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SENTENZA

Gli uberisti propongono una domanda contro i taxisti al fine di instaurare una causa di merito,

la fanno per ragioni di competenza di fronte il tribunale di Torino. Quest’ultimo rigetta la

domanda degli uberisti.

N.B: Il procedimento ordinario termina con una sentenza, il procedimento cautelare termina

con un’ordinanza.

La sentenza la emette il tribunale di Torino, promossa da Uber (parti attrici), contro tutte le

società di Taxi (parti convenute).

Le parti attrici, ovvero gli uberisti:

- Sospendere il giudizio e rimettere alla Corte Costituzionale la questione di legittimità

costituzionale.

- Accertare e dichiarare che le società UBER non svolgono alcuna attività sul mercato in

Italia con l’app UberPop e in relazione al servizio UberPop, e pertanto non sono responsabili

del compimento di alcun atto di concorrenza sleale o illecito ad altro titolo a danno dei

convenuti in relazione al predetto servizio.

- Per l’effetto revocare l’ordine cautelare inibitorio disposto con l’Ordinanza del Tribunale di

Milano in data 25 maggio 2015, confermata con Ordinanza Collegiale del 2 luglio 2015, nei

confronti di parte attrice in riferimento al servizio UberPop; C

- Con vittoria di onorari e spese del giudizio

Per le parti convenute, ovvero i taxisti:

1. In via principale: respingere tutte le domande attoree perché infondate in fatto e in diritto

e per l’effetto accertare e dichiarare la concorrenza sleale svolta dalle parti attrici e dai

driver da esse reclutati, qui presenti nella persona del terzo chiamato sig. Roberto NOÉ,

con il servizio già denominato Uber Pop (o con altro equivalente, comunque denominato),

confermando la inibitoria di tale servizio e di ogni attività ad esso connessa già disposta in

sede cautelare;

Se la prima non viene accolta si passa in via subordinata.

2. In via subordinata: accertare e dichiarare la concorrenza sleale svolta dalle parti attrici

quali terzi compartecipi dell’illecito anti-concorrenziale ascrivibile al sig. Roberto NOÈ,

commesso tramite il servizio già denominato Uber Pop (o con altro equivalente, comunque

denominato), confermando la inibitoria di tale servizio e di ogni attività ad esso connessa

già disposta in sede cautelare; - con vittoria di spese.”

Parte argomentativa a cui un giudice ricorre : Sullo svolgimento dei procedimenti

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

cautelari presso il Tribunale di Milano sulle argomentazioni e contro – argomentazioni.

Per questi motivi, dopo l’argomentazione, arriva la parte in cui si comunicano le decisioni

finali (il giudice arriva alla conclusione. Il TRIBUNALE DI TORINO:

- Rigetta tutte le domande e le istanze proposte dalle parti attrici.

- Accerta e dichiara la concorrenza sleale svolta dalle parti attrici con i drivers da esse

reclutati attraverso il servizio già denominato UberPop (o altro equivalente, comunque

denominato) e, per l’effetto, inibisce alle parti attrici e al sig. NOÈ Roberto l’utilizzazione

sul territorio nazionale dell’app denominata UberPop e, comunque, la prestazione di un

servizio - comunque denominato e con qualsiasi mezzo promosso e diffuso - che organizzi,

diffonda e promuova da parte di soggetti privi di autorizzazione amministrativa e/o di

licenza un trasporto terzi dietro corrispettivo su richiesta del trasportato, in modo non

continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta.

- Dichiara tenute e condanna le parti attrici, in via solidale tra loro, a rimborsare alle parti

convenute costituite le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 13.430,00= per

compensi, oltre al rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso totale

della prestazione, oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge, nonché le spese di registrazione

della presente sentenza e successive occorrende.

- Dichiara compensate le spese processuali nei rapporti tra le parti convenute costituite ed il

sig. NOÈ Roberto.

Questa è la fine della vicenda nazionale Uber pop.

ARTICOLO – I giudici fermano Uber: stop del Tribunale di Roma

Il tribunale di Roma ordina il blocco entro 10 giorni del servizio. Accolto un ricorso delle

associazioni di categoria. L'azienda: "Allibiti, faremo ricorso". Protesta il Codacons: "Decisione

abnorme, l'Italia torna al Medioevo".

MILANO - Semaforo rosso per Uber in Italia. Il Tribunale di Roma ha ordinato il blocco, entro

10 giorni, dei servizi offerti dal gruppo in Italia con la app Uber Black, ossia le berline nere con

autista attive a Milano e nella Capitale, e le analoghe app Uber-Lux, Uber-Suv, Uber-X, Uber-

XL, UberSelect, Uber-Van. È stato accolto un ricorso per concorrenza sleale delle associazioni

di categoria.

"Siamo allibiti per quanto annunciato dall'ordinanza che va nella direzione opposta rispetto al

decreto Milleproroghe e alla normativa europea", ha commentato l'azienda. "Faremo appello

contro questa decisione, basata su una legge vecchia di 25 anni e che non rispecchia più i

tempi, per permettere a migliaia di autisti professionisti di continuare a lavorare grazie all'app

di Uber e alle persone di avere maggiore scelta. - ha spiegato Uber - Ora il governo non può

perdere altro tempo ma deve decidere se rimanere ancorato al passato, tutelando rendite di

posizione, o permettere agli italiani di beneficiare di nuove tecnologie come Uber". "Una

nuova schiacciante vittoria su Uber", è invece il commento di Ugl taxi, Federtaxi Cisal, Uil

trasporti, Fit Cisl e associazione tutela legale taxi.

