rettifica (Es. ricavi al netto

delle prestazioni). Nel bilancio si inseriscono costi e ricavi netti (da restituire a clienti o fornitori): mi interessa sapere il succo non le

variazioni. Sono inseriti i valori netti di vendite e acquisti.

La voce B indica i costi messi al netto dei ricavi.

Le rimanenze sono:

­in A2: variazioni di rimanenze dei beni della famiglia che aveva subito lavorazioni;

­in A3: variazioni di rimanenze dei lavori su commessa;

­in B11: variazioni di rimanenze dei beni che non hanno subito lavorazioni.

Beni o prodotti che hanno subito lavorazioni ad opera d’impresa (corrispondente alla parte alta del C.E.); è una valutazione legata

solo al costo, quella della rimanenza di beni senza lavorazione ad opera d’impresa (corrispondente alla parte bassa del C.E.).

A corrisponde all’insieme di ricavi: per A2 e A3 vengono considerate le variazioni delle rimanenze, cioè rimanenze finali totali meno

le rimanenze iniziali totali; ma questo ragionamento vale solo per i ricavi (e si rispetta sempre il segno della variazione positivo o

negativo che sia).

B corrisponde all’insieme di costi: per B11 le variazioni di rimanenze si avranno le rimanenze iniziali totali meno le rimanenze finali

totali (e anche in questo caso si rispetta sempre il segno della variazione positivo o negativo che sia).

C2 e C3 corrispondono a crediti e vi è un criterio per stabilire se esso va in attivo circolante o mobilizzato.

Viene definito anche il presumibile valore di realizzo nell’art. 2426 C.c.: i crediti vanno scritti a bilancio al presumibile valore di

realizzo, tenendo presente che per i crediti viene ipotizzato quanto si realizzerà alla riscossione dello stesso; se qualche particolare

non è condivisa si contesta la fattura (mentre i debiti sono espressi al valore nominale).

I crediti sono espressi al presumibile valore di realizzo perché se si avesse un credito di un milione di euro, ma il cliente è irreperibile,

si ha la consapevolezza di non essere in grado di riscuoterlo, quindi è inutile esprimerlo a bilancio (poiché rappresenterei in bilancio

ciò che non è reale); in bilancio si deve scrivere quanto realmente vale questo credito (riscosso nel suo valore).

I debiti possono essere privilegiati o chirografati.

Con i debiti chirografati non si ha nessuna garanzia, ma si fa pagare solo in proporzione alla massa attiva.

Con i debiti privilegiati il creditore ha un privilegio su un dato bene (garanzia personale o sui beni): i soggetti col privilegio lo sfruttano

e si fanno pagare prioritariamente sull’oggetto del privilegio.

I creditori possono richiedere il fallimento o fanno fallire. Se vi è uno sbilancio tra situazione creditoria e debitoria si ha il fallimento

(preso in mano poi da un curatore che lo amministra per rendere note le componenti attive e passive della contabilità inattendibile,

per i modi illeciti di gestione d’impresa e per vedere se vi sono operazioni a danno di creditori, regolate in seguito. Sono queste

attività molto difficili, in cui bisogna essere in grado di cercare quali sono le situazioni poco chiare.

Invece l’insolvenza è uno stato patologico: quando un soggetto è in uno stato di squilibrio, cioè non ce la fa a pagare. Con situazioni

parcondicium creditorio.

di dissesto creditorio si ha il

Quando un cliente è al dissesto, se iscrivo il credito al passivo del fallimento, tale credito resta immagazzinato fino a quando il

dissesto o fino a quando il fallimento è finito.

Se ci si mettesse in liquidazione volontaria i debiti si dovranno per forza pagare interamente, anche se spesso vi sono transazioni o

concordati per la riscossione di somme minori dei debiti dovuti.

Col fallimento l’amministrazione è data ad un giudice nominato dal tribunale: è necessario un dato tempo per riavere l’abilitazione

civile a poter riaprire una nuova impresa.

­Si può fallire perché magari si ha una catena: si è venduta merce ad un grosso cliente che fallisce e non paga; l’impresa iniziale non

ha risorse per portare avanti l’attività e fallisce (buona fede).

­Si può fallire per operazioni spregiudicate di manager che portano alla chiusura dell’impresa (mala fede).

Il confine tra buona e mala fede è molto visibile.

Si deve svalutare un credito per iscriverlo al suo valore di realizzo presumibile. Il credito resta nominalmente in contabilità fino alla

sua eliminazione, che avviene quando ho la certezza di non riuscire più ad incassarlo.

svalutazione

Con la vengono valutati i crediti a minor valore.

(11) Analisi puntuale di ogni singolo credito : valutazioni e analisi di ogni singolo credito svalutando quello che si pensa di non

ricevere (se ho pochi clienti grandi, che conosco).

(12) Svalutazione globale dei crediti (con tanti clienti piccoli che non conosco bene): quanto staticamente ogni anno pesano le

esigibilità e viene valutata in base a quella percentuale la svalutazione media dei crediti.

Con la svalutazione dei crediti si hanno delle perdite presunte su crediti (C.E. in B10D); fondo svalutazione crediti (articolo generico)

ho il costo di competenza dell’esercizio; è un fondo di rettifica che mi rettifica il valore d’importo dei crediti iscritti in bilancio.

Se ho crediti per un milione e stimo una svalutazione di 50.000, 950.000 è il presumibile valore di realizzo dei crediti.

I crediti commerciali sono svalutati; le altre tipologie di crediti sono svalutati con una legge.

Stralciare il credito significa eliminare il credito: eliminare il fondo svalutazione crediti.

Per il fisco quando sorge un credito si ha un ricavo, ma la perdita su crediti è un costo (certe volte fiscalmente deducibili).

Il fisco concede la deducibilità nei limiti di 0,5% (limite massimo della svalutazione) di crediti commerciali, fino a che il fondo

svalutazione crediti raggiunge il 5% del credito stesso (con un limite massimo di fondo pari a zero).

La perdita presunta su crediti è minore di 0.5% di crediti commerciali fino a che il fondo arrivi al 5% del credito stesso (DOPPIO

LIMITE).

La svalutazione dei crediti è una mia stima, cioè costi fiscalmente deducibili per le regole sopracitate.

Es.

Crediti totali 100.000

Fondo svalutazione crediti 4.800

al 0.5% 500 4800+500=5300

-svaluto

il limite è il 5%= 5000

5000<5300, quindi di tutti i 500, 300 sono indeducibili e 200 sono deducibili (sforo col fondo).

al 1%= 1000

-svaluto

4800+1000=5800

800 non lo considero fiscalmente deducibile.

La ratio della norma è che la svalutazione dei crediti stimata è molto soggettiva, lo stabilisco io con le mie stime.; perciò il fisco non

vuole che si stimino svalutazioni inesistenti, irreali.

La valutazione reale ce la si ha con lo stralcio del credito.

Il fisco però non interferisce con l’aspetto civilistico.

Perdite da stralcio si hanno quando stralciando un credito ho delle perdite consistenti su crediti, e per il fisco queste sono deducibile

se derivano da elementi certi.

Lo stralcio del credito deriva da elementi certi: si devono formalizzare le proposte tramite documenti legali.

Capita in date società (immobiliare con un solo cliente) a fine anno che si potrebbero avere crediti aperti. Se il cliente paga non vale

la pena fare la svalutazione dei crediti, poiché non ha senso visto che non è valida fiscalmente.

Ci possono essere fondi tassati (non deducibili fiscalmente: fondi per rischi e oneri) e non.

I crediti tributari, sono i crediti vantati da un soggetto nei confronti del fisco:

(1)Attività finanziarie;

(2)Disponibilità liquide.

FISCALITA’ DIFFERITA

Al principio di competenza sono legate anche le imposte.

Con un dato risultato di esercizio anche le imposte gravano nell’esercizio in cui si sono manifestate.

Accade che, fiscalmente, un costo è fiscalmente indeducibile nell’esercizio in cui si registra ma è deducibile nell’esercizio successivo:

Es. i costi di manutenzione non di natura incrementativa al contrario incrementano il valore di un dato bene; dove un’impresa fa

manutenzione sui suoi beni strumentali; per la normativa fiscale questi sono deducibili nei limiti del 5% dei valori dei beni strumentali

iscritti dall’inizio dell’anno. Scaricato più del 5% si deduce in quote costanti negli anni successivi; questo perché il fisco non vuole

fare sostenere maggiori manutenzioni per abbattere il reddito, limitando la deducibilità fiscale di un costo di manutenzione; sposta il

vantaggio fiscale per avere prima i soldi (VANTAGGIO DI TIPO FINANZIARIO).

Ci sono anche disposizioni opposte: il fisco mi consente di dedurre prima un ammortamento, sfruttando un costo che non ha

giustificazione civilistica dal momento che è un beneficio fiscale (Es. ammortamento anticipato).

Un costo nel 2012 avrà beneficio fiscale nel 2013; un costo fiscale nel 2012 ha rilevanza civilistica nel 2013; c’è uno scollamento della

manifestazione del costo rispetto al sorgere o meno dell’imposta relativa.

Il calcolo delle imposte alle aliquote stabilite dalla legge è legato alla manifestazione del costo.

Es. anno n

Ricavi per 100.000

Costi per 90.000 (costi per 5000euro non deducibili in n ma in n+1 si)

Tassazione 40% costo indeducibile per quest’anno non per sempre, anche se civilisticamente è comunque deducibile. Imposte

anno n sono 4000, quindi:

(3)10.000+5000=15.000 (imponibile)

(4)40% di 15.000= 6000 (imposte per registrazioni fiscali)

anno n+1

ricavi per 100.000

costi per 90.000

reddito imponibile nei due anni 10.000

tassazione al 40%

(5)10.000­5000=5000 (imponibile)

(6)40% di 2000 (imposte per registrazioni fiscali)

(7)imposte dell’anno n+1=4000 (come imposte correnti per il principio di competenza).

31­12­n

imposte correnti (C.E. 22) 4000 (attivo)

crediti per imposte anticipate (C2 4ter S.P.) 2000 (attivo)

debiti per imposte 6000 (passivo) da pagare al fisco.

31­12­n+1

imposte correnti (C.E.22) 4000 (attivo)

crediti per imposte anticipate 2000 (passivo) il credito creativo dell’anno prima, lo uso l’anno dopo.

Debiti per imposte 2000 (passivo).

Il contrario lo si ha per le imposte differite:

anno n

ricavi­costi=10.000

carico fis

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Publisher
A.A. 2013-2014
36 pagine
3 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Rickybotti19 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologie e determinazioni quantitative d'azienda e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Scazzini Giacomo Natale Paolo.