Metodologia Infermieristica - Appunti Completi
Anteprima
ESTRATTO DOCUMENTO
cooperativa) e si occupa di problemi afferenti alle scienze infermieristiche generali
formazione triennale).
Un’infermieristica L’infermiere specialista agisce sempre sia in maniera
2. specialista.
autonoma che collaborativa, esercitando quindi la sua autonomia decisionale e
Nell’ambito dell’infermiere
cooperativa, ma in un ambito specifico (master).
specialista troviamo anche il master in coordinamento.
modello che supporta l’infermiere nella pratica clinica (che unisce il
Il principale
metaparadigma all’accreditamento scientifico) è il modello bifocale di Carpenito. Il concetto
di bifocalità richiama la differenza fondamentale fra il modello biomedico e quello olistico:
bifocale, quindi, perché dà la possibilità di agire con entrambe le linee di pensiero, dando
prevalenza a quello olistico. Il modello di Carpenito è applicabile sia al modello autonomo
che al modello collaborativo. Tuttavia, quando si ragiona con autonomia ci rifacciamo di più
al concetto olistico, mentre quando si ragiona in collaborazione, siamo più sul modello
l’ambito autonomo, infatti, lo si gestisce con la
biomedico: diagnosi infermieristica, mentre
l’ambito collaborativo, lo si gestisce di più con i problemi collaborativi.
La diagnosi infermieristica
La prima definizione di diagnosi infermieristica risale al 1953. Oggi consideriamo come
“la
definizione quella data dalla NANDA nel 1990: diagnosi infermieristica è un giudizio
clinico riguardante le risposte della persona, della famiglia o della comunità a problemi di
salute/processi vitali in atto o potenziali. La diagnosi infermieristica costituisce la base
sulla quale scegliere gli interventi infermieristici volti a conseguire dei risultati di cui
l’infermiere è responsabile” (NANDA, 1990).
“La diagnosi infermieristica racchiude tutto ciò che l’infermiere può
Ricorda anche che:
gestire con autonomia decisionale.”
Giudizio clinico: è un giudizio che deriva dal nostro sapere scientifico-disciplinare. Perciò,
è necessaria che l’infermiere conosca non solo ciò che
nel formulare questo giudizio, riguarda
le scienze infermieristiche, ma anche quello che riguarda le scienze biomediche. La
formulazione del giudizio, però, deve essere sempre contestualizzata. Il giudizio clinico,
l’infermiere non lo dà sulla malattia, ma sulla risposta alla malattia, da parte dell’assistito.
Le risposte: possono essere di 3 tipologie principali: fisiche (per esempio, stipsi), sociali (per
esempio, disagio nelle relazioni sociali), psicologiche (per esempio, ansia o paura).
Problemi di salute: sono tutte le diagnosi mediche. Gli infermieri non guardano, però, alla
malattia, ma alla salute dell’assistito, così da capire quello che è necessario usare per
ripristinare una condizione di vita stabile e un benessere psicofisico e sociale.
Processi vitali: sono tutti quei processi che identificano la vita biologica di una persona.
In atto o potenziali: questi problemi ci possono essere (in atto) o non essere ancora presenti
(potenziali). L’infermiere deve saper analizzare i cosiddetti fattori predisponenti o di rischio,
costituendo la diagnosi potenziale. Ovviamente fra la diagnosi reale e diagnosi potenziale è
più importante quella reale, poiché deriva da una priorità nel tempo, indice di gravità
E’ prioritario tutto ciò che deve
imminente. essere gestito immediatamente, così da non
compromettere ulteriormente il livello di autonomia e funzionalità della persona.
Ma perché è importante l’approccio per diagnosi infermieristica?
1. Ha un ruolo centrale nella formazione del futuro professionista, perché permette di
sviluppare la capacità di ragionamento ipotetico-deduttivo o diagnostico, il quale
consente di analizzare correttamente quelle che sono situazioni critiche complesse,
così da riuscire a capire quale sia la corretta diagnosi per la persona assistita.
Ha una ruolo essenziale anche nell’attività lavorativa,
2. perché valorizza quello che
significa essere professionista.
3. Pone un metodo di descrizione del sapere professionale: la diagnosi infermieristica
rappresenta un giudizio clinico dato su una risposta alla malattia, attuale o potenziale.
Il giudizio è la prova del fatto che l’infermiere dichiara il suo sapere, di tipo
scientifico-professionalizzanti, nei confronti della persona.
4. Ha un linguaggio comune: il fatto di utilizzare una classificazione e, quindi, di avere
un approccio per diagnosi infermieristica, porta anche a quello che viene chiamato
unificazione del linguaggio fra professionisti. Se tutti adottano lo stesso tipo di
modello teorico di riferimento, è chiaro che anche il linguaggio da adottare dovrà
essere comune. Questo non solo valorizza quello la professionalità di un infermiere,
ma permette di comprendere efficacemente la problematica trattata, evitando così di
rischiare errori. c’è la
5. Ricerca infermieristica: tra le responsabilità di un infermiere generalista
funzione di ricerca. Questa può essere effettuata su più livelli, poiché esiste una
ricerca base e una ricerca avanzata. La diagnosi infermieristica contribuisce alla
ricerca dell’infermiere generalista, per esempio quando questo deve fare ricerca nelle
banche dati; quando si fa ricerca bibliografica è necessario impostare una stringa con
operatori booleani e la diagnosi può essere benissimo un elemento di stringa da
inserire per poter trovare le evidenze scientifiche in relazione a quel problema, così da
analizzarle e da capire quali sono gli interventi più raccomandati per il dato problema.
6. Qualità di cure: seguire un ragionamento diagnostico, ossia ragionare per problemi e
non per prestazioni, essere in grado di giudicare con professionalità quella che è la
risposta, impostare quello che è il programma di cura, è sicuramente un metodo
efficace per indirizzare la terapia ad una qualità elevata.
Il modello bifocale di Carpenito analizza 2 ambiti, come già precedentemente detto:
Un ambito in cui l’infermiere è e, quindi, esercita un’autonomia
1. prescrittore
professionale. in cui l’infermiere ha un approccio nei confronti
2. Un ambito di collaborazione,
dell’assistito per problemi collaborativi.
Problema collaborativo: Qui prevale quella che è la componente biomedica, dove
l’infermiere ha una responsabilità limitata a quelli che possono essere gli indicatori di
miglioramento o peggioramento dello stato clinico della persona. Non si tratta, quindi, di
affrontare un problema infermieristico, ossia la diagnosi, ma si tratta unicamente di analizzare
di ordine prettamente medico. Prevale, dunque, l’autonomia operativa
un problema su quella
Tuttavia, è sempre un po’ presente l’autonomia decisionale, relativa al
decisionale. anche
fatto che l’infermiere dovrà scegliere quella che possono essere gli interventi che
contribuiscono al miglioramento del problema (interventi che dipendono sempre dal profilo
dell’infermiere). L’infermiere può, solo in caso di
professionale necessità e urgenza,
somministrare farmaci di sola competenza medica. Esiste un solo altro caso in cui
l’infermiere può somministrare senza prescrizione medica: nel caso in cui, fra infermiere e
medico, sia stato condiviso precedentemente un protocollo terapeutico.
I modelli funzionali di Gordon
L’ipotesi diagnostica deve essere sempre sostenuta da elementi oggettivi, soggettivi e
strumentali. Per questo, successivamente a quando il modello di Carpenito è stato
implementato nella pratica clinica, ci si è accorti che la sola adozione delle diagnosi
infermieristiche non era sufficiente: Carpenito si è messa insieme a Gordon. Gordon è
un’altra teorica, che ha cercato di capire quali potevano essere gli elementi che, da un punto
di vista dimensionale, potevano essere di supporto all’infermiere nel capire la malattia della
persona assistita; ecco, dunque, che sono stati scritti i modelli funzionali di Gordon. La
struttura dei modelli funzionali di Gordon ha carattere olistico e si applica alla persona in
all’unicità e
considerazione del fatto che le entità distinte vanno ricollegate sempre alla
complessità della persona. Tuttavia, mentre Carpenito prendeva in considerazione le
dimensioni della salute facendo prevalere il metaparadigma, ossia il carattere filosofico,
Gordon ha aggiunto ad ogni modello un carattere scientifico: ad ogni modello, infatti, sono
state associate le possibili diagnosi infermieristiche, che un infermiere poteva attivare,
qualora il paziente riscontrasse un alterazione del modello stesso. Esistono, infatti, vari indici
che, se alterati, contraddistinguono l’alterazione di un modello e, di conseguenza, una
un’altra.
diagnosi rispetto ad I modelli funzionali (fisiologici) specificati da Gordon
includono:
1. Percezione e gestione della salute. Questo modello ci permette di capire che pensieri
ha la persona rispetto al suo stato di salute, come si mantiene, gli abitudini di vita, gli
stili di vita che la persona ha (se incidono sulla salute della persona o meno). Descrive,
quindi, come la persona percepisce il suo stato di salute e le modalità in cui la gestisce.
Include la gestione dei rischi per la salute, abitudini e stili di vita che influenzano la
salute, comportamenti, trattamenti e prescrizioni, storia medica e sanitaria in genere.
2. Nutrizione e metabolismo. Questo modello ci presenta le abitudini alimentari della
persona assistita (se mangia e come mangia). Descrive, dunque, come la persona
assume il cibo ed i liquidi in termini di qualità e quantità. Include gli indicatori del
fabbisogno metabolico dell'organismo. Rientrano in questo modello la descrizione
delle condizione della cute, delle unghie, delle membrane mucose, del peso,
dell'altezza e della temperatura corporea.
ci presenta le abitudini della persona nell’eliminazione
3. Eliminazione. Questo modello
di, per esempio, urine o feci.
4. Attività e esercizio fisico. Questo modello ci permette di definire la capacità della E’
persona nella cura di sé, quanto è in grado di soddisfare particolari bisogni primari.
un modello estremamente importante per l’infermiere. Per esempio, una persona
anziana che, per un qualche motivo (magari ha un gesso su tutti e due gli arti
superiori), non può mangiare.
5. Riposo e sonno. Questo modello descrive i modelli di sonno e riposo nell' arco delle
24 ore, inclusa la percezione della persona rispetto al livello di riposo/sonno energia,
gli ausili e le abitudini. descrive l’adeguatezza delle modalità
6. Cognitivo e percettivo. Questo modello
sensoriali della persona (i sensi), i relativi disturbi e la presenza di protesi, inclusa la
percezione del dolore e come viene gestito, le abilità cognitive come il linguaggio, la
memoria e l'assunzione di decisioni.
7. Sessualità e riproduzione. Questo modello descrive atteggiamento e percezioni che la
persona ha in relazione alla sessualità e alla funzione riproduttiva, inclusi disturbi e
problemi.
8. Ruolo e relazioni. Questo modello descrive le relazioni di ruolo; include la percezione
dei principali ruoli e responsabilità inerenti la situazione di vita attuale della persona
comprese la soddisfazione o i problemi in ambito familiare e lavorativo, le relazioni
sociali e le relative responsabilità.
Percezione e concetto di sé. Questo modello descrive gli atteggiamenti che la persona
9. ha nei confronti di se stesso, la percezione delle proprie abilità, l'immagine corporea,
l'identità.
10. Coping e tolleranza allo stress. Il coping è la capacità che una persona ha di
E’ fondamentale comprendere come l’assistito
rispondere agli agenti stressanti.
risponde alla propria malattia e allo stress, per agire al meglio e capire quali interventi
mettere in atto.
11. Valori e convinzioni. Questo modello descrive il modello di valori, obiettivi e
convinzioni, comprese quelle spirituali, che guidano le scelte e le decisioni della
persona, includendo ciò che viene percepito importante nella vita e qualunque
conflitto percepito rispetto a valori e convinzioni correlate con la salute.
L’obiettivo dell’infermiere non è quello di identificare il problema, ma quello di identificare
l’autonomia funzionale dell’assistito, ossia quello che funziona della persona (indirettamente
vengono così accertati gli elementi che non funzionano e saranno questi da considerare per
poter ristabilire la funzionalità completa). Ecco che, quindi, il modello può risultare
funzionale o disfunzionale.
Attenzione!!!: Il deficit della cura di sé/alimentarsi non esprime lo stesso stato della
In quest’ultima, infatti,
nutrizione inferiore al fabbisogno. la persona mangia poco, ma ha
capacità di alimentarsi. Nel deficit, invece, la persona vorrebbe mangiare, ma non ha la
capacità di alimentarsi in maniera autonoma. Nel primo caso, quindi, siamo nel modello
“Attività esercizio fisico”, mentre il secondo rientra nel modello “Nutrizione
e e
metabolismo”.
Classificazione con tassonomia NNN (NANDA, NOC, NIC)
Questo modello tenta di far prevalere la componente scientifica rispetto a quella filosofica.
In questa classificazione viene messo insieme i NANDA con i NOC e con i NIC, ossia con i
risultati e con gli interventi o operazioni da eseguire sull’assistito.
La tassonomia NNN, innanzitutto, presenta un indice temporale: questo significa che è
costantemente soggetta a revisione: il contenuto scientifico è prevalente e aggiornato.
Tutta la struttura tassonometrica è basata su alcuni elementi base, ossia:
1. Il focus diagnostico
2. La localizzazione e, quindi, l’età
3. Il soggetto della diagnosi
4. Il giudizio
5. Lo stato della diagnosi
6. Il tempo
L’età indica una particolare fase di evoluzione dell’organismo, che aiuta l’infermiere a capire
la risposta dell’assistito alla malattia (questa, infatti, cambia tra un bambino di 5 anni e un
anziano di 80). Ecco che, quindi, anche in questa tassonomia si prende in considerazione il
soggetto come unico: la malattia avrò differenti risposte su soggetti diversi. Quest’ultima ci
Gli elementi di continuità col Carpenito sono il giudizio e la localizzazione.
permette di essere in linea con quella che è la visione olistica (possiamo, infatti, avere una
localizzazione fisica, una localizzazione psicologica, ecc.). Dobbiamo, quindi, localizzare
qual è la dimensione caratterizzata dalla disfunzione.
Ecco che nella tassonomia sono state presentati:
1. Dei domini, ossia delle sfere di studio, degli ambiti di interesse. Definisce la
macroarea di interesse dell’infermieristica, rispetto alla localizzazione, che è la
dimensione. Per esempio, dimensione “alimentazione”.
presenti all’interno dei domini,
2. Delle classi, che ci permettono di identificare i vari
sottogruppi della dimensione. Per esempio: E’ un problema relativo all’apporto dei
nutrienti? E’ un problema relativo all’utilizzo dei nutrienti? Ecc.
3. Della diagnosi infermieristica, ossia il giudizio clinico riguardante le risposte della
persona alla malattia.
4. Dei NOC e dei NIC, ossia i risultati e gli interventi da effettuare. Per esempio: Quali
risultati posso associare a quella diagnosi? Quali interventi?
I domini sono 13, le classi sono 47 e le diagnosi
infermieristiche sono 204. Ogni dominio può avere
una o più classi; queste possono avere associate una o
più diagnosi infermieristiche; queste, a loro volta,
possono avere uno o più NOC e NIC.
I domini sono molto simili a quelli di Gordon, anche
se scritti in maniera più scientifica:
1. Promozione della salute
2. Nutrizione
3. Eliminazione e scambi
4. Attività e riposo
5. Percezione e cognizione
6. Auto-percezione
7. Ruoli e relazioni
8. Sessualità
9. Coping e tolleranza allo stress
10. Principi di vita
11. Sicurezza e protezione
12. Benessere
13. Crescita e sviluppo
A lato è presente un esempio di procedimento
secondo Tassonomia NNN.
Metodologie di pianificazione
Tra le metodologie di pianificazione, ritroviamo il
problem solving e il decision making. Entrambe
vengono applicate all’infermieristica; tuttavia, fra le
due, la metodologia prevalente è il problem solving.
Questo, infatti, parte da una situazione che necessita
di una valutazione generale, che permette di
identificare, attraverso la raccolta dati, una situazione problematica (diagnosi infermieristica),
che deve poi essere risolta. Il decision making è, invece, una metodologia che parte da un
problema già definito: il problema già lo conosciamo e, dunque, non risulta necessario
raccogliere dati. Porremo, quindi, attenzione a quella che è la risoluzione del problema. In
questo ambito viene meno, infatti, il ragionamento diagnostico e ipotetico-deduttivo, ma
risulta invece primario l’attuazione di una procedura, volta a risolvere il problema.
Le fasi che contraddistinguono il decision making sono:
1. Definizione problema.
2. Identificazione cause. Le cause da prendere in considerazione sono, ovviamente,
quelle primarie, che hanno potuto provocare il problema, non quelle secondarie, che
da sole non bastano affinché il problema possa sorgere.
3. Soluzioni possibili. Esamino le probabili soluzioni al problema.
4. Soluzione vantaggiosa. Fra le varie soluzioni, scelgo quella che risulta essere più
vantaggiosa, in base ai risultati che questa ha nei confronti del problema.
5. Messa in atto. Attuo la soluzione più vantaggiosa appena scelta.
6. Valutazione. Effettuiamo una valutazione generale, che richiede un processo di
ragionamento e di confronto, fra i risultati che avevamo ipotizzato e quelli realmente
raggiunti. ha un’applicazione molto limitata nell’ambito
Come già detto, però, il decision making
infermieristico, perché i nostri assistiti non li conosciamo. Infatti, nel momento in cui questi
arrivano nella nostra unità operativa, il nostro obiettivo primario è proprio quello di
conoscerli, quello di scoprire il loro problema: il nostro tipo di approccio, quindi, è più
orientato verso il problem solving e meno verso il decision making.
Quand’è che, quindi, l’infermiere può trovarsi ad applicare il decision making? Durante la
presa in carico di un assistito, può capitare che si presentino nuovi problemi, non riscontrati
inizialmente. A questo punto, una volta scoperto il problema, il ragionamento da eseguire è
proprio il decision making. Andiamo a vedere qual è la causa, identifichiamo le possibili
soluzioni, applichiamo quella più vantaggiosa e poi valutiamo il risultato.
Normalmente, il decision making è più un processo utilizzato dal medico: questo, infatti, va
unicamente a trattare un problema che già conosce (per esempio, gli arriva uno con un infarto
del miocardio; il medico sa esattamente come procedere). All’infermiere non arriva un
assistito con una diagnosi infermieristica già pronta. Questo perché, la prima cosa da fare,
quando ci arriva un assistito, è quella di valutare l’autonomia della persona, così da capire
quali sono i problemi che questa ha.
Allora vediamo di cosa si compone il problem solving. La prima fase che contraddistingue il
problem solving dal decision making, è la raccolta dati, che poi dovranno essere analizzati, e
valutati. Ecco, quindi, le fasi:
1. Raccolta dati (accertamento), che devono essere opportunamente elaborati, integrati
e analizzati.
2. Identificazione del problema. Anche se il problem solving, come già detto, non
prevede una vera e propria riflessione sulle cause, è comunque importante
conoscerle e valutarle. Le cause le deduciamo attraverso l’analisi dei dati raccolti.
Se, infatti, non conosciamo le cause del problema, è impossibile pianificare la
risoluzione.
3. Pianificazione.
4. Attuazione.
5. Valutazione. Anche qui dobbiamo eseguire un confronto fra i risultati che ho
ipotizzato di raggiungere e quelli che ho realmente raggiunto.
Il problem solving, dunque, è quel metodo che ci permette di identificare il problema, che è la
diagnosi infermieristica e di risolverlo, attraverso un ragionamento. Ovviamente, la fase che
contraddistingue la diagnosi infermieristica è l’identificazione del problema.
Il processo infermieristico
Il processo infermieristico non è altro che una serie di fasi ed azioni pianificate che mirano a
soddisfare i bisogni e risolvere i problemi degli individui.
Alla base del processo infermieristico troviamo la metodologia utilizzata nel problem solving,
un processo logico e sistematico per risolvere i problemi.
Il processo di nursing è costituito da 5 fasi, come il problem solving stesso:
L’accertamento consiste nella
1. Accertamento, che rappresenta la raccolta dati nel PS.
raccolta e classificazione dei dati. Queste sono guidate dai concetti fondamentali della
disciplina infermieristica e sono finalizzate ad ottenere informazioni relative al
paziente, considerando i fattori fisici, psicologici, socioculturali ed emotivi che
possono influenzare il suo stato di salute. Principale obiettivo della raccolta dati è
proprio l’accertamento del dell’assistito, in modo da determinare,
livello di autonomia
sia per il passato che per il presente, le condizioni di salute e lo stato funzionale della
persona. Importante, i questa fase, è anche il modello di coping, ossia la capacità
dell’individuo di adattarsi alla malattia. L’accertamento può essere di tipo iniziale, se
fatto entro le 48h dall’ingresso dell’assistito (questo perché, passate 48h, lo stato
funzionale della persona può essere mutato). Questo tipo di accertamento è attuato nel
momento in cui il paziente entra nella struttura sanitaria, riceve assistenza da un
servizio domiciliare o è visitato per la prima volta in un ambulatorio. Gli scopi sono di
valutare lo stato di salute del paziente, identificare i modelli fisiologici di salute
problematici e offrire un database approfondito e completo, fondamentale per valutare
i cambiamenti nello stato di salute del paziente negli accertamenti successivi. Poi
abbiamo l’accertamento di tipo mirato ad un preciso problema. Questo raccoglie dati
su un problema già identificato: ha, infatti, uno scopo più specifico e si realizza in un
tempo più breve dell’accertamento Nell’accertamento mirato l’infermiere
iniziale.
determina se il problema esiste ancora e se lo status del problema è cambiato (per
esempio, se è migliorato, peggiorato o risolto). Questo accertamento comprende
anche la valutazione di ogni problema nuovo, trascurato o mal diagnosticato. In
un’unità di cure intensive l’infermiere può eseguire un accertamento mirato ogni
pochi minuti.
I dati che andiamo a raccogliere vengono detti caratteristiche definenti; questi
rappresentano quegli elementi soggettivi, oggettivi e strumentali, che permettono
all’infermiere di definire l’autonomia della persona e, di conseguenza, la diagnosi
infermieristica.
I dati, poi, vengono elaborati e confrontati con dei valori standard o scale di
valutazione, tramite le quali è possibile assegnare un punteggio totale alla
caratteristica definente, che corrisponde al livello di autonomia funzionale
dell’assistito. Ovviamente, la variabile che ha raggiunto un valore minimo è quella su
cui sarà necessario lavorare maggiormente.
2. Diagnosi infermieristica (DI) o problema collaborativo (PC), che corrisponde
all’identificazione del problema nel PS. La diagnosi infermieristica costituisce la base
sulla quale scegliere gli interventi infermieristici volti a raggiungere dei risultati di cui
l’infermiere è responsabile. E’ un’affermazione che descrive uno specifico tipo di
problema o di risposta identificato dall’infermiere. Esprime, quindi, il giudizio
professionale sulle condizioni del paziente, sulle sue risposte ai trattamenti ricevuti e
sulle necessità di assistenza infermieristica.
L’obiettivo principale della pianificazione è l’uso migliore delle
3. Pianificazione. al fine di aiutare la persona a raggiungere i risultati attesi. E’,
risorse disponibili
inoltre, un metodo per comunicare all’intera equipe quale assistenza infermieristica il
nostro utente richiede.
in cui l’infermiere mette in atto le abilità necessarie
4. Attuazione, per far fronte alle
diagnosi infermieristiche del paziente e per risolvere i bisogni di salute del paziente.
Durante l’attuazione, l’infermiere può riproporre una nuova valutazione, revisionare e
modificare il piano d’assistenza, cercare aiuto, stabilendo, se necessario, l’intervento
di altri membri dell’equipe.
in cui viene accertata l’efficacia del piano di
5. Valutazione, assistenza.
6. Follow Up, che indica una serie di controlli a cui viene sottoposta la persona assistita,
in seguito alla terapia. Questo ci permette di assicurare quella che è la continuità delle
Facciamo conto, per esempio, che oggi l’assistito si trova in medicina, mentre
cure.
domani passerà in chirurgia. Il follow up ci permette di garantire la continuità di cure
all’assistito, prima di passarlo ad un ambito diverso.
L’attore principale del processo infermieristico è, ovviamente, l’infermiere. Tuttavia,
troviamo anche gli OSS e i consulenti in generale. La responsabilità, tuttavia, resta sempre
dell’infermiere, che è Ecco, dunque, che l’infermiere assume la
prescrittore e collaboratore.
piena autonomia decisionale su tutte le fasi del processo infermieristico.
Gli OSS hanno sola autonomia operativa: quindi, si inseriscono in tutte le fasi del processo,
Tuttavia, nella fase di “attuazione”, è possibile
ma con un ruolo minore, di collaboratore.
“lasciare da soli gli OSS”, poiché questi si dovranno limitare ad applicare compiti che
l’infermiere ha assegnato loro.
Infine, tutti quei professionisti chiamati in consulenza, li troveremo in tutte le fasi, tranne in
quelle di diagnosi infermieristica (che ovviamente è di nostra competenza) e nella fase di
valutazione.
Le diagnosi possono essere di varia tipologia:
1. Reali: diagnosi presente. Diagnosi derivante da problemi che risultano essere presenti
nella persona assistita; tutta una serie di fattori che permettono di convalidare una
specifica diagnosi. Se il problema è convalidato, la diagnosi allora risulta essere reale.
2. Potenziali o di rischio: al momento il problema non è tangibile; tuttavia ci sono tutta
una serie di fattori contribuenti lo sviluppo del problema. Ciò che viene evidenziato,
dunque, è l’insieme di alcuni fattori di rischio: la persona risulta essere esposta ad un
rischi. Ciò che bisogna fare è contenere questi fattori, così da non permettere
l’insorgere del problema. Possiamo, ovviamente, intervenire solo su quei fattori
cosiddetti modificabili (fumo, per esempio), non su quello non modificabili (età,
sesso, ecc.).
3. Possibili: esiste una possibilità molto bassa di sviluppare un problema. Il fattore
contribuente è presente, ma momentaneamente ininfluente sullo stato della persona. In
altre parole, questo fattore di rischio pesa molto poco sulla salute dell’assistito.
4. A sindrome: la sindrome è un insieme di più problema, presenti contemperamenti, con
diversi livelli di gravità, sull’assistito. Queste diagnosi, quindi, sono quelle
caratterizzate da una sommatoria di diagnosi reali e potenziali.
5. Di benessere: applicate pochissimo, poiché gli assistiti presi in carico presentano una
ridotta autonomia funzionale. Questa diagnosi, invece, ci permette di prendere in
carico persone che hanno il bisogno di ottenere un autonomia superiore di quella che
già possiedono; si parla, infatti, di benessere. Sono diagnosi che vengono attivate per
coloro che hanno un livello di benessere già buono e lo vogliono migliorare. Gli
ambiti che ci permettono di lavorare su questo tipo di diagnosi sono quelli relativi
all’educazione.
Componenti di una diagnosi infermieristica
1. Titolo diagnostico: esprime la definizione di un problema, con giudizio clinico, che
un livello di gravità e ci permette di identificare l’area del problema che
identifica Per esempio: “compromissione
dovremo analizzare e di cui ci occuperemo. della
mobilità nel letto”.
2. Definizione: definisce lo stato della persona (modello olistico), esprimendo
chiaramente e precisamente in dettaglio il titolo della diagnosi. Ci aiuta ad uniformare
la concezione globale del problema.
sono i dati che raccogliamo durante l’accertamento
3. Caratteristiche definenti:
infermieristico, che ci permettono di validare la diagnosi infermieristica (in campo
biomedico, sarebbe i sintomi e i segni clinici, che descrivono nello specifico un dato
problema). Non tutte le diagnosi possiedono le caratteristiche definenti: quelle
potenziali e quelle possibili non le hanno, ovviamente. Le caratteristiche definenti
saranno, quindi, in questo caso, sostituite dai fattori contribuenti o fattori di rischio.
Carpenito identifica 2 tipologie di caratteristiche definenti: maggiori (definite come
indicatori critici presenti nell’80-100% dei casi) e minori (definite come indicatori di
supporto, ossia come prove di sostegno per le diagnosi, ma che possono non essere
presenti: 50 - 70% delle situazioni). Per esempio, in “compromissione
4. Fattori correlati: esprimo le cause del problema.
della mobilità nel letto”, i fattori correlati potrebbero essere “caduta, frattura”.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Riassuntiinfermieristica di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologia clinica infermieristica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Firenze - Unifi o del prof Pietrini Luca.
Acquista con carta o conto PayPal
Scarica il file tutte le volte che vuoi
Paga con un conto PayPal per usufruire della garanzia Soddisfatto o rimborsato