Le norme che disciplinano "il servizio pubblico di trasporto non di linea" - scrive il tribunale -

non limitano "la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori" e non

favoriscono "posizioni di privilegio e monopolio", mentre "gli autisti Uber" svolgendo la loro

attività "in contrasto" con la normativa si mettono in una posizione di "indebito vantaggio"

rispetto ai tassisti.

Il giudice Alfredo Landi, in prima battuta, chiarisce in cosa consiste Uber Black: è un "sistema"

che consente agli utenti "che hanno scaricato l'app sul proprio telefonino, di entrare

direttamente in contatto con autisti provvisti di autorizzazione ncc (noleggio con conducente,

ndr)" che hanno sottoscritto un contratto con Uber.

Gli autisti delle 'berline nere' Uber, però, a differenza dei tassisti, spiega il giudice, non sono

soggetti "a tariffe predeterminate dalle competenti autorità amministrative" e possono così

fare "prezzi più competitivi" a seconda "delle esigenze del mercato". E ciò perché non

rispettano, a detta del giudice, le regole "a danno di coloro che esercitano il servizio di taxi o

di noleggio con conducente" rispettandole. Secondo il giudice, inoltre, anche con le regole

attuali ben si potrebbe utilizzare "la nuova tecnologia in modo rispettoso della normativa

pubblica", consentendo ad esempio agli utenti di rintracciare tramite la app "invece che il

singolo autista", come accade, "la rimessa di noleggio con conducente più vicina".

La decisione della nona sezione civile del Tribunale di Roma arriva dopo che già due anni fa a

Milano, sempre accogliendo un ricorso cautelare dei tassisti, i giudici avevano disposto il

blocco della app UberPop, uno dei servizi messi a disposizione dalla multinazionale americana

e che permette a chiunque di fare il tassista senza licenza. Un blocco, poi, confermato nelle

scorse settimane anche dal Tribunale di Torino.

Con la sentenza depositata oggi, invece, il Tribunale di Roma, "accertata la condotta di

concorrenza sleale", ha inibito a Uber "di porre in essere il servizio di trasporto pubblico non di

linea con l'uso della app Uber Black" e di "analoghe" app, "disponendo il blocco di dette

applicazioni con riferimento alle richieste provenienti dal territorio italiano, nonché di

effettuare la promozione e pubblicizzazione di detti servizi sul territorio nazionale".

Il giudice Alfredo Landi, inoltre, oltre a disporre la "pubblicazione" della sentenza sul sito di

Uber, ha fissato anche una penale di 10mila euro "per ogni giorno di ritardo

nell'adempimento" del blocco "a decorrere dal decimo giorno successivo" alla pubblicazione

della sentenza, ossia da oggi.

"A seguito di questa pronuncia del Tribunale di Roma - ha spiegato l'avvocato Giustiniani - la

multinazionale Uber rischia di dover interrompere ogni attività in Italia, in quanto i servizi ad

oggi offerti sono stati riconosciuti in contrasto con il diritto nazionale e in concorrenza sleale

con gli altri operatori del settore".

Contro la decisione del Tribunale si è scagliato il Codacons.

"Una decisione abnorme che riporta l'Italia al Medioevo", ha commentato l'associazione. "Con

il blocco dei servizi Uber tramite app l'Italia viene rispedita indietro di decenni, mentre tutti gli

altri paesi vanno avanti e si adeguano alle nuove offerte del mercato"

ARTICOLO – Uber resta attivo: dai giudici arriva il via libera

Diciassette pagine per dichiarare Uber fuori legge, 21 per riabilitarlo. A distanza di nemmeno

due mesi (la prima ordinanza è del 7 aprile, la seconda di ieri), la stessa Sezione imprese del

Tribunale di Roma - sia pure in composizione diversa - si esprime in modo diametralmente

opposto sull’ammissibilità del servizio di noleggio con conducente.

In particolare sul quel tipo di servizio Ncc svolto prendendo prenotazioni direttamente dagli

smartphone dei clienti, come fa appunto la multinazionale americana.

Il giudice ha decido differentemente perché ha valorizzato le differenze di Uber black rispetto

a Uber pop.

E l'ordinanza di ieri sembra a maggior ragione aprire all'attività degli Ncc tradizionali, quelli

senza app, affermando che ad oggi sono da ritenere non operanti i vincoli antiabusivismo

posti nove anni fa a protezione dei taxi dal Dl 207/2008: obbligo di rientro in rimessa tra una

corsa e l'altra e divieto di stazionamento su strada, in attesa di nuovi clienti .

La differenza fondamentale tra le due ordinanze sta nel fatto che la prima si incentra sul

concetto di concorrenza sleale che Uber e i suoi autisti affiliati farebbero ai tassisti grazie

all'uso della app, di fatto aggirando questi vincoli; la seconda, invece, si incentra sul fatto che,

con le modifiche introdotte dall'ultimo decreto milleproroghe col cosiddetto emendamento

Lanzillotta (non a caso contestatissimo dai tassisti), i vincoli sono stati sospesi .

Un punto in comune tra le due ordinanze è invece la constatazione che la normativa attuale

(legge 21/1992) non regge più alla situazione di fatto. Era sta

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A.A. 2018-2019
128 pagine
SSD Scienze matematiche e informatiche INF/01 Informatica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher annaf29 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologia e informatica giuridica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Mingardo Letizia